21
-Mamma cos'è un camorrista? - Resto sdraiata sul divano davanti al telegiornale mentre la mamma mi prepara un toast con formaggio e prosciutto, il mio preferito.
-Dove l'hai sentito, bimba mia?- La vedo avvicinarsi a me dallo schienale del divano con un piatto di plastica ed il mio succulento toast. Si siede al mio fianco, dando uno sguardo alla tv. - Ah, guardi il telegiornale? - Sorride, porgendomi il piattino.
-Sì, l'hanno chiamata edizione speciale e hanno detto che hanno finalmente arrestato un camorrista latitante da non so quanti anni. Cosa significa latitante? - Addento il mio amato toast con foga e con fare curioso la osservo mentre riordina i pensieri nel suo cervello istruito.
-Un camorrista è una persona che sceglie una cattiva strada, a volte si sentono costretti a farlo e può essere chiunque. Vendono droga, armi, riciclano denaro e i peggiori uccidono anche persone. Fanno tante cose brutte e sono quel tipo di persone da cui stare alla larga. - Mi carezza i capelli in modo dolce ed inalo tutto il suo amore per me. - Un latitante è colui che scappa alla giustizia e si nasconde per non farsi arrestare. In questo caso la giustizia ha vinto e quest'uomo è stato preso. - Sorride.
-L'importante è che non facciano del male alla brava gente come noi, vero, mamma? - L'abbraccio, bisognosa di sentire il suo calore.
-Purtroppo a volte lo fanno, dobbiamo solo noi stare attenti a non averci nulla a che fare. Semmai dovesse arrivare un giorno in cui un uomo ti minaccia o ti punta una pistola contro, tu dovrai dargli ciò che ti chiede e difendere la tua vita, in modo che lui te la risparmi. Gli oggetti, i soldi e i beni materiali possiamo riaverli ma la vita è una ed è sacra. La tua lo è per me e per tuo padre. -
-No. - Sfioro il naso di Emanuel ancora una volta con il mio. - Non posso. -
Emanuel arriccia le sopracciglia e mi guarda confuso, allontanandosi lentamente dal mio viso: - Non puoi o non vuoi? -
-Io non posso e non voglio stare con il figlio di una persona che deruba altre persone che lavorano onestamente chiedendo il pizzo oppure che ricicla soldi o, ancora, che contribuisce all'intossicazione o all'omicidio di altra gente vendendo droga ed armi, capisci? Non posso e non voglio. - Il mio tono resta basso e calmo come tutta la nostra conversazione ma stavolta è lui ad accigliarsi ancor di più.
-Io non sono come mio padre. - Adesso stringe i pugni posti sulle sue ginocchia e freme nell'alzarsi in piedi torreggiandomi con il suo corpo scolpito ed insicuro.
-Emanuel, io non so nemmeno di cosa ti occupi e dovrei fidarmi di te e della tua parola? - Mi alzo anche io, di conseguenza e allargo le braccia in segno di resa, esausta.
-Mar, mi occupo di assicurazioni per i veicoli. Stop, questo è tutto ciò che faccio. La mia azienda ha ben tre sedi: una qui a Napoli, una in Sicilia ed una a Bari. Ho circa cinquanta dipendenti per edificio e sto per aprire un altro ufficio ad Amsterdam, il motivo per cui sono andato lì. Vuoi sapere di più o cosa? - Alza la voce visibilmente e riesco a notare la vena sul suo collo che pompa continuamente.
-Emanuel.. - Sospiro rumorosamente, strofinandomi gli occhi e tenendomi la fronte avendo la sensazione che possa cadermi la testa da un momento all'altro. -Non si conosce una persona solo essendo a conoscenza del lavoro che fa o i soldi che possiede. -
-Cos'altro vuoi sapere? - Sbraita ed io indietreggio, scossa dalla sua reazione fiammante.
Si rende conto della mia inquietudine e respira profondamente, chiudendo gli occhi, intento a una meditazione tutta sua per calmare l'animo: - Ho perso mia madre all'età di dieci anni. Ho visto mio padre cambiare dopo la sua morte. E' diventato severo e meno affettuoso nei miei confronti. Quando più avevo bisogno di lui, lui si è allontanato lasciandomi in balia del mio dolore e nonostante io sappia che lui ha sofferto anche più di me, non posso fare a meno di pensare che questo abbia influito particolarmente sulla mia persona, come questi scatti d'ira che mi assalgono improvvisamente. - Si avvicina di un passo ed io altrettanto mi allontano. - Mia madre era una persona genuina, dolce e sensibile, ci amava con tutta se stessa anche se sapeva cosa faceva mio padre non voleva mai parlarne. Voleva restare all'oscuro di tutto, desiderava solo restare con la sua famiglia, con l'uomo che amava. - Si avvicina ancora ed io stavolta non mi muovo, lo osservo immobile. - E' morta a causa di un tumore al seno, si era operata due volte dopo la mia nascita, i medici dissero che stava bene, che l'avevano completamente estirpato. Dopo qualche anno iniziò ad accusare dolori alle ossa, si sentiva costantemente debole e non riusciva più a fare neanche attività semplici come le faccende domestiche, passava tutto il giorno a letto e quando la portammo in ospedale ci dissero che era allo stadio finale di un tumore al seno, non era mai sparito del tutto e si era esteso in larga scala. Morì poco prima del mio compleanno, con un sorriso sul viso ed un'espressione serena. - La voce gli si mozza in gola ed io gli poggio una mano sulla spalla, come per confortarlo anche se so che è inutile perchè so esattamente cosa si prova a perdere un genitore. -Non dimenticherò mai il momento in cui ha inalato il suo ultimo respiro e mi ha guardato consapevole stesse andando via. -
Una lacrima ribelle solca il suo viso triste ed un'altra lotta nel suo occhio intenta a sgorgare e d'istinto lo stringo tra le mie braccia, avvolgendolo completamente e lasciandogli appoggiare il capo sulla mia spalla e muovendo in gesti circolari la mia mano sulla sua schiena.
-Mi dispiace per tutto ciò che hai dovuto passare. - Gli sussurro all'orecchio, lasciandogli un umido bacio sulla nuca per niente malizioso e restiamo così, stretti l'uno all'altra per un periodo di tempo indefinibile, accogliendoci tra i nostri respiri e i suoi singhiozzi soffocati e mi stringe a sè come se non volesse lasciarmi più andare.
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