20
Il lungo sospiro che abbandona la gola di Emanuel mi infonde serenità.
Non c'è più traccia dell' uomo ansioso che ho sentito al cellulare neanche quarant'otto ore fa, quando era ancora ad Amsterdam.
Amsterdam.
Mi deve molte spiegazioni.
-Il fatto è che.. - Si passa una mano tra i capelli, riesco quasi a sentirne il profumo grazie a questo suo semplice gesto. - Non so da dove iniziare, Mar, è tutto così complicato. - Sbuffa sonoramente, poi mi prende la mano. - Vieni, sediamoci. - Mi fa accomodare sul suo divano in pelle bianca e non posso fare a meno di notare quanto sia comodo. Mi trattengo quasi dallo sdraiarmi. Quasi.
-Abbiamo tutta la notte. - Ribadisco io, con tono impetuoso.
-C'era questa questione riguardante il mio lavoro che avrebbe dovuto sbrigare mio padre ad Amsterdam, ma all'ultimo minuto ha deciso di mandare me. Ero in disappunto perchè, ecco, mi sentivo inesperto nel chiudere una trattativa con degli olandesi. Sono pezzi duri, sai.. - Sorride, poggiando la testa sullo schienale, il suo maglioncino aderisce al suo busto e sento la sensazione della sua pelle sotto ai miei polpastrelli soltanto immaginandolo. - D'altra parte, mio padre era convinto che le mie motivazioni fossero altre, anzi "distrazioni", ed era certo del fatto che si trattasse di una donna. -
-Quindi mi ha minacciata solo perchè io ti privo del tuo lavoro? Io non ho mai fatto nulla per ostacolarti, non so neanche di cosa ti occupi. - Alzo il busto, per incrociare i suoi occhi verde/azzurri.
-Cosa? Ti ha minacciata? Tu l'hai incontrato? - Ne resta sinceramente sorpreso e non ho motivo di dubitarne dalla sua espressione.
-Pensavo te ne avesse parlato lui. - Mormoro, inarcando le sopracciglia. - Te lo racconto dopo, va' avanti. -
Emanuel si prende una lunga pausa, visibilmente combattuto e con un viso più duro stringe i denti. - Quando gli ho detto che, sì, mi stavo frequentando con una donna (la donna in questione saresti tu) sapevo di star per scatenare una rivolta. Il fatto è che io so esattamente come far incazzare mio padre e mi piace da morire riuscire nell'intento. Solo che stavolta ci sei andata di mezzo anche tu, che non lo meriti affatto. -
Mi rimbombano, improvvisamente, nelle orecchie le parole del padre che mi svelano quanto ad Emanuel piaccia agire per contraddirlo.
-Quindi io sono un semplice dispetto? - Sussurro, consapevole.
-No. - Muove la mano davanti ai miei occhi. - Assolutamente no, Mar, stai fraintendendo. - I suoi occhi sono sbarrati e la sua voce è più preoccupata. -Per favore, non è facile raccontarti tutto questo, non rendermela ancor più difficile mettendomi in bocca cose che non ho mai detto. - E' supplichevole adesso e mi sento serena.
-Voglio crederti, quindi va'avanti, per favore. - Sospiro, affranta.
-La reazione di mio padre è stata abominevole, mi si è scagliato contro con accuse e minacce veramente riprovevoli ma alle quali sono abituato da bambino, d'altronde. Così sono partito per Amsterdam ed ho capito che l'unico modo per mettere al sicuro te era sparire. Mio padre sa essere molto obsoleto e conosco molte delle tattiche che usa con i suoi clienti e sapevo che avrebbe incaricato le sue (e quindi le mie) guardie di starmi addosso e di scoprire chi fosse la donna di cui mi sono infatuato. - Mi soffermo sulla parola "infatuazione" e perdo il focus della conversazione, ammirando le sue labbra carnose e i suoi occhi sempre più azzurri. - Ti giuro, Mar, l'ho fatto solo per te. - Chiude i suoi palmi a mo' di preghiera e mi risveglio con un batter d'occhi.
-Se pure mi avesse scoperta e trovata, cosa sarebbe mai potuto accadere? Parli di lui come se fosse un serial killer. - Allargo le braccia, in segno di resa. - E' un boss o cosa? - Socchiudo gli occhi, prendendolo adesso in giro.
-Mar, io non posso dirti tutto, mi capisci? - Sbarra gli occhi, vinto da un principio di preoccupazione improvvisa.
Sussulto, mentre la mia stessa ipotesi si rende reale alla sua reazione: - No, Emanuel, pretendo tutta la verità. Tu hai iniziato questa cosa con me, ricordi? Volevi che ti raccontassi di me ed io l'ho fatto, cazzo. Ho abbassato le mie barriere per te, ti ho fatto entrare nella mia cazzo di vita e tu ora non vuoi raccontarmi la tua? Se sapevi sin dall'inizio di mettermi in pericolo frequentandomi perchè non mi hai lasciata andare? Perchè, cazzo Emanuel, se sei figlio di un camorrista io avrei preferito non incontrarti. - Mi alzo di scatto dal suo confortante divano e mi paro davanti a lui senza offrirgli una via d'uscita.
Resta in silenzio per un tempo che mi sembra infinito: -Io volevo farlo. - Esordisce, con voce bassa e rauca. - Giuro, io volevo lasciarti andare, Mar. - Il suo capo adesso è chino e mi sembra così indifeso che mi vien voglia di consolarlo tra le mie braccia.
Scuoto il capo: -Emanuel, ti rendi conto che parlandomi in questo modo mi stai ulteriormente confermando che sei figlio di un boss della camorra? - Suona ridicolo anche alle mie orecchie e non riesco ancora a capacitarmi di tutto ciò. Non ho il tempo di metabolizzare.
-Non voglio negarlo a te, Mar. Non ti nasconderò più la realtà. -
Alle sue parole sento la testa girarmi e necessito di sedermi ancora una volta, poggiando le mani sulle ginocchia e tenendo il capo chino verso il pavimento. Sento la sua mano poggiarsi sulla mia spalla e me la scrollo di dosso energicamente, avvertendo il bisogno di allontanarmi da lui, completamente. Il mondo sembra totalmente sgretolarsi sotto ai mie occhi, un senso di vuoto mi sovrasta e resto in silenzio, meravigliandomi di come io riesca a gestire la situazione senza sbraitare e piangere.
-Ero venuta a cercarti, quel giorno. Mi ero fatta coraggio, dopo varie notti insonni, ed ero venuta nel tuo ufficio per capire cosa ti fosse accaduto. Sai, ne ho immaginate di tutti i colori. Ero confusa, spaventata ed anche un po' incazzata con te. Pensavo che non volessi più vedermi o che avessi fatto un incidente, insomma, le ho pensate tutte e non mi va di elencartele. - Tiro un sospiro, mentre resto col capo basso. - La tua receptionist mi ha liquidata senza troppi preamboli e subito dopo aver varcato la soglia della struttura mi sono imbattuta in tuo padre. Mi ha minacciata e mi ha detto cose su di te così spregevoli che a me non sembravano reali ma alle quali, ammetto, un po' ci ho creduto. Tuo padre è quel tipo di cliente che nel supermarket in cui lavoro io avrei cacciato ben volentieri, non so se mi spiego?- Adesso rivolgo i miei occhi su di lui e lo sorprendo a fissarmi intensamente, con i gomiti poggiati sulle ginocchia e le mani intrecciate, assorto nelle mie parole. - Dal primo momento che ti ho conosciuto ho pensato che tu non fossi reale perchè sembri perfetto, alla mano e rispettabile come un uomo d'altri tempi. Non mi sentivo alla tua altezza e tuo padre mi ha sminuito ulteriormente costringendomi a non frequentarmi con te perchè sono una poveraccia. Tu hai una casa lussuosa, all'avanguardia, tecnologica ed un auto che farebbe invidia a chiunque qui nel quartiere. Io ho un monolocale fetiscente e con poco più di cento euro nel cassetto e li chiamo risparmi. Adesso scopro che tutto ciò che hai è creato da un lavoro fittizio in ufficio perchè nasconde la malavita e probabilmente i tuoi meetings con gli olandesi riguardavano la droga, giusto? -
-No, Mar, non è così, aspetta perchè c'è qualcosa che devo chiarirti. - Para le mani dinanzi a me come se volesse frenarmi i pensieri ed io resto ad ascoltarlo. - L'ufficio in cui lavoro è reale, è tecnicamente mio ed io mi sono sempre ribellato al "lavoro" di mio padre. -
-Diciamo che il camorrista non è un lavoro. - Sospiro.
-No, hai ragione, non lo è per niente. Ho solo sbagliato a definirlo. Ok, ricominciamo. - Si passa una mano tra i capelli morbidi e mi fissa. - Quello che fa mio padre non riguarda neanche lontanamente me. Per quanto sembri un animale mi ha sempre lasciato libero arbitrio, da piccino. Io mi son sempre rifiutato di intraprendere la sua strada e lui mi ha promesso di lasciarmi fuori dai suoi affari a patto che io non vada ad ostruirli. Ha investito sui miei sogni ed io per questo gliene sarò sempre grato perchè nonostante tutto cerca sempre di aiutarmi con la mia attività. Devo a lui questa casa e la mia auto e tutti i meetings che riesco a fare, in prima persona lui ha stretto molti accordi per me, per farmi entrare in questo mondo che non include droga o armi, d'accordo? Quindi io sono ciò che ti ho detto dall'inizio, senza filtri. Fatto sta che lui continua a fare ciò che fa e quando agisco contro le sue priorità perde completamente la testa ed, in questo caso Mar, tu sei contro le sue priorità. Capisci? - Si è avvicinato pericolosamente a me, sedendosi al mio fianco ed io trattengo il respiro per non cedere al suo calore.
-Non capisco perchè dovrei intoppare qualcosa nella sua quotidianità, sinceramente. -
-Ha paura che se la cosa possa diventare molto seria per me potrei compiere qualche pazzia dettata dall'amore . - Mi carezza una guancia, titubante e timoroso che io possa scrollarlo via. -Ma non sa che per me è già una cosa seria. -
-Non ti credo, Emanuel. - Le sue pupille si allargano notevolmente ed io mi sento cadere nel vuoto.
-Non c'è stato minuto in cui io non abbia pensato a te, da quando ti ho incontrata in quel bar. Dal primo momento in cui ti ho baciato, anche se è stato abbastanza per gioco per me, è come se mi fossi scavato la fossa da solo. Mi sei entrata dentro, Mar, come un cazzo di fulmine in un cielo sereno. Mi hai stravolto l' esistenza e sono disposto ad affrontare mio padre e la sua furia per te. - Prende il mio viso tra le mani e mi scruta attentamente ogni punto del viso, come se fossi un'opera d'arte da ammirare. - Non so esattamente cosa lui ti abbia detto e neanche voglio saperlo perchè so a prescindere che fossero tutte cazzate. Non credere a nulla e ti chiedo scusa da parte sua per il suo comportamento. So per certo che un giorno ci siederemo tutti alla stessa tavola e ci faremo grasse risate. - Il suo naso sfiora il mio. - Ci stai, Mar? - Mormora a fior di labbra, sfiorando le mie. - Ti va di passare oltre e di regalarmi una seconda chance? -
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