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Il trillo della sveglia mi fa sobbalzare nel sonno e maledico il giorno in cui sono nata mentre la spengo.
Mi lascio trasportare da uno sbadiglio simile al ruggito di un leone e mi tengo la testa tra le mani con la schiena poggiata allo schienale del letto del mio lurido e vomitevole appartamento.
Nel momento in cui chiudo gli occhi mi riappaiano quelli del ragazzo senza nome davanti, sbatto le palpebre freneticamente, cancellando furtivamente l'immagine dalla mia testa e mi maledico ancora.
Rivolgo uno sguardo al calendario poggiato sul comodino di fianco al letto e ricordo che oggi è il mio compleanno.
Fantastico. Un altro bel compleanno di merda in un appartamento fetiscente e decadente.
Decido di alzarmi e farmi un caffè, l'apparecchio che uso è una vera salvezza per me, il caffè è pronto in meno di due secondi ed è sempre molto caldo. Mi abbandono sul divano con la mia tazzina tra le mani e non posso fare a meno di sentire le molle del materasso premermi contro l'osso sacro. E' odioso dover vivere in queste condizioni e ancor di più non avere soldi per rimediare alla mia situazione. Guadagnare come cassiera in un supermarket è praticamente pari a non guadagnare nulla in un paese come il mio. Anche se sono convinta che nel centro di Napoli non cambi poi più di molto. E' un difetto che abbiamo: il lavoro non è ben retribuito.
Il mio sguardo si sofferma, come di consueto ogni mattina, sulla cornice ben riposta sul mio tavolino da soggiorno. La foto raffigura mia madre e mio padre durante il giorno del loro matrimonio mentre si baciano sorridenti: papà la stringe a sé e la mamma ha il bouquet in una mano e lo tiene con tale determinazione che sembra non volersene separare.
Ne è passato di tempo, da quando li ho visti l' ultima volta.. erano almeno cinque anni fa quando è successo tutto, l'inimmaginabile, l'impossibile.. o almeno, credevo che lo fosse.
Ho di loro il ricordo più bello: (Non il matrimonio, che sia chiaro, non ero ancora nei loro progetti a quei tempi) l'ultima volta che li ho visti hanno scherzato sul mio trucco colato, avevo appena finito di piagnucolare per un film drammatico, mi pare si chiamasse "A walk to remember"..guardavo (e guardo ancora) sempre i film in inglese quando è di lingua originale perché mi affascinano.. e, dunque, ero lì che piangevo e loro mi prendevano in giro per la mia estrema sensibilità quando mi hanno baciato a turno sulla fronte con un sorriso che solo i genitori possono dedicare ai propri figli e "Attenta e non ci aspettare svegli" è stata l'ultima frase che ho sentito pronunciare da mia madre. Erano usciti per il loro diciottesimo anniversario di matrimonio ed avevano prenotato una cena in uno dei ristoranti più eleganti di tutta Napoli. Uscirono dalla porta e fu quella l'ultima volta che mi sentii amata.
Andai a letto presto come mi avevano raccomandato di fare, avevo solo diciassette anni e il giorno dopo avrei dovuto alzarmi per andare a scuola.
Quella notte non riuscii a dormire: mi giravo e rigiravo tra le lenzuola, le tiravo, le arrotolavo, mi scoprivo e poi ricoprivo.. ero in preda ad un'improvvisa ansia e non ne capivo il motivo, ero turbata e preoccupata senza presumerne il perché. Passai le successive sette ore a torturarmi le mani, il lembo della maglia del pigiama e camminavo senza sosta attorno al tavolo da pranzo; provai a chiamarli almeno venti volte prima di ricevere una loro telefonata. Risposi frenetica, volevo soltanto chiedere loro di tornare il prima possibile perché non ero quieta quando, dall'altra parte, mi rispose una voce maschile che non assomigliava a quella di mio padre. Capii solo "Incidente" e staccai subito la chiamata, turbata, confusa, impaurita.
Forse hanno sbagliato, forse era uno scherzo telefonico o erano proprio loro a farlo, pensai, .. lo facevano, a volte, che mi chiamavano di stramazzo e fingevano delle vocine forzate per farmi scherzi.. doveva essere così. Era così.
Allora richiamai mia madre e quando rispose di nuovo la stessa voce le dissi "Mamma ho capito che è uno scherzo, smettila, papà.." Ma le parole mi si stavano già smorzando in gola e l'uomo mi rispose che no, non era uno scherzo, che lui era un poliziotto e che era tutto vero. I miei genitori avevano avuto un incidente ed erano morti sul colpo, entrambi.
Scoppiai in un pianto eterno, piansi fino allo sfinimento, urlai fino ad aver male alla gola, avevo male agli occhi, persino le vene che mi pulsavano sulla fronte mi dolevano e non riuscivo ancora a metabolizzare il tutto finchè non venne mia nonna pronta a consolarmi nelle lacrime. Adesso, invece, sospiro e mi asciugo gli occhi ripensando a quella notte del 18 Luglio.
Sono cinque anni che riguardo quella foto, ogni singola mattina rimembro quel giorno e ogni santa volta devo commiserarmi piangente allo specchio perché a causa di ciò che ho sofferto non riesco più a provare affetto per nessuno... Nessuno.
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