Sam Winchester [Spn]

Il motel è una di quelle meraviglie architettoniche che solo chi non ha standard di igiene può apprezzare: tappezzeria a fiori scoloriti, odore di moquette umida e, probabilmente, una popolazione di scarafaggi che si sente più a casa di me.

Dean se n’è appena andato, borbottando qualcosa sul dover "assaggiare un cheeseburger spaziale" – qualunque cosa significhi – e io sono rimasta sola con Sam.

Ora, ecco la cosa: io caccio con questi due da un po’, ma con Sam non ho mai davvero parlato.

È sempre quello serio, riflessivo, il cervello del gruppo, ma anche colui che di solito ha la faccia sepolta in un libro o è troppo impegnato a fare ricerche per fermarsi a fare due chiacchiere.

Quindi sì, questa è una prima volta.

Mi siedo sul bordo del letto e faccio finta di interessarmi al volantino di una pizzeria locale per evitare di affrontare il silenzio.

Lui è seduto all’altro letto.

E, quando alzo lo sguardo per sbaglio, eccolo lì: un sorriso imbarazzato e piccolo, ma comunque letale.

-Non pensavo che Dean fosse il tipo da cheeseburger spaziali... Più da hamburger scadenti- butto lì, perché l’imbarazzo mi sta uccidendo.

Sam ride, un suono basso e genuino, e il mio cervello decide che è il rumore più piacevole che abbia mai sentito -È Dean. Probabilmente vuole solo un motivo per sparire e non dover pensare al caso per un’ora-

Annuisco, e la stanza cade di nuovo in silenzio per un momento.

Poi, per qualche motivo, guardo i libri impilati accanto al suo zaino -Allora, cosa stai leggendo adesso?

Lui sembra sorpreso, ma risponde: -“Paradiso Perduto” di John Milton-

Mi illumino - Milton, eh? Bella scelta. Anche se penso che Satana sia un po’ troppo… come dire, carismatico in quel libro-

Sam alza un sopracciglio, curioso -Hai letto “Paradiso Perduto”?-

-Certo- rispondo con un sorriso -Non sono solo una cacciatrice, sai. Ho anche un cervello-

Lui sorride di nuovo, questa volta più apertamente, e qualcosa nel suo viso si rilassa.

Iniziamo a parlare di libri, passando da Milton a Shakespeare, da Tolkien a Orwell.

Ogni volta che uno di noi cita un libro che anche l’altro ha letto, ci avviciniamo un po’.

Non lo facciamo apposta, ma è come se la distanza tra di noi si accorciasse naturalmente, parola dopo parola.

Quando ci ritroviamo a parlare di “Orgoglio e Pregiudizio” (sì, lo ha letto anche lui – chi l’avrebbe mai detto?), mi rendo conto di essere a pochi centimetri dal suo viso.

Lui mi guarda, e per un momento penso che tornerà indietro, che rovinerà tutto.

Ma invece, sorride.

-Sai- dice piano, con quella sua voce profonda che sembra sempre un po’ troppo calma -c’è una frase di “Jane Eyre” che mi è sempre piaciuta. “Io sono tuo e tu sei mia. Sei sempre stata mia.”-

Il mio cuore salta un battito.

È così vicino che posso vedere ogni sfumatura nei suoi occhi.

E poi si sporge verso di me, lentamente, quasi come se mi stesse dando tempo per tirarmi indietro.

Ma non lo faccio.

Non ci penso nemmeno.

Le sue labbra toccano le mie, morbide e gentili, ma piene di qualcosa che non riesco a spiegare.

Mi perdo nel momento, nel calore della sua bocca, nelle sue mani che sfiorano il mio viso.

È come leggere la frase perfetta in un libro che non vuoi mai finire.

E poi, naturalmente, la porta si spalanca.

-Oh, fantastico, proprio quello che volevo vedere mentre vi stavo portando i miei cheeseburger- sbotta Dean, con il solito tono sarcastico.

Sam si allontana da me all’istante, ma non abbastanza velocemente.

Dean ci guarda, poi posa i panini sul tavolo con una risata incredula -Beh, almeno non vi siete uccisi a vicenda. Ehi, Sam, spero che quello fosse un estratto da un libro e non roba tua. Sennò siamo messi male-

Mi porto una mano alla fronte, imbarazzata oltre ogni limite.

Sam, però, sembra stranamente tranquillo.

Mi lancia uno sguardo furtivo e un piccolo sorriso, come per dire che ne valeva comunque la pena.

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