Bucky Barnes² [Marvel]
Immagina per littlee_pookie
Spero ti piaccia 💚
Il telefono squilla in piena notte, un suono stridente che mi strappa dal sonno e mi costringe a tornare alla realtà.
Il nome che compare sullo schermo mi gela il sangue: Steve.
Non rispondo subito.
Rimango lì, a fissare lo schermo illuminato nella penombra della mia stanza, come se non rispondere potesse evitare quello che sta per succedere.
Ma so che non è così.
Steve non chiama mai senza motivo, e se mi sta cercando ora, deve essere grave.
Alla fine, con un sospiro pesante, accetto la chiamata -Steve?-
-Ehi, T/n...- La sua voce è carica di qualcosa che non riesco a decifrare subito, ma che mi mette immediatamente sull’attenti -Mi dispiace chiamarti a quest’ora, ma... è Bucky. È in ospedale-
Il suo nome colpisce come un pugno allo stomaco.
Sono passati due anni dall’ultima volta che l’ho visto, e da allora ho cercato di ricostruire la mia vita, pezzo dopo pezzo, lasciando che il vuoto che aveva lasciato in me diventasse una ferita cicatrizzata.
Ma ora quella ferita si riapre, dolorante e fresca come il giorno in cui lui se n’è andato.
-Perché stai chiamando me?- chiedo, cercando di mantenere la voce ferma.
Steve sospira dall’altra parte della linea -Perché sta delirando, T/n. Ha avuto un incidente durante una missione, e mentre lo portavano in sala operatoria... continuava a chiedere di te-
Mi passo una mano tra i capelli, cercando di reprimere il groppo che si sta formando nella mia gola -Steve, non posso...-
-T/n, lo so che è difficile, ma ha bisogno di te- insiste, la sua voce gentile -Vai- dice semplicemente.
-Stevd, io...-
-Vai, T/n- ripete, avvicinandosi e posando una mano sulla mia spalla -Non è per lui, è per te. Hai bisogno di chiudere questa storia, in un modo o nell’altro...-
E così, eccomi qui.
In piedi in una fredda sala d’attesa dell’ospedale, con una tazza di caffè tra le mani che ormai è fredda.
Ogni tanto alzo lo sguardo verso le porte della sala operatoria, aspettando che un medico esca per darmi notizie.
Non so quanto tempo passa.
Forse ore.
Forse minuti.
Ma alla fine una figura in camice esce e si avvicina -Signor Rogers?-
-Sì- risponde alzandosi di scatto.
-Il signor Barnes è fuori pericolo. L’intervento è andato bene, ma sarà intontito per un po’. Può vederlo, se vuole-
Steve mi guarda -Vai-
Annuisco senza parlare e seguo il medico lungo un corridoio silenzioso, fino a una stanza dove Bucky giace addormentato.
La vista di lui mi toglie il respiro.
È disteso sul letto, il volto pallido e coperto di graffi.
I capelli sono spettinati, ciocche scure che gli ricadono sulla fronte, e la barba è più lunga di quanto ricordassi.
Ma è lui.
Sempre lui.
Mi avvicino lentamente, come se avessi paura di svegliarlo, e mi siedo sulla sedia accanto al letto.
Per un momento, lo osservo semplicemente.
La sua mano metallica è appoggiata sul lenzuolo, immobile, mentre il suo petto si alza e si abbassa in un ritmo lento e regolare.
È la prima volta in due anni che sono così vicina a lui.
E anche se so che dovrei essere arrabbiata, il dolore che provo è soffocato da qualcosa di più forte: il desiderio che apra gli occhi e mi guardi come faceva una volta.
I ricordi mi travolgono.
Flash di momenti passati: il modo in cui rideva quando gli raccontavo una battuta stupida, il calore delle sue mani che mi tenevano stretta quando pensava che il mondo fosse troppo buio per entrambi.
E poi l’ultima volta che l’ho visto, quando mi ha lasciato senza nemmeno darmi il tempo di combattere per noi.
Poi, all’improvviso, si muove.
Un leggero spasmo delle dita, seguito da un debole gemito.
I suoi occhi si aprono lentamente, confusi e annebbiati dall’effetto dell’anestesia.
-T/n?- La sua voce è roca, appena udibile, ma il suono del mio nome sulle sue labbra mi manda in frantumi.
-Sono qui- rispondo, cercando di mantenere la calma, ma il cuore mi batte così forte che temo possa sentirlo.
Lui mi guarda, gli occhi ancora pesanti, ma c’è qualcosa di diverso.
Qualcosa che non vedevo da tempo -Ho fatto una cazzata- mormora, la voce impastata.
-Bucky...-
-No, lascia che parli- dice, tentando di sollevarsi ma fallendo miseramente -Ho fatto una cazzata lasciandoti. Pensavo di proteggerti, ma tutto quello che ho fatto è stato distruggerti. Dio, ti amo. Ti amo così tanto che non riesco nemmeno a respirare quando non ci sei-
Rimango immobile, incapace di rispondere.
Le sue parole mi colpiscono come un’onda, spazzando via ogni pensiero razionale.
-Non so se puoi perdonarmi- continua, gli occhi lucidi ma se c’è anche solo una possibilità, farei qualsiasi cosa per meritarla-
Per un momento rimango in silenzio, combattuta tra il dolore e l’amore che ancora provo per lui.
Poi, lentamente, allungo la mano e la poso sulla sua.
Non dico nulla.
Non c’è bisogno.
Lui chiude gli occhi, un sospiro di sollievo che sembra liberarlo da un peso che ha portato per troppo tempo.
E in quel momento, capisco che forse possiamo ancora ricostruire ciò che è andato perduto.
Insieme.
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