Amore condannato [Cm]
Immagina per lucy08novembre2001
Spero ti piaccia 💚
Nel caos di scatoloni, nastro adesivo e biberon che scandiscono le nostre giornate da quando abbiamo deciso di cambiare casa, non mi aspettavo di imbattermi in un pezzo di storia familiare.
Sto cercando di mantenere il controllo della situazione mentre Henry piange con un tono da tenore degno di un’opera lirica, e Will continua a insistere che forse dovremmo prendere in considerazione il trasloco di metà delle nostre cose.
-JJ, davvero, ci serve tutta questa roba?- Will alza un vecchio portafoto scolorito, con quella sua espressione scettica che in genere riserva solo alle decisioni sui soprammobili.
Gli rispondo con un’occhiata eloquente -Will, abbiamo un bambino di due mesi. Sì, ci serve tutta questa roba. Non sai mai quando avrai bisogno di… di, boh, qualsiasi cosa per evitare che urli a squarciagola-
Con un sospiro rassegnato, lui scuote la testa e sparisce verso la soffitta, probabilmente per prendere qualche altra scatola o, più probabilmente, per evitare le mie prediche sull’organizzazione logistica.
Mentre continuo a riordinare il soggiorno, sento i passi pesanti di Will sopra la mia testa.
Poi, un rumore di qualcosa che cade e un suo borbottio indecifrabile.
-Will? Tutto ok?- chiedo, cercando di non immaginarmi un disastro completo.
-Sì, sì… cioè, penso di sì. Ma… amore, vieni un attimo qui. Devi vedere questa cosa- risponde, e c’è qualcosa nella sua voce che mi incuriosisce.
Con Henry in braccio, salgo in soffitta, cercando di destreggiarmi tra la polvere e l’equilibrio precario di tenere un neonato che sembra deciso a farmi perdere l’uso di entrambe le braccia.
-Che hai trovato?- chiedo, curiosa, mentre mi avvicino.
Will mi mostra un vecchio documento ingiallito, uno di quei pezzi di carta fragili che sembra che possano sbriciolarsi solo guardandoli troppo intensamente.
Sul foglio, scritto con una calligrafia elegante, c’è un nome che non riconosco subito, ma che mi suona vagamente familiare: Abigail Smith.
-Guarda qua- dice Will, passandomi il documento -È qualcosa che riguarda tua bis-bisnonna, credo… o meglio, la sorella di tua bis-bisnonna-
Scorro con gli occhi il foglio, leggendo il testo -È morta… a 19 anni?- domando, colpita -Abigail Smith, morta il 6 settembre 1901… caso mai risolto-
Will annuisce -Ecco, volevo dirti proprio questo. Non c’è alcun riferimento a un sospetto, né ad alcuna causa della morte. E nessuno se ne è occupato. In pratica, è stato dimenticato-
Sento un brivido lungo la schiena, una specie di gelo strano, come se l’ombra di Abigail fosse improvvisamente con noi nella soffitta.
La data sul documento mi colpisce come una fitta inaspettata: il 6 settembre 1901, lo stesso giorno dell’attentato al presidente William McKinley.
Ricordo vagamente qualche lezione di storia su quel giorno, su come l’attenzione del Paese fosse tutta concentrata su quell’attacco.
Forse è per questo che la morte di Abigail è stata trascurata, ignorata.
Una giovane contadina della Pennsylvania non poteva certo competere con il peso di un evento storico nazionale.
Mi sento attraversare da una strana determinazione.
So che potrebbe sembrare assurdo, ma voglio sapere cosa le è successo.
Non riesco a spiegarmelo; è solo una sensazione.
-Will, penso che dovrei chiedere ai ragazzi di aiutarmi a dare un’occhiata a questa storia- dico, abbassando la voce come se non volessi svegliare vecchi fantasmi.
Will mi guarda, sorpreso ma comprensivo -Davvero? Vuoi indagare su una tua antenata di cent’anni fa?-
Annuisco, stringendo il documento con una strana sensazione di responsabilità -Sì. So che è folle, ma sento che dobbiamo qualcosa a questa ragazza. Non posso lasciare che venga dimenticata. Era solo una ragazza… come me-
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Non ci mettiamo molto a coinvolgere la squadra, e il caso di Abigail Smith diventa un progetto curioso, qualcosa che esploriamo tra un’indagine e l’altra.
Spencer è subito in prima linea, scovando registri locali e documenti polverosi, affascinato tanto dalla storia quanto dall’epoca.
Rossi, con la sua solita affabilità, è intrigato dai risvolti storici, e Derek cerca di non farsi coinvolgere emotivamente, ma a un certo punto non riesce a trattenersi e ammette: -È ingiusto. Non ha mai avuto giustizia-
Le settimane scorrono in un misto di scoperte e frustrazioni.
Ogni indizio sembra portare a un vicolo cieco.
Ma, un giorno, Spencer arriva con una rivelazione: Abigail aveva un fidanzato segreto, un ragazzo di nome Philip.
-Era… nero- dice Spencer, quasi con un pizzico di timore -E parliamo del 1901. Le relazioni interrazziali erano… proibite-
Sento un’altra fitta di emozione.
Abigail e Philip non avevano solo sfidato la società: avevano rischiato tutto.
E il padre di Abigail…
Andrew Smith…
-Ci sono testimonianze di tensioni in famiglia- continua Spencer -Il padre non voleva che Abigail andasse a New York. Aveva già scelto qualcuno per lei, un uomo del loro villaggio. Ma Abigail non voleva. Non voleva piegarsi a quelle aspettative-
La verità inizia a delinearsi, amara e straziante.
Abigail era stata uccisa per le sue scelte, per il suo desiderio di libertà, per un amore che il mondo avrebbe condannato.
Quando finalmente mettiamo insieme i pezzi, la sensazione di soddisfazione è mescolata a una tristezza indescrivibile.
Abigail non ha mai avuto la possibilità di vivere la vita che desiderava, e il mondo l’ha dimenticata senza battere ciglio.
Mentre ci riuniamo in ufficio per una sorta di silenzioso tributo a questa ragazza che non abbiamo mai conosciuto, il silenzio nella stanza sembra quasi più pesante del solito.
Poi, uno strano fenomeno.
Percepisco qualcosa, una presenza, come se qualcuno ci stesse osservando.
Alzo lo sguardo, e mi accorgo che non sono l’unica.
Spencer, Derek e gli altri stanno fissando un punto alle nostre spalle, i loro volti increduli.
Mi giro, e il cuore manca un battito.
Di fronte a noi, come ombre in controluce, ci sono delle figure.
Una ragazza con un viso dolce e sereno, i capelli legati in una treccia morbida: Abigail.
E accanto a lei, un ragazzo con un’espressione fiera e dolce al tempo stesso, Philip.
Non dicono nulla.
Si limitano a guardarci, i loro volti colmi di gratitudine.
Abigail accenna un lieve sorriso, annuendo quasi impercettibilmente.
È come se volesse ringraziarci, come se la nostra indagine le avesse finalmente dato pace.
Poi, con la stessa rapidità con cui sono apparsi, svaniscono.
Il silenzio nella stanza è assoluto.
Nessuno osa parlare, nessuno osa rompere quell’atmosfera quasi sacra che ci ha avvolti.
Ma c’è un senso di pace, una serenità che ci circonda.
Abigail e Philip hanno finalmente avuto la giustizia che meritavano.
E, in qualche modo, so che continueranno a vivere, liberi, nella memoria di chi vorrà ricordarli.
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