Aaron Hotchner [Cm]

È il mio primo giorno di lavoro alla B.A.U.

Premo il pulsante dell'ascensore e aspettato che arrivi.

Qualcuno mi si affianca, mi volto, è una ragazza giovane, bionda con gli occhi azzurri, mi sorride -Devi essere t/n-

La guardo stranita -Si...-

-Ho letto il tuo nome sul fascicolo, sono Jennifer Jerau ma tutti mi chiamano JJ, lavoro all'unità analisi comportamentale- allunga una mano, la stringo e saliamo in ascensore.

Arriviamo al piano, sento delle voci indistinte: -Speriamo almeno che sia simpatica, detesto le persone scontrose-

-Ho fatto delle ricerche, ha due lauree ed ha già lavorato in passato con Hotch poi lei è stata trasferita all'fbi in Italia ma ora è tornata...-

-Due lauree in cosa?-

JJ si schiarisce la gola -Ragazzi lei è t/n- dice.

Gli altri mi guardano, una è una donna, bassa abbastanza in carne, con degli occhiali strani e una penna con un pon pon rosa gigante in punta.

L'altro è un uomo di colore, alto, con un fisico ben scolpito e un bel sorriso.

L'ultimo è un ragazzo, avrà all'incirca venticinque anni, dei capelli lunghi fino alle spalle castano chiaro, indossa una camicia bianca ed una cravatta allacciata storta.

-Io sono Penelope, lui è Morgan e il piccoletto è Reid... Un genietto- aggiunge a voce più bassa.

Mi rivolgono tutti un cenno di saluto poi ci mettiamo a parlare.

-Forse devo consegnare questi- dico mostrando dei fogli.

-Oh giusto, l'ufficio di Hotch è là- Morgan indica una porta.

Salgo quei pochi scalini e busso.

-Avanti-

Apro la porta, Hotch é seduto alla scrivania, intento a compilare scartoffie.

Mi siedo davanti a lui e aspetto che mi guardi.

Finalmente alza lo sguardo e sussulta
-T/n! Credevo iniziassi la prossima settimana- si alza e mi abbraccia impacciato.

-Si... Credevo di iniziare già da questa, forse mi sono confusa- ammetto cercando di non sorridere troppo.

È questo l'effetto che mi aveva sempre fatto Aaron: farfalle nello stomaco, sorriso ebete stampato in faccia e stato di confusione perenne.

Era anche per questo che avevo chiesto il trasferimento in Italia, la mia patria.

-Allora vieni, ti presento alla squadra-

-E questi?- chiedo alludendo ai fogli.

-Lasciali lì, abbiamo un caso ora-

Poso i documenti sulla scrivania ordinata e ci dirigiamo verso la sala in cui si sono già radunati gli altri.

-Lei è t/n t/c- dice Hotch, tutti si voltano.

-Ci siamo già presentati prima- comunico guardandoli di nuovo.

Un uomo anziano si alza -Manco solo io alle presentazioni allora, David Rossi...- dice in Italiano, poi mi fa l'occhiolino -So riconoscere un'italiano se ne incontro uno- e si risiede.

-È vero che in questo periodo dell'anno in Italia c'è- inizia il ragazzo.

Hotch lo ammonisce -Reid... Dopo-

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Due mesi dopo

Siamo sul jet, di ritorno a casa dopo un lungo e complicato caso.

-Siate stati bravi- si complimenta Hotch.

Lo guardo e sorrido senza nemmeno rendermene conto.

Alla squadra però non devono sfuggire tutte le volte che lo guardo quando lui è distratto.

Ho imparato a conoscerli. Vado molto d'accordo con Spencer, Derek dice che siamo due "Einstein".

JJ ha invitato me e Garcia un paio di volte da lei a cena, ho conosciuto Herry, un vero tesoro.

Mi sono anche dovuta riabituare alla presenza di Aaron.

A stargli sempre così vicina.

Rossi si siede nel sedile di fronte al mio.

Chiudo il libro e lo guardo.

-Sbaglio o tra te e Aaron c'è qualcosa?- chiede.


-Sbagli- dico, Hotch é seduto dalla parte opposta dell'aereo, sta guardando fuori dal finestrino perso in chissà quali pensieri.

Rossi si sporge sullo stretto corridoio, seguendo il mio sguardo poi sorride e mi riguarda -Sarà... Ma io non sbaglio mai ragazza-, si alza e io approfitto del silenzio per dormire un po', ignara del fatto che lui sia andato a parlare proprio con Hotch.

Arrivati a Quantico prendo la mia roba, saluto tutti e scendo dal jet.

Ho quasi finito la rampa di scale quando qualcuno mi chiama.

Riconosco la voce all'istante.

Hotch.

So già cosa vuole dirmi, probabilmente ha qualche lamentela da fare sul fatto che ho mentito durante l'interrogatorio.

-Lo so ho sbagliato- dico una volta che mi raggiunge.

-A cosa ti riferisci?-

-All'interrogatorio, ho mentito solo perché altrimenti non ci avrebbe detto...-

Lui mi interrompe con un gesto della mano -Credo tu abbia fatto un'ottimo lavoro...-

Eccolo di nuovo, lo sciame di farfalle che ha deciso di vivere nel mio stomaco si è risvegliato.

-Ma non è per questo che ti ho fermata- continua -Volevo chiederti se per caso ti andava di mangiare qualcosa con me, é ora di cena-

-Magiare? Io e te? Del cibo... Ora?-

Ecco che mi va di nuovo in tilt il cervello, riesco a dire solo frasi sconnesse.

-Si-

Annuisco e lo seguo.

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Dopo cena

-Non ero mai stata da queste parti- dico mentre attraversiamo un parco a me sconosciuto.

-Se vuoi possiamo sederci un po'- propone.

Accetto e ci accomodiamo sulla prima panchina libera.

Le nostre ginocchia si sfiorano.

-Come ti sembrano gli altri?- mi chiede.

-Sono tutte delle brave persone, mi piace la squadra- sorrido e guardo lo stagno illuminato dalla luna.

-Lo sono- conferma.

Rimaniamo in silenzio diversi minuti poi finalmente Hotch parla.

-Perché te ne sei andata?- domanda, alludendo a quando, orami sette anni fa ero tornata in Italia -Non l'ho mai capito sai?-

Mi volto verso di lui, sapevo che prima o poi me lo avrebbe chiesto.

-Mi hanno offerto un posto e ho accettato-

-So che l'hai richiesto tu il trasferimento-

Colpo basso.

Questo è un colpo basso.

-Aaron-

-La verità- i suoi occhi scuri sono fissi nei miei.

-Avevo paura- dico.

-Paura?- ripete confuso.

-Si, paura- confermo -Di quello che stavo iniziando a provare per te, di quello che avresti pensato se l'avessi scoperto- ammetto mordendomi il labbro e spostando la sua attenzione sulla mia bocca.

-Perché mai avresti dovuto temere una cosa simile?- domanda sporgendosi.

-Perché tu sei Aaron Hotchner, l'agente modello con il cuore di pietra- sdrammatizzo.

-Forse se fossi rimasta non la penseresti così- si sporge di più, sento il suo fiato sul viso.

-Cosa stai... Non... Tu... Cosa- balbetto.

-Mi piace- dice con voce profonda.

-Chi?-

-L'effetto che ho su di te- poi si avvicina ancora e sfiora le mie labbra con le sue, si allontana subito.

Impedisco che si allontani ancora tenendolo per il colletto della camicia -Si nota tanto?-

-Sono un profiler- sorride poi mi bacia, davvero questa volta.

Il mio cuore accelera.

Da quanto aspettavo questo?

Poi si allontana -Non è che ora te ne vai di nuovo vero?- chiede preoccupato, mi si scioglie il cuore a vederlo così.

-Non ho in programma nessun trasferimento al momento- rido, mi bacia di nuovo, tirandomi a sé e accarezzandomi la schiena.

Un brivido di piacere mi percorre la colonna vertebrale.

Sorrido, lui se ne accorge e mi guarda, tenendo il mio viso tra le sue mani calde: -Che c'è?-

-Credo che domani dovrò dire a Dave che aveva ragione.-

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