Oberyn Martell 💚

Richiesto da: nessuno
Livello: verde
Trama: sei la figlia prediletta di Oberyn Martell
Tratto da: Il Trono di Spade


  La notte in cui sei nata, Dorne sembrava trattenere il respiro. L'aria era densa di calore, un velo soffocante che avvolgeva la fortezza di Lancia del Sole. Il vento del deserto, solitamente impetuoso, si muoveva lento e pesante, sollevando turbini di sabbia dorata che si insinuavano tra le fessure delle finestre e accarezzavano le mura antiche. Sopra il mondo addormentato, le stelle brillavano alte, ardenti come fuochi lontani, vegliando sulla terra sotto di loro.

  Nelle stanze appartate della fortezza, un altro fuoco ardeva. Non quello delle torce né dei bracieri, ma quello del dolore e della vita che lotta per venire alla luce. Tua madre gemeva nel letto, la fronte imperlata di sudore, le dita serrate attorno alle lenzuola stropicciate. Le levatrici sussurravano parole di incoraggiamento, i loro movimenti rapidi e sicuri, ma nulla poteva attenuare il dolore lancinante che squarciava il suo corpo.

  Fu un travaglio lungo, estenuante. Ogni ora che passava sembrava trascinarsi come un'ombra infinita, e con essa cresceva l'impazienza di tuo padre. Oberyn Martell, il Principe di Dorne, camminava avanti e indietro come una pantera in gabbia, i muscoli tesi sotto la pelle abbronzata, le mani chiuse a pugno. Nessuno osava fermarlo, nessuno osava parlare. Conoscevano il suo temperamento, sapevano che dietro quella maschera di controllo si celava una tempesta pronta a esplodere.

  Di tanto in tanto, si fermava sulla soglia della stanza, gli occhi febbrili fissi sulla donna che lottava per dargli un figlio. La paura gli serrava il petto in un modo che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. Aveva assistito alla morte mille volte, sul campo di battaglia, nell'arena, nelle notti silenziose in cui la vendetta era stata il suo unico conforto. Ma mai la morte gli era sembrata tanto vicina come in quel momento, mai aveva temuto di perdere qualcosa con tanta intensità.

  Poi, finalmente, il momento giunse. Un ultimo grido squarciò l'aria, seguito da un suono più piccolo, più fragile, ma infinitamente più potente: il tuo pianto.
Le levatrici si affrettarono a pulirti, a controllarti, mentre tua madre sprofondava esausta tra i cuscini, le palpebre pesanti, ma il cuore colmo di sollievo. Il tempo sembrò fermarsi quando una delle donne, con mani esperte e gentili, ti avvolse in un panno leggero e si voltò verso il tuo destino. Oberyn si avvicinò, e per un istante non fece nulla. Si limitò a guardarti. Non era certo cosa si aspettasse, ma in quel momento, tutto il mondo si ridusse a quella minuscola creatura tra le sue braccia. La sua bambina. Il suo sangue. La sua eredità.

  Ti prese con una delicatezza che pochi avrebbero mai creduto possibile in lui. Il Principe di Dorne, la Vipera Rossa, il guerriero letale e amante appassionato, l'uomo che non temeva nulla... eppure, in quell'istante, era vulnerabile.
  Ti osservò come se tenesse tra le mani un segreto sussurrato dagli Dei stessi. La tua pelle era calda sotto le sue dita, i tuoi piccoli pugni si stringevano nel vuoto, la tua bocca si apriva in un pianto esigente, potente, come se già sapessi di meritare il mondo. Oberyn rise, un suono basso e meravigliato, e ti strinse più forte.
  Le levatrici sorrisero tra loro. Lo conoscevano bene, il Principe. Sapevano che non era un uomo da legarsi facilmente, che il suo cuore era sempre stato un campo di battaglia tra l'amore e la libertà. Ma in quel momento, lo videro cambiare. Lo videro spezzarsi e ricomporsi in qualcosa di nuovo. Con il dorso delle dita, ti accarezzò la guancia. Un gesto semplice, ma colmo di promesse. <<Mia piccola vipera>> sussurrò, e il destino si sigillò in quelle parole.

  La Vipera Rossa aveva trovato il suo gioiello più prezioso, la sua rosa del deserto. Non saresti stata una fragile bambola da proteggere dietro mura di pietra, né una dama da esibire nei salotti della nobiltà. Il sangue dei Martell scorreva in te, caldo e ribelle, e tuo padre sapeva già che non ti avrebbe mai permesso di essere domata.

  Mentre la notte avanzava e il vento tornava a sollevare la sabbia nel deserto, Oberyn ti tenne tra le braccia, cullandoti con la stessa sicurezza con cui impugnava la lancia. Sorrise tra sé, immaginando i sussurri che avrebbero attraversato le corti di Dorne. La figlia della Vipera Rossa era nata. E nessuno avrebbe potuto prevedere la tempesta che sarebbe diventata.


****


  La tua infanzia non fu mai tranquilla, né avrebbe potuto esserlo. Mentre le altre bambine si dilettavano con bambole d'avorio e sete pregiate, tu correvi a piedi scalzi sulla sabbia rovente, incurante del calore che avrebbe fatto indietreggiare chiunque altro. La tua pelle, dorata dal sole implacabile, portava i segni delle cadute, delle avventure, della vita che non conosceva catene. Il vento sibilava tra le dune, e tu lo ascoltavi come un vecchio amico, imparando il suo linguaggio, lasciandoti trascinare nella sua danza selvaggia.

  Scalavi gli alberi di melograno con la destrezza di un gatto, rubando i frutti maturi con dita rapide, il succo vermiglio che colava dai polsi come sangue. Saltavi tra le rocce della scogliera senza esitazione, il cuore che batteva forte, ebbro della libertà che solo il cielo aperto poteva concederti. Quando sparivi nei giardini della fortezza, tra il profumo intenso dei fiori d'arancio e il fruscio delle foglie di palma, nessuno osava cercarti. Ti chiamavano "la figlia del deserto", un miraggio imprendibile, un respiro di tempesta.
  Oberyn ti osservava con un misto di divertimento e orgoglio. Mai osò fermarti, mai tentò di addomesticare quel fuoco che brillava nei tuoi occhi. Sapeva che spegnere la tua fiamma sarebbe stato come ucciderti, e se c'era una cosa che la Vipera Rossa non avrebbe mai permesso, era che qualcuno osasse spezzare sua figlia.

  Ti insegnò a combattere prima ancora che tu potessi capire cosa fosse la paura. Non erano lezioni impartite con severità, né con la rigidità di un maestro d'armi qualunque. Erano giochi, sfide, danze mortali che tu accettavi con una risata, senza sapere che, in quei momenti, stavi diventando una leggenda. Brandivi la lama con una naturalezza inquietante, i movimenti fluidi come l'acqua di un fiume che conosce già la sua strada. Lui sorrideva, compiaciuto, parando i tuoi colpi improvvisi con la facilità di chi aveva vissuto mille battaglie. <<Non ti lascerò mai indifesa, piccola mia>> diceva, mentre le lame si incrociavano in un tintinnio metallico. Poi, con un movimento rapido, ti disarmava, lasciandoti ansimante, con un sorriso divertito sulle labbra. Ma non passava molto prima che tu ritentassi, ancora e ancora, sempre più veloce, sempre più letale.

  <<Sei una fiamma>> ti diceva, accarezzandoti il volto con mani callose ma gentili. <<Bruci più luminosa di tutti>>.

  E lo sapevi anche tu. Ma il mondo non era pronto per te. Le voci si spargevano come cenere al vento. La figlia della Vipera Rossa non era come le altre. Non era docile, non era domata, non si piegava ai sussurri della corte né alle aspettative della sua stirpe. Alcuni ti ammiravano, altri ti temevano. Alcuni sussurravano parole velenose dietro le porte chiuse, chiedendosi quale posto avrebbe mai potuto avere una creatura come te nel grande gioco del potere.

  Ma tu ridevi, senza paura, come se il mondo intero non fosse altro che una distesa di sabbia pronta ad accogliere il tuo passo leggero. E mentre la tua leggenda cresceva, cresceva anche la tempesta all'orizzonte.


****


   Il cielo di Dorne brucia nei colori del tramonto, un incendio di cremisi e oro che si riversa sulle dune lontane, tingendo la sabbia di riflessi infuocati. L'aria è ancora calda, ma la brezza della sera inizia a insinuarsi tra le colonne della terrazza, portando con sé il profumo del mare e delle spezie che si mescolano nei mercati della città sottostante. Dall'alto della fortezza, la vista si estende fino all'orizzonte, dove il deserto si perde in un nulla sconfinato. Per te è casa, per altri un luogo crudele e spietato. Ma la sabbia non è mai stata tua nemica. Come il sole, come il vento, come il sangue che ti scorre nelle vene, è parte di te.
  Tuo padre è appoggiato con noncuranza alla balaustra, le braccia incrociate, il peso distribuito con l'eleganza rilassata di chi sa di poter affrontare qualsiasi minaccia. Il suo sorriso è un'ombra di sé stesso, ironico ma privo di vera leggerezza. Ti guarda come ha sempre fatto: con orgoglio, con affetto, ma anche con quella velata inquietudine che non gli hai mai visto mostrare per nessun altro.

  <<Dovrai sposarti, un giorno>>. Le sue parole scivolano nell'aria come un dardo avvelenato. Non un ordine, né un ammonimento. Solo un fatto, una verità che lui conosce meglio di chiunque altro. Ti fermi a pochi passi da lui, la seta leggera del tuo vestito che si muove con la brezza serale. Il sole morente accende i suoi riflessi dorati, ma tu non ti senti affatto un tesoro prezioso da esibire. Incroci le braccia, sentendo il calore della pietra sotto i piedi nudi, e stringi lo sguardo su tuo padre, come se volessi cogliere in lui qualcosa di più di quelle parole.
  <<Non mi serve un marito, padre. Non voglio essere la moglie di nessuno>>. La tua voce è ferma, sicura, senza esitazioni. Un tempo, quando eri più giovane, avresti riso di un simile discorso, lo avresti scacciato come una battuta sciocca. Ma ora non hai voglia di ridere. Sai cosa significa, sai cosa implica. Il matrimonio non è una favola. È una trappola. È una gabbia. È una catena d'oro forgiata con promesse di alleanza e potere.
  Oberyn ride, ma è una risata senza gioia, quasi rassegnata. Passa una mano sulla pietra della balaustra, abbassando lo sguardo per un istante, come se nei solchi scolpiti nel marmo potesse trovare un appiglio per qualcosa che gli sfugge. Quando torna a guardarti, nei suoi occhi scuri c'è qualcosa di malinconico. <<Lo so>>. Solo due parole. Eppure pesano più di una sentenza.


  Fa un respiro profondo, come se le prossime parole gli costassero più di quanto voglia ammettere. <<Ma il mondo non si muove secondo il tuo volere, per quanto lo desideri. Verranno per te, pretendenti da ogni angolo di Westeros e oltre. Lord con terre e ricchezze, principi affamati di gloria, uomini che vedranno in te un trofeo da esibire. Non tutti saranno stolti da rifiutare una vipera, e alcuni... alcuni cercheranno di domarti>>.

  L'idea ti fa ribollire il sangue nelle vene. Il tuo respiro si fa più lento, controllato. Il tramonto proietta ombre lunghe sul pavimento di pietra, allungando le vostre sagome come se il futuro si insinuasse silenzioso tra di voi. Serrando la mascella, fissi tuo padre con uno sguardo di sfida.
  <<Li farò sanguinare>>. Non è una minaccia. È una promessa. Oberyn smette di sorridere. La sua espressione cambia, il divertimento si spegne come la brace sotto la sabbia. Nei suoi occhi c'è qualcosa che non avevi mai visto prima. Non paura, no. Tuo padre non ha mai conosciuto la paura. Ma è qualcosa di simile. Qualcosa di più pericoloso.

  Ti osserva in silenzio, come se ti vedesse per la prima volta, come se davanti a lui non ci fosse più la bambina che un tempo portava sulle spalle, ma qualcosa di diverso. Qualcosa che lui stesso ha contribuito a forgiare. Poi si muove. In un gesto lento, solleva una mano e ti accarezza la guancia con il dorso delle dita. È un tocco leggero, quasi impercettibile, ma nelle sue dita c'è la ruvidezza di chi ha impugnato armi per tutta la vita, la callosità di chi ha vissuto e combattuto senza mai tirarsi indietro.

<<Lo so, piccola mia>>. La sua voce è più bassa, un sussurro perso tra i suoni del vento. <<Ed è questo che mi spaventa>>. Ti irrigidisci sotto il suo tocco, non perché ti dispiaccia, ma perché non sei abituata a vederlo così vulnerabile. Oberyn Martell non è mai stato un uomo che mostrava debolezze. Ha sempre vissuto come se la morte fosse solo un'altra amante, come se la vita fosse un gioco di dadi che lui sapeva come truccare. Eppure ora... ora è diverso.

  Forse perché sa che questa battaglia non potrà combatterla al posto tuo. Forse perché sa che il mondo non sarà clemente con te. Forse perché, per la prima volta, teme di averti resa troppo simile a lui.

  Il sole affonda dietro l'orizzonte, e con lui scompaiono gli ultimi bagliori dorati. L'oscurità cala lentamente sulle sabbie di Dorne, avvolgendovi in un crepuscolo che sa di promesse e condanne. Il vento soffia più forte, facendo fremere le fiaccole accese lungo la terrazza.
  Padre e figlia restano immobili, avvolti da un silenzio pesante. Uniti dal loro amore feroce. Divisi da un destino che nessuno dei due può fermare.

  E da qualche parte, nell'ombra lunga della notte, il futuro attende.

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