Nate Archibald GG
Era una calda sera di maggio a New York, e gli ultimi raggi di sole si riflettevano sugli edifici in vetro della città. La vita pulsava intorno a noi, ma in quel momento, seduta su una panchina nel Central Park, mi sentivo completamente sola. I ricordi di Nate Archibald affollavano la mia mente, come un film che non riuscivo a mettere in pausa.
Nate era l'incarnazione del sogno americano: affascinante, con un sorriso che poteva illuminare anche il giorno più grigio. La nostra storia era iniziata in modo quasi fiabesco, tra feste esclusive, sguardi rubati e promesse sussurrate sotto le stelle. Avevo creduto che il nostro amore fosse invincibile, che insieme potessimo affrontare qualsiasi cosa. Ma la vita a Manhattan non perdona, e i sogni possono trasformarsi in incubi in un batter d'occhio.
La prima avvisaglia di qualcosa che non andava era arrivata un paio di mesi fa. Nate era distante, il suo sguardo assente durante le nostre conversazioni. Le sue scuse erano sempre le stesse: "Sono occupato con il lavoro" o "Devo rimanere concentrato per l'università". Ma io sapevo che c'era qualcosa di più. E poi, una sera, mentre attendevo il suo arrivo per una cena romantica, avevo ricevuto un messaggio. Una foto, scattata in un bar del Lower East Side, di Nate che rideva con un'altra ragazza. Il suo braccio era attorno alla vita di lei, e il modo in cui la guardava mi fece gelare il sangue.
Non potevo crederci. Avevo preso il primo taxi disponibile e mi ero precipitata fino al bar. Quando lo trovai, il suo sorriso svanì non appena incrociò il mio sguardo. La ragazza, una bionda dai capelli lunghi e un vestito attillato, si allontanò mentre io mi avvicinavo a lui, il cuore in gola.
"Nate, cosa stai facendo?" chiesi, la voce tremante.
Lui cercò di giustificarsi, ma ogni parola che pronunciava era un colpo al cuore. "Non è come sembra..." iniziò a dire, ma io non volevo sentire altre scuse. Avevo bisogno di verità, non di illusioni.
"Tu mi hai tradito" dissi, le lacrime che scendevano lungo le guance. "E io ti ho dato tutto. Credevo in noi."
Nate si avvicinò, cercando di afferrarmi per un braccio, ma io mi allontanai. "Non toccarmi" dissi, la voce ferma. "La fiducia è andata. Non posso continuare a vivere in un mondo in cui non so se posso fidarmi di te."
La sua espressione cambiò, e per un attimo, vidi un barlume di sincerità nei suoi occhi. "Mi dispiace" sussurrò. "Non so cosa mi sia preso. Sei importante per me."
"Importante?!" Esclamai, la voce rotta dalla rabbia e dal dolore. "Non si tradisce qualcuno che si considera importante, Nate. Non si fa."
E così, quella sera, la nostra storia finì. Non ci furono baci d'addio né promesse di rimanere amici. Solo il silenzio assordante di un amore distrutto. Tornai a casa, sentendomi svuotata.
Ora, seduta in quel parco, ripensavo a quel momento. La vita continuava a scorrere intorno a me, ma io mi sentivo bloccata in un limbo di tristezza. Nate Archibald era una parte del mio passato, ma il dolore del tradimento era ancora vivo.
Con un sospiro profondo, mi alzai dalla panchina e iniziai a camminare. Forse era arrivato il momento di lasciar andare quel capitolo della mia vita, di ricominciare e di ricostruire. La città era piena di opportunità, e anche se il mio cuore era ferito, sapevo che un giorno avrei trovato la forza di amare di nuovo.
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