Chapter twenty-four
«Ne vuoi un po'?» Domanda Matt, porgendomi uno spinello.
Scuoto immediatamente la testa in segno di diniego e gli rivolgo un'espressione disgustata.
Il solo odore di erba mi fa venire il voltastomaco, figuriamoci il sapore!
«Nah, lei non fuma.» Interviene Sally, prendendo il mio posto e interponendo lo spinello tra le sue labbra, colorate di un rosso acceso.
«Non sai che ti perdi.» Continua Matt, accostando la macchina nel parcheggio della spiaggia.
«Possibilità di tossicodipendenza? Tranquillo, lo so eccome.» Rispondo subito dopo, non rendendomi conto però di aver toccato un tasto davvero dolente della mia amica.
Sua madre, dopo essere stata lincenziata circa tre anni fa come cameriera, per aver rubato i soldi destinati al ristorante in cui lavorava, ha iniziato a drogarsi, cominciando dapprima con semplici spinelli e poi con vere e proprie iniezioni di eroina. Sally, suo padre e, da quanto mi è stato raccontato, anche Jason hanno cercato di farla smettere e di farle visitare qualche centro di tossicodipendenti, ma lei si rifiutava di andarci. Diceva che "quella semplice polverina bianca riusciva a farla sentire viva", e forse era anche vero, per quei trenta, quaranta secondi, ma poi la sensazione che arrivava in seguito era straziante, nociva. Un anno dopo si è catapultato, poi, sulle loro vite un altro male: l'abbandono del padre, e questo ha distrutto completamente la signora Miller, che ha aumentato le dosi, ha iniziato a bere e a fare tardi la sera. La situazione in casa era diventata così dolorosa che Jason è andato via, si è trasferito a Miami e ha lasciato Sally da sola con sua madre, nonostante avesse fatto di tutto pur di convincerla a partire con lui.
Mi schiaffeggio mentalmente per aver usato così poco tatto e sposto lo sguardo verso Sally, la quale guarda in basso malinconica. Le servono pochi secondi per riprendersi, prima di scendere dalla macchina e stampare sul suo viso un falso sorriso.
Scendo anche io dal Land Rover nero e, avvicinandomi a lei e posandole una mano sulla spalla, le dico: «Sally, mi dispiace, non volevo essere così-» Non mi lascia finire la frase, poiché dice: «Tranquilla, non devi preoccuparti, davvero.» Mi regala un sorriso, mettendo in risalto la sua fossetta destra, e mi incita a raggiungere gli altri. Faccio come mi dice e, insieme a Matt, ci incamminiamo verso l'ampia distesa di sabbia dorata.
La spiaggia è colma di gente, tavoli con sopra bibite alcoliche e bicchieri di plastica interamente rossi occupano parte dell'aria, mentre una canzone pop accompagna le voci e le urla di molti ragazzi, intenti a gareggiare per chi beve di più.
Mi soffermo ad ammirare l'incantevole modo in cui i caldi colori dell'arancio e del giallo si riflettono sulla superfice cristallina dell'oceano.
Ho sempre amato il tramonto. Ricordo che, quando ero piccola, mi affacciavo dalla finestra della mia stanza, con le cuffiette e il volume della musica al massimo nelle orecchie, ad ammirare questo incantevole spettacolo naturale. Sorrido a quel ricordo, sistemandomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
«Ecco Lily e Millie!» esclama Sally, facendomi segno di raggiungerle.
«Ragazze, che piacere vedervi!» pronuncia Lily, accogliendoci in un abbraccio. «Allora, vi va di bere qualcosa? So che la birra di oggi non sarà gustosa come quella della mia festa, ma ci accontentiamo.» Scoppiamo tutte a ridere dopo quest'affermazione, per la presunzione della rossa, e accettiamo subito dopo.
Con mio grande stupore, riesco a trovare una bibita analcolica, che, senza perdere tempo, verso un po' nel mio bicchiere. Gusto la mia coca cola, mentre Lily, Sally e Millie si dirigono al tavolo di beer pong, che- a quanto ho capito dalle feste in cui sono stata- non può mai mancare, ma deve essere onnipresente.
Appena, però, rialzo lo sguardo, i miei occhi si incastrano in due iridi scure, nelle sue iridi.
Jason sta parlando con diversi ragazzi, tutti quanti con fisici allenati e almeno dieci centimetri più alti di me. Perdo un battito, non appena nota che lo stavo guardando. Il suo sguardo è confuso, probabilmente non si aspettava di vedermi qui. Io, invece, mi sono preparata mentalmente a incontrarlo.
Mi sono promessa di non parlargli e di non cedere alle sue future provocazioni. Per tale motivo, la prima cosa che faccio è distogliere indifferentemente lo sguardo e posarlo su Matt, il quale sta scolando una lattina di birra.
«Allora... Tu sei di qui?» Gli domando, cercando di farmi vedere da Jason completamente disinteressata a lui. Purtroppo, però, non lo sono affatto, dati i battiti accellerati del mio cuore e il tremolio alle gambe.
«Già, sono nato e cresciuto proprio in questa zona.» Indica i numerosi palazzi dinanzi la spiaggia.
«Wow... sentiti fortunato.» Gli sorrido, immaginando un'infanzia passata a giocare, estate e inverno, sulla spiaggia di Miami, con il rumore dei gabbiani e il fruscio delle onde a fare da sfondo.
«Sì, non è niente male in effetti.» Sorride imbarazzato, grattandosi la nuca e abbassando il capo. «Senti, ti va di-» Matt non conclude la frase, poiché viene interrotto da Sally.
«Charlotte, nascondimi!» mi implora, posizionandosi dietro la mia schiena e abbassandosi quanto basta per non farsi vedere da non so chi.
Aggrotto le sopracciglia e, non muovendomi di un centimetro per evitare di farla vedere, domando: «Da chi ti stai nascondendo?»
«Da David.»
Un sorriso compiaciuto appare sul mio volto, ricordando loro due baciarsi la sera del mio compleanno. Tuttavia, non capisco perché non abbia il coraggio, come tutte le altre volte, di "scaricare" il diretto interessato. Ha sempre fatto così, è sempre stata schietta, breve e concisa con i ragazzi, ma questa volta sembra diverso.
«Mi ha scritto dei messaggi, molti messaggi, a cui io non ho risposto, e ora vuole parlare con me.» Continua in seguito, con aria colpevole.
«E perché non gli hai risposto?»
«Perché, dopo quello che è successo, mi sentivo... imbarazzata, ecco.» Sally imbarazzata? Per un ragazzo? «Aspetta, vedi se è qui.» Si affaccia dalle mie spalle, per ispezionare l'area e accertarsi che David non sia nelle vicinanze, e poi riprende posto dietro di me.
Tuttavia, la frase che ha pronunciato non può essere ignorata, per cui, prontamente, mi volto verso di lei, scoprendola, e le dico: «Sally Miller che si imbarazza per aver baciato un ragazzo?» Inarco le sopracciglia e incrocio le braccia al petto, mentre lei sbuffa per la mia domanda. «Mi devi dire qualcosa? Tipo del perché vi siete baciati e del tuo "imbarazzo" nei suoi confronti?»
Aspetta un po' prima di rispondere, ma poi dice: «D'accordo... Ci siamo baciati perché io ero ubriaca e lui... beh, lui era lui. Da quando ci siamo visti alla festa sullo yacht di Lily abbiamo iniziato a scriverci, ma per me non era niente di che... solo un modo per passare il tempo.» Afferma abbassando lo sguardo e iniziando a picchiettare la coscia con le dita, segno che sta mentendo. Da quando ci siamo conosciute, ho imparato a decifrare i segnali che il suo corpo involontariamente mandava, e, grazie a questo, quando mentiva me ne accorgevo subito, obbligandola a dirmi la verità.
«Sì, e io sono Fata Turchina. Avanti, dì la verità, so che non era niente per te, o non ti saresti nascosta stasera dietro di me.»
Sbuffa nuovamente e si arrende, dicendo con falsa aria indifferente: «Va bene, va bene, forse non è stato proprio niente... né il nostro sentirci frequentemente né il bacio che ci siamo dati.»
Mi congratulo mentalmente con me stessa, per essere così perspicace nei confronti della mia migliore amica e la lascio continuare: «Il fatto è che non so come comportarmi. Non ho mai avuto problemi a parlare apertamente con un ragazzo, ma con lui è diverso... è come se, d'improvviso, non sapessi più formulare una frase, camminare o semplicemente respirare!»
Ti capisco, Sally, ti capisco eccome... penso tra me e me, accogliendo il triste ricordo di Jason nella mia mente.
«Sai cosa significa questo?» Domanda retoricamente in seguito.
«Che ti piace per la prima volta veramente un ragazzo?»
«No! Significa che devo lasciar perdere questa situazione!» Rimango inizialmente attonita dalla sua risposta, perciò lascio che si spieghi meglio. «La mia sicurezza sta andando a farsi benedire e io, Sally Gregoria Miller, non posso assolutamente permetterlo. La mia sicurezza, la mia franchezza e le mie difese devono restare intatte.» Si indica con l'indice e io, al solo sentir pronunciare il suo secondo nome, scoppio a ridere, ricordando i momenti passati a prenderla in giro durante il liceo.
«Secondo me stai esagerando. Voglio dire, non c'è niente di male a essere attratti da un ragazzo, anzi, è normale, e bello, ed emozionante... Non trovi fantastica la sensazione che provi quando senti pronunciare il suo nome, le farfalle che svolazzano incessantemente nel tuo stomaco quando lui ti guarda oppure il sentirsi viva e appagata quando le vostre mani si sfiorano?» Mi perdo nelle parole da me appena pronunciate, riferendomi solo e unicamente a lui, al castano capace di sconvolgermi mente e cuore.
Anche Sally sembra capire le mie allusioni, poiché dice: «Wow... Sei proprio cotta.»
Abbasso istintivamente lo sguardo, per nascondere i miei occhi lucidi e sistemo una ciocca dorata di capelli dietro l'orecchio. Facendo quel sermone sulla bellezza di essere attratti da qualcuno mi sono tradita, mostrando agli occhi della mia migliore amica la parte di me follemente innamorata di Jason.
«Sicura di star bene?» Sally mi alza il viso con due dita e cerca di captare ciò che sto provando.
Tuttavia, quando sto per cedere e sfogarmi con lei, una vivace voce maschile mi interrompe, facendomi distogliere lo sguardo dagli occhi scuri di Sally.
«Ragazze, ciao! Come va?» David, ci circonda le spalle con entrambe le braccia e ci rivolge un sorriso a trentadue denti.
Noto le guance di Sally andare a fuoco e il suo petto alzarsi e abbassarsi sempre più intensamente, segno che è notevolmente nervosa.
«Alla grande...» mento spudoratamente, liberandomi dalla pressione del muscoloso braccio di David. «È meglio che vi lasci da soli, non credete?» Sposto lo sguardo sulla mia amica e per poco non scoppio a ridere, dinanzi al suo frenetico movimento che compie in segno di diniego con il capo.
La lascio lì, con il ragazzo che le piace, mentre mi allontano verso una parte della spiaggia più isolata, per stare da sola e lasciarmi completamente sopraffare dai pensieri.
Mi siedo sulla soffice sabbia dorata e contemplo la superficie, oramai divenuta scura e confondibile con il cielo, dell'oceano. Ripenso a questa mattina: alla confessione di Jason riguardo vecchi momenti passati con suo padre, alla "lezione privata" di basket, ai baci che ci siamo dati, e poi a lei, ad Ally, al dolore misto a rabbia nel vederla lì, alla lite avuta con Jason e alla nostra "rottura". Vorrei che quella bionda egoista e arrogante non si fosse mai presentata in quel magazzino, anche se, in cuor mio, sapevo che prima o poi avrei dovuto chiedere a Jason maggiori chiarimenti riguardo il nostro rapporto. La sua rivelazione ha fatto male, è vero, ma è stata anche la risposta a tutte le mie domande: Jason non si metterà mai con me, perché "non è un tipo da relazioni". Non posso punirlo per questa sua scelta, ma sento comunque un vuoto dentro, un vuoto che solo la sua presenza sa colmare.
Questo flusso di pensieri tristi e malinconici viene tuttavia interrotto da una voce roca, profonda e maledettamente familiare.
«Non pensavo venissi.»
Mi volto verso di lui e lo scruto attentamente, facendo ricadere la mia attenzione sulla sigaretta interposta tra le sue labbra.
La camicia bianca, con i primi bottoni sbottonati, gli dona un'aria sexy e suscita in me pensieri poco casti.
Rigiro il capo dalla parte opposta, cercando di tornare in me e di mantenere la promessa che mi sono fatta riguardo questo castano tanto affascinante quanto arrogante.
«Non m'importa cosa pensavi.» affermo bruscamente e pentendomi l'attimo dopo di aver usato tale tono. A mia discolpa, sono costretta a usare questi modi con lui, se non voglio lasciare che le sue iridi scure inceneriscano le mie difese con un solo sguardo.
Dopo attimi di silenzio, continua: «Non te ne perdi uno, eh...» Aggrotto subito la fronte a questa sua affermazione, così, non capendo, domando: «Che vuoi dire?»
Emette un sospiro divertito e risponde: «Beh, prima Adam... poi me, ora Matt...»
«Che diavolo stai insinuando, Jason?» Mi alzo di scatto dalla sabbia come una molla e mi volto verso di lui.
«Non sto insinuando niente, sto solo dicendo che ti potevi risparmiare di venire qui con quel coglione!»
Comincio veramente a innervosirmi, come si permette lui di giudicare le persone a vista d'occhio, e poi, secondo quale criterio?
«Sì, perché per te sono tutti coglioni, no? Adam è un coglione, Matt è un coglione, adesso magari anche un semplice fattorino delle pizze è un coglione! E questo, solo perché mi rivolgono la parola? Forse qui il coglione sei proprio tu.» Esclamo ormai stufa di questo suo atteggiamento, infondato, tra l'altro, dato che non stiamo neanche insieme.
«Mi pare che non ci sono andato tanto lontano con quella testa di cazzo di Adam, dato che ti ha chiamata puttana alla prima bottiglia scolata!» Alza sempre di più il tono della voce, cosa che incrementa il mio nervosismo.
«Non ti pare di star facendo la stessa identica cosa, facendo queste stramaledette insinuazioni?» Domando retoricamente, aggiungendo subito dopo: «Ma no! Certo che no, perché Jason non sbaglia; Jason ha sempre ragione; Jason ci tiene! Ci tiene così tanto che si è fatto scivolare dalle mani la possibilità di essere felice e non costantemente nervoso e frustrato!»
E, dopo queste parole, crollo.
Le lacrime iniziano a scendere incessantemente, come un fiume in piena, lungo il mio viso, portando con sé tutto il dolore che provo.
Le gambe non riescono a sopportare tutto il peso del mio corpo e cedono, facendo scontrare le mie ginocchia contro la sabbia.
Cerco di non piangere, di fermarmi, ma è tutto inutile: i singhiozzi si susseguono come una una catena, non permettendomi di respirare.
«Lotts...» sussurra roco.
Jason, con molta cautela, si avvicina a me e circonda, con le sue possenti braccia, il mio esile corpo. Con questo gesto mi diffonde un calore immenso, facendolo penetrare nelle ossa, nel cuore e nell'anima.
Per un attimo mi lascio andare, permetto che mi stia vicino e che mi faccia sentire, anche se per brevi istanti, bene. Poi, però, rinsavisco e, asciugandomi le innumerevoli lacrime, mi alzo da terra. Il castano alza lo sguardo e, per un attimo, mi sembra di vederlo davvero dispiaciuto per aver interrotto quel nostro affettuoso contatto.
«Devo andare.» Concludo, tirando su con il naso, e dirigendomi verso la parte più affollata della spiaggia.
Se fossi rimasta anche solo un altro secondo tra le sue braccia, sono convinta che avrei ceduto, concedendomi ai suoi baci, alle sue carezze e ai suoi incantevoli occhi.
«Ehi, Charlotte, vieni a vedere!» Millie richiama la mia attenzione, afferrandomi il braccio e facendomi avvicinare a uno dei numerosi tavoli colmi di bottiglie d'alcool.
Matt sta bevendo uno shottino dopo l'altro, con le lacrime agli occhi per l'eccessiva quantità di alcool. Accanto a lui c'è un ragazzo che, con un cronometro in mano, conta quanti bicchierini di plastica svuota il biondo di volta in volta.
«Dieci... undici... e dodici!» Esclama il ragazzo al suo fianco, interrompendo il suono squillante del timer.
Matt si appoggia al tavolo con entrambe le braccia, cercando di riprendersi, e, quando finalmente ci riesce, solleva gli arti superiori in alto ed emette un urlo tanto forte da farmi tappare le orecchie. Viene seguito, successivamente, da applausi, urla e congratulazioni dei ragazzi e delle ragazze attorno al tavolo.
«Chi è il prossimo?» Domanda il ragazzo con il cronometro.
Mentre tutti i miei valori e i miei principi mi impediscono di alzare la mano e propormi, la voglia di dimenticare tutto ciò che è successo oggi con Jason, per concedermi un attimo di tregua, fanno esattamente il contrario, spingendomi a farmi avanti e a venire meno a tutti gli insegnamenti che mi sono stati inculcati.
«Vado io.» Con queste due semplici parole lascio scioccate Lily e Millie, poiché mi guardano con la bocca aperta dallo stupore.
«Sei sicura? Non sei obbligata a farlo.» Domanda Millie, venendo però rassicurata da me l'attimo dopo.
Mi avvicino di più al tavolo e raggiungo il ragazzo con il cronometro. È abbastanza alto, con la pelle di una carnagione molto scura, due iridi nere e i capelli del medesimo colore.
«Ciao, io sono Asher, tu sei?» Domanda lui.
«Charlotte, sono Charlotte.» Mi presento, cercando di placare la mia ansia.
«Okay, Charlotte, sai come si gioca?» continua, venendo seguito da un mio cenno di diniego. «È facile, bisogna solo bere il maggior numero di shottini in venti secondi. Sei pronta?»
No, non sono affatto pronta, dato che è la prima volta che assaggio la vodka e che non ho mai fatto giochi di questo tipo, ma annuisco, in preda al desiderio di dimenticare.
«Bene. Tre... due... uno... via!» Appena clicca il tasto di inizio del timer, prendo velocemente il primo bicchierino colmo di un tipo di alcool da me mai provato, e lo tiro giù tutto d'un fiato.
Un bruciore si espande all'altezza della gola, mentre il liquido scorre giù lungo l'esofago.
«Uno!» Esclama il ragazzo accanto a me.
«Charlotte! Charlotte! Charlotte!» Le urla di incitamento dei ragazzi attorno a me mi danno la carica necessaria per scolare l'altro bicchierino.
Due, tre, quattro bicchieri vuoti, il bruciore alla gola sempre più intenso e la mente sempre più vuota e libera.
Al quinto sorso, il mio corpo mi ordina di fermarmi, inducendomi a tossire prepotentemente.
«Cinque... avanti, Charlotte.» mi incoraggia Asher, senza però ottenere validi risultati. «Ti arrendi?» Domanda in seguito.
No, non sono fatta per arrendermi.
«N-No, ce la facc- ce la faccio.» assicuro prendendo, questa volta con entrambe le mani, due shottini e mandandoli giù uno dopo l'altro, sentendo ogni singola cellula del mio corpo andare a fuoco. Faccio la stessa cosa in seguito, facendone però cadere uno. Bevo quello restante e, quando sto per prenderne un altro, il timer suona, segnando la fine del tempo e, automaticamente, della mia prima bevuta.
«Okay, basta così. Otto shottini per la nostra Charlotte! Complimenti, credevo ti saresti fermata al quinto.» Esclama Asher, dandomi una pacca sulla spalla.
«Urrà!» Urlo in preda alla felicità e alla più totale ebbrezza. È indescrivibile la sensazione che sto provando in questo momento: ogni parte del mio corpo mi spinge a ridere e ad urlare, facendomi sentire viva, energica.
«Charlotte, vuoi che ti riportiamo a casa?» Mi domanda Lily, avvicinandosi a me con la sua ragazza.
Faccio segno di "no" con il dito indice e, allontanandomi da loro, dico: «Devo andare da Jason prima!»
Alla mercè dell'alcool ingerito, mi avvicino a Jason, il quale, molto lontano dal punto in cui ho appena detto addio alla mia lucidità per questa sera, sta scherzando con gli stessi ragazzi di prima. Lo raggiungo e per poco non inciampo nei miei stessi passi, appena incrocio il suo sguardo. Mi sorreggo alla sua spalla, lasciandomi squadrare attentamente dalle sue iridi scure.
«Ehi bellezza!» Mi saluta un ragazzo del suo gruppo, con un ghigno malizioso sul volto.
«Ciao, muscolone.» pronuncio, dandogli un leggero buffetto sul bicipite destro. Lui ride a questo mio gesto, ma, quando sta per dire qualcosa, appena il suo sguardo si scontra con quello minaccioso di Jason, si schiarisce a voce e si scosta leggermente da me.
Lasciando perdere quanto appena successo, rivolgo la mia attenzione a Jason.
«Ne ho bevuti sette, sette così!» Esclamo orgogliosa del mio risultato, confondendomi con il numero delle dita e facendo segno di "due". Tuttavia, mi correggo subito dopo, scoppiando in una fragorosa risata. «Volevo dire così! Sono proprio un- un disastro con i numeri! E pensare che al liceo prendevo voti altissimi in matematica e ora non so nemmeno fare due, cioè, sette con le dita!» Mi piego in due dalle risate, non riuscendo a contenermi.
«Hai bevuto sette cosa?» Domanda Jason con un'espressione indagatrice sul volto.
«Sette shottini, sciocchino!» Gli do un leggero schiaffetto sulla spalla, per poi continuare a ridere, a causa della sua espressione esterrefatta.
«Hai bevuto sette bicchieri di vodka?»
«Hai qualche ritardo? È quello che ho appena detto!» Esclamo, sbuffando sonoramente.
Aspetta qualche minuto prima di rispondere e dire: «Vieni, ti porto a casa.» Mi prende il polso, intento a farsi seguire, ma io mi libero dalla sua presa e, incrociando le braccia al petto, ribatto: «No, non voglio andare a casa! Voglio stare a questa mera-meravigliosa festa!»
«Sei ubriaca fradicia, Lotts, devi farti una bella doccia fredda.»
«Sì... magari con te...» Insinuo maliziosa, avvicinandomi a lui e percorrendo la linea della sua mascella con il dito indice.
Divertito da questa mia affermazione, risponde: «Sì, poi dillo tu alla "Charlotte sobria" che sei stata tu a saltarmi addosso.»
Mi metto sull'attenti, simile a un soldato e rispondo, portando due dita sulla fronte per imitare il saluto militare: «Sì, signore!»
Scuote la testa e mi riprende il polso. «Dai, ora basta, andiamo.»
«Parliamo la stessa lingua? Ho detto di n-» Prima che io possa concludere la frase, due braccia muscolose mi circondano le gambe, sollevandomi e portandomi sulla sua spalla, come un sacco di patate.
«Oddio! È stato divertente! Possiamo rifarlo?» Un sorriso da ebete appare sul mio volto, mentre cerco di scendere dalla sua possente spalla per essere presa nuovamente in braccio. Purtroppo, però, non me lo permette e rafforza la presa sulle mie cosce. «Sta buona...» Mi ordina, facendomi increspare inspiegabilmente le labbra rosee in un sorriso.
***
«J-Jason, devo vomitare...» biascico, appoggiandomi all'uscio del portone del palazzo.
«Oh cazzo...» Si passa una mano tra i capelli e poi dice: «Vieni, fallo qua.» Mi indica il retro dell'edificio, dove sono poste alcune buste della spazzatura. Mi piego in due e, prima che possa dire un semplice "okay", il vomito esce fuori dalla mia bocca violentemente. Jason si avvicina a me e mi raccoglie i capelli con una mano, mentre con l'altra mi sorregge il busto. Tutto l'alcool che ho ingerito questa sera, sta uscendo fuori dal mio corpo, come se fosse stato rimosso, dando vita a uno spettacolo a dir poco osceno.
Dopo circa dieci minuti mi accascio sull'asfalto, sfinita, mentre Jason tira fuori dalla sua tasca un fazzoletto di carta per pulirmi i lati della bocca sporchi di vomito.
«Ti senti meglio?» Domanda, guardandomi attentamente negli occhi e scostandomi le ciocche di capelli dal viso sudato.
«No... voglio solo andare a farmi una bella doccia e poi direttamente a letto...» rispondo facendo ricadere il mio sguardo sulle sue labbra piene e morbide. La mia voglia di baciarlo in questo momento è altissima, e sono sicura che valga lo stesso per lui, dati i suoi occhi fissi sulle mie, di labbra.
Dopo un po' però si schiarisce la voce e si alza da terra, tendendomi la mano per aiutarmi a rialzarmi. Abbasso lo sguardo imbarazzata e calo nel silenzio più totale.
Appena entriamo nell'appartamento, ci fiondiamo direttamente in bagno. Prima che possa spogliarmi, Jason mi dice: «Ti aspetto di là allora...»
E, anche se vorrei che facesse la doccia con me, che mi baciasse e mi facesse sua, mi limito ad annuire e a distogliere lo sguardo.
Sotto il getto d'acqua fredda, ripenso a tutto ciò che è accaduto stasera e mi schiaffeggio mentalmente per essermi ubriacata così tanto, ripromettendomi di non farlo più.
Non mi è mai piaciuto bere, ma questa sera la necessità di non pensare ha avuto la meglio sulla mia razionalità, inducendomi a ingerire una grossa quantità di alcool.
Dopo circa dieci minuti finisco di docciarmi, indosso il pigiama ed entro nella mia stanza, trovando Jason seduto sul letto. Non appena mi vede, si alza in piedi e mi raggiunge.
«Tutto okay?»
«Sì...» Rispondo, catapultandomi sul mio soffice e spazioso materasso. Affondo la faccia nel cuscino e tiro su le lenzuola, coprendomi fino ai fianchi.
Il castano mi guarda attentamente da capo a piedi, prima di grattarsi la nuca e dire: «Buonanotte, Lotts...» Mi posa un leggero bacio sulla fronte, ma io sono troppo ubriaca e assonnata per poter protestare. In realtà, vorrei averlo qui a fianco a me e poterlo abbracciare, accoglierlo tra le mie lenzuola. Per tale motivo, senza pensarci due volte, gli chiedo: «Puoi restare?»
Rimane inizialmente attonito da questa mia richiesta, così domanda: «Sei sicura?»
Annuisco immediatamente, sperando che non rifiuti, e, per mia fortuna, non lo fa. Aspetta un po' prima di avvicinarsi ulteriormente al letto, farsi spazio tra le lenzuola dietro di me e cingermi la vita con le sue possenti braccia.
La sensazione di piacere bramata tutta la sera subentra in me, lasciando una scia di farfalle lungo il mio stomaco.
«Non andare via.» Sussurro, stringendolo di più a me.
«Non ho intenzione farlo.»
💖SPAZIO AUTRICE💖
Chi glielo dice a Charlotte che è stata lei a chiedere a Jason di rimanere? Io me ne tiro fuori hahahah.
Comunque, sono successe un po' di cose in questo capitolo. Da una piccola parte del racconto del passato di Sally e sua madre, alla lite (ennesima) con Jason, all'ebbrezza della nostra Lotts. Per lei, che non si è mai ubriacata, questa volta sarà traumatico ( o quasi). Poi non immagino cosa farà la mattina seguente quando troverà Jason nel suo letto😬😬
Io vi aspetto su instagram, se vi va, per commentare insieme questo capitolo, anche perché in questi giorni sono stata molto attiva là. 💛
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, se così (e se vi va) lasciate una stellina
🌟
A prestoooo. 💛
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