Chapter thirty-one
⚠️ATTENZIONE⚠️
🔞Questo capitolo contiene
scene esplicite🔞
Ho letto da qualche parte che le nostre paure sono molto più numerose dei pericoli che realmente corriamo. Soffriamo molto di più per la nostra immaginazione che per la realtà, e trovo che sia tremendamente vero.
Passiamo intere giornate a tormentarci l'anima con ansie, preoccupazioni, con la classica domanda "E se poi va male?"
Temiamo inevitabilmente il peggio, in ogni situazione, per ogni cosa, senza neanche un motivo concreto. E ciò ci spinge sull'orlo di un precipizio, in bilico tra il crollo definitivo e gli ultimi spiragli di speranza rimasti. Cerchiamo con tutte le nostre forze di aggrapparci a queste ultime, e qualche volta ci riusciamo anche. Riusciamo a rialzarci, a liberare la mente da tutte le paure. Tuttavia, altre volte ci risulta davvero difficile, quasi impossibile. Questo perché ci convinciamo che niente può andare per il verso giusto, in un bosco fatto soltanto da sentieri sbagliati.
Di fatti, ho trascorso tutte e dieci le ore del viaggio a tremare dall'inquetudine, legata anche al ricordo delle luride manacce dell'uomo che ha osato toccarmi, e percorrere ogni centimetro della mia pelle.
Per tutto il viaggio mi sono sentita spaventata, traumatizzata da tutti gli avvenimenti di quella strana giornata, impotente dinanzi a tutte le direzioni verso cui la mia mente si indirizzava indipendentemente dal mio volere. E più gli squilli che riservavo a mia madre andavano nel vuoto, più il peso nel mio petto si appesantiva, le ansie si moltiplicavano e il respiro si mozzava.
E così è successo. Sono crollata. Mi sono lasciata andare a un pianto incontrollato. Mi sono sfogata. Ho gettato fuori tutto quello che sentivo. Sono stata in silenzio, non ho proferito una parola, ma ho lasciato che il mio pianto provocasse tutto il rumore necessario a portarmi fuori da quella situazione interna straziante. E così, fortunatamente, è stato. Mi sono tranquillizzata, e sono tornata a respirare regolarmente. Questo, però, soltanto grazie all'aiuto di Jason, che, senza un minimo di esitazione, ha accostato la macchina e mi ha concesso tutto il tempo necessario per calmarmi. Mi ha abbracciata, e, Dio, mi ha trasmesso una serenità inquantificabile. Mi ha fatto sorridere, con le sue solite parole ironiche. Mi ha guardata con la sua solita intensità, e ha iniziato ad accarezzarmi, regalandomi sorrisi solidali e che, ogni volta, mi facevano arrossire come una bambina.
Tuttavia, nonostante la tranquillità dell'ultima mezz'ora di viaggio, ora mi ritrovo qui, davanti alla porta di casa mia. La casa che ha ospitato i momenti più belli della mia infanzia, ma al contempo anche quelli più difficili e dolorosi. La casa che ha assistito alle liti dei miei genitori, ai pianti di mia mia madre, e, stavolta, alla violenza gratuita di mio padre.
La osservo attentamente, con agitazione, e abbasso lo sguardo sullo zerbino posto davanti ad essa.
"Welcome to our family", è inciso sopra il tappeto beige abbastanza peloso.
Famiglia. Sorrido amaramente a questa parola.
È già da molto tempo che non lo siamo più, non più come un tempo almeno... Abbiamo ormai smesso da tanto di scherzare, o semplicemente dialogare, come una famiglia normale. Abbiamo smesso di stare uno accanto all'altro. Abbiamo smesso di essere presenti nei momenti più belli della vita dell'altro. Abbiamo smesso di sorriderci, di abbracciarci...
Questo mi fa tanto male, ma non riesco neanche ad immaginarci, adesso, riuniti tutti e tre attorno a un tavolo a raccontarci le nostre giornate. Mi sembra quasi surreale, come se fosse un qualcosa di anomalo, e non una semplice abitudine quotidiana.
Una lacrima salata sfugge al mio controllo, ma mi affretto subito a raccoglierla, prima che ne susseguano delle altre.
Subito dopo avverto la grande mano di Jason stringermi appena il fianco per darmi forza. Gli sorrido lievemente ed espiro profondamente, prima di allungare un braccio verso la porta e bussare un paio di volte.
Inizio a picchiettare nervosamente la coscia destra con le dita, mentre l'attesa inizia a mangiarmi viva.
«Perché non aprono?» domando tra me e me.
E, non appena pronuncio questa frase, sento il rumore di una porta aprirsi, e sussulto istantaneamente.
Alzo lo sguardo davanti a me e incastro i miei occhi in due grandi iridi cerulee che a stento riconosco. Sono spente, ma non come le ricordavo. Sembrano vuote, prive di speranza, arrese a chissà quale destino.
Rilascio l'aria che avevo trattenuto nei polmoni per questi minuti interminabili, e mi getto tra le braccia di mia madre, lasciandomi travolgere dal suo calore.
«Mamma...» Inizio a piangere ininterrottamente, mentre la stringo forte a me, rendendomi conto solo ora di quanto mi sia realmente mancata.
«Perdonami se ti ho lasciata da sola...»
«Shh...» Mi accarezza la lunga chioma bionda con la sua mano delicata. «È tutto okay, amore mio... È bello rivederti.»
Le lascio innumerevoli baci sulla spalla, bagnata oramai dalle mie lacrime, e la stringo un'ultima volta, prima di scostarmi lentamente da lei.
La osservo attentamente, per constatare che stia bene, ma... un momento. Quello cos'è?
La mia attenzione ricade su una macchia violacea presente sull'occhio destro, accompagnata da quella estesa su tutto lo zigomo sinistro. Abbasso poi nuovamente lo sguardo sul suo collo e noto che vi sono diversi segni rossastri, che riprendono la forma di grandi dita.
Sgrano gli occhi incredula di quello che sto vedendo e ispeziono meglio la sua figura.
Il labbro inferiore è spaccato, mentre la pupilla destra inniettata di sangue.
Il respiro mi si mozza e le labbra mi si schiudono automaticamente.
Mi volto nella direzione di Jason e noto che la sua espressione è identica alla mia. Osserva ogni ferita di mia madre con attenzione, come se non riuscisse a credere ai suoi occhi, e mi lancia un'occhiata fugace.
«È stato lui a ridurti in questo stato?» le domando, guardandola dritta negli occhi.
Tuttavia lei il mio sguardo, abbassando il suo sulla punta delle mie scarpe.
«Mamma...» Mi avvicino maggiormente a lei. «È successo più volte?» La scruto attentamente, in attesa di una sua risposta.
Alcune delle ferite che presenta su tutto il corpo non possono essere poi così recenti, dati i numerosi lividi ormai quasi del tutto sbiaditi sulle gambe scoperte.
Mia madre mi guarda attentamente per una manciata di secondi, indecisa se parlare o meno, ma poi, come se non le avessi posto alcuna domanda, si volta e si reca dentro casa, facendo segno di seguirla.
«Venite... Non state sulla soglia della porta, entrate.» Si muove agitatamente, mentre tira fuori dalla credenza tre tazze.
Lancio una breve occhiata a Jason e, sbuffando infastidita, mi avvicino a mia madre.
Mi guardo intorno con una punta di malinconia, e centinaia di ricordi iniziano a susseguirsi nella mia testa. Ricordi belli, come i miei primissimi compleanni, ma soprattutto brutti... Frammenti di tempo dolorosi che si alternano uno dopo l'altro con angoscia, appesantendo il peso all'altezza del petto.
Sembra tutto uguale all'ultima volta che sono stata qua: le pareti color sabbia, ornate da numerosi quadri geometrici e diverse mensole, racchiudono un'ambiente che non riesco più a riconoscere come... casa.
Non riesco a immaginare questo luogo come il mio posto sicuro. Come un punto di riferimento, un punto fisso, dove poter tornare nei momenti peggiori della mia vita.
Lo ritengo il luogo in cui sono cresciuta, a suon di urla e di pianti, ma non il posto in cui sono stata felice. Non posso definirla come "la mia scatola dei ricordi felici". Perché ogni volta che penso a ogni minimo mobile di questa casa, come il divano a tre posti posizionato accanto alla porta, percepisco la malinconia e il dolore provati da mia madre, mentre piangeva lì, accovacciata con le sue lacrime e i suoi rimpianti.
Come se Jason avesse letto nei miei pensieri, si avvicina a me e mi posa una mano sulla spalla, posandomi subito dopo un bacio sulla tempia sinistra.
«Faccio un caffè, vi va?» Mia madre si volta nuovamente nella nostra direzione, in attesa di una risposta. Tuttavia, non dico niente, non ci riesco.
Non può fare finta di niente...
Inspiro profondamente, per farle capire che non ho intenzione di cambiare discorso, e incrocio le braccia al petto.
Esita qualche minuto, aggrappandosi con tutte le sue forze all'ultimo frammento di resistenza che le è rimasto. Tuttavia, dopo aver mantenuto il contatto visivo per minuti che sembrano interminabili, crolla definitivamente.
Il sorriso di circostanza che aveva prima si spegne, lasciando spazio a un'espressione mortificata. Decine di lacrime salate iniziano a rigarle il volto, mentre le gambe cominciano a tremarle.
Senza alcuna esitazione, mi precipito verso di lei e la stringo forte a me, accarezzandole la chioma castana. Mi avvolge i fianchi in un modo così stretto, da sembrare una bambina impaurita.
Automaticamente scoppio a piangere anche io, lasciandomi completamente andare a quel momento, a quell'abbraccio.
Le lascio numerosi baci sul capo, sussurrandole che andrà tutto bene, e cercando di essere il più convincente possibile. Perché, in realtà, niente potrà andare bene fino a quando mio padre non sarà fuori da questa casa e dalle nostre vite.
Non avrei mai pensato di dirlo, ma voglio che se ne vada.
Prima avevo il timore che lo facesse, ora, invece, lo desidero.
Sta rovinando la vita di mia madre, e non posso permettergli di andare oltre. Ho sperato per troppo tempo in una sua redenzione, ma adesso è troppo tardi. Ha superato il limite, e non meriterà mai il mio perdono, non più almeno.
Dopo qualche secondo, mi volto nella direzione di Jason e gli faccio segno di andare in camera mia per lasciarci sole.
Fa quello che dico, e, subito dopo, concedo nuovamente la mia attenzione alla donna davanti a me. Una donna tremendamente triste e insoddisfatta di un matrimonio che sperava di portare avanti fino alla morte.
«Vieni, sediamoci...» Mi avvicino al tavolo in legno, prendendo posto proprio accanto a lei.
«Dovevo firmare prima i documenti del divorzio... Dovevo darti retta, seguire i tuoi consigli... Mi pregavi di mettere fine a questa situazione, e io... Io no, ti ho ignorata, ti ho costretta a vivere una situazione familiare difficile e straziante.» Inizia a torturarsi nervosamente le pellicine con le unghie trascurate, e abbassa lo sguardo. «Sono una pessima madre, oltre che una pessima moglie.» pronuncia tra singhiozzi disperati.
Afferro le sue mani tra le mie, e scuoto la testa, completamente in disaccordo con quanto appena detto.
«Non è vero, mamma...» le prendo il viso tra le mani e le asciugo con i pollici le lacrime presenti su tutto il volto. «Non lo sei affatto... anzi.» I miei occhi iniziano a inumidirsi e un prorompente nodo si forma all'altezza della gola. «Sei la donna più forte che abbia mai conosciuto. E non lo dico perché sei mia madre...» Percepisco, dal suo sguardo, che si sta calmando, così continuo: «Hai cercato con tutte le tue forze di mandare avanti un matrimonio per anni, rinunciando a tutto. Ad uscire, pur di non far mancare niente a papà. A lavorare, per dedicarti completamente alla casa... Alla tua felicità... pur di non arrenderti davanti all'inevitabile.» Asciugo il mio, di viso, a causa di una lacrima sfuggita al mio controllo, e mi schiarisco la voce. «Se questo matrimonio è andato a rotoli non è di certo stata colpa tua. Non eri tu quella a rientrate sbronza tutte le sere. Non eri tu quella a tradire costantemente la tua famiglia. E non eri tu a mortificare verbalmente l'altro fino a farlo sentire insignificante.» Pronuncio queste parole con disprezzo, riferendomi all'uomo che ha spezzato il cuore mio e di mia madre con violenza. All'uomo che ha preso in mano le nostre vite e, senza alcuna delicatezza, le ha attorcigliate, preparandole a essere gettate via. «Perciò, ti prego...» rivolgo nuovamente l'attenzione a mia madre e concludo: «Non dire mai più una cosa del genere.»
Mi guarda attentamente negli occhi per diversi minuti, facendo trasparire tutta la sua riconoscenza, e mi sorride appena, per quanto gli spacchi presenti sul labbro inferiore glielo permettano.
«Ti voglio bene...» Mi accarezza con due dita la guancia destra, lasciandomi subito dopo un bacio delicato su di essa.
«Anche io te ne voglio...» L'abbraccio un'ultima volta, per poi avvicinarmi ai fornelli e, nel tentativo di alleggerire la situazione, esclamo: «Allora... Che dici, si mangia? Sto letteralmente morendo di fame!» Massaggio lo stomaco per avvalorare la mia richiesta, e apro il frigo, in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti.
«Ci penso io, tesoro. Tu va a darti una sistemata, dopo dieci ore di macchina avrai bisogno di una bella doccia.» Prende il mio posto dinanzi al frigorifero, estraendo subito dopo una confezione di uova e alcuni pomodori.
«Stai dicendo che puzzo?» Aggrotto le sopracciglia ironicamente.
«Sto dicendo che dopo-»
«Farò finta di non aver sentito...»La interrompo, e, con un sorriso divertito, raggiungo la porta della mia camera.
Tuttavia, poco prima di entrare, mia madre aggiunge: «Dì a quel ragazzo che mi dispiace di non avergli rivolto parola... Ma avrò l'occasione di conoscerlo a cena.»
Trattengo l'aria per diversi minuti, agitata dall'idea di un vero incontro tra Jason e mia madre, ma poi annuisco, con un sorriso forzato in volto.
Successivamente mi giro dall'altra parte e, richiudendo la porta della mia stanza subito dopo, mi fiondo sul letto matrimoniale al centro della camera.
Espiro profondamente, puntando gli occhi al soffitto color pesca, ornato da stelle adesive che si illuminano al buio. Ripenso a tutte le notti passate proprio qui, in questo letto, a piangere, sentendo le urla dei miei genitori. Ricordo le innumerevoli lacrime che bagnavano il cuscino; i singhiozzi che percepivo tagliarmi la gola; le tacite suppliche che quel caos avesse fine; il distacco-
«E io che credevo che fossi una ragazza a modo...»
Il flusso dei miei pensieri viene bruscamente interrotto dalla voce bassa e roca di Jason, che, con un ghigno malizioso, osserva un mio paio di mutandine, in particolare un perizoma, in pizzo rosse. Le gira e rigira tra le dita, con movimenti lenti ed estremamente sensuali.
Sbatto le palpebre più volte, per risvegliarmi dallo strato di trance in cui la mia mente era entrata, subentrata dai ricordi, e mi alzo dal letto, raggiungendo il castano davanti a me.
«E io credevo che avessi visto un sacco di mutandine in pizzo nella tua vita, per sorprenderti in questo modo.» Gliele strappo via dalle mani, riponendole subito dopo nel cassetto in legno.
«Io che ne so... Avresti potuto benissimo avere una stampa di principesse sopra.» Alza le sopracciglia, col chiaro intento di prendermi in giro, e riprende dal mobile l'intimo di poco prima, per poi infilarselo nella tasca dei jeans subito dopo.
Devo ammettere che questo gesto non mi dispiace per niente, anzi... è terribilmente eccitante.
«Queste le tengo io...» Mi posa due mani sui fianchi e mi avvicina a lui, facendo scontrare le nostre intimità.
«Vieni qui...»
Infila la lingua nella mia bocca con ardore, spingendomi di più contro di lui.
Un gemito strozzato lascia la sua bocca, non appena infilo una gamba tra le sue cosce, venendo a contatto con la sua protuberanza già abbastanza dura.
Tuttavia, quando ricordo che mia madre è a soltanto pochi metri di distanza, uno pizzico di lucidità ritorna in me, e mi scosto, seppur svogliatamente, da Jason.
Quest'ultimo cerca invano di riavvicinarsi a me, poiché rimasto insoddisfatto, ma allungo un braccio tra noi due, impedendogli di andare oltre.
«Vado a fare una doccia...»
Sbuffa frustrato e si lecca il labbro inferiore, portandosi una mano sulla patta dei pantaloni per calmare il suo amichetto laggiù.
«E non venire.» Gli punto il dito indice contro, mentre mi avvio verso il bagno in camera personale.
***
Dopo aver passato circa dieci minuti sotto l'acqua calda, che, nonostante sia estate, riesce a rilassare ogni muscolo del mio corpo, inizio a prepararmi, seppur con un'espressione malinconica in volto.
La paura che a cena possa giungere anche mio padre mi innervosisce, così come l'ansia nel rivederlo di nuovo.
Non credo di essere capace di guardarlo ancora negli occhi dopo tutto quello che ha fatto. I segni sul corpo di mia madre erano l'inconfutabile prova che ciò che ha fatto mio padre non è avvenuto soltanto una sola volta.
Quell'uomo viscido può essersi approfittato della mia assenza in queste settimane e aver aggredito mia madre ripetutamente, con costanza e violenza.
Questo pensiero mi distrugge...
Dopo circa una decina di secondi, avverto due grandi mani posarsi sui miei fianchi, e un profumo di menta invadermi le narici.
Tale sensazione è capace di farmi rilassare momentaneamente, offuscando la mia mente.
Sposto lo sguardo sullo specchio del bagno davanti a me, notando la figura di Jason estremamente vicina al mio corpo.
«Ci stai ancora pensando?» domanda, tracciando la linea della clavicola, scoperta dalla t-shirt, con il tocco leggero di due dita.
Inspiro profondamente, avvertendo scosse di brividi percorrermi la schiena, e rispondo: «Ho paura che ci sarà anche lui questa sera...»
«Mhm...» avvicina la bocca all'incavo del collo, e continua: «In quel caso ci sarò io...» Mi lascia un bacio delicato sulla spalla e continua a sfiorarmi, scendendo sempre di più con la mano, fino ad arrivare al petto. «Sai...» traccia i contorni dei miei due seni con una lentezza capace di mandarmi in subbuglio la mente. Non so come faccia, ma improvvisamente la mia mente si sta disconnettendo da tutto, comprese le ansie e le paure. «Conosco quelli come tuo padre...» Il respiro mi si mozza non appena racchiude a coppa il seno destro. «Sono così impavidi e sicuri di sé davanti a esseri più fragili di loro...» inizia a muovere la mano lentamente sul seno, compiendo movimenti circolari. «Poi incontrano qualcuno che riesce a tenergli testa...» Con uno scatto, appoggia la sua erezione sul mio fondo schiena, facendomi incendiare viva. «e diventano improvvisamente gracili come agnellini...»
La vicinanza tra i nostri corpi mi impedisce di respirare, e impedisce ai miei pensieri di fluttuare ostinatamente nella mia mente, come invece accadeva poco fa. Tuttavia, tra un sospiro e l'altro, riesco a domandare con un filo di voce: «Tu saresti per me quel qualcuno?»
Nel mentre pronuncio questa frase, la sua mano inizia a scendere sempre di più, fino a raggiungere l'orlo dei miei pantaloni sportivi.
Intuisco da subito cosa abbia intenzione di fare, e l'idea non mi dispiace per niente. In questo momento ho bisogno di disconnettermi dal mondo esterno. Non ho mai affrontato un periodo così difficile, e sapere che accanto a me c'è Jason mi tranquillizza. Ora più che mai ho bisogno della sua presenza, e, soprattutto, di essere trasportata in quella dimensione che soltanto io e lui conosciamo. Quella dimensione in cui gli unici protagonisti siamo noi due. Due ragazzi che vivono a suon di baci, di passione e di desiderio... Quella dimensione in cui non c'è niente che possa andare storto.
«Potrei essere chiunque tu voglia, se soltanto tu me lo chiedessi...» E, detto questo, infila una mano tra le mie gambe, le quali si chiudono automaticamente, cercando in tutti i modi di stringere a me le sue dita.
Inizio a strusciarmici sopra, leccandomi il labbro inferiore, diventato improvvisamente secco.
"Potrei essere chiunque tu voglia..." questa frase mi suscita milioni di farfalle nello stomaco, così come la certezza di averlo con me.
E, come se fossi guidata da chissà quale lato lussurioso di me, infilo a ruota la mia, di mano, nei pantaloni.
Non appena lo faccio, avverto un sospiro divertito provenire dalle labbra di Jason, e, subito dopo, la sua mano prendere la mia.
«Segui me...» sussurra in modo roco nel mio orecchio.
Inizia a guidarmi lui, muovendo le nostre mani sulla mia intimità bagnata, preparandola ad infuocarsi ancora di più.
Racchiude poi il mio lobo tra le sue labbra, succhiandolo e leccandolo in modo estremamente eccitante. Io allungo il braccio libero dietro di me, stringendo i suoi ciuffi castani tra le dita.
Struscia la sua erezione sul mio fonsoschiena, mentre aggiunge anche la seconda mano tra le mie cosce, provocandomi un potente formicolio.
Mi tocca in modo erogeno, lussurioso, e più aumenta l'intensità, più io stringo le gambe tra di loro, infuocata dal suo tocco.
A un tratto, lascia andare il mio lobo e ordina: «Infilala dentro...»
Sento le guance incendiarsi non appena pronuncia tali parole. Il mio imbarazzo è a livelli irraggiungibili in questo momento, così come la mia lussuria e la mia eccitazione.
Non ho mai fatto una cosa del genere, eppure l'idea mi alletta, e non poco.
Così, senza pensarci una volta di più, faccio come ordinato, e infilo due dita dentro di me, avvertendo le mie pareti adattarsi pian piano alla nuova presenza.
La sensazione che provo in questo momento è indescrivibile: un misto tra eccitazione e curiosità di esplorarmi.
«Ti piace?» domanda Jason, iniziando a stuzzicarmi il clitoride con due dita, mentre numerose pulsazioni si susseguono una dopo l'altra.
Non riesco a parlare in questo momento, la mia mente è annebbiata, e incapace di formulare pensieri sensati. Quello che so è che in questo momento mi sento bene, e che è questa la sensazione che voglio provare sempre, non tutta la malinconia che ha occupato la mia mente e il mio cuore in questi giorni.
Muove il suo bacino contro il mio a ritmo con il mio tocco, mentre, sfilando una mano dai pantaloni, mi induce a voltare il viso nella sua direzione. Si precipita sulle mie labbra, infilando, senza alcun avvertimento, la lingua nella mia bocca in modo avido. Mi bacia velocemente, con ardore, e con un livello di lussuria abbastanza elevato. Mi morde il labbro inferiore, mentre spinge i miei fianchi sul suo sesso duro. Mi palpa i due seni e le natiche, e inizia ad ansimare non appena inizio a mordergli anche io il lobo sinistro.
«Jason...» la sua protuberanza è sempre più dura, e il culmine del mio piacere sempre più vicino. Sento scosse potenti percorrermi tutto il corpo, così come le contrazioni, che preannunciano un imminente orgasmo.
Continuo quindi a muovere le mie dita velocemente. Dentro, fuori. Dentro, fuori.
Jason, invece, continua a toccarmi il seno, irriggidendo sempre di più i capezzoli con le dita. Succhia ambedue i lobi, si struscia su di me con movimenti erogeni e mi sussurra parole perverse e libidinose all'orecchio.
Sono infuocata in questo momento, non sento più niente. Le voci si ovattano completamente, e la mia mente si spegne.
Di fatti, non sento neanche la voce di mia madre che ci annuncia che la cena è pronta, poiché troppo impegnata a lasciarmi andare a uno degli orgasmi più intensi e travolgenti della mia vita.
Un gemito profondo lascia le mie labbra non appena mi lascio andare, e Jason è costretto a tapparmi la bocca con una mano, intimandomi con voce roca di non urlare.
«Shh... Tua madre ci sentirà, piccola Lotts...»
Inspiro ed espiro profondamente, cercando di tornare alla realtà.
È come se mi stessi svegliando da un sogno, rendendomi conto solo ora che a pochi metri di distanza c'è mia madre che ci aspetta per cenare.
«Cavolo...» Appoggio il capo sulla spalla di Jason, leccandomi le labbra secche.
***
«Allora... Tu devi essere Jason, giusto? Il fratello di Sally.» Mia madre si siede accanto a noi, posando l'ultima portata sul tavolo.
Punta gli occhi verso Jason, seduto proprio accanto a me, in attesa di una risposta, e gli sorride cordialmente.
Non ho mai presentato un ragazzo a mia madre, e mi sento abbastanza in imbarazzo, soprattutto ricordando ciò che è successo poco fa in camera mia, con lei a soltanto pochi passi.
«Sì, in persona...» risponde lui, tagliando un pezzo della sua fetta di carne e portandosela alle labbra.
«Sai...» Lo scruta attentamente, ispezionando ogni centimetro del suo viso. «sembri un bravo ragazzo, e anche molto simpatico.»
Per poco non mi strozzo con l'insalata, appena pronuncia questa frase.
"Bravo ragazzo", oh mamma, questo perché non lo conosci... E non conosci i suoi modi di agire... Penso tra me e me.
E, come se lui mi avesse letto nel pensiero, sposta il suo sguardo su di me, rivolgendomi un ghigno divertito.
«Bravo ragazzo è un eufemismo, signora Stone.» Mi fa l'occhiolino pronunciando tali parole, e io roteo gli occhi al cielo.
Bevo un sorso della mia acqua, completamente a disagio. Non è affatto facile assistere a una conversazione tra un ragazzo come Jason e mia madre, soprattutto per il fatto che non ho la minima idea di cosa dire o di cosa fare.
«Conosco molto bene tua sorella, è una ragazza d'oro. Un po'... euforica, se così si può dire, ma è una brava ragazza, e una brava amica, soprattutto.» Sorrido a quest'affermazione, completamente d'accordo con quanto detto.
«Sì, un po' imbecille delle volte, ma tutto sommato può andare bene...» pronuncia Jason, in modo sarcastico.
Gli rivolgo uno sguardo di rimprovero, ma lui lo ignora, sorridendo in modo strafottente.
Continuiamo a parlare del più e del meno, con una punta costante di disagio nell'aria, per circa una mezz'oretta, fino a quando non sentiamo qualcuno bussare alla porta in modo brusco.
Guardo immediatamente mia madre, il cui viso viene attraversato da una sensazione di timore abbastanza evidente.
Capiamo al volo di chi si tratta, dal modo per niente delicato con cui ordina dall'altra parte della porta di farlo entrare immediatamente.
Inspiro profondamente, colta da un improvviso stato di agitazione, misto a inquietudine, e sposto lo sguardo verso la direzione di Jason, che mi fissa intensamente. Subito dopo allunga una mano verso di me e stringe la mia calorosamente, cercando di tranquillizzarmi. Tuttavia, la frequenza cardiaca e quella respiratoria sono troppo elevate, così come la mia ansia, per calmarmi.
È arrivato il momento di rivederlo, di rivedere l'uomo che sta rovinando la vita di mia madre, risucchiandola in un vortice di violenza e sofferenza costante. L'uomo che ha annullato in una frazione di secondo tutta l'ammirazione che provavo per lui quando ero piccola. L'uomo che non ha pensato neanche un solo secondo a cosa avrei potuto pensare io, o cosa avrebbe provato mia madre. L'uomo che non chiamerò mai più "papà".
💖SPAZIO AUTRICE💖
Ciao a tutti, amici! Come state? Spero benone. Vi chiedo scusa per il ritardo di questo capitolo, ma sono stata impegnata con altre cose, e non ho potuto dare la giusta attenzione al capitolo e anche agli altri social della storia. Tuttavia, sono tornata con un nuovo capitolo, che spero sia stato di vostro gradimento.
Comunque, non vorrei spoilerarvi, perché ne sta per arrivare un altro molto più... Intenso.
Il padre di Charlotte è arrivato, e lei, come sua madre è tremendamente spaventata. Ma ricordiamoci che in quella casa c'è anche Jason, e, come vi ho già detto, Jason+il signor Stone= caos totale.
Le mine stanno per esplodere, amici lettori, e causeranno non pochi danni...
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, se così (e se vi va) lasciate una stellina
Ci vediamo al prossimo capitolo, ciaoo❤️
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