Chapter thirty-nine

«Se tu metti un top rosa, è vietato mettere una gonna rossa. È abominevole, lo capisci?» La voce di Lily mi risuona nelle orecchie, mentre osservo la scena con un sorrisetto in volto.

«E questo chi l'ha deciso? Tu?» risponde Millie con le sopracciglia inarcate.

La sua ragazza sposta una ciocca di capelli ramati oltre le spalle e le rivolge un'espressione che per poco non mi fa scoppiare a ridere. «E ti sembra poco?»

Millie emette un sospiro, rassegnata alle imposizioni della rossa accanto a lei, e sposta lo sguardo su me e Sally, che, sedute sul mio letto, le guardiamo divertite.

«D'accordo, proposta respinta... Troverò qualcos'altro da mettere. Voi invece? Cosa indosserete?» domanda, senza ricevere però alcuna risposta.

Sposto lo sguardo sulla mia migliore amica e noto che il suo volto si è incupito.

Lily ha organizzato una festa che si terrà tra due settimane per la fine dell'estate. Sarà una festa in piscina e ha invitato praticamente tutto il college.

Non so ancora se andarci o meno, non sono proprio dell'umore di festeggiare in quest'ultimo periodo, e non credo lo sia neanche Sally, dato quello che ha passato.

È da tanto che non la vedo euforica per le uscite, gli appuntamenti o i party a cui puntualmente viene invitata da un po' di gente. Devo dire che quella Sally un po' di manca, ma al contempo capisco il perché sia in questo stato. Non ha ancora superato al cento percento la morte di sua madre, e non credo lo farà mai. Il dolore le ha cucito addosso un segno indelebile, che la contraddistinguerà per sempre. Ci sarà sempre una parte di lei segnata dal dolore e dall'angoscia causati dalla perdita di sua madre, nonostante lei cerchi di nasconderla in tutti i modi.

Tuttavia, la risposta che arriva dopo, proprio da lei, mi destabilizza per una manciata di secondi. «Ancora non ho deciso, ma credo un semplice vestito.»

Le rivolgo un'espressione interrogativa, stupita dal fatto che abbia intenzione di andarci.

Lei nota la mia confusione e, scuotendo di poco il capo, pronuncia: «Non ho più voglia di stare tutto il giorno in casa, crogiolandomi nel mio dolore e nelle mie lacrime. Sono sicura che lei non avrebbe voluto questo per me. Non l'ha mai fatto.» Noto i suoi occhi inumidirsi leggermente e la sua voce incrinarsi. Di fatto, aspetta un po' prima di riprendere parola. «E forse vedere altra gente, divertirmi con i miei amici e staccare un po' mi farà bene... O almeno, deve farlo, perché non ce la faccio più ad andare avanti così.» Fa spallucce e una lacrima solca le sue guance arrossate.

Mi affretto ad annuire, per impedirle di sforzarsi troppo a giustificarsi.

Credo anche io che questa festa possa essere un nuovo punto di partenza, nonostante non me lo sarei mai aspettata. Credo manchi anche a lei la luce che aveva negli occhi e l'allegria nel tono di voce.

Le prendo una mano, stringendola forte, e la guardo negli occhi mentre pronuncio: «Allora verrò anche io.»

Non voglio lasciarla da sola, non quando potrebbe avere ancora dei crolli emotivi. E poi, ho bisogno di distrarmi anche io. Quest'ultimo periodo è stato terribile: ogni volta che cercavo di avvicinarmi a Jason, lui mi respingeva, ancora convinto della sua idea. Ha iniziato a trattarmi con sufficienza e a non parlarmi quando, imperterrita, cercavo ancora di perdonarlo, di giustificarlo e di restargli accanto.

Sorrido amaramente non appena mi sforzo di ricordare l'ultima volta che ci siamo abbracciati.

Darei qualsiasi cosa pur di stringerlo ancora a me...

Avverto un nodo formarsi all'altezza della gola, ma mi affretto a spingerlo via, schiarendomi la voce.

«Prova a chiedere anche a Jason se vuole venire, magari potrebbe far bene anche a lui.» propone in seguito Millie con un dolce sorriso in volto, come se mi avesse letto nel pensiero.

Sto per rispondere che sicuramente non mi darà retta, che mi respingerà e mi ribadirà per l'ennesima volta che non può continuare a stare con me in quelle condizioni e che non vuole che io lo guardi mentre è ubriaco o mentre fa a botte con qualcuno. Tuttavia, non lo faccio. Annuisco semplicemente con lo sguardo basso, conscia però di non ottenere niente di niente.

                                  ***

Il giorno dopo, verso le due del pomeriggio mi ritrovo sola a casa con Jason. Sally è uscita con David, mentre io ne ho approfittato per chiamare mia madre.

Non la sentivo da un po' e devo ammettere che mi ha fatto davvero bene sentire la sua voce. Non le ho raccontato di Jason e non so neanche il perché. Di solito mi confido con lei, le parlo apertamente di ciò che mi succede, ma questa volta non ci sono riuscita. Credo il motivo sia perché non mi capacito neanche io di ciò che sta succedendo, o magari perché lo considero un semplice periodo "no".

Sbuffo sonoramente, mentre mi alzo dal letto e mi dirigo in salotto. Lì vedo proprio Jason, seduto sul divano con una caviglia posata sul ginocchio, mentre messaggia qualcosa, sorgeggiando una birra.

Che novità.

Mi fermo qualche secondo sulla soglia della mia camera, non sapendo se andare da lui o meno. Non voglio litigare ancora, ma neanche far finta che vada tutto bene. Sembriamo tornati ai primi tempi della nostra convivenza. Ci ignoriamo, a stento ci parliamo e, quando lo facciamo, lui mi tratta con sufficienza.

Come siamo arrivati a questo punto?

Chiudo le palpebre e inspiro a fondo, per prendere coraggio e avvicinarmi. Mi schiarisco la voce e mi siedo accanto a lui, mantenendo però sempre una certa distanza.

Appena lo faccio, lui sposta le sue iridi su di me e mi squadra con attenzione. Si ferma in particolare sulla mia maglietta e noto un piccolo sorrisetto affiorargli in volto, senza però capirne il motivo. Solo quando seguo la traiettoria del suo sguardo noto che è quella delle principesse disney, quella che lui aveva tanto preso in giro.

Ricordo ancora quel giorno, ma ancora di più rammento il nervosismo che mi aveva procurato per il tono sfacciato e arrogante della sua voce mentre mi sbeffeggiava senza alcun ritegno.

«Te la ricordi?» domando a un certo punto, senza neanche essermi resa conto di avere stampato in volto un sorriso da ebete.

Lui annuisce, schiarendosi subito dopo la voce e tornando a concedere la sua attenzione al telefono.

Nessun sorriso, nessuno sguardo dolce, niente di niente. Semplicemente freddezza e distacco, ecco cosa mi riserva. E io sono stanca, stanca di questa situazione. Non ce la faccio più a comportarmi come se per lui fossi un'estranea; come se fra noi non ci fosse mai stato nulla; come se non fossi la ragazza a cui ha detto "ti amo". Io desidero ricevere ancora le sue carezze, i suoi baci, i suoi complimenti. Desidero sentire ancora una volta la sua voce ironica e maliziosa nei miei confronti. Desidero abbracciarlo, senza la paura di essere respira. Desidero dirgli ti amo e desidero altrettanto sentirlo ancora una volta da lui. Perché la verità è che questa situazione mi sta distruggendo, e io non so fino a quanto potrò sopportarla.

Involontariamente scoppio a piangere. Il labbro mi trema e le guance iniziano a bagnarsi delle mie lacrime pesanti e salate. Posiziono una mano sugli occhi e scuoto la testa. Non riesco a capacitarmi di ciò che ci sta succedendo.

Avverto il suo sguardo bruciarmi sulla pelle, ma non ho il coraggio di guardarlo. Non ce la faccio, perché so che non reggerei le sue iridi profonde come il mare e scure come la pece.

«Vedi cosa ti faccio, Lotts? Vedi come ti faccio soffrire..?» Il tono della sua voce è calmo, come se fosse l'unico modo rimasto per farmi entrare in testa una verità per me inaccettabile.

Aggrotto le sopracciglia e incrocio finalmente i nostri occhi. «Mi fai soffrire perché ti comporti così, Jason, non l'hai ancora capito?» sbotto a un certo punto. «Non sei tu che mi fai stare male, ma il tuo atteggiamento!»

A queste parole, posa la birra sul tavolino e sbuffa. «È qui che ti sbagli, invece. Perché hai iniziato a stare male da quando mi vedevi ubriaco tutte le sere oppure quando picchiavo dei coglioni davanti a te. Ma non dicevi nulla, e sai perché? Perché avevi pietà di me. Era morta mia madre e per te mi era concesso tutto, ma sai quanto io odi fottutamente la compassione.»

Rimango in silenzio. Non so esattamente cosa dire, perché forse sì, ho giustificato qualsiasi suo atteggiamento, qualsiasi sua azione o parola, ma non ho mai provato compassione nei suoi confronti. Ho sempre cercato di scovare il motivo di ogni suo comportamento, cercando di non accusarlo mai di niente, ma evidentemente lui questo non l'ha capito...

«Non era pietà, era comprensione!» Il mio tono di voce si alza e io inizio ad alterarmi. «Non ti ho mai detto nulla perché mi mettevo nei tuoi panni. E anche se a volte non condividevo per niente come ti comportavi, io ti sono rimasta accanto, e lo rifarei altre cento volte se solo potessi.»

Jason emette un sospiro sarcastico e si getta nuovamente sul divano. «È inutile, Lotts, non riesci proprio a capire.»

Scuote la testa e io lo guardo come se improvvisamente fosse diventato un alieno.

«Cosa avrei dovuto capire, Jason?! Cosa?! Che vuoi lasciarmi? Perché è questo tutto ciò che ho compreso fino a ora. Che c'è? Non mi ami più? Stai cercando una motivazione inesistente per allontanarmi dalla tua vita?» Avverto un forte dolore al petto nel pronunciare queste parole. Il solo pensiero che voglia mettere un punto alla nostra storia mi fa venire da piangere, urlare e vomitare al contempo.

Non posso perderlo.

«Sai che non è così.» Sembra turbato da ciò che ho appena detto, come se per lui fosse scontato il contrario. Per lui, perché io non ho più la certezza di nulla.

Inarco le sopracciglia e incrocio le braccia all'altezza del petto. «Ah, no? E com'è? Sentiamo.»

Sbuffa sonoramente e aspetta un po' prima di rispondermi, probabilmente per cercare le parole adatte da usare.

«Io ho paura, Lotts. Ho paura di fare del male anche a te.» Abbassa la voce, facendola divenire profonda e... sincera. «Quando le cose mi vanno bene, è sicuro che accada qualcosa di brutto; che io rovini qualcosa o che mi venga rovinato da altri. È successo con mio padre e adesso anche con mia madre, non voglio che succeda anche con te, perché... non me lo perdonerei.»

Le sue parole mi confondono. Vuole allontanarmi perché ha il timore di farmi stare male? Il punto, però, è che anche se litighiamo tutti i giorni, se ci sbraitiamo addosso e se ci ignoriamo, io continuo a volerlo, con tutti i suoi difetti e le sue imperfezioni.

Il fatto che più mi fa innervosire, invece, è proprio questo suo modo di fare: cerca di farmi intendere chissà cosa, quando in realtà non ha il coraggio di dirmi la chiara verità.

«Mi stai lasciando quindi?» domando a un certo punto, senza neanche pensarci due volte.

Ho le sopracciglia aggrottate e, per quanto io possa mostrare un'espressione sicura, non ci riesco. Di fatto, ho gli occhi lucidi, la voce spezzata e il cuore colmo di dolore.

Schiude le labbra a questa mia domanda ed esita prima di rispondere.

Perciò, non lasciandogli neanche emettere un solo fiato, lo precedo: «Se sei stanco di me puoi dirmelo, così come puoi dirmi che non mi hai mai amata. Che c'è? Ero solo una storiella estiva? L'amica di tua sorella che ti sei scopato soltanto per curiosità?» Non so neanche io da dove stia prendendo tutto questo coraggio e questo modo di parlare, così rude per me.

Tuttavia, ho paura che sia proprio come immagino. E pensare che io per lui non sia mai contata nulla mi distrugge, mi lacera l'anima.

Mi alzo dal divano e mi dirigo nella mia camera. Non voglio più sentire neanche un'altra parola perché è tutto maledettamente chiaro.

L'importanza che io ho dato e do tuttora a Jason non è mai stata ricambiata, e forse mai lo sarà.

Quando sto per chiudere la porta e affogare nel mio dolore, però, Jason mi raggiunge, dicendo: «Cazzo, Lotts, sai che non è così. È proprio perché tengo a te che ho bisogno di vederti felice. Ti sto portando nell'oblio con me. Non so se ne uscirò e non voglio che ci sia anche tu.»

Parole, parole e ancora parole. Tutte in grado di squarciarmi l'anima.

«Basta, Jason! Basta decidere per me! Basta sapere tu quello che è meglio per la mia vita! Basta, basta, basta! Io ti amo e non voglio e non posso stare distante da te.» Allargo le braccia, ormai stanca di ripetere sempre lo stesso concetto, e avverto numerose lacrime bagnarmi le guance arrossate.
«Dopo tutto quello che abbiamo passato... Dopo che ti ho portato in casa mia, a conoscere mia madre e il padre che non mi ha mai amata; dopo che ti sono stata accanto nel periodo peggiore della tua vita; dopo che ho ascoltato e accettato tutto di te... tu non puoi semplicemente spegnere tutto. Non puoi perché quello che abbiamo passato non si cancella in poco tempo!» Piango a dirotto, mentre gli apro il mio cuore, ormai ridotto in mille pezzi.

«Infatti è da un mese che ci sto pensando. Sono giorni e giorni che ti guardo e penso... di non meritarti. Non ti merito perché tu sei il sole, Lotts. Hai il cielo negli occhi e la luce nel sorriso.» Il suo tono calmo e dolce contrasta con il mio, che oltre a essere confuso è anche abbastanza adirato. Adirato perché non posso accettare l'idea di lasciarlo andare. «Meriti qualcuno che ti faccia ridere sempre, perché quando lo fai fotti il cervello a chiunque ti guardi. Meriti di sentirti amata e non essere ignorata da uno che torna ubriaco alle due del mattino e che non ti bacia più per paura di non essere accettato da te.» Abbassa lo sguardo e noto come i suoi occhi si inumidiscono. «Ti amo, lo sai adesso e l'hai sempre saputo. Ti amo da quando per la prima volta mi hai teso la mano, quel primo giorno d'estate. Ti amo da quando mi hai fermato su quella moto, quando provavo a toccarti. Ti amo da quando mi hai chiamato in quel bagno, perché sei stata troppo sbadata da dimenticarti i vestiti. Ti amo, Lotts. E amo tutto di te: i tuoi occhi, il tuo sorriso, la tua dolcezza, il modo in cui abbassi gli occhi quando sei a disagio o in cui arricci il naso quando stai per scoppiare a ridere. Ma, soprattutto, amo la tua risata. Quella risata che non sento da tempo e che, proprio per questo motivo, deve rinascere.»

Ogni parola è un colpo dritto al cuore. Un taglio che allarga sempre di più la crepa che si è formata proprio al centro e che me lo sta spezzando in due. Tra le quali, sicuramente, una metà rimarrà sempre a Jason.

«La risentirai... Lo farai, te lo prometto, perché solo con te io posso stare bene, Jason. Nessuno mi fa sentire come te.» Mi avvicino a lui e gli prendo il viso tra le mani. «Mi rendi felice, viva, desiderosa di esistere. Al mattino voglio svegliarmi perché so che ci sei tu, qui accanto a me. Ma come farò se questa consapevolezza sfumerà via?»

Mi guarda per minuti che sembrano interminabili. Cerca di captare ogni mia emozione, ma quando vede una lacrima scivolarmi sul volto e un singhiozzo scapparmi incontrollato, sbatte le palpebre più volte e si scosta bruscamente da me.

«Basta, Lotts. Finiamola qua.»

Cosa?

Scuoto la testa, incapace di accettare quest'amara realtà, ma proprio quando sto per avvicinarmi a lui, il mio telefono inizia a squillare. Lo schermo si accende con un tempisto ottimo e mi volto a vedere chi sia.

Adam.

Lo squillo sembra aver attirato anche l'attenzione di Jason, poiché è fermo sulla soglia della porta, mentre fissa il nome sullo schermo con un'aria truce. Sta incenerendo il telefono con un solo sguardo e si sta distruggendo i palmi delle mani con i pugni ferrei.

«È quel coglione?» domanda fulmineo.

Sto per rispondergli di sì, che si tratta di Adam, ma poi un potente fastidio mi percorre tutto il corpo. Infatti, aggrotto le sopracciglia e, riducendo le palpebre a due fessure, rispondo: «E a te cosa importa? Non stiamo più insieme, giusto?»

Rimane inizialmente attonito da questa mia domanda, poiché schiude le labbra e resta in silenzio per una manciata di secondi.

Poi però, nascondendo il suo visibile fastidio, annuisce e fa finta di niente. «Infatti, non mi importa, non più.»

Ed ecco che avverto il mio cuore spezzarsi completamente e gli occhi pizzicare ancora di più.

Lui si volta dalla parte opposta ed esce dalla mia camera, per poi infilarsi la giacca di pelle e prendere le chiavi della moto.

«Sì, bravo, vattene! Vai via come fai sempre, perché non sai fare altro!» Gli urlo contro tutta la mia rabbia, ma lui non mi guarda. Non mi degna neanche di uno sguardo, poiché esce di casa, sbattendo subito dopo la porta alle sue spalle.

Avverto come se si fosse spezzato qualcosa. C'è una parte di me che è cambiata non appena Jason ha varcato la soglia di quella porta.

Percepisco le mie ginocchia tremare e, inevitabilmente, cado a terra, accasciandomi sul pavimento. Bagno il parquet con le mie lacrime salate e riempio il silenzio della stanza con le mie domande disperate e i miei singhiozzi.

Il dolore è talmente insopportabile da non farmi respirare. Boccheggio inutilmente, mentre continuo a piangere a dirotto, sola, delusa, ferita, ma ancora terribilmente... innamorata.










💖SPAZIO AUTRICE💖

Se ve lo state chiedendo, no. Non è questo il capitolo in cui Jason osa ancora di più per allontanare Charlotte. Infatti, sarà direttamente il prossimo. Ci sarà il fatidico momento in cui tutto, ma proprio TUTTO crollerà e Charlotte capirà finalmente che non c'è più nulla da fare.

Mancano circa due capitoli alla fine di questo primo volume e sto già piangendo per tutti i momenti che abbiamo condiviso con Jason e questa Charlotte. Dico questa Charlotte perché, chi mi segue su tik tok (anna_storiess_) avrà capito che subirà un cambiamento sia FISICO che MENTALE. Poi vedremo tutto e io, come già molte di voi, non vedo l'ora.

Lo so sono perfida.

Nel prossimo ci sarà dunque la festa di Lily, quindi preparatevi psicologicamente. Dico solo questo.

Io intanto vado a continuare a scavarmi la fossa perché so già che dopo mi ammazzetete😃.

Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, se così e se vi va lasciate una stellina🌟

Pagina instagram della storia:

annaa_storiess

Profilo tik tok della storia:

anna_storiess_

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top