Chapter fourteen
Sporca, consumata, spezzata, infantile. Ecco come mi sento in questo momento. Sono a pezzi. Pensavo che, facendolo, mi sarei sentita meglio, soddisfatta, ma la verità è che mi sento uno schifo. Questa mia "vendetta" non ha migliorato niente, semmai ha peggiorato la situazione. E io mi sento una poco di buono tra queste lenzuola sporche di sangue e sperma. Una ragazza che ha perso la cosa più cara che aveva, soltanto per un dispetto. Non ho messo in conto come si sarei sentita dopo, cosa avrei provato, e me ne pento, me ne pento amaramente. Mi pento di tutto ciò che ho fatto, dalla chiamata all'amplesso. Mi sento come se avessi avuto l'oggetto più raro e prezioso dell'intero universo e l'avessi lanciato volontariamente a terra, frantumandolo in mille pezzi. E ora è come se questi frammenti fossero privi della luce che li caratterizzava quando erano uniti. Mi sono comportata da bambina e ora ne pago le conseguenze. È giusto che io lo faccia. Speravo che la mia prima volta sarebbe stata indimenticabile, e così è stato, ma non di certo in senso positivo.
Un'ultima lacrima mi riga il volto, mentre un'espressione impassibile suscita la curiosità di Adam.
«Ti senti bene?» No. Non mi sento affatto bene. Come potrei se ho perso la verginità con una persona di cui non sono innamorata?
Silenzio assoluto. Non parlo perché so che, se lo facessi, gli direi che non sto affatto bene e che mi sono pentita di tutto.
«Ehi... parlami» Mi accarezza il viso con due dita e rabbrividisco a quel contatto. A quel tocco totalmente privo di calore.
Trasalisco all'istante e mi alzo di scatto dal morbido divano che ha ospitato i frutti del nostro amplesso.
«I-Io devo andare.» Sentenzio, raccogliendo i miei vestiti da terra, ricoperta dall'imbarazzo.
«Ma come? Non vuoi restare? Non ti è piaciuto?» Domanda, mettendosi seduto.
Che cosa dovrei dire? La verità e ferirlo? Oppure mentire, rendendomi ancora più ipocrita?
Decido di non rispondere. Tacere, a volte, è la migliore soluzione.
Si alza dal divano con le sopracciglia aggrottate e mi posa una mano sul fianco.
«Se ti stai preoccupando che adesso io mi sia costruito castelli inutili, sta' tranquilla... non ti metterò alcuna fretta»
Mi guarda fisso negli occhi. È molto dolce da parte sua dirmi cose del genere, ma più guardo il suo corpo nudo, il suo sesso che è entrato dentro di me, più ricordo ciò che è successo solo poco fa e più un senso di nausea mi sale lungo lo stomaco.
«Devo andare, Adam. Ci vediamo» Concludo, uscendo dall'appartamento e lasciandolo attonito.
So che il mio comportamento non è molto maturo, ma la nausea, l'ansia crescente e i battiti accelerati non aiutano a stare tranquilla e a fingere che vada tutto bene.
Non ho voglia di tornare a casa, non ora. Lì troverei Jason e dovrei sottopormi al terzo grado, oppure Sally, e confessarle tutto. So che sarebbe la cosa migliore da fare, ma proverei troppa vergogna nel farlo adesso. Voglio aspettare ancora un po'. Non ho ancora metabolizzato io stessa l'accaduto, come potrebbero farlo gli altri al posto mio?
Salgo in un taxi e chiedo al taxista di portarmi in un bar qualsiasi. Non dico il nome, perché non conosco molto di questa città, ma lui annuisce e mette in moto l'auto gialla. Appoggio la testa al finestrino e altre migliaia di lacrime si fanno strada sulle mie guance. È come se facessero a gara a chi va più veloce. Scendono una dopo l'altra, non lasciandomi il tempo di trattenerle.
«Siamo arrivati, signorina.» Annuncia il taxista con un accento orientale.
Ci metto un po' a realizzare, a causa della mente colma di pensieri e degli occhi offuscati dalle lacrime. Ho completamente perso la cognizione del tempo.
«Sta bene, signorina?» Domanda in seguito, notando il mio viso bagnato e la mia faccia distrutta.
«Ehm... sì, sì, alla grande. Tenga.» Tiro su con il naso, asciugo le lacrime con il dorso della mano e gli porgo delle banconote. «Arrivederci e grazie» Gli concedo un ultimo sorriso prima di scendere dall'auto.
Taylor's, l'insegna a led del locale che mi ritrovo davanti. L'esterno è completamente rivestito in legno scuro e si presenta come uno dei locali più antichi in questa via. All'entrata è posta una piccola lavagnetta con su scritti i diversi piatti tipici. Avevo chiesto al taxista di portarmi in un bar, e non in una tavola calda, ma evidentemente deve ancora imparare bene la mia lingua e avrà confuso le due cose. Ora che ci penso, però, è anche meglio. In effetti, mi è venuto un certo languorino e ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti, considerando anche che è ora di pranzo.
Dalle vetrate posso intravedere alcuni clienti intenti a parlare e a gustare il loro pranzo o delle semplici birre. Appena entro, un odore di patatine fritte e carne arrostita mi invade le narici e la fame aumenta a dismisura. Scelgo il tavolo più appartato del locale, ovvero uno posto all'angolo della parete destra. Non ci sono vetrate qui, quindi è anche meglio. L'ultima cosa che voglio è essere osservata da persone estranee mentre mangio. Anche se in un locale come questo è molto probabile che accada.
«Salve, vuole ordinare qualcosa da mangiare?» Domanda una cameriera, prendendo in mano penna e taccuino. La sua divisa, come quella di tutti gli altri impiegati della tavola calda, consiste in una gonna e una camicia nera, con sopra un gembriule del medesimo colore con su scritto il nome del locale.
«Sì, vorrei un cheeseburger con una porzione di patatine fritte e una cola, grazie»
La cameriera finisce di appuntare le ordinazioni e mi concede un sorriso prima di dirigersi in cucina e lasciare la comanda.
Prendo il telefono in mano per vedere se ci sono messaggi o chiamate e trovo dieci chiamate perse da parte di Jason. La furia aumenta in me, ripensando alle parole che ha detto a sua sorella sul mio conto.
Se sono una patetica del cazzo in cerca di attenzioni, perché mi chiama ripetutamente? Se non lo conoscessi, penserei che si preoccupi per me, ma so com'è fatto. In questi giorni ho compreso parte del suo atteggiamento e so che mi ha chiamata soltanto per tenermi sotto controllo, non per altro.
Passano cinque minuti e la mia ordinazione è già sul tavolo. Rimango soddisfatta dal tempo, a Santa Rosa c'era un locale che faceva aspettare ogni volta mezz'ora per le ordinazioni. E non era neanche pieno di gente!
Non appena sto per mordere il mio panino, sento la porta del locale aprirsi e due ragazzi, a me molto familiari, piombare dentro. Uno ha i capelli neri, l'altro castani. Il mio sguardo scatta subito sul ragazzo più alto, con capelli e occhi castani. Le labbra carnose ma non eccessivamente, la maglietta a maniche corte bianca che mette in risalto i suoi bicipiti, le mani in tasca. Jason.
Sbarro gli occhi. Tra tutti i locali di Miami, doveva venire proprio qui a pranzare? Sul serio?
Non voglio farmi vedere da lui. Prendo, dunque, il menù e lo apro, nascondendomici dietro. Faccio finta di leggere le portate e spero che non si accorgano della mia presenza. Tuttavia, non appena chino la testa di lato per sbirciare e vedere se se ne sono andati o se hanno preso posto in un tavolo lontano dal mio, David incontra i miei occhi e, con un ghigno, dà una piccola gomitata al braccio di Jason per richiamare la sua attenzione.
Lo maledico in tutte le lingue possibili, prima di posare il menù ed evitare di fare ulteriori figuracce.
Si avvicinano al mio tavolo. David con un ghigno, Jason con un'espressione incuriosita. Probabilmente si starà chiedendo perché sono qui, dato che sarei dovuta essere "a cercare attenzioni".
«Ehi, Charlotte. Come butta?» Domanda David, sedendosi di fronte a me.
«Come al solito...» Sistemo una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre cerco disperatamente di evitare lo sguardo di Jason, il quale si è seduto accanto al suo amico.
«Uu, cheeseburger e patatine! Che buono!» Esclama il moro, rubando due patatine dal mio piatto.
Non ci faccio caso, vedendo Jason mi è passata la fame ed è riaffiorato il ricordo di questa mattina, quando mi ha offesa in quel modo brusco.
«Jason, vogliamo ordinare? Altrimenti va a finire che mangio quello che ha ordinato lei per tutta la fame che ho.»
Non risponde, i suoi occhi fissi su di me. Cerco di non ricambiare lo sguardo, ma non ci riesco. Mi perdo, inevitabilmente, in quelle profonde iridi scure.
«Ehilà! Il gatto ti ha mangiato la lingua?» Insiste David, ma il suo amico è troppo impegnato a mettermi a disagio con quei suoi occhi freddi e distaccati per dargli attenzione.
Ancora nessuna risposta da parte sua.
Dopo circa una decina di secondi, Jason mi chiede: «Ti ho chiamata un sacco di volte. Dov'eri? »
Vorrei rispondergli chiedendogli cosa gliene importa. Vorrei rinfacciargli quello che ha detto sul mio conto. Vorrei ricordargli come mi ha umiliata, ma non voglio farmi vedere debole e, soprattutto, non voglio fargli credere che le sue parole mi abbiano offesa. Quindi, cercando di sembrare il più sicura possibile, rispondo con il suo stesso tono: «Con Adam» Sottolineo l'ultima parola, usandola come una spada affilata in cerca di un torace da trafiggere.
Astio. Freddezza. Incredulità. Questo riesco a leggergli in faccia.
«Non è vero.» La mascella serrata, gli occhi glaciali, il respiro che cerca di sembrare regolare.
E per quanto io vorrei che fosse tutta una farsa, che non fosse successo niente tra me e Adam, non posso evitare di ribattere la verità, una dura e amara verità.
«Credi quello che vuoi, non avrei bisogno di mentirti» Lo liquido, addentando una patatina.
Nei suoi occhi scorgo una scintilla di rabbia che cerca di contenere. Lo noto dai suoi pugni serrati, dai suoi occhi fissi nei miei. So per certo che sta cercando nei miei occhi anche il più insignificante dettaglio che gli confessi che sto scherzando e che tra me e Adam non è successo niente.
«No, aspetta. Tu e Adam avete fatto sesso?» Chiede David.
La mia attenzione adesso si concentra sul moro davanti a me. Non dico nulla, al solo pensiero mi viene la nausea.
«Bene, bene, la nostra piccola Charlotte lascia il club dei verginelli per entrare nel nostro! Mi piace.» So che David vuole soltanto essere ironico, ma questo mi fa sentire soltanto una ragazza dai facili costumi, cosa che ho sempre odiato.
«Bastardo... non gli sono bastati tutti quei pugni per capirlo» Mormora Jason, riferendosi ad Adam. L'unica domanda che mi frulla in testa è: cosa avrebbe dovuto capire? «Devo andare» Conclude in seguito, alzandosi dal tavolo.
So cosa sta andando a fare e non è nulla di buono. Poi, arrabbiato com'è, non è sicuro che se ne vada in giro da solo.
«Jason, aspetta» Ordino, alzandomi a mia volta. «Sono stata io a volerlo. Lui non c'entra niente. Se vuoi prendertela con qualcuno, fallo con me.»
Come se bastasse questo a impedirgli di dirigersi da Adam e massacrarlo di botte.
«Stai scherzando, vero? Quello ti ha scopata senza pensarci due volte e ti prendi tu la colpa?» È più serio che mai e non vuole sentir ragioni, ma ho paura per quello che succederà ad Adam.
Prima che possa ribattere, lui si è già allontanato dal tavolo ed è uscito dal locale. David si alza immediatamente e cerca di fermarlo, uscendo a sua volta, seguito da me.
«Jason, fermati un attimo!» Esclama David, avvicinandosi a lui.
Quest'ultimo, però, non lo ascolta minimamente e sale sulla moto.
«Cazzo, amico, non fare sciocchezze!» Niente da fare. Jason sfreccia via in una frazione di secondo, lasciandoci immobili.
Porto i capelli energicamente dietro le orecchie e prego tutti i Santi affinché Jason ragioni con la testa e non faccia qualche sciocchezza.
Sposto lo sguardo verso David e lo vedo passarsi una mano sulla nuca. So che anche lui è a conoscenza di quello che farà Jason. La cosa che mi incuriosisce, però, è che non fa, come gli altri, domande riguardo il motivo della sua rabbia.
«Pensi che andrà da lui?» Domando, pur conoscendo già la risposta.
«Beh, se fosse stata qualsiasi altra ragazza a fare sesso con Adam, ti avrei risposto di no. Ma sei tu, quindi-»
«Aspetta, che intendi?» Lo interrompo.
«Pensi che sia cieco? Ho notato come vi guardate, come lui reagisce ogni volta che sente il tuo nome, ogni volta che tu senti il suo. Non ne ero sicurissimo, ma quello che è appena successo mi ha dato la conferma»
Avrei dovuto capire che gli altri avrebbero potuto notare come ci comportavamo.
«Però non è giusto che a pagarne le conseguenze sia sempre Adam. È colpa mia, solo mia. Volevo far indispettire Jason, ma non avevo tenuto conto delle conseguenze riguardanti sia me che Adam. Adesso si ritroverà un labbro spaccato e chissà cos'altro perché io, per un capriccio, ho fatto sesso con lui!» Mi sto agitando e un nodo si sta formando all'altezza della gola.
«Ehi... sta' tranquilla. Adesso chiamo Jason e lo faccio ragionare oppure vado a casa di Adam, non so, ma tu calmati.» Mi posa la mano destra sulla spalla in un gesto d'affetto e gli sorrido. Non pensavo che David si sarebbe comportato in modo così amichevole con me, ma sono felice che l'abbia fatto perché non ne potevo più di tenere queste cose, queste emozioni, per me, stavo impazzendo.
💖SPAZIO AUTRICE💖
Ciao amici! Come state? Spero benone. Come vi sembra questo capitolo?
Charlotte si è pentita amaramente di aver perso la sua verginità con Adam, e come biasimarla. Lei ha sempre creduto che la prima volta dovesse essere indimenticabile e speciale, invece non è stato così per lei.
Per quanto riguarda Adam... beh, che dire. RIPARATI IL VISO! Perché (piccolo spoiler) non credo proprio che David riuscirà a farlo ragionare. Preghiamo, allora, tutti per lui🙏
Volevo informarvi che tra un po' ci sarà la festa di compleanno di Charlotte e MOLTO PROBABILMENTE ci sarà 🔥🔞. EHEHEH😅❤️
Coomunque, se vi è piaciuto il capitolo (e se vi va) lasciate una stellina🌟
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