Tenth
Mancavano due giorni.
Due giorni e sarei tornata a casa, avrei rivisto mia madre e poi avrei ricominciato il college per il primo semestre. Due giorni e quello che ne era stato di quel periodo estivo sarebbe finito, portando con sé tutto quello che poteva portarsi. Io speravo che si portasse via tutto.
Indossai la mia divisa, la maglia bianca aderiva al mio corpo e i miei capelli erano stretti nella coda non troppo alta sulla mia testa.
Quell'estate, almeno un po', almeno nelle ultime due settimane, mi aveva cambiata. Le estati in qualche modo riuscivano sempre a farlo, a restarmi dentro anche impercettibilmente, e a permettermi di lasciare quel piccolo pezzetto di me in quel periodo dell'anno.
Tornavo a casa sempre con qualcosa di diverso, con qualcosa di nuovo e con qualcosa che prima non avevo, ma anche con qualcosa che avevo prima, e che poi dopo quei tre mesi non era più mia. Ci avevo fatto l'abitudine.
Sentii la voce di Grace anche prima che facesse irruzione negli spogliatoi, un rossetto intenso colorava di pesca le sue labbra, e aveva lasciato sciolti i suoi capelli rossi che ormai le arrivavano anche a toccare le spalle.
«Ehi, sei già qui!» Stridulò, fermandosi sulla porta quando mi vide.
Volevo dirle che in realtà quella ad essere in ritardo era sempre lei, ma quel giorno arrivai davvero leggermente più presto al Royalty, la mia seconda casa.
«Sì, sono arrivata prima.»
Grace era quasi sempre da Liam, per questo la mattina spesso non riuscivamo ad incontrarci per poi andare all'hotel insieme.
«Per qualcosa in particolare?» Mi chiese, mentre si sistemava al suo solito posto, sfilandosi il giubbotto corto di jeans dalle spalle.
Scossi la testa. «No.»
Qualcun alto entrò negli spogliatoi prima che lei potesse replicare.
Ci voltammo entrambe e dietro di noi c'erano Zayn e Luke. Indossavano anche loro le divise e nascondevano entrambi la stanchezza dopo la fine della stagione.
Gli occhi di Luke incontrarono i miei per un breve istante, prima che io li distogliessi.
Dopo quella volta, una settimana prima, e dopo quelle sue parole, qualcosa era cambiato anche in lui. In lui e nel nostro rapporto, perché sapevo che in qualche modo quelle che lasciarono le sue labbra erano scelte in modo che io potessi capire.
Solo che forse non ero pronta a farlo, forse non volevo neanche farlo.
Lasciammo tutti quegli spogliatoi e raggiungemmo le nostre postazioni, quelle di sempre. Avevo imparato a mettere un sorriso sulle labbra e a lasciare quello che dentro mi stava distruggendo al di fuori del Royalty, al di fuori di quelle mura che a volte sentivo potessero soffocarmi e al di fuori di tutto quello che gli riguardava.
Scappavo, era vero, ma non avevo altre possibilità, altre scelte da poter prendere in considerazione. E quello mi doveva bastare.
Trascorsi le prime ore con Grace alla reception, a compilare moduli di uscita e a firmare le valutazioni dei clienti che lasciavano l'hotel. La maggior parte delle persone ne restava felice, e sui loro volti si dipingeva quella disillusione della consapevolezza di dover tornare alla vita vera dopo aver attraversato quelle porte e lasciato la struttura.
Molti ritornavano, altri non lo facevano. Un po' come le persone che entrano, escono e poi ritornano nella tua vita. Molte, però, dopo essere uscite semplicemente non ritornano, ti lasciano andare. Per sempre. E tu magari ti domandi se quelle persone siano davvero entrate, o se stia stata solo un'illusione anche quella.
Io preferivo essere lasciata andare. Faceva male, faceva sempre male, ma lo preferivo perché io non riuscivo a lasciare andare. Con nessuno, e mi chiesi se fossi io quella sbagliata.
«Domani sarà il nostro ultimo giorno.» Disse Grace, i suoi occhi bassi sul foglio sulla scrivania, una penna con il logo dell'hotel tra le mani.
«Sembra quasi che ti dispiaccia.» Le risposi io, sorridendole quando alzò lo sguardo su di me.
«E' così!» Sostenne, sollevando le spalle e rivolgendo entrambi i palmi delle mani verso l'alto. "Sono anche felice perché è adesso che inizia la nostra libertà, mentre quella degli altri finisce. Non è molto tempo, ma ce la meritiamo."
«Però?» La incitai, perché sapevo che c'era dell'altro.
Grace sospirò, si sistemò sullo sgabello in legno e mi rivolse la sua piena attenzione. «A te non dispiace, Amy?»
«Voglio dire,» riprese, «noi veniamo qui ogni anno, e stiamo bene, quindi quando ce ne andiamo poi qualcosa ti resta sempre di questo posto, nonostante sappiamo che probabilmente l'anno prossimo saremo di nuovo qui perché ne avremo bisogno.»
«Ma anche se ne abbiamo bisogno per i soldi, noi continuiamo a stare qui perché non tornarci sarebbe come lasciare andare una parte di noi che ormai è qui dentro, tra queste mura lussuose dove noi potremo soltanto lavorarci. E a noi sta bene, capisci? Noi veniamo qui perché ci fa stare bene, perché ci sei tu e perché ci sono io, e ci sono tutti gli altri, e siamo sempre noi. Lo saremo sempre, e questo è il nostro posto.»
Gli occhi di Grace diventarono più lucidi, si inumidirono ma lei non lasciò a nessuna lacrima di cadere sulle sue guance. Sorrisi quando lei sorrise a me.
Le sue parole erano così vere, ed era riuscita ad esprimere tutto quello che il Royalty rappresentava per noi, per tutti noi. Per Zayn, per Louis, per Ashton, per Luke, per me.
Quelle persone rappresentavano la mia famiglia, quella che non avevo forse mai avuto, e il Royalty era la casa pronta ad accoglierci.
Non ci importava trascorrere l'estate in un altro posto, trascorrerla non a lavorare ma a viverla, perché a noi interessava che stessimo insieme. E forse non ce ne eravamo mai resti conto davvero. Non ci eravamo resi conto di quello che avevamo. Di quello che io avevo.
Non ero sola.
Non mi accorsi di non aver risposto alle parole di Grace, quando lei mi avvolse tra le sue braccia. «Promettimi che saremo di nuovo qui a farci il culo, anche la prossima estate.»
Io sorrisi e poi risi tra i suoi capelli, poggiai la guancia sulla sua spalla e continuai a sorridere. «Te lo prometto.»
Quando si allontanò da me prese il mio volto tra le sue braccia. «Meriti tanto, Amy. Meriti davvero tanto e molto di più di quanto tu permetta a te stessa di credere.»
Sospirai e lasciai che lei mi tenesse. «Grazie, Grace.»
Grace sapeva tutto, sapeva tutto e c'era. C'era sempre stata, anche i due giorni successivi a quella volta quando con lei scivolai contro la parete, immersa tra le mie lacrime. Anche in quel momento mi aveva tenuta tra le sue braccia senza lasciarmi andare.
Le dovevo molto, anche se lei voleva farmi credere il contrario.
Quella sera ci fu una festa. Una festa organizzata da tutti noi, tenuta come da rituale la sera prima dell'ultimo giorno di lavoro.
Io e Grace raggiungemmo gli altri sul lato della piscina dopo la fine del nostro turno.
C'erano già tutti, c'era anche Liam, che mi sorrise e mi lasciò un bacio sulla guancia, prima di rivolgere tutte le sue attenzioni a Grace. Insieme erano bellissimi, e si guardavano come pochi riuscivano a farlo.
Ero in piedi a versare drink, sorridendo a chi mi chiedesse di preparane uno. Tra quelle persone ci fu anche Harry.
Non era la prima volta che lo vedevo, che incontravo i suoi catastrofici occhi dopo quella in cui avevo sentito il mio cuore spezzarsi nel mio petto. Eppure, non riuscivo ancora ad abituarmi a lui, al fatto che probabilmente di me non gli importasse niente, mentre io non avevo fatto altro che trovare in lui qualcosa che avevo sempre cercato.
Sollevò l'angolo destro delle sue labbra in un sorriso. «Ciao, Amy.»
Sentii un brivido attraversarmi la schiena al suono della sua voce e al modo in cui pronunciò il mio nome. Continuava a farmi quell'effetto, solo che io non volevo più lo facesse. Volevo che smettesse e basta, che mi lasciasse andare.
«Ciao.» Gli risposi.
Sapevo che lui ci sarebbe stato. C'era Mary, ed era inevitabile che ci fosse anche lui.
«Mi prepari qualcosa?» mi chiese. «Scegli tu cosa.»
Io mi limitai ad annuire e ad abbozzargli un sorriso, e iniziai a credere che avesse aspettato il mio turno di rotazione al bar per chiedere qualcosa da bere.
Feci tutto quello che dovevo fare come se lui fosse chiunque altro, e non il ragazzo che mi aveva spezzato il cuore. Cercai di muovermi con decisione anche se avvertivo i suoi occhi su di me, e di non sollevare mai lo sguardo su di lui. Ci riuscii.
Lo feci soltanto quando quello che mi aveva chiesto era pronto, e insieme ai miei occhi sollevai anche il bicchiere in vetro, poggiandoglielo sul ripiano.
«Ecco a te.»
Mi sorrise, una piccola fossetta comparve sul lato destro delle sue labbra. Prese il bicchiere tra le mani. Si sporse leggermente, non troppo, e mi ricordò la prima volta che lo vidi, due settimane prima.
«Grazie, Amy.» Indugiò nel mio sguardo, e ciò che mi sorprese fu che io in quei suoi occhi lessi sincerità, scuse che non sarebbero mai state pronunciate ma che c'erano, e io capii che lui allora sapeva.
Sapeva tutto quello che mi aveva fatto, e nonostante non dipendesse da lui, mi stava chiedendo scusa per una colpa che non era neanche sua. Per una colpa che non era di nessuno.
Non sapevo se davvero fossi innamorata di Harry. Forse poteva essere amore, ma non ne ero sicura. Non ero sicura di niente, perché ancora non ero riuscita a ritrovare un equilibrio che probabilmente io non avevo mai avuto.
Provavo qualcosa per lui. Lo sentivo e continuavo a farlo, ma sapevo che lui forse non aveva neanche mai pensato di poter ricambiare quello che o sentivo. Mi chiesi più volte se lui se ne fosse reso conto, se sapeva che io mi stavo innamorando di lui, se l'aveva capito. Quando continuò a guardarmi in quel modo, mi rispose nell'unico modo che mi aveva permesso di iniziare a provare qualcosa per lui.
Io annuii e premetti le labbra in una linea, sorridendogli debolmente. Era un addio, uno per qualcosa che non era neanche mai esistito.
Ci allontanammo entrambi, e un po' fece male. Lo guardai mentre si allontanava, stringendo quel bicchiere tra le mani e raggiungere Mary, senza mai voltarsi.
La raggiunse e lei gli sorrise, poi gli posò la testa sul petto e lui la avvolse tra le sue braccia. Sollevò quindi il bicchiere, lo guardò e poi lasciò che il nostro ultimo legame gli attraversasse la gola velocemente.
Non era la prima volta che vedevo Harry e Mary insieme, ma l'effetto che mi faceva osservarli continuava ad essere lo stesso. Il modo in cui lui posava le sue labbra su quelle di lei, quello in cui la teneva stretta a sé, il modo in cui le teneva la mano, quello in cui le accarezzava i capelli. Probabilmente gli leggeva anche qualcosa da quei libri che viaggiavano sempre con lui, e lei lo ascoltava.
Probabilmente due settimane erano state abbastanza per iniziare ad amarsi.
E continui a chiedertelo. Continui a chiederti per quale motivo tu sia sempre lì ad aspettare, ad aspettare qualcuno che probabilmente, non arriverà. Ad aspettare qualcuno che ti guardi in quel modo, quello in cui lui guardava lei, come se non vedesse altro.
Ti fai coraggio e ti auto convinci che ci sarà anche il tuo momento, che qualcuno è lì fuori, e aspetta soltanto di essere trovato. Ma se fossi tu a voler essere trovata, per una volta?
Se fossi tu a non voler continuare ad ostinarti a cercare qualcuno che ti ami così tanto da permetterti di far parte della sua vita?
Se non fossi tu quella a dover amare, ma quella ad essere amata?
Se non fossi tu quella ad avere costantemente il cuore spezzato, perchè finisci ogni volta per scegliere la persona sbagliata? Se la persona giusta per te non ci fosse?
E c'è che ti stanchi anche di aspettare, che sei stanca di qualcosa a cui non sai neanche dare una spiegazione.
Dicono che l'amore non sia tutto, che nella vita ci sia anche altro. Io la pensavo in quel modo, perché nella vita c'è molto altro, ma una vita senza amore è una vita priva di passione, quasi spenta, se non hai la possibilità di provare il brivido di qualcosa che credevi non avresti mai fatto, ma che grazie alla persona che ti ritrovi al tuo fianco riesci a fare.
Se solo non fossi tu, ad illuderti e ad essere illusa?
Forse ero un'idealista, forse lo sono ancora, ma io non facevo altro che chiedermi come fosse. Non facevo altro che chiedermi come fosse avere la persona che ami al tuo fianco, la persona che hai scelto e che allo stesso modo ha scelto te, disposta a sostenerti, a sfidarti, a darti amore. Non sapevo come fosse, potevo soltanto immaginarlo.
Potevo immaginarlo guardando Mary e Harry, guardando Grace e Liam, stretti in un abbraccio da non lasciarti respirare se non con il cuore.
E mentre lo facevo, ciò che potevo fare era soltanto sperare, che un giorno non fossi più costretta a vivere di illusioni, e che ci sarebbe stato davvero qualcuno che avrebbe scelto di lottare, che non si sarebbe fermato all'apparenza, che avrebbe scelto di restare.
Alla fine, mi voltai e incontrai gli occhi di Luke.
Era seduto, le braccia piegate e i gomiti sulle ginocchia. Un bicchiere vuoto era anche tra le sue mani, e mi guardava. Era solo, mentre gli altri gli passavano davanti, gli stavano intorno. Come me.
L'espressione sul suo volto era intensa, e l'azzurro dei suoi occhi mi fece vacillare anche se era così lontano. Fu in quell'esatto momento che sentii qualcosa, come quel brivido che soltanto Harry era riuscito a provocarmi. Ma qui era come se ci fosse qualcosa di più, qualcosa di inaspettato, qualcosa di nascosto.
I suoi occhi continuavano a guardarmi, a leggermi e ad entrarmi dentro perché davvero volevano farlo. Mi guardavano, lo facevano per davvero. E soltanto in quel momento, io capii.
Avevo smesso di illudermi.
A/N.
Ci sarà un epilogo dopo questo capitolo. Ringrazio @grebxy per il banner e @kurt84 per il trailer di Illusion, che potete trovare nei media qui e allegato al primo capitolo.
Un bacio a tutte x
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