Nineth
Avevo pianto.
Avevo pianto molto sul mio cuore spezzato, ma non riuscivo ancora a rendermi conto che non era soltanto per quello che mi ero prosciugata sulla spalla di Grace, che mi accarezza i capelli e che stava seduta sul pavimento del retro del Royalty, la schiena poggiata contro il muro.
Non mi aveva detto più nulla, soltanto mi sussurrava qualcosa, ma nessuna parola era uscita dalla sua bocca, e l'unico suono che ci accompagnava era quello del suo respiro mischiato ai singhiozzi che rilasciava la mia gola.
Poi sollevai la testa, asciugando le lacrime con il dorso della mano.
«Stai bene?» Mi chiese Grace, inclinando la testa, guardandomi con preoccupazione. Non ricordavo l'ultima volta di essere stata così male per un ragazzo.
Forse era perché io un ragazzo non l'avevo mai avuto, perché si fermavano tutti esattamente allo stesso punto. Mi lasciavano ancora prima di avermi davvero. Avevo sempre scelto la persona sbagliata per cui provare dei sentimenti, perché io non ero la persona di cui i ragazzi si innamoravano.
Non ero quel genere di persona, e forse non lo sarei mai stata. Ma un lieto fine per me lo sognavo anch'io.
Scossi la testa, rispondendo poi a Grace in un sussurro. «No.»
Un singhiozzo lasciò le mie labbra, ma Grace aspettò che continuassi. «Lui ha tutto quello che io avrei sempre voluto. Che io ho sempre cercato.»
Dal modo in cui teneva il libro tra le sue mani, a quello in cui sfogliava le pagine per rendersi conto di quante ne sarebbero rimaste prima di concludere quel capitolo.
Da quello in cui i suoi tatuaggi incidevano la sua pelle al modo in cui i suoi occhi verdi ti guardavano. Chiunque tu fossi. Io volevo semplicemente che lui mi guardasse. Il modo mi importava, Dio se lo faceva, ma a me bastava.
Mi sarebbe bastato, ma avrei continuato a restare rinchiusa nella mia illusione, mentre lui la riversava su un'altra persona che non ero io. Mentre lui iniziava ad amare un'altra persona che non ero io.
E faceva male, tanto.
«E' lui a perderci.» Continuò, cercando di consolarmi in quel modo. Io cercai di sorridere, e volevo ringraziarla perché voleva farmi stare meglio, ma non ci riuscii.
Non ci riuscii, perché non era vero. L'unica a perdere, ero io. Sempre.
«Cosa vuoi fare?» Domandò Grace, non accennando ad alzarsi. Lo feci io.
Mi misi prima in ginocchio, poi la guardai e le risposi, prima di alzarmi del tutto. «Ho bisogno di fare due passi.»
Alla fine si alzò anche lei. Sapevo che aveva capito, ma me lo chiese comunque. «Vuoi che venga con te?»
Scossi la testa. «No, ma grazie.»
Lei si avvicinò a me e mi abbracciò, io le poggiai il mento sulla spalla ossuta.
«Ci sarà qualcuno per cui ne varrà la pena, Amy.» Sussurrò tra i miei capelli, sospirando.
Io strinsi i miei occhi, da cui caddero altre lacrime.
Perché nessuno riusciva a capirlo? Perché io non riuscivo a capirlo?
Probabilmente era vero, probabilmente ci sarebbe davvero stato qualcun altro, pronto a non lasciarmi andare e a tenermi con sé. Sempre. Ma non era quello il momento, e io volevo davvero che lo fosse.
Io volevo che quello fosse il mio momento, non altri.
Quando ci allontanammo, Grace prese il mio volto tra le mani e sfregò i pollici sulla mia pelle per rimuovere le lacrime.
«Forse qualcuno c'è già.» Sostenne. «Forse devi soltanto imparare ad accorgertene. Devi imparare a capire che anche tu vali.»
Io le sorrisi debolmente, il mio viso ancora tra le sue dita.
Forse, anche lei aveva ragione. Ma era difficile farlo, era difficile crederci davvero, se non hai niente per cui farlo. Per cui ne valga la pena.
«Sei una buona amica.» Le dissi, la mia voce ancora roca e bassa per le lacrime.
Grace ridacchiò e scosse un po' la testa. «Soltanto se ne vale davvero la pena.»
A quelle parole, non riuscii a non sorridere. A sorriderle sinceramente. Mi conosceva, e mi conosceva bene.
«Sarò qui, se hai bisogno di me.» Mi assicurò, e io annuii.
La guardai rientrare, ritornare in quel corridoio dove avevamo incrociato Harry. Dove io lo avevo guardato con la piena consapevolezza che il modo in cui lo stava facendo, non sarebbe mai stato come quello in cui guardava Mary.
E quel modo, crepò il mio cuore ancora di più.
Abbassai lo sguardo, ripensando a ciò che mi era successo. A quello che avevo sentito.
Era possibile provare dei sentimenti per qualcuno dopo solamente pochi giorni? Era possibile farlo in quel modo? Così intensamente da sentirti vuota nel momento in cui ti veniva strappato via con la forza? Era possibile davvero?
Non so se era possibile, ma il modo in cui mi sentivo mi suggeriva più risposte di quante domande avessi.
Iniziai a camminare, l'aria di fine estate accarezzava la pelle screpolata del mio viso, segnato e rigato dalle lacrime che ancora sentivo impresse su di esse.
Sentivo le ciglia pesanti e gli occhi ancora umidi, ma quello che stava messo peggio era il mio cuore.
È qualcosa che non si può spiegare a parole, che puoi trovare nei romanzi, ma che non è niente se non la senti.
Non è niente se non la vivi sulla tua pelle, incisa nel tuo cuore, dentro di te.
E se c'era una cosa che sapevo e di cui in quel momento ero sicura, era quella.
La sabbia iniziò a raggiungere i miei piedi attraverso le scarpe che indossavo, così mi chinai, e le tolsi. Le presi tra le mani e continuai a camminare, costeggiando la riva.
Il vento muoveva le ciocche dei miei capelli fuoriuscite dalla treccia in cui li avevo legati, ma non mi interessava. Non mi interessava l'aspetto che potevo avere.
Su quella spiaggia c'era qualcuno. Non così tante persone, ma non ero neanche sola.
Qualcuno era in acqua, a perdersi tra le onde del mare; qualcuno invece si stava perdendo in qualcun altro.
E poi c'ero io. Io ero semplicemente persa.
Avvicinai i piedi alla riva, e lasciai che l'acqua li avvolgesse, colpendoli per poi scivolare sulla pelle, per poi tornare di nuovo ad accarezzarla.
Quel semplice gesto sembrava riassumere la storia della mia vita. Essere presa per poi essere lasciata andare, senza neanche un preavviso. Poi essere ripresa, ricadere, ricaderci, ed essere lasciata ancora. Alla fine quella che restava con niente ero sempre io.
«Amy.» Una voce che riconobbi chiamò il mio nome, e io mi voltai, con ancora i piedi dentro l'acqua.
«Luke.» Mormorai, ma non ero sicura che lui riuscì a sentirmi. Era a qualche passo di distanza da me, poi si avvicinò.
«Cosa ci fai qui?» Gli chiesi, lui abbassò il suo sguardo.
«Ti cercavo.»
Dischiusi le labbra, ma prima che potessi dire qualcosa fu lui a farlo. «Non sei più tornata, e ti ho vista correre sul retro con Grace.»
Si fermò ancora, poi mi domandò anche lui : «Stai bene?»
Quasi sorrisi, perché se avessi potuto, avrei abolito quella domanda. È inevitabile che si risponda sempre nel modo sbagliato, per mascherare ciò che si prova in realtà. Sta a chi si trova dall'altro lato a leggerti davvero dentro.
«Non lo so.» Risposi, e tornai a guardare il mare davanti a me.
Sentii Luke avvicinarsi di più, avvertii la sua presenza al mio fianco, ma sapevo che non mi stava guardando. Avevamo entrambi lo sguardo rivolto davanti a noi.
«E' per lui, vero?» Mi chiese dopo qualche istante, e non c'era esitazione nella sua voce. Non c'era neanche giudizio, ma c'era qualcos altro. Qualcosa che non riuscii a capire, a percepire.
Fui io a voltarmi per prima. Ma lui continuava a non guardarmi. «Ho visto il modo in cui lo guardavi.»
«Luke, io ..» Iniziai, ma lui mi interruppe ancora. Questa volta si voltò, incontrando il mio sguardo.
«No, Amy.» Sussurrò. «Se tu soltanto ti rendessi conto di quello che sei, di chi sarebbe davvero disposto a guardarti nel modo in cui tu guardi lui. Di chi lo sarebbe davvero.»
Le sue parole lasciarono me senza, mentre continuavo a guardarlo.
«Come puoi esserne sicuro?» Poi dissi, le lacrime minacciavano di cadere giù dai miei occhi ancora una volta. «E perché qualcuno dovrebbe davvero credere che io ne valga la pena?»
La mia voce si spezzò alla fine, e a quel punto rivissi ancora una volta gli ultimi giorni. Il momento del suo arrivo, quello in cui sussurrava il mio nome, quello dove io ci avevo davvero creduto, in cui avevo creduto in lui.
E poi ricordai quel momento su questa spiaggia. E non riuscii a fermare le lacrime, che scivolarono sul mio volto già consumato.
Luke mi avvolse tempestivamente con le sue braccia e io glielo lasciai fare. Lasciai che lui mi tenesse stretta a sé e che i miei singhiozzi si scontrassero con il tessuto della maglia che indossava. Tenevo le mani e la testa poggiate sul suo petto, le sue mani sulla mia schiena e intorno a me.
Sospirò tra i miei capelli, e anche se sussurrò, io riuscii a sentire le sue parole.
«Perché io lo farei, Amy.»
A/N.
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