Fourth
Non sapevo esattamente quanto tempo rimasi lì, in quell'angolo, ad osservare la scena che si stava svolgendo esattamente davanti ai miei occhi.
Riuscivo a pensare solamente alle sue labbra che si curvavano, qualsiasi fosse la cosa che lei gli stava dicendo.
Poteva trattarsi di un sorriso finto, potevo auto convincermi che lui le stava sorridendo solamente perché sapeva chi lei fosse, ed era semplicemente educato.
Ma no, per quanto potessi tentare di farlo, sapevo che non era così.
Cosa avrei dovuto fare in quel momento? Avrei dovuto interromperli per poter parlare con lui?
Per quanto Grace potesse avere ragione un attimo prima, quello di transizione in cui mi trovavo mi suggeriva tutt'altro.
Forse era vero, stavo giungendo a conclusioni affrettate, ma ero fatta così. Mi fasciavo la testa prima ancora di cadere, di sapere se ci fosse anche stata la possibilità di precipitare.
Prima non ero così, prima vivevo di attimi, di momenti, programmando soltanto il necessario, perchè credevo che niente potesse andare storto.
Ma ero cambiata. Ogni singola esperienza, mi aveva potata ad essere sempre più responsabile.
Non ero pessimista o qualcosa del genere, anzi, ma preferivo prevenire, piuttosto che curare.
Stavo per svoltare l'angolo, ma soltanto per tornare indietro, quando una voce richiamò il mio nome.
«Amy.» Conoscevo troppo bene quella voce.
Esitando, mi voltai. Avevo lo sguardo rivolto verso il basso, anche quando cercavo di combattere contro me stessa, per trovare una qualsiasi cosa che mi avrebbe permesso di evitare quella situazione.
«Vieni qui.» Continuò Mary, e mi costrinsi a sollevare lo sguardo, che mantenni soltanto su di lei.
Raggiunsi entrambi, e quando fui abbastanza vicina, potevo sentire lo sguardo di Harry su di me, ma mi imposi di non ricambiarlo.
Cosa mi stava succedendo?
Era soltanto un ragazzo, e lo conoscevo da appena due giorni. Anzi, non lo conoscevo neanche.
«Ehi.» Sussurrai, rivolgendo la mia completa attenzione a Mary.
«Conosci Harry, vero?» Chiese, e avvenne esattamente ciò che più volevo impedire.
«Conosco più i suoi genitori.» Dissi, mentre mi preparavo a voltarmi nella sua direzione.
Non appena lo feci, mi imbattei nella tempesta del verde dei suoi occhi, che mi travolse, senza neanche darmi la possibilità di controbattere per difendermi.
Le sue labbra si curvarono in un sorriso, appena accennato. Dio, se era bello.
«Amy, giusto?» Il modo in cui le lettere del mio nome scivolavano sulla sua lingua produceva il più bel suono che avessi mai sentito.
«Sì.» Replicai, e un sorriso si formò anche sulle mie labbra. «Giusto.»
Ad interrompere il nostro momentaneo e fugace contatto visivo fu la suoneria del cellulare di Mary.
Scossi la testa e tentai di riprendermi, mentre portavo la mia attenzione su di lei, che quando lesse il nome di chi la stava chiamando, ci fece segno di dover rispondere.
Ma mentre si stava allontanando, si voltò nella direzione di Harry, con un sorriso dipinto sulle labbra.
«Ti aspetto, allora.» Ammiccò, lasciando che alcune ciocche di capelli le coprissero il viso, conferendo alla sua immagine un aspetto ancora migliore.
Mary era bellissima, ed era un dato di fatto.
Quando lei camminava, non potevi non voltarti per guardarla.
Lei aveva quel qualcosa, quello sguardo magnetico che riusciva a trasportarti ovunque tu volessi, la malizia e la persuasione di chi sapeva cosa voleva. E la maggior parte delle volte, lei l'otteneva.
Chi riusciva ad avere le sue attenzioni era fortunato, e anche Harry lo sapeva. Me ne accorsi da come la guardava, perchè era esattamente il modo in cui mai nessuno aveva guardato me.
«Ci sarò.» Le rispose lui, e anche se la curiosità mi stava letteralmente divorando, capii che era meglio non sapere a cosa si riferisse.
Mary gli sorrise un'ultima volta, prima di portarsi il cellulare all'orecchio e rispondere alla telefonata.
Eravamo rimasti soli.
«Uhm, io ho finito.» Dichiarai, pronta a scappare dall'intensità di quelle infinite sfumature dei suoi occhi.
«Aspetta.» Mi fermò, avvolgendo gentilmente le sue dita intorno al mio braccio. Il suo tocco diede il via al bruciore di ogni fibra del mio corpo, che si dilettava in quella sensazione mai provata.
Nessuna parola fuoriuscì dalle mia bocca, bloccata nelle fiamme che le sue dita stavano alimentando sulla mia pelle scoperta.
"E' soltanto un ragazzo", continuavo a ripetermi. Come potevo sentirmi in quel modo, soltanto perchè lui aveva posato le sue dita sulla mia pelle?
«Ho incontrato la tua amica prima.» Disse, passandosi una mano tra i capelli. Potei intuire che aveva appena fatto una doccia o qualcosa del genere, data l'umidità che ancora li avvolgeva.
«Sì, me l'ha detto.» Dissi, cercando di capire dove avrebbe portato quella conversazione.
Perchè ero così maledettamente timida e riservata?
Perchè non potevo essere come lei? Perchè non potevo essere come Mary e Grace?
La mia vita sarebbe stata decisamente più semplice se lo fossi stata, e avrei sicuramente perso meno occasioni di quelle che mi erano scivolate via tra le dita.
«Quindi, sei di Santa Barbara?» Mi stava seriamente chiedendo da dove venissi?
«Nata e vissuta.» Sussurrai. «Tu?» Gli chiesi audacemente, pensando alle parole di Grace.
«Anch'io sono della California.» Disse, e un sorriso si formò sul mio volto. Dio, dovevo sembrare un'idiota.
«Ma sono nato e vissuto a Los Angeles.» Ogni mia speranza, con quella sua semplice affermazione, si dissolse.
«Oh.» Sussurrai, prima di potermi fermare dal non farlo.
Avrei dovuto immaginarlo. Io ero sulla costa, lui nel pieno centro dello stato. E, ovviamente, anche Mary era di lì. Dannazione, cosa c'era che non andava in me?
«La tua amica mi ha detto che potevo chiedere a te per il servizio in camera.» Continuò, riprendendo in mano la situazione.
«Non sono io che mi occupo della ristorazione, ma conosco gli orari.» Risposi, dicendogli la verità. Avrebbe scoperto che non ero di quell'area, prima o poi.
«In ogni caso, potevi chiederli a Mary.» Aggiunsi scrollando le spalle.
Ero sicura che lui sapesse chi lei era, quindi perchè non chiedere ogni cosa a lei, dato che sembravano essere così inseparabili?
«Avrei potuto, lo so.» Affermò, e feci di tutto per non perdermi nel suo sguardo, in quei suoi occhi verdi, ma non ne fui capace. «Ma volevo chiederlo a te.»
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