First
«Grazie per aver scelto il Royalty, speriamo sia stato di suo gradimento, e di rivederla presto.» Come d'abitudine, pronunciai le stesse parole che ero tenuta a ripetere a chiunque lasciasse quel posto.
L'estate era quasi conclusa, e non avrei potuto esserne più felice. Mancava soltanto qualche settimana, e poi sarei ritornata a casa, prima dell'inizio del semestre.
Lavoravo al Royalty per le stagioni estive, e non potevo negare che non mi piacesse farlo.
Si trattava di una catena di importanti alberghi sparsi per il mondo, e quella di Avalon era la sede centrale.
Ero riuscita ad ottenere quel lavoro grazie a Grace, che iniziò a lavorarci anche prima di me. Era la terza estate che trascorrevamo insieme lì, e anche se qualche volta risultava monotono, ci facevamo compagnia a vicenda.
«Quanto ti manca ancora?» Mi chiese Grace, raggiungendomi.
«Ho quasi finito, devo soltanto compilare l'ultimo modulo per i Robsten.» Le risposi, mentre controllavo gli ultimi dati.
Le persone che frequentavano il Royalty erano maggiormente famiglie con bambini piccoli, oppure coppie di persone più avanzate nell'età. Ma eravamo in California, e la paga era piuttosto alta.
«Ti aspetto, se vuoi.» Propose, anche se lei aveva già finito il suo turno.
Io e Grace avevamo un piccolo appartamento che condividevamo, per il periodo che trascorrevamo ad Avalon.
«Okay.» Non obiettai, perchè sapevo che mi avrebbe aspettata comunque.
Finii di complilare quel modulo, mentre lei tamburellava le unghie laccate sul bancone della reception. Ashton era già andato via, per cui c'eravamo soltanto io e lei.
Improvvisamente, sentii le porte dell'entrata spalancarsi, ma non feci caso a chi entrò, perchè pensavo soltanto a timbrare il mio cartellino d'uscita per poter andarmene.
Continuai a non farci caso, fino a quando qualcuno parlò. Era una voce diversa, non l'avevo mai sentita. Era bassa e roca, e non apparteneva a nessuno degli altri dipendenti.
Così sollevai il mio sguardo, e lo vidi.
Come se improvvisamente tutto il resto non importasse e si dissolvesse, riuscii a vedere soltanto lui.
Si trattava di un ragazzo, probabilmente della mia stessa età, o al massimo di un anno più grande, e che sembrava essere circondato da un'aura che non ti permetteva di smettere di guardarlo.
Ero come ammaliata, quasi estasiata dalla sua bellezza oggettiva, e dal modo in cui sembrava non accorgersene neanche.
Ricci scuri erano portati all'indietro sulla sua testa, e un paio di occhiali da sole coprivano i suoi occhi. Era alto, e indossava una semplice maglietta bianca e un paio di pantaloni neri che aderivano sulle sue gambe, insieme agli stivali apparentemente consumati che conferivano alla sua figura ulteriore fascino.
Era ancora fermo all'ingresso, con una borsa nella mano destra, e il cellulare in quella sinistra, o forse il contrario.
Si passò ripetutamente le mani tra i capelli, rivelando tracce di inchiostro presenti sulle sue braccia scoperte. Non sapevo con chi stesse parlando, nè riuscii a cogliere molte delle parole che pronunciava con chiunque si trovasse dall'altro capo, ma soltanto il suo tono, che continuava a riecheggiare nella sala.
«Dannazione, e quello da dove esce?» Quasi mi dimenticai di Grace, che era ancora accanto a me ad aspettarmi. Quando mi voltai nella sua direzione, ero sicura che avesse la stessa espressione che fino ad un attimo prima contornava il mio volto.
«Cazzo, sta venendo qui.» Sussurrò, e presi in considerazione l'idea di scappare, quando mi resi conto che saremmo state noi a doverlo aiutare, di qualsiasi cosa si trattasse.
Per un attimo, cercai di immaginare il mio aspetto. Non mi era mai interessato più di tanto, in realtà, e non riuscivo a capire il motivo per cui in quel momento mi stessi focalizzando su come sarei apparsa ai suoi occhi.
Portavo i capelli legati in una coda, che con il passare delle ore aveva lasciato ad alcune ciocche di ricadermi sul volto. Nessun accenno di trucco era presente sul mio viso, e quasi pensai di sfilarmi gli occhiali, giusto per apparire più formale. Lanciai una veloce occhiata a Grace, che invece sembrava essere appena uscita da una rivista, nonostante le ore di lavoro trascorse.
In ogni caso, qualsiasi opzione stessi valutando per prendere in considerazione, non avrei potuto metterla in atto, perchè il ragazzo senza nome era già davanti ai miei occhi.
Il suo profumo riempì l'aria che circondava lui e noi, mentre lui portò una mano sui suoi occhiali, sollevandoli, per poi toglierli del tutto. E in quel momento, quando rivelò i suoi occhi, quasi necessitai di poggiarmi al banco, per non rischiare di cadere.
Una luminosa, chiara sfumatura di verde risiedeva nei suoi occhi, che si posarono su di me, quando probabilmente si accorse che io non avevo mai smesso di guardarlo.
Abbozzò un sorriso, e il suo sguardo era dolce, nonostante i suoi lineamenti pronunciati e scolpiti. Ed io ero come incantata, completamente persa.
«Ciao.» Disse poi Grace, prendendo in mano la situazione. La ringraziai mentalmente, e scossi la testa per uscire dal mio stato di compulsione.
«Ciao.» Rispose lui, con quella sua profonda voce. Maledizione, non ero mai stata così attratta da una semplice voce.
I suoi occhi si spostarono su Grace, ed io ne approfittai per ricompormi velocemente, semplicemente stringendo l'elastico tra i miei capelli. Non avrei potuto fare molto, in ogni caso.
«Come posso aiutarti?» Domandò Grace, ammiccando, pur in modo professionale.
«La mia famiglia è già qui, resterò con loro per una, o due settimane.» Affermò, poggiando un gomito sul bancone in marmo.
Due settimane. Sarebbe rimasto al Royalty per due settimane. Il che significava, fino alla fine dell'estate. Grandioso.
«Bene.» Sorrise Grace. «Cognome?»
«Styles.» La informò lui, ed io cercai di associarlo alla famiglia che aveva sostenuto fosse già lì.
Styles.
Improvvisamente, ricordai.
Erano al Royalty già da una settimana prima, e spesso mi avevano chiesto aiuto per l'arrivo del loro figlio. Si trattava di una donna e un uomo, ma non avrei mai immaginato che avessero un figlio del genere.
Percepii poi una leggera spinta, e mi resi conto che ero ricaduta nella compulsione di quel ragazzo.
«Ho detto, Amy adesso ti dirà il numero della tua camera.» Ripetè Grace, e ne fui grata. Non volevo immaginare quante volte l'avesse già ripetuto, dato il sorriso che quel ragazzo cercava di nascondere.
«Uhm, certo, sì.» Mormorai, spostando una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio.
Spostai i moduli che avevo appena compilato, e inserii il suo cognome nel computer, per poterlo informare del numero della camera. Dopo qualche secondo di attesa, la sua scheda, insieme a quella dei suoi genitori, apparve.
«127.» Dissi, controllando ancora una volta che fosse davvero quello il numero. «E' accanto a quella dei tuoi genitori.»
Grace recuperò le chiavi, e gliele porse. «Ecco a te. Benvenuto al Royalty.»
«Grazie.» Rispose, afferrando le chiavi. Poi sorrise, e comparve anche una fossetta ai lati delle sue labbra. Era bellissimo, Dio.
Fece per andarsene, ma poi si rivoltò, puntando nella mia direzione.
«E grazie anche a te, Amy.» Concluse, lasciandomi con il cuore che batteva troppo velocemente.
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