CAPITOLO 3.
Stefany iniziò a cercare dentro la sua borsa qualcosa, in modo nervoso.
"Ma dove cavolo l'ho messa!"
"Zia se non ti sbrighi, la polizia ci arresterà. Anzi, mi arresterà. E la gente sta facendo un po' troppe foto per i miei gusti."
"Trovata".
Stefany estrasse, dalla borsa, una piccola pallina verde smeraldo. La lanciò in aria e subito, si propagò nel cielo una luce fortissima. Dei raggi si diramarono da quella piccola sfera che vorticava per aria, prima in modo confuso e poi in verticale su Navir e Stefany. D'improvviso, la macchina sembrò dissolversi nel nulla e la ragazza si strinse il più forte possibile a sua zia. Le sembrò come se venissero risucchiate in un vortice, i suoi capelli si confondevano totalmente con la sua pelle e non riusciva a vedere nulla se non delle strisce colorate che sembravano sfrecciassero davanti a lei. Mezzo secondo dopo, era sdraiata per terra, del tutto ancorata a sua zia. Aprii gli occhi e ciò che vide non era la sua città, piuttosto un posto del tutto sconosciuto e strano.
"Alzati Navir"
"Zia mi vuoi spiegare? Dove siamo?"
"Siamo a Ilang, la terra perduta. Qui il tempo o qualsiasi cosa tu vedrai non sarà mai uguale a tutto ciò che conosci. Quella piccola sfera era magica; grazie ad essa ho salvato te 7 anni fa e grazie alla stessa ti ho riportata dove tutto ebbe inizio. Questa è la tua terra, Navir."
Navir strabuzzò gli occhi, provò a dire qualcosa ma decise di tacere e guardarsi intorno. Sotto i suoi piedi c'era solo sabbia, come quella del deserto, e intorno a lei alberi dalla forma squadrata si muovevano come ondulati dal vento. Ma non c'era vento. La cosa le sembrò troppo strana, la sabbia era immobile e sua zia stava lì a fissarla in attesa di una risposta.
"Perché gli alberi si muovono? Non c'è vento."
"Qua nulla è come sembra tesoro mio; gli alberi si muovono perché in essi vi sono le anime tormentate di uomini e donne, morti a causa di una guerra atroce. Dopo che il loro corpo emise l'ultimo respiro, ognuno di essi si trasformò in albero e le loro anime restarono intrappolate per punizione divina. La loro forma squadrata è data dalla deformità dei loro corpi; ognuno di loro è stato massacrato, percosso, distrutto fisicamente e psicologicamente."
"Ma quale dio può essere tanto crudele da fare questo?"
"Mio fratello, Kokou. Il dio della guerra."
"Nono, non è possibile, ferma un secondo. Tu sei la sorella di un dio? E perché sei qui con me e non nell'olimpo o in cielo da qualche parte? Mi stai prendendo in giro?"
"No purtroppo, io mi chiamo Oyà ed ero una dea. Ho rinunciato alla mia immortalità per salvarti."
"Una dea? Salvarmi? Da cosa? Perché?"
"E' una storia molto lunga, ma ci sarà tempo per raccontarla. Adesso dobbiamo incamminarci verso la scuola di Ilang, dove tu andrai."
"Cioè mi porti via dal pianeta terra, arriviamo in questo posto non si capisce in che modo e l'unico luogo in cui vuoi portarmi è una scuola?"
Oyà sorrise. " Navir è una scuola speciale. Imparerai a fare quello per cui sei nata."
"E sarebbe?"
"Combattere."
Oyà fissò negli occhi Navir; lei era terrorizzata. Cosa significa che era nata per combattere? La paura le invase ogni fibra del corpo, ma adesso era con sua zia e questo le bastava per sentirsi protetta.
Iniziarono a camminare a passo svelto in quel deserto sabbioso; ovunque si girasse vi erano quegli strani alberi e poco dopo ne vide uno ancora piccolo che ipotizzò potesse essere stato un bambino. Come si possono commettere tali abomini? Come si può far soffrire così tanto delle persone innocenti? Se era vero che lei fosse nata per combattere contro tutto ciò, allora quello che la aspettava sarebbe stato l'inferno. Camminarono per un tempo che sembrò una eternità; ad un tratto entrarono all'interno di una cittadella. Sembrava una di quelle città medievali, di cui parlano i libri di storia, dove tutto era precario e allo stesso tempo sublime. Navir fu attratta dal modo in cui erano costruite le case; erano fatte di pietra, i massi erano grossi e larghi, il tetto era di legno ed erano piuttosto piccole. La porta d'ingresso e le finestre avevano una forma arcuata ed erano anch'esse in legno con le maniglie in ferro. Davanti a queste piccole case c'erano o dei piccoli giardinetti o dei grandi spiazzali fatti in pietra. L'unico problema era la gente. Ecco, non c'era nessuno in quelle strade; le case sembravano fatiscenti ed abbandonate. Dove erano finiti tutti? Potevano mai essere morti?
"Zia, ma tutti gli abitanti sono stati uccisi?"
"Probabile, ma credo più che altro che alcuni di loro si siano nascosti per scampare all'ira di Kokou."
"Ma solo Ilang è stato pervasa da tutta questa violenza?"
"Purtroppo no. Molti paesi e città sono stati distrutti. Intere famiglie uccise per i motivi più futili. L'orrore e il dolore pervade ogni fibra di questo mondo e solo tu puoi salvarlo. Ho cercato di proteggerti in tutti questi anni ma non si può andare contro ciò che le tre sorelle hanno predetto."
"chi sono le tre sorelle?"
"C'è una leggenda, raccontata ai bambini e tramandata da secoli ad Ilang, che narra la storia di tre sorelle. Nell'epoca in cui gli dei dominavano i cieli e gli inferi erano abitati dai demoni, tre sorelle trascorrevano un'esistenza tranquilla ad Ilang. I loro genitori espressero il desiderio di avere dei figli che potessero crescere insieme e amarsi reciprocamente; così, gli dei, concessero loro la possibilità di avere tre figlie femmine, l'una a poca distanza dall'altra. Le tre ragazze crescevano in salute e, come i genitori avevano chiesto, erano sempre unite da un profondo affetto. Ma, i demoni dell'inferno, non gioivano della situazione, allorché portarono via loro i genitori quando ancora erano molto giovani. Attribuirono a quell'evento una morte per cause naturali e, da quel momento, le tre sorelle iniziarono a vivere di stenti, pur mantenendo la fedeltà reciproca. Crescevano in bontà ed umiltà, ma non in ricchezza. Un giorno uno dei demoni degli inferi, non contento del dolore già inflitto alle tre giovani, si presentò loro sotto mentite spoglie. La più piccola aveva 17 anni e le altre due sorelle avevano, invece, 18 e 20 anni. A quell'età si è ancora ingenue e loro si fidarono del demone. Quest'ultimo, infatti, disse loro di essere un potente mago e promise di realizzare i loro più grandi desideri, poiché sapeva tutto ciò che stavano passando. In cambio, però, aveva una richiesta. Ma le ragazze, affascinate dall'offerta del mago, non si preoccuparono di chiedere cosa volesse in cambio e accettarono il patto. La prima, la maggiore, desiderosa di cambiare vita, chiese al demone la possibilità di trovare un marito ricco e che la rendesse una sovrana. Il demone, allora, le consegnò una boccetta contenente un profumo. Le disse che non appena avesse trovato l'uomo che facesse al caso suo, si sarebbe dovuta spruzzare il contenuto della boccetta e lo avrebbe ammaliato per sempre.
La seconda sorella, invece, stanca del fatto di essere derisa per il suo aspetto trasandato, chiese di essere la donna più bella del mondo e, così, il demone le consegnò uno specchio magico. Le disse di guardarsi in quello specchio tutte le volte che si sentisse poco bella o apprezzata.
La terza sorella, la minore e più saggia, chiese di poter vivere in armonia con le sue sorelle per sempre. Il demone stupito della richiesta della piccola fanciulla, le consegnò un filo magico. Quel filo, le disse, che l'avrebbe tenuta legata alle persone che amava, fino alla fine dei tempi. Le prime due sorelle, a causa dei loro stessi desideri, morirono poco dopo qualche anno. La prima uccisa dal marito impazzito per la gelosia nei suoi confronti e la seconda, dopo che le ruppero lo specchio, si suicidò per la disperazione. La terza sorella, dal momento che aveva desiderato di rimanere legata alle altre, morì non appena la seconda sorella espirò. Ma il filo, che il demone le aveva dato in dono, era magico . Quest'ultimo aveva il potere di decidere le sorti degli uomini, poiché la fanciulla stessa aveva legato inevitabilmente e volontariamente il suo destino alle altre due donne. Dopo la loro morte, le tre sorelle andarono negli inferi e lì furono condotte verso una oscura grotta, dalla quale non sarebbero mai più uscite. Da quel momento, ogni uomo o donna veniva contrassegnato alla nascita da un filo magico e le tre sorelle potevano decidere le sorti dello stesso. L'unica persona che possiede il dono di leggere quei fili è chi ha il cuore puro, chi per il prossimo farebbe l'impossibile. Per secoli le donne sono state studiate da Ifà, dio del destino, il quale detiene il loro stesso potere; tuttavia essendo un dio e non un demone, può soltanto decretare sulle scelte degli uomini. Il loro presagio di morte viene, invece, decretato dalle tre sorelle. Ovviamente noi dei sappiamo che tutto ciò non è semplicemente una leggenda, ma gli uomini ignari continuano a pensare che essa lo sia, altrimenti cadrebbero nella disperazione ed impazzirebbero per scoprire la loro sorte."
"E io che c'entro con questo? C'è forse un presagio per me?"
Nel frattempo Navir e Oyà erano giunte davanti ad una piccola casetta. Quest'ultima aveva un aspetto ancora più fatiscente delle altre. Vi erano buchi nel tetto, le finestre erano completamente distrutte, la porta spalancata suggeriva di gettare uno sguardo al suo interno.
"Navir, entriamo e poi ti darò tutte le spiegazioni che meriti."
La ragazza seguì la zia dentro la catapecchia. Al suo interno, il tavolo era gettato capovolto in un angolo, le sedie spaccate pervadevano ogni angolo della piccola stanza. Incredibilmente quegli oggetti suggerivano a Navir una sensazione strana. Decise, infatti, di osservare ogni parte della casa. Si addentrò in una piccola stanza. Vi era un lettino scombinato, con accanto un piccolo comodino in legno. Gli occhi di Navir si fecero vitrei e davanti a lei iniziarono a sfrecciare i ricordi:
"Navir, nasconditi presto!"
"Mamma, mamma!"
"Ti ho detto nasconditi"
La bambina corse nella sua stanza e si nascose sotto il letto cercando di trattenere le lacrime. Ad un tratto, il rumore della porta che veniva spalancata echeggiò nelle orecchie della bambina e delle grida di paura pervasero la stanza in cui si trovava la donna.
"Dov'è quella lurida bastarda?"
"Non sono affari tuoi dov'è mia figlia!"
"Dimmi dov'è o non vedrai la luce del giorno."
La piccola guardò verso la finestra, vide che il sole stava sorgendo e che ciò significasse che sua mamma sarebbe stata uccisa di lì a poco. Combattuta se consegnarsi o rimanere nascosta, la piccola rimase immobile sotto il letto ad ascoltare ancora le voci, pregando che non sentisse nient'altro che presagisse l'imminente morte della madre.
All'improvviso il tavolo della cucina fu scaraventato a terra, con un calcio deciso dell'uomo. Poi le sedie vennero distrutte a brandelli e ogni porta della casa venne spalancata alla ricerca della bambina.
"Prendi me. E' me che vuoi Kokou, lascia stare tutta questa guerra. Fai di me ciò che vuoi e portami con te."
L'uomo scoppiò in una risata fragorosa. "Portami con te" imitò la donna con fare sarcastico e continuò a ridere. Quel suono tuonava in ogni angolo della casa ma nelle orecchie di Navir era frastornante.
"Hai già avuto la tua occasione, se non sbaglio. Adesso, per colpa tua e di quell'altro infame, tutto il mondo soffrirà. E sai cosa altro farò? Ucciderò te. Ho deciso. Tua figlia, invece, non la porterò con me.
No.
Deve soffrire nel vederti morire e quando sarà ora la ucciderò io stesso, così come profetizzano i fili d'oro." Sguainò una spada color oro lucente e trafisse la donna, dritta nel cuore.Questa, pervasa dal dolore, si accasciò a terra. Si portò la mano sul petto e vide che era macchiata di sangue. Guardò negli occhi il suo assassino, mentre quello sorrideva e godeva della sua spietata azione.
Dopo qualche secondo, l'uomo si indirizzò verso la porta e sparì.
La donna veramente non avrebbe visto la luce del sole..
"Non lasciarti intimidire Navir, lotta con tutte le tue forze. Tu hai delle capacità che nemmeno immagini, ogni essere umano sulla terra vorrebbe ciò che hai tu; fanne buon uso amore mio". Poi una luce la portò via dalle braccia della madre.
Navir tornò in sé.
"Navir?" la ragazza scoppiò in lacrime. "Cosa significa tutto questo? Cosa significa!" tutti gli oggetti in quella stanza iniziarono a sbattere rumorosamente, tutto intorno a Navir si muoveva mentre lei digrignava i denti in preda alla rabbia. I pugni erano chiusi con una intensità tale che le nocche erano diventate rosse. Si sentiva ferita, tradita dalla stessa persona di cui si fidava.
"Dimmi subito la verità!"
"Ok, ti dirò tutto ma adesso calmati ti prego stai facendo crollare la casa. Per favore, calmati."
Navir iniziò a fare dei respiri profondi, allentò la presa delle dita e tutto intorno cessò di muoversi.
"Vieni, sediamoci qui." Si sedettero sull'unica cosa ancora integra in quella stanza; era lo stesso letto della visione di Navir ma, adesso, era visibilmente segnato dal tempo. Un silenziò sordo invase la stanza e le due aspettarono di essere completamente tranquille per iniziare la loro conversazione.
Era il momento della verità, pensò Oyà.
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