capitolo 2.
Capitolo 2
Navir si svegliò nuovamente con la vista di un tetto bianco ma non era quello della sua stanza. Si accorse che tutto intorno era buio; piccole scintille illuminavano la tenebrosa area circostante e nella penombra poteva udire la voce di sua zia, la quale sembrava percossa dalle lacrime.
"Kaleika, ti prego. Solo tu puoi aiutarla. Non è consapevole di ciò che è, non ti farà del male te lo prometto."
Io fare del male? Perché dovrei? E chi è questa Kaleika, in realtà? Che cosa sono io?
Dalla rabbia, fece cadere il lume che stava poggiato sopra al comodino e, non appena si ruppe in mille pezzi, sulla soglia della porta apparvero le due donne visibilmente spaventate ed ignare del fatto che Navir li avesse sentite.
"Navir, tutto bene?" Questa volta, il tono di voce di Stefany era calmo e amorevole; gli occhi rossi lasciavano trasparire la sua preoccupazione, ma nulla poteva calmare la rabbia e la sete di sapere che pervadeva ogni fibra del corpo di Navir.
"Mi chiedi se sto bene? Mi hai portata qui con l'inganno, questa donna sembrava posseduta qualche poco di tempo fa e io mi sono vista con una spada in mano. Mi vuoi dire cosa sta succedendo?"
"Non posso Navir, non è compito mio rilevarti la verità o per lo meno non adesso. Tuttavia, per il tuo bene devo chiederti di rimanere con Kaleika."
"Ma quella donna è terrorizzata dalla mia persona!"
"Navir, fai come ti dico. Kaleika saprà affrontare la situazione."
Con queste ultime parole si dileguò fuori dalla stanza; Navir percepì nuovamente il suono del piccolo campanellino al di sopra della porta di ingresso e si stupii di come sembrasse incredibilmente vicino.
Si rivolsi alla donna:
"Kaleika, mi dici perché ti faccio così paura?"
"Mia cara, non sei tu ma ciò che scorre nel tuo sangue. Qualcosa di troppo potente per essere sopportato da una comune donna come me. Il destino per te, ha riservato eventi spiacevoli che metteranno a dura prova la tua integrità psichica e fisica. Mi dispiace averti terrorizzata, sono una sensitiva e spesso le anime si impossessano del mio corpo per parlare attraverso di esso."
"Le anime? Ma di cosa stai parlando? Ma sei fuori di testa?" Un vampata di calore si espanse per tutto il suo corpo, facendole sentire, ancora una volta, quella strana sensazione di eccitazione; di nuovo, la sua mente ricreò la scena che poco prima avevo visto e Kaleika cominciò a strattonarla, pregandola di tornare.
"Navir, torna da me. Navir!"
Spalancò gli occhi e notò che Kaleika aveva nuovamente lo sguardo gelido e vitreo; tuttavia la sua voce era rimasta la stessa e Navir si chiese che cosa stesse accadendo. Non avrebbe ottenuto alcuna risposta, non adesso e così lasciò alla penombra di quella stanza le sue domande e le immagini viste nella sua testa, mentre con Kaleika ritornavano al piccolo ingresso del negozietto.
Fece particolare attenzione alla distanza che intercorreva tra l'ingresso e la stanza in cui si ero svegliata; le due aree erano abbastanza distanti da essere totalmente impossibile sentire chiaramente i suoni. Eppure, quando Stefany uscii dalla porta, il piccolo campanellino riecheggiò nelle orecchie di Navir in modo alquanto intenso.
Improvvisamente, si ricordò che, una volta da piccola, la sua compagnetta Stesy, per farle un dispetto, portò Amber nel corridoio dicendole di doverle confessare un segreto. Quella volta, Navir rimase in classe, triste e allo stesso tempo arrabbiata per il dispetto fatto da Stesy, e si sedette al proprio posto, aspettando il ritorno della mia migliore amica. Si sorprese a chiedersi cosa si stessero dicendo e, d'un tratto, la voce stridula di quella mocciosa balenò nelle orecchie della all'ora bambina:
"Non dire niente a quella strega di Navir, ma io vorrei essere la tua migliore amica. A casa ho una piscina e potremmo giocare per tutta l'estate. Potremmo diventare migliori amiche per sempre. Sai, mio papà è anche ricco perciò potrei regalarti tutte le bambole che vuoi."
Per fortuna, Amber rifiutò l'offerta quel giorno e tornò a sedersi al suo posto, proprio accanto a quello di Navir.
Tuttavia, questa storia le sembrava alquanto strana. Come poteva udire suoni lontani? Di certo non era una prerogativa degli esseri umani.
"Kaleika, so che non puoi e non vuoi dirmi nulla. Ho solo una domanda e ti prego di rispondermi sinceramente."
La donna annuì con delicatezza, socchiudendo gli occhi in segno di rassegnazione. "Dimmi pure."
"Per quanto tu possa saperne, è probabile che io riesca a sentire le voci o i suoni che nessun essere umano normale potrebbe cogliere?"
Kaleika iniziò a riempire una ciotola con dei croccantini per gatti, ne passò una più grande a Navir e avvicinò ad essa una confezione di croccantini per cani. La ragazza iniziò a riempirla e aspettò circa 3 secondi ma sembrarono una eternità.
"Si, è probabile. Riempi completamente quell'altra." Ne indicò una grande ed in acciaio posta vicino alla porta di ingresso. La presi e feci come mi era stato detto.
"Ma come è possibile? Cioè se tutto questo fosse vero, vorrebbe dire che io non sono umana." Sentendo le sue stesse parole, un brivido gelido le percorse la schiena e iniziò a preoccuparsi seriamente che ciò che avesse predetto la donna fosse la pura verità.
O magnanimi dei, ascoltate il mio richiamo. Il momento della resa dei conti è giunto. Padre, io ti invoco per chiedere il tuo aiuto.
"Oyà, mia amata figlia. Tempo fa lasciasti il regno degli Dei per mischiarti nelle faccende umane, spinta dall'amore verso una creatura che tu chiamasti nipote. Quella ragazza aveva un destino, cruento e doloroso, mosso da tuo fratello Kokou, il dio della guerra. Tu Oyà, ti interponesti tra il tuo stesso sangue, la tua famiglia e una perfetta estranea. Come puoi ora, invocare il mio aiuto?"
"Padre, rinunciare alla mia mortalità per crescere Navir è stata la scelta migliore della mia vita. In quella ragazza scorre il nostro stesso sangue divino; figlia di Ifà, nipote tua e mia. Sta prendendo consapevolezza di ciò che è, ho bisogno che tu impedisca a Kokou di commettere la sua vendetta."
"Oyà, non posso fermare l'ira di tuo fratello. Per anni ha distrutto città, mosso gli uomini a combattere l'uno contro l'altro, scatenando tra le loro membra mortali l'odio per i motivi più futili. Ora sa, che quella creatura si sta svegliando. Non possiamo cambiare il destino, mia cara. Sta tutto scritto."
"Padre, ti prego. Non essere così crudele con me, con la tua discendenza e verso il tuo stesso figlio. Sai perfettamente come sono andate le cose e quella ragazza non ha nessuna colpa, se non quella di essere nata da un amore che neanche il dio più potente ha potuto fermare."
"Proprio per questo sai, che l'unico modo per fermare tutto il male che pervade il mondo è la morte, così come le tre sorelle avevano predetto."
"No, padre! Deve esserci un altro modo, padre!"
Ma Oyà gridava invano; il tempio in cui si era recata e in cui aveva invocato suo padre era rimasto totalmente vuoto, gelido, segnato soltanto dai singhiozzi della donna.
"Kaleika, ti prego dimmi quello che sai"
"Per la trilionesima volta Navir, non so nulla tranne quello che già ti ho detto e anche se fossi a conoscenza di determinate notizie , non sarebbe mio il compito di trasmettertele."
Kaleika si teneva sempre a debita distanza da Navir, temendo che all'improvviso la ragazza scoppiasse di rabbia. Mentre Navir accarezzava uno dei gattini che si vendevano nel negozio, un uomo incappucciato entrò spalancando la porta con un calcio. Le donne iniziarono a gridare, in preda al panico. Kaleika, di scatto, prevedendo le intenzioni dell'uomo, prese Navir e la trascinò sul retro del negozio. La spinse dentro e chiuse la porta a chiave. Navir sbatteva con veemenza contro la porta, supplicando la donna di aprirle. Ma quest'ultima era già andata via, convinta e certa che la vita di quella ragazza, valeva di più della sua. In realtà, Kaleika non è vero che non sapesse nulla; sapeva e anche troppo.
"Dov'è la ragazza?" la voce dell'uomo era rude e tenebrosa, tremante e allo stesso tempo piena di rabbia. "Portami dalla ragazza o morirai."
"Mai!"
"Bene, una volta che ti avrò ucciso la troverò da solo." L'uomo tese il braccio contro Kaleika, la pistola ben stretta nella mano e il dito posizionato sul grilletto.
"Sono qui!"
La voce di Navir riempì il silenzio che aveva gelato la stanza; la ragazza aveva scaraventato la porta a terra e scoperto di avere una forza brutale. L'uomo incappucciato corse verso di lei per afferrarla, ma con un agile salto balzò verso di lui, afferrandolo per la gola. Si sentì un tonfo sordo, il corpo dell'uomo era steso a terra morto e, quando lasciò la presa, Navir si rese conto che gli aveva spezzato l'osso del collo. Aveva ucciso un uomo.
Si guardò le mani, guardò Kaleika con gli occhi impauriti mentre la donna teneva le distanze da lei.
"Avevi ragione ad aver paura di me." Si erse in piedi, guardò ancora una volta il corpo dell'uomo privo di vita e decise che, quello, non era più il suo posto.
In preda alle lacrime scappò fuori dal negozio; nell'area circostante giunsero le macchine della polizia; il suono stridulo delle sirene, bombardava le orecchie di Navir, la quale si diresse a tutta velocità a casa. Aveva intenzione di fuggire; pensò a Stefany e le chiese perdono sapendo che mai quella donna l'avrebbe sentita.
Si sbagliava;
il cuore di Oyà iniziò a scoppiare nel petto. Un dolore atroce le invase la testa. E' successo qualcosa a Navir,pensò. Corse più forte che poteva verso l'auto, corse più in fretta che poteva fregandosene dei semafori o dei pedoni che stavano per attraversare. Era consapevole che fosse successo qualcosa di grave. Lasciò la macchina parcheggiata davanti al negozio di animali, la porta era spalancata. La polizia circondava la zona e in preda al panico entrò gridando il nome di Navir. Nessuno rispose alla sua chiamata. Quando si voltò per guardarsi intorno, si rese conto dell'uomo sdraiato a terra. Aveva ancora gli occhi aperti, sgranati probabilmente per il dolore. Nessun segno di lotta, nessun graffio, né sangue. C'era un'unica spiegazione; Navir aveva usato la forza. Cercò disperatamente Kaleika, la quale stava venendo interrogata da un agente della polizia. Vide da lontano che piangeva, scuoteva la testa e a tratti apriva la bocca per parlare.
"Mi scusi, lei non può stare qui. La prego di uscire."
"No, sono una amica della donna che sta lì dentro. Per favore, mi faccia vedere come sta."
"Le do 10 minuti al massimo." L'uomo in uniforme fece un cenno nella direzione dalla quale stava provenendo Kaleika, accompagnata dall'agente.
"Si ricordi, 10 minuti non di più." Annuii con il capo e mi rivolsi a Kaleika. Parlai sottovoce, per paura che ci sentissero: "Che cosa è successo? Dov'è Navir?"
"Stefany, non lo so. E' scappata dopo essersi resa conto di ciò che aveva fatto. E' corsa via. In un certo senso mi ha difesa; quell'uomo è entrato all'improvviso, buttando a terra la porta. La stava cercando, allora la chiusi nella stanza lì infondo. Come vedi anche quella porta è stata scaraventata a terra. E' stata lei, per liberarsi. E' arrivata probabilmente un secondo prima che l'uomo mi sparasse. Gli è balzata addosso e lo ha sbattuto sul pavimento. Stefany, lo so che non è cattiva ma tu sai che nel suo sangue scorre quello di creature troppo potenti e lei ne ha preso tutti i poteri. Dovevi vedere i suoi occhi, accecati dall'ira."
Stefany si portò le mani alla bocca. Dov'era adesso? Come l'avrebbe trovata?
"Cosa hai detto alla polizia Kaleika?"
" Ho detto che quell'uomo è entrato all'improvviso ha rotto la porta e poi si è diretto nella stanza, distruggendo anche quella. Ho detto che non so cosa cercasse e che non sono stata io ad ucciderlo. Stefany, mi metteranno in carcere perché non c'è nessuno che può testimoniare." La donna scoppiò in lacrime. Stefany non sapeva cosa fare; restare con lei? O cercare Navir?
Avrebbe trovato il modo per liberare Kaleika, ma adesso doveva pensare a sua nipote.
"Kaleika, tornerò a liberarti. Te lo prometto. Adesso, devo trovare Navir." In realtà non sapeva nemmeno da che parte avrebbe iniziato, ma una promessa è una promessa e avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere.
Navir era arrivata a casa; udiva il suono di quelle sirene che probabilmente la stavano ancora cercando. Non ipotizzò, neanche per un secondo, che potesse essersi presa la colpa Kaleika. Eppure l'aveva lasciata lì, da sola. Sentì una morsa nello stomaco, un senso di colpa lacerante. Cosa poteva fare adesso, se non scappare? Preparò di corsa uno zaino, lo riempì del necessario e si diresse alla porta. Sul tavolino dell'ingresso vi poggiò un biglietto con su scritto : Zia grazie, adesso devo scappare e non posso spiegarti. Ti voglio bene.
Ignara del fatto che sua zia sapesse più di quanto potesse essere capace di immaginare, si chiuse la porta alle spalle e iniziò a correre. Poco prima, in preda alle lacrime, non si rese conto di come il mondo intorno a lei girasse vorticosamente. Le case, gli alberi, le auto, si riducevano a delle linee sfuocate. Ma se lei andava così veloce, il resto del mondo come la percepiva?
In effetti, tutte le persone che si ritrovavano ad assistere a quella scena non sapevano darsi una spiegazione; le loro auto si muovevano, gli alberi sembravano scossi da una folata di vento e tutte le foglie svolazzavano libere nell'aria. Ma non c'era vento; tuttavia, non riuscivano a vederla e questo andava a vantaggio di Navir.
"Navir! Navir!" Era la voce di sua zia; ma come poteva vederla?
La ragazza si arrestò di botto, creando un solco nell'asfalto. La gente aveva gli occhi spalancati, tutti erano increduli.
"Zia!"
"Vieni via da qui, presto. Ti stanno guardando tutti."
Stefany la spinse dentro la macchina e premette il piede sull'acceleratore. "Andiamo in un posto sicuro, ok?"
"Come hai fatto a vedermi? Tu sai cosa mi sta succedendo, non è vero?"
"Si."
"Parla!"
"Ti sto portando dove tutto ebbe inizio." Al suono di quelle parole, Navir tacque e aspetto in silenzio che arrivassero a destinazione.
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