ℂ𝕒𝕡𝕚𝕥𝕠𝕝𝕠 𝟚𝟝 - 𝔾𝔼𝕃𝕆𝕊𝕀𝔼


𝔼𝕃𝕀𝕊𝔸𝔹𝔼𝕋ℍ

Errol, ieri mentre si trovava in spiaggia a pensare, ha visto la mamma in mare; al largo che stava annegando.
L'ha tratta in salvo e dopo averla rianimata con la respirazione arti... e qualcosa, l' abbiamo trasportata al rifugio. E subito dopo le è salita la febbre. Per fortuna che Heathcliff lo portava con sé quando doveva effettuare delle visite, e che Errol sia perspicace, cosicché abbia potuto imparare da suo... da nostro padre, le cose essenziali per offrire i primi soccorsi.

Adesso è lì a fianco a nostra madre, a farle impacchi di pezze bagnate di acqua fresca sulla fronte.
Entrando nella cavità della roccia gli chiedo:
« Allora, come stà la mamma Errol? »
« Purtroppo non ha ancora ripreso conoscenza e la febbre non accenna a diminuire, e non avendo gli strumenti adatti non posso sapere a quanto stà la temperatura. Ma scotta ancora molto; quindi posso dedurre da questo che sia ancora alta. Se dovesse persistere a rimanere così... »
« Vuoi dire che potrebbe...»
« Purtroppo Beth, dobbiamo aspettarci il peggio»
« NO !» emetto un grido portandomi la mano destra sulle labbra.
« Sono addolorato quanto te Beth, ma lo vedi anche tu che non abbiamo niente... che siamo nel bel mezzo del nulla!?»
Mi urla scuotendomi forte, gli lancio uno sguardo prolungato con gli occhi velati di lacrime. E poi fuggo via.
Mentre corro a rifugiarmi nella nostra laguna. Mi metto seduta sulla sabbia, con le ginocchia portate al petto e le braccia che circondano la mia testa.
« No, non posso perdere anche lei, prima mio padre, poi Heathcliff.
Non voglio, ti prego Signore, salva la mia mamma... Non voglio che muoia, ho bisogno di lei. Perché il viaggio su quella maledetta nave, perché il naufragio è perché siamo finiti su quest'isola... Sarebbe stato meglio morire annegati o essere divorati dagli squali. Perché... perché tutto questo?!» Urlo di rabbia e poi mi abbandono ad un pianto disperato.

𝔼ℝℝ𝕆𝕃

"Potrei raggiungerla, ma sicuramente preferisce rimanere da sola. E poi non voglio lasciare Susan da sola ".
Rimango accanto al fuoco con lei.
Ma sono realmente preoccupato per Elisabeth. Non so dove sia andata, d'accordo che non c'è nessuno [a parte noi] ma potrebbe essere pericoloso ugualmente.

Osservo mia madre e noto che, anche se ha la febbre alta, non accenna a muoversi e continua a dormire.
" Se mi allontano per un po' non vedo cosa possa succedere. Devo andare a cercare Beth»
Dò un ultima occhiata a Susan e poi esco dalla caverna.
Ridiscendo il pendìo e mi dirigo verso la laguna. Sono sicuro di trovarla lì.

Infatti la scorgo da lontano rannicchiata sotto l'ombra di una palma. Dalla sua posizione, capisco che sta piangendo, decido allora di tornare alla grotta.
Volto le spalle alla laguna e a Beth e risalgo per tornare sui miei passi, quando vedo...
Il respiro mi si ferma, il cuore balza in gola dalla gioia e dallo stupore non riesco a muovermi. Sembra un sogno invece quella che vedo é veramente una nave.
No non posso crederci, è veramente una nave... Non è un sogno... Questa è realtà...

Urlo con quanto fiato ho in gola correndo verso di lei:
« Beth, Beth vieni presto! »

Lei quando mi vede agitato, mi osserva da lontano, sospettosa e spaventata al tempo stesso.
Ma quando capisce che il mio urlare è dovuto solo alla felicità, mi raggiunge.
La prendo per mano e ci dirigiamo alla spiaggia dove notiamo che l'imbarcazione che ho appena avvistato rimane in mare aperto.
La nave non è tanto grande, come quella che è affondata, ma bensì un po' più piccola e più bassa. Nera con una striscia rossa su entrambe le fiancate, quattro vele ammainate su quattro alberi. Sul ponte di prua una scultura che simboleggia una sirena, con la coda e i capelli d'oro e sul seno due stelle marine che li ricoprono.

Io e Beth increduli e stupefatti attendiamo di vedere qualcuno scendere.
Non dobbiamo aspettare tanto. Improvvisamente dalla scala di corda del natante scendono tre persone;
due uomini e una donna.
Salgono sulla piccola barca e si dirigono dalla nostra parte.
Quando si arrestano sulla rena, uno dei due aiuta la donna a scendere portandola in braccio la depone sulla sabbia e subito dopo anche i loro bagagli.

L'uomo più anziano, un tipo molto distinto, con capelli e baffi grigi, vestito di bianco con un cappello da safari.
L'altro sembra più un mozzo della nave, l' ho capito dall'abbigliamento veste una camicia lercia e logora rossa e sopra un gilet in pelle bucato, pantaloni marroni molto vecchi. Barba incolta e capelli spettinati sotto una lercia bandana di vari colori con un occhio coperto da una benda da pirata. Quando sorride - sarebbe meglio non lo facesse- mostra denti anneriti dal tabacco e dalla scarsa igiene orale.
Lei la donna invece è bionda, coi capelli ricci setosi e dall'incarnato latteo, rispetto a Beth che è più abbronzata. I suoi occhi hanno il colore del cielo. Luminosi e intensi.
Dalla linea esile, elegante e sinuosa.
Quando ci vedono, ci osservano da capo a piedi e poi lei esclama:
« Guarda papà, sono due selvaggi, che meraviglia»
Beth ingenuamente le risponde:
« No, non siamo selvaggi. Io sono Elisabeth e lui è Errol mio fratello.
Siamo su quest' isola da moltissimi anni. La nave sulla quale viaggiavamo insieme ai nostri genitori è affondata.
In quel naufragio ha perso la vita nostro padre il dottor Heathcliff Graymoore è dovevamo attendere i soccorsi su una scialuppa.
Ma non "c'è fine al peggio" un' onda gigantesca ci ha fatto ribaltare e siamo finiti in mare per poco...»
La arresto bruscamente chiedendo agli sconosciuti:
« Basta così Elisabeth, adesso tocca a voi... chi siete? E come mai dopo diciotto anni che attendiamo una qualsiasi imbarcazione per andarcene tuttietre da qui, arrivate voi?

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