CAPITOLO 8
Parigi
8
Joseph aveva riflettuto a lungo e alla fine era giunto alla conclusione che non poteva più aspettare. Era arrivato il momento di parlare con il suo professore. Voleva togliersi quel pensiero e sentire cosa ne pensasse un grande studioso come lui sull'argomento, così da decidere al meglio come impostare e sviluppare la tesi.
In parole povere, sentiva il bisogno di condividere con qualcuno la sua scoperta, almeno in parte. Ai suoi genitori non aveva ancora detto niente, ma lo avrebbe fatto quella sera stessa, a cena, dato che era stato invitato a passare da loro. Avrebbe approfittato della presenza di suo padre, appena rientrato dall'estero per lavoro, per avere quei chiarimenti che lo stavano assillando fin da quando aveva sfogliato le pagine del libro.
Uno su tutti: la mappa senza nomi. O almeno così l'aveva chiamata lui, dato che non c'erano riferimenti di sorta. Niente nomi di villaggi, di città o di qualsiasi altra cosa. Solo disegni, oltre a una stringa di numeri in apparenza senza senso.
Cercò di focalizzarla nella mente.
Era una cosa abbastanza inusuale e, per quel che lo riguardava, poteva avere un sacco di significati, ma lui non aveva la più pallida idea di quali fossero. Forse leggendo le pagine immediatamente precedenti al disegno avrebbe potuto ricostruire la storia e capirne un po' di più, ma non lo aveva ancora fatto. Aveva bisogno di calma e concentrazione per studiare a fondo la questione e quella giornata non era proprio l'ideale.
Però, spinto dalla curiosità, aveva comunque dato una scorsa veloce al testo e da ciò che aveva potuto leggere sembrava che Ségur stesse parlando della tragica ritirata delle truppe francesi dopo la battaglia di Malojaroslavec, avvenuta contro l'esercito russo comandato dal Generale Kutuzov.
Di qualunque cosa si trattasse non avrebbe certo trovato la risposta rimuginando fra sé lungo la strada. Ci avrebbe riflettuto più tardi. Adesso aveva un incontro da affrontare e doveva farlo al meglio.
Attraversò quindi Pont Saint-Michel immerso nei suoi pensieri e si diresse, a passo svelto, verso la sede del dipartimento di Scienze Umane.
***
«Ancora con la storia del libro di Ségur?» esclamò August Mercier osservando il suo pupillo seduto di fronte. «È una chimera, Joseph, ne abbiamo parlato già un sacco di volte.»
«Sì, lo so. Ma se fosse vero? Voglio dire, lei ritiene possibile che la sua opera possa essere giunta intatta fino a noi?»
Mercier scosse la testa. «So che ci terresti molto, e lo capisco. In fondo si tratta della tua famiglia» alzò lo sguardo verso l'alto come a cercare le giuste parole. «Ma se anche io lo ritenessi possibile, fino a oggi nessuno ha mai ritrovato prove a sostegno della tesi» riprese fissando Joseph con un sorriso. «Nessun indizio concreto, nessuna prova tangibile, niente che faccia pensare che sia esistito veramente» alzò le mani come a simulare una bolla di sapone che scompare nell'aria. «Solo racconti, leggende e nient'altro.»
Joseph scosse la testa.
«Cosa c'è? Ti vedo perplesso.»
«Niente, stavo solo ragionando tra me e me.»
Mercier alzò le spalle. «So a cosa stai pensando. Che un sacco di testi citano il resoconto che Philippe avrebbe scritto sulla tragica campagna di Russia, che le tradizioni orali lo confermano e che all'interno della tua famiglia si è sempre tramandata la storia del generale della Grande Armata divenuto famoso dopo la destituzione di Napoleone per la pubblicazione dei suoi scritti. È corretto?»
Lui annuì.
«E quindi ti starai chiedendo: come mai? Se tutto questo è vero, come è possibile che non si trovino tracce da nessuna parte?» Mercier lo guardò come farebbe un padre con un figlio. «Joseph, ascoltami, la storia è piena di tranelli, e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro. Non sempre le cose vanno come crediamo, o come ci vengono raccontate. Mi dispiace, ma a volte le leggende è bene che rimangano tali.»
«Non sono d'accordo. Se esistono è perché c'è un fondo di verità.»
«Può darsi, come può darsi di no» scosse la testa.
«Sta a noi cercarlo» riprese Joseph deciso a non mollare le sue idee.
«Tu sei giovane e pieno di energie. Ma prendi me, per esempio. Ho passato anni a studiare l'argomento, ma qualunque debole traccia abbia trovato si è sempre dispersa nell'oblio. Ho seguito i racconti, ho parlato con un sacco di persone, ma ho sempre trovato solo vicoli ciechi. E cosa ho ottenuto? Un pugno di mosche e tanta frustrazione. No, dammi retta, è meglio che ti rassegni, pima che vada sprecata gran parte della tua giovinezza alla ricerca di qualcosa che non esiste.»
«Lei ha ragione» mormorò Joseph con aria assente «eppure io continuo a essere convinto del contrario.»
Mercier sorrise. Quel ragazzo era davvero un testardo. «E cosa te lo fa pensare?» domandò alquanto curioso di capire da dove provenisse tutta quella consapevolezza.
«Una sensazione, niente di più» fece una pausa come se volesse riordinare le idee, poi tornò con i piedi per terra. «Vorrei farle una domanda, se posso» disse guardandolo negli occhi.
«Ma certo.»
«Cosa farebbe lei se trovasse qualche riferimento concreto al libro di Sègur? Voglio dire, qualcosa che indichi sul serio la possibilità di averlo fra le mani?»
«Io?» rise Mercier passandosi una mano fra i capelli scuri «sarei un uomo ricco. Diamine, quell'opera varrebbe una fortuna, per non parlare del suo contenuto, che potrebbe fare luce su un sacco di aspetti ancora molto nebulosi della storia. Ti rendi conto Joseph? Uno spaccato della vita dell'esercito francese narrato dalla voce diretta di uno degli ufficiali della Grande Armata... Non avrebbe prezzo.
Non sai cosa darei per potermi immergere nella lettura vivida di ciò che successe alle truppe francesi durante quei duri anni in Russia. Le traversie patite dai soldati, gli attacchi dell'esercito nemico e dei cosacchi, le difficili decisioni prese dagli ufficiali, gli assedi delle città, la grande ritirata in mezzo al gelo dell'inverno. Santo cielo sarebbe la scoperta del secolo!» smise di sognare e tornò a fissare gli occhi di Joseph. «Ma siamo sempre nel campo delle ipotesi, non è così?» concluse con un sorriso stirato.
«Ma certo professore» gli rispose lui glissando la domanda e distogliendo lo sguardo. «Tornando a noi» si affrettò a dire «visto che lei lo ha cercato per molti anni non è che potrebbe raccontarmi qualcosa delle sue ricerche?»
«Cosa vorresti sapere?»
«Per esempio, quali indizi ha dovuto seguire, dove l'hanno condotta, con quali persone ha parlato, cosa le hanno detto, se ha incontrato difficoltà. Insomma, cose di questo genere, sa per la mia tesi.»
«O per la tua ossessione» fece August mettendogli una mano sulla spalla. «Ascolta Joseph, dammi retta, cerca di evitare che diventi troppo pericolosa questa tua mania, d'accordo? Non porta mai a niente di buono perdere di vista la realtà rincorrendo chimere.»
«Ho afferrato il concetto. Cercherò di farlo, per quanto possibile.»
«Ottimo. Tornando alla tua richiesta, avrei un'idea. Che ne dici se domani, dopo la lezione, ci ritrovassimo qui, nel mio ufficio? Sempre che per te vada bene. Non ho colloqui con altri studenti, né lezioni. Avremo tutto il tempo di approfondire l'argomento con calma. Tu e io.»
«Sarebbe perfetto.»
«Allora è andata» esclamò August con un sorriso alzandosi in piedi. «Solo una cosa, però.»
«Sì?»
«Quello che ti dirò dovrà restare fra noi due, Joseph. Una chiacchierata ufficiosa e nient'altro. Non voglio che le informazioni siano divulgate in nessun caso. Siamo intesi?»
«Intesi.»
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