CAPITOLO 7
7
Il telefono prese a squillare. Il principe Grigorij Alekseevič Kropotkin guardò con trepidazione il display sperando di vedere il nome di Dimitriy Semyonov.
Quando si rese conto che era lui, afferrò con rapidità il cellulare.
«Allora?» disse saltando ogni convenevole.
«Tutto come previsto, Grigorij» gli rispose Dimitriy con la sua inconfondibile voce rauca «anche se quell'agente non era da solo come mi avevi detto. Con lui c'era anche un altro uomo, più giovane.»
«Sai chi è?»
«No. Ma da quello che ho potuto osservare mi è sembrato che lavorassero insieme.»
«Un collega?»
«Credo di sì.»
«D'accordo me ne occuperò io. Dimmi piuttosto di Vasilievich.»
«È morto, come da tuoi ordini.»
«E la polizia?»
«È arrivata giusto in tempo ed è bastato poco perché si convincesse che i responsabili di quella morte fossero proprio l'agente britannico e il suo collega. Credo che non ci vorrà molto prima che venga emessa un'accusa di omicidio nei loro confronti.»
«Ed è proprio quello che ci auspichiamo» Grigorij fece una pausa. Ora si sentiva più tranquillo. Certo dare l'ordine di uccidere Vasilievich non gli era piaciuto, ma d'altronde era l'unico modo per incastrare Didier e costringerlo a collaborare. In quanto al ragazzo probabilmente non avrebbe rappresentato un grosso problema, anzi, forse, poteva quasi essere sfruttato come ulteriore pedina del suo gioco.
«Ottimo lavoro Dimitriy. Avrai il tuo compenso come pattuito.»
«È sempre un piacere fare affari con te.»
«Ci terremo in contatto, può darsi che i tuoi servigi siano ancora utili» quindi riattaccò, un sorriso compiaciuto sulle labbra.
Non c'era altro tempo da perdere. Per prima cosa avrebbe chiamato l'ambasciata britannica, poi convocato tutti gli altri.
Era giunto il momento di dare finalmente il via alla seconda parte del piano, nella speranza, ovviamente, che Natalia Romanova non si fosse sbagliata su Dominique Didier.
***
Patricia Pringle conosceva bene Estelle Duval. Prima di accettare l'incarico di ambasciatore britannico in Russia, aveva lavorato diversi anni per il Foreign and Commonwealth Office, il dicastero del Regno Unito responsabile degli interessi del paese all'estero. Era stato durante quel mandato che aveva collaborato attivamente sia con il Secret Intelligence Service che con Direction générale de la Sécurité extérieure, il servizio segreto francese dove aveva conosciuto Estelle. Al pensiero degli anni trascorsi nel Foreign Office, un leggero sorriso le increspò le labbra, troppo spesso, ultimamente, chiuse in una smorfia di eccessivo controllo. Lavorare in un paese come la Russia non era per niente facile, circondati troppo spesso da persone false e ipocrite alle quali l'unica cosa che importava era il proprio tornaconto. Nessuno diceva mai le cose come stavano, i doppi sensi e le bugie riempivano la bocca dei funzionari locali e lei aveva dovuto fare della diplomazia l'arte principale del suo bagaglio culturale.
Era stanca e le mancava più di quanto volesse ammettere con se stessa sia la schiettezza britannica che la pragmaticità francese, due doti che erano molto bene equilibrate in Estelle Duval. Di lei aveva sempre apprezzato che non avesse peli sulla lingua e che non si peritasse a dire ciò che pensava, a dispetto delle conseguenze, esattamente come aveva fatto durante la loro telefonata, durante la quale le aveva confermato in pieno le dichiarazioni dei due agenti piombati come fulmini nella sede dell'ambasciata. In quanto al documento però non si era sbottonata in alcun modo trincerandosi sotto l'egida dell'etichetta Top Secret.
Ma forse aveva ragione Dominique Didier.
Tutta l'operazione aveva il sapore dell'inganno, ma chi si sarebbe preso la briga di uccidere un uomo in pieno giorno e in modo così plateale solo per incastrare due agenti della Sécurité?
Era ancora assorta nei propri pensieri quando il telefono sulla scrivana prese a squillare.
«Sì?» rispose distratta alzando la cornetta.
«Una telefona per lei» le disse la segretaria. «Sembra urgente.»
«Chi è?»
«Grigorij Alekseevič Kropotkin.»
Patricia conosceva di nome il principe Grigorij, uno degli ultimi nobili dell'antica casata Kropotkin, un eccentrico ricco industriale, non più tanto giovane, che amava far parlare di sé nei salotti dell'alta borghesia. Il suo patrimonio personale ammontava a milioni di euro e la sua influenza nel mondo della finanza e della politica era alquanto rilevante.
Patricia scosse la testa.
Cosa poteva volere un principe russo dall'ambasciata britannica?
Decise di scoprirlo.
«Me lo passi.»
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