CAPITOLO 41
41
«Forza Joseph» gridò Dominique rivolto al ragazzo «dobbiamo fare in fretta» continuò poi cercando di immaginare quando tempo ancora potevano avere prima dell'arrivo della polizia.
«Ecco fatto» gli rispose Joseph quasi in risposta ai suoi pensieri, «sono libero.»
«Perfetto. Aiuta gli altri.»
Joseph annuì. Scaraventò le corde per terra, si alzò e si fiondò su Victòr per tagliare anche le sue. Dieci minuti dopo erano tutti liberi.
«Dai, diamoci una mossa e usciamo di qui» esortò Dominique guardando l'orologio.
Le lancette correvano.
«Io sono pronto» gli rispose Victòr stirandosi il collo indolenzito. «Ma da che parte?»
Dominique guardò i russi in cerca di aiuto, ma loro parevano titubare.
«Allora?»
«Noi non veniamo» gli rispose Loris con voce ferma. «Voi andate, però. Adesso.»
«E' sicuro?»
«Sì, è meglio così. Quando sarete fuori di qui, avrete bisogno di agire indisturbati, ed essere braccati dalla polizia non aiuterebbe. Ci penseremo noi due agli agenti» e indicò anche Nikolaj che annuì. «Sappiamo come gestirli.»
«D'accordo.»
«Un'ultima cosa» disse con un sospiro Loris. «Un favore. Una volta che avrete chiuso la faccenda con Natalia e recuperato ciò che si trova in fondo del lago, dell'oro potete fare ciò che riterrete più opportuno, non mi interessa. Ma per quanto riguarda i documenti, vi prego di consegnarli a me e solo a me, e di non farne parola con nessun'altro» fece un profondo respiro. «Come le ho detto prima sono di grande importanza e non vorrei che andassero perduti per sempre, un'altra volta.» «Ho la sua parola?»
Dominique gli tese la mano.
«Bene, adesso mi sento decisamente più sollevato.»
«Quindi?» lo incalzò Dominique tornando al problema della fuga «da che parte?»
«Di là» gli rispose Loris con un sorriso, indicando un punto della parete dove era appeso un grosso quadro raffigurante il conte Grigorij Grigor'evič Orlov, il favorito di Caterina II, colui per il quale il palazzo era stato costruito.
«Dietro il dipinto c'è una porta» continuò Nikolaj. «Seguite il passaggio e vi ritroverete nella stessa stanza in cui abbiamo fatto la riunione.»
***
Loris, rimasto solo con Nikolaj, gettò uno sguardo al cadavere del suo vecchio amico Grigorij, che giaceva a terra, vicino a loro due.
Ripensò a lui, a quante ne avevano passate insieme, agli scambi di opinioni, alle litigate e alle divergenze che li avevano prima allontanati e poi fatti ritrovare.
Sospirò.
Adesso era morto, a un passo, peraltro, dal realizzare il sogno di una vita. Quanta tristezza e quanto dolore. E tutto per colpa di quel maledetto tesoro che continuava a mietere vittime anche a distanza di più di duecento anni.
Osservò ancora il suo corpo.
Aveva il volto teso in una smorfia di dolore, dolore che esprimeva non solo tutta la consapevolezza di aver fallito, ma anche quella di essere stato tradito da colei che aveva creduto un'amica.
Nikolaj, in silenzio e con grande signorilità, recitò una preghiera per il compagno, poi si voltò verso Loris.
Lui stava piangendo.
Attese.
Non appena Kurakin si asciugò le lacrime, gli si avvicinò.
Non erano necessarie altre le parole.
Sapevano esattamente cosa avrebbero dovuto fare non appena fosse arrivata la polizia.
Il destino dell'Ordine di Malta era di nuovo appeso a un filo.
***
Dominique, Victòr e Joseph, entrarono nel passaggio segreto iniziando a percorrere una specie di strada in pietra che a quanto pareva collegava la reggia di Gatčina al palazzo del Priorato lambendo le acque del lago a qualche metro di profondità
Nessuno, a parte pochissimi, ne conosceva l'esistenza.
L'aria era fresca e ventilata.
Dominique camminava davanti, cercando di tenere la mente occupata.
Troppe domande l'affollavano, domande senza risposta.
Cosa sarebbe accaduto una volta che quei documenti fossero stati resi pubblici? Come avrebbe reagito la chiesa di Roma a una eventuale perdita dell'isola di Malta a favore della Russia? Come mai un Papa aveva avallato la nascita dell'Ordine in un paese non cattolico?
Quando tutto questo fosse finito avrebbe posto tali interrogativi a Kurakin.
Tornò a pensare al presente.
Il passaggio sembrava ancora lungo, o almeno questa era la sua sensazione. Lo stavano percorrendo da poco meno di venti minuti, ma gli pareva già un'eternità. E più si allontanava dalla reggia e più la paura si faceva strada dentro di lui, consapevole di trovarsi intrappolato sotto terra.
Dannata claustrofobia!
Sentì che stava respirando a fatica. Doveva concentrarsi su qualcosa, subito. Rivolse quindi di nuovo la mente al problema principale. Davanti a lui l'aspettava l'ignoto, mentre dietro la certezza delle pattuglie della polizia di San Pietroburgo che peraltro dovevano già aver fatto irruzione all'interno del palazzo reale.
La cosa che lo irritava di più era dover agire alla giornata, senza un piano ben preciso, sballottato dagli eventi e dalle correnti, proprio come una nave naufraga in mezzo all'oceano.
E Estelle non poteva essergli d'aiuto.
Non stavolta. Era solo, circondato da troppe incognite.
Una volta arrivato al lago Semlevo chi avrebbe trovato ad attenderlo oltre a Natalia Romanova? Che fine aveva fatto il tizio che aveva rubato il libro nella villa dei Ségur a Versailles?
Fece un gesto come per scacciare quei tormentosi pensieri. Per il momento doveva solo concentrarsi sull'uscire da quel passaggio sotterraneo il prima possibile, quantomeno prima che la sua innata claustrofobia lo mettesse del tutto fuori combattimento.
Al resto avrebbe pensato con calma.
Rassicurato da quella determinazione, aumentòil passo fissando al contempo un punto lontano oltre il quale avrebbe trovatola luce
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