CAPITOLO 37
Palazzo del Priorato
Gatchina
Oblast' di Leningrado
37
Natalia era raggiante. Non si era mai sentita tanto piena di vita come in quel momento. Ogni tassello del suo complicato mosaico era al suo posto e finalmente, dopo tanti anni, le mancava solo un piccolo, ma fondamentale elemento per concludere l'opera.
Si strofinò le mani, impaziente, poi mosse la testa osservando in silenzio i volti dei presenti.
Erano tutti riuniti intorno a un massiccio tavolo di legno posto al centro della stessa splendida sala dove qualche giorno prima era stato messo in esposizione il quadro dipinto da Philippe Ségur. Erano passate poco meno di quarantotto ore da quel momento, eppure in quel piccolo lasso di tempo erano cambiate un sacco di cose.
Il quadro faceva ancora bella mostra di sé, ma stavolta era appeso alla parete di fronte a lei, come una specie di monito a raggiungere a ogni costo il suo scopo.
Sorrise, poi osservò Grigorij Alekseevič Kropotkin. Stava in piedi, pronto a tenere il suo solito discorso pieno di fervore e ardore patriottico senza avere la benché minima idea di ciò che sarebbe successo di lì a poco.
Una vampata di calore illuminò il suo viso e dovette trattenersi.
Non poteva tradirsi proprio ora. Stringendo nervosamente con le dita il bordo del tavolo incrociò lo sguardo complice di Sergej Kulikovskij e annuì in modo impercettibile al suo sorriso, poi fece lo stesso con quello dell'austera principessa Marija Stepanovna Vasil'čikov.
Adesso era più calma. Diede uno sguardo all'orologio. Era quasi l'ora.
Trattenne a stento un risata di malcelato compiacimento, quindi tornò a osservare il resto della platea.
Loris Ivanovič Kurakin e Nikolaj Vasil'evič Saltykov stavano parlottando in maniera fitta con Kropotkin, probabilmente lieti di sapere che si trovavano ormai a un passo dalla meta mentre Dominique, aveva un'espressione un po' troppo tesa. Il suo sguardo si spostava di continuo da Joseph Ségur all'ambiente circostante, come se stesse cercando delle possibili vie di fuga, ma al tempo stesso non volesse perdere di vista il ragazzo, consapevole della promessa fatta ai suoi genitori.
Si domandò cosa stesse pensando.
Joseph dal canto suo sembrava più tranquillo, assorto nei suoi pensieri e sinceramente interessato alla bellezza di quel palazzo, simbolo della grandiosità del potere degli Zar e del perduto Ordine di Malta. Al suo fianco Victòr, in silenzio, giocherellava con le dite delle mani, segno evidente di nervosismo.
Lo studiò un po' più a fondo rendendosi conto di aver avuto l'impressione giusta quando si era resa conto il giovane agente pareva non reggere allo stress derivato dall'inattività, ma riusciva invece a dare il meglio di sé durante le azioni.
Forse questo suo lato le sarebbe tornato utile in seguito.
***
«Signori» la voce di Kropotkin risuonò fra le alte volte della sala «innanzitutto vorrei esprimere i miei più sentiti ringraziamenti per ognuno di voi, perché siete qui oggi, in questo giorno speciale. E quando dico tutti mi riferisco proprio a tutti, volenti o nolenti» quindi gettò uno sguardo divertito all'agente francese, al suo collega e al ragazzo al loro fianco.
Poi riprese. «Devo dire che in questo momento mi sento emozionato e, per la prima volta in vita mia, faccio quasi fatica a esprimere ciò che provo. Già, perché quello che stiamo per intraprendere è qualcosa di veramente eccezionale e unico, qualcosa che, per noi in particolare, significa moltissimo oltre ad avere un elevato valore storico.
Credo quindi, e so che voi siete d'accordo, di non esagerare nel definire la nostra imminente azione come una pietra miliare nella storia della Russia.»
Tutti annuirono, rimanendo in silenzio per non incrinare quel momento così intenso.
«Le enormi ricchezze» riprese Kropotkin con enfasi «che i vili francesi hanno trafugato nel 1812 approfittando dell'incendio di Mosca, stanno finalmente per ritornare a casa.»
Joseph strinse i pugni cercando di ignorare la sottile freccia scoccata nei confronti del suo popolo e del suo antenato. Kropotkin non gli piaceva, come del resto nessuno in quella sala, a parte il vecchio Loris Kurakin. Quel nobile russo era stato, fra tutti, l'unico che gli avesse rivolto la parola una volta entrato a palazzo, facendolo sentire il più possibile a suo agio, per quanto un ragazzo si potesse sentire in quel modo dopo essere stato rapito e strappato ai suoi genitori.
Scosse la testa, cercando per un attimo di non udire la voce profonda di Kropotkin che stava continuando il suo discorso e ripensò invece a Kurakin.
C'era qualcosa di profondamente diverso in quell'uomo, qualcosa che gli altri non avevano. Uno sguardo nobile, sereno, privo di cattiveria. Gli era sembrato quasi una mosca bianca in mezzo a quel nido di vespe, anzi, per dirla tutta, fin da quando lo aveva visto aveva provato una ben strana sensazione, come se in quell'uomo albergasse un nobile obiettivo e non il solito bieco arrivismo economico, sensazione che poi aveva avuto conferma quando aveva captato alcuni discorsi fra le mura di quelle sale.
Oltre alla ricerca del tesoro, in quella folle avventura sembrava esserci qualcosa di più.
Ma cosa?
Si sentiva turbato e la cosa lo infastidiva. Ne aveva parlato anche con Dominique, ma purtroppo in quel caso l'agente francese non gli era stato di grande aiuto.
L'unico collegamento che gli era venuto in mente poteva essere quello con l'antico ordine dei Cavalieri di Malta, di cui quei russi sembravano tutti bene o male far parte.
Ma in che modo? Cosa mai poteva esserci di così importante da giustificare tutto questo? Cosa bramava veramente l'Ordine?
Forse se avesse avuto del tempo avrebbe potuto fare delle ricerche, ma purtroppo era costretto a seguire i passi di Natalia e non aveva margini di manovra.
Sospirò, cercando di calmarsi.
Per come stavano andando le cose c'era un unico modo per conoscere la verità, ed era quello di continuare a seguire l'evolversi della vicenda.
***
«Natalia Romanova» la voce di Grigorij ancora una volta risuonò fra le pareti «è riuscita a decifrare, grazie alle informazioni recuperate a Parigi dalla famiglia Ségur, l'enigma costruito più di duecento anni fa dal generale Philippe - Paul de Ségur.»
Al nome del suo antenato si fece attento.
Intanto un mormorio di assenso iniziò a serpeggiare fra le pareti della sala.
«La faccio breve» riprese Kropotkin con un largo sorriso. Ho finalmente il piacere di annunciarvi che ciò che stiamo cercando da troppo tempo si trova nascosto sul fondale del Semlovskoye Ozero, il lago della cittadina di Semlevo.»
Saltykov si alzò di scatto.
«Stai dicendo sul serio?»
Kropotkin annuì.
«Cosa stiamo aspettando allora?» riprese Nikolaj. «C'è così tanto da fare e così poco tempo.»
«Calma, amico mio, calma» gli rispose Grigorij con un sorriso «sì, è vero c'è tanto da fare, ma è altrettanto vero che non possiamo piombare sulle acque di quel lago pronti a dragarle senza attirare l'attenzione dell'opinione pubblica. O di qualcun altro. Dobbiamo stare attenti e non farci sopraffare dalla fretta.»
«Kropotkin ha ragione» intervenne Natalia «non possiamo permetterci che la cosa diventi di dominio pubblico, né che la troppa pubblicità rischi di compromettere l'intero lavoro. Questo è il motivo per cui dovremmo agire con una certa copertura» concluse guardando in volto i presenti.
«Che cosa hai in mente di preciso?» le domandò Kurakin vagamente preoccupato.
«Una campagna di scavo petrolifero» suggerì Grigorij prendendo di nuovo la parola, ben conoscendo la diffidenza dell'amico nei confronti della Romanova. «Tutto qui.»
Poi rivolto gli altri continuò «Adesso vi spiego. Voi sapete che io posseggo imprese un po' in ogni settore, no? Bene, si dà il caso che il petrolio sia proprio una di queste, e anche una delle più redditizie tra l'altro. Ma non è questo il punto. L'idea di fondo, che è venuta a Natalia, sarebbe quella di sfruttare queste mie attività per confondere gli scavi necessari a recuperare i carri di Napoleone con quelli relativi alle prospezioni petrolifere volte per l'appunto a cercare il prezioso oro nero nella zona.»
«Ma gli abitanti del posto non faranno domande?»
«Dubito. Sono abbastanza abituati a situazioni del genere. Ho fatto delle ricerche in merito e pare che il distretto di Smolensk sia un'area abbastanza produttiva da quel punto di vista.»
«E siamo sicuri che anche queste operazioni non attireranno curiosi da ogni parte?» domandò ancora Kurakin.
«Poco probabile. Ho già provveduto non solo a far recintare l'area ma anche a presidiarla. Sta' tranquillo, amico mio, nessuno ci darà fastidio, te lo garantisco. E poi considera anche questo: niente telecamere, niente riflettori e niente pubblicità. La situazione ideale per recuperare qualcosa senza che il mondo lo sappia.»
«D'accordo, Grigorij.»
«Fidati, funzionerà» poi rivoltò agli altri. «In questo momento quattro camion, diverse trivelle e un gruppo di geofisici, geochimici e tipografi si trovano già in viaggio verso il villaggio di Semlevo insieme a tutti gli strumenti necessari per effettuare le prime rilevazioni sul fondo del lago. Confido che, a breve, potremmo avere quantomeno una mappa precisa e affidabile del fondale. Le operazioni sono state affidate alla direzione di Natalia che seguirà di persona gli sviluppi del ritrovamento.»
Lei sorrise compiaciuta.
«Grigorij» disse alzandosi in piedi «i tuoi elogi sono davvero un onore per me, ma prima di cantare vittoria vorrei aspettare almeno i primi rilevamenti. Anche se mi sento altamente fiduciosa.»
«Sono d'accordo.»
«D'altro canto» continuò lei «questo è un grande giorno per tutti noi e vorrei che facessimo un brindisi, come segnale di buon auspicio.»
Tutti annuirono.
«Sergej» fece Natalia ad alta voce «per favore versa lo spumante ai nostri ospiti.»
Kulikovskij obbedì.
Si alzò e prese una bottiglia di Imperial, la marca più pregiata di vodka la cui ricetta derivava direttamente dalla dinastia dei Romanov e versò il suo contenuto in una serie di bicchierini di vetro che poi distribuì a ciascuno.
«Alla nostra grande scoperta» dichiarò Natalia con enfasi «perché i perduti tesori della nostra nazione possano finalmente tornare dai loro legittimi proprietari. Твое здоровье! – Alla salute!»
Quindi alzò il bicchiere e scolò il contenuto tutto d'un fiato osservando i presenti che, nello stesso momento, vuotavano il loro scagliando il bicchiere dietro la schiena.
Un rumore assordante di vetri riecheggiò in tutta la sala. Natalia sorrise compiaciuta. Le sue labbra assunsero la forma di un ghigno malefico mentre una strana e sinistra luce prese a brillare nei suoi occhi neri come la pece.
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