CAPITOLO 26

26

Vic si trovava al limitare del giardino. Era nascosto dietro il tronco massiccio di un grosso albero, in un punto dal quale aveva non solo la piena visuale dell'ingresso, ma anche dell'uscita posteriore, quella che dava sull'enorme distesa verde che pareva non avere fine.

Stava in silenzio, con la pistola in mano, osservando con attenzione l'evolversi degli eventi. Poi, all'improvviso, udì uno sparo e subito dopo il fragore di una porta spalancata.

Devono essere entrati.

Si preparò ad agire. Se doveva succedere qualcosa, sarebbe accaduta nei minuti successivi.

Attese. Niente.

Ancora. Nulla.

Sempre più perplesso, decise di fare qualche passo in avanti, sempre rimanendo coperto dalle fronde degli alberi.

Non udiva alcun rumore, niente urla, niente spari. Solo un gran silenzio.

Non mi piace.

Scosse la testa, indeciso, poi decise di improvvisare.

Al diavolo!

Si mosse piano avvicinandosi con cautela alle grandi finestre poco più avanti. Voleva osservare la scena più da vicino così da rendersi conto se fosse o meno il caso d'intervenire. Stando basso e con la schiena piegata proseguì fino a che non giunse a meno di un metro dalla vetrata principale. In quello stesso istante, senza avere nemmeno il tempo di rendersene conto, fu investito da un colpo tremendo al volto. La potenza dell'impatto lo fece piombare a terra di schianto. Un urlo di dolore squarciò il silenzio circostante mentre la pistola gli scivolava di mano arrestandosi sul selciato.

***

Dominique era tornato sui propri passi, con l'intenzione di ripercorrere il corridoio a ritroso e verificare meglio le altre stanze.

Niente. Entrò in cucina, poi si mosse nelle camere.

Nulla. L'aggressore sembrava sparito. In preda a una brutta sensazione ritornò veloce nel salotto.

Natalia, intanto, dopo aver slegato anche il ragazzo, stava cercando di rianimare Adrien.

«Trovato niente?» gli domandò non appena lo vide con la coda dell'occhio.

«No. Come sta?»

«È svenuto. Deve aver ricevuto una bella botta in testa. Sto cercando di farlo rinvenire.»

«Bene» le rispose voltandosi e avvicinandosi al ragazzo. Joseph era ancora sconvolto e si trovava accanto a sua madre nel tentativo di consolarla dopo che la donna lo aveva slegato. Dominique allungò il braccio prendendo la donna sotto il suo e l'aiutò a rimettersi in piedi. «Chi siete voi?» riuscì lei a sussurrare

«Amici» le rispose Dom trascinandola a sedere sulla poltrona.

Poi rivolto al ragazzo. «È sotto shock, ma si riprenderà. Ce la fai a portarle dell'acqua?»

«Sì certo» biascicò lui.

«Bene, allora vai. A tuo padre penseremo noi, tranquillo»

Lui annuì muovendosi verso la cucina.

Dom tornò da Natalia, ma si bloccò quasi subito. Dal giardino un urlo spaventoso giunse alla sue orecchie. Si voltò in quella direzione puntando la pistola verso la vetrata giusto in tempo per vedere la sagoma di qualcuno sgattaiolare nel parco e dileguarsi come un'ombra.

***

Non appena l'uomo dai capelli rossi vide qualcuno avvicinarsi lentamente alla porta finestra, realizzò che non poteva più aspettare.

Afferrata la maniglia spalancò la finestra nell'istante esatto in cui il ragazzo si faceva vicino.

Un urlo.

Approfittando del momento in cui il giovane cadde a terra colpito al volto, scattò all'esterno e si fiondò nel parco. Dopo aver percorso qualche decina di metri, si voltò ed esplose un paio di colpi di pistola in direzione della villa. Sentì i vetri andare in frantumi e qualcuno gridare di star giù.

A quel punto svoltò verso sinistra continuando a correre in direzione di un lungo muricciolo che delimitava la proprietà attigua alla villa dei Ségur. Poi, sicuro che non ci fosse nessuno dietro di sé, con un balzo saltò in cima e si buttò dalla parte opposta.

Atterrato in mezzo a un orto, stando sempre a testa bassa, attraversò l'intera area fino a che non trovò riparo sotto un grosso albero a ridosso della strada principale.

Qui si fermò per riprendere fiato. Si voltò un attimo intorno e, constatato che non c'era anima viva e che nessuno pareva aver capito dove si trovasse, si arrampicò su quell'ultimo tratto di muro per poi gettarsi dall'altra parte sbucando in Rue de Montfleury, la stradina sterrata proseguimento di Rue de l'Ermitage.

Ancora una volta si fermò, ansimando. Attese ancora qualche secondo, poi si mosse veloce lungo la strada ritornando leggermente indietro in direzione della macchina.

Nessuno sembrò notarlo.

Una volta arrivato, entrò, gettò lo zaino sul sedile del passeggero e accese il motore. Quindi, schiacciando sull'acceleratore, imboccò rapido Rue Salomon de Brosse, guidando lungo la strada fino a che non giunse nei pressi di una rotonda. La superò e s'immise nella statale D186.

Qui aumentò la velocità e, confondendosi nel traffico, si allontanò velocemente da Versailles puntando direttamente su Parigi.

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