CAPITOLO 25
25
Adrien era sconvolto. Sarebbe stato disposto ad accettare qualsiasi tipo di tortura pur di non rivelare dove si trovava il libro di Ségur, ma niente che avesse a che fare con suo figlio.
Quello no, non poteva tollerarlo, non ce l'avrebbe fatta.
«Diglielo Adrien» la voce di Margot, dura e gelida, lo investì come una doccia fredda. «Adesso.»
Lui annuì.
Era la cosa giusta da fare, per Joseph.
«Fermo» fece quindi rivolto all'uomo dai capelli rossi «Lascialo stare. Lui non sa niente. Te lo dirò io dove si trova il libro.»
L'uomo si bloccò, girandosi verso Adrien.
«Vedo che ora cominciamo a ragionare» fece qualche passo verso di lui e gli si avvicinò. Nello stesso tempo alzò la pistola e la puntò diritta alla sua testa. «Allora?»
«È in quello zaino» sibilò Adrien «quello appeso alla sedia laggiù.»
L'uomo si voltò e lo vide.
«Avresti potuto evitare tutto questo se me lo avessi detto subito, lo sai?» gli rispose abbassando leggermente l'arma e muovendosi in quella direzione.
«Mi dispiace papà» sentì dire da suo figlio.
Adrien gli sorrise.
«Non fa niente, Joseph.»
«È tutta colpa mia.»
«Non dirlo nemmeno per scherzo. Tu non c'entri niente con questa storia, hai capito?»
Lui annuì, poco convinto.
«Guardami figliolo» insistette suo padre.
Il ragazzo alzò lo sguardo.
«Non potevi sapere. Siamo noi che ti abbiamo messo in pericolo e noi troveremo il modo di uscirne.»
***
L'uomo dai capelli rossi appoggiò la pistola sul tavolo e afferrò lo zaino. Lo aprì e ne tirò fuori un vecchio volume dall'aria consunta.
Lo osservò con attenzione sfogliandone alcune pagine giusto per sincerarsi che fosse proprio quello che Mercier cercava.
La prudenza non è mai troppa.
Quindi, soddisfatto, lo rimise di nuovo nello zaino che poi si appoggiò sulle spalle. Ripresa la pistola, si mosse in direzione di Adrien, senza degnare di uno sguardo la donna che si trovava a pochi metri da lui.
In quel momento ci fu uno sparo.
L'uomo dai capelli rossi si bloccò osservandosi intorno nell'istante in cui, con un tremendo clangore, la porta d'ingresso veniva aperta e sbattuta contro il muro.
***
Dominique seguendo il consiglio di Natalia puntò la pistola sulla serratura e sparò, poi con un calcio spalancò il portone facendo irruzione nella casa.
E al diavolo l'effetto sorpresa, pensò dentro di sé.
Teneva la pistola puntata in avanti.
Natalia gli stava dietro. Avanzarono di qualche passo muovendo la testa a destra e a sinistra e controllando l'ambiente circostante.
Si trovavano in mezzo a un corridoio ai cui lati si aprivano delle stanze, ma sembrava non esserci nessuno.
Poi udirono dei gemiti.
«Da questa parte» sussurrò Dom muovendosi di qualche metro in avanti. Svoltarono rapidi a sinistra seguendo il corridoio nella direzione da cui avevano sentito provenire delle voci. Dopo poco sbucarono in un grande salotto.
E qui li videro.
Un uomo dai capelli brizzolati e un occhio gonfio e semichiuso era legato a una sedia e teneva la testa china con gli occhi puntati verso il pavimento.
Poco più accanto un ragazzo cercava disperatamente di liberarsi dalle corde che lo tenevano stretto a una sedia, nel tentativo di avvicinarsi al padre.
Piangeva e singhiozzava.
A qualche metro di distanza invece una donna si teneva la testa fra le mani, mentre un rivolo di sangue le imbrattava le guance. Pareva in stato di shock.
Del rapitore nessuna traccia.
«Liberi il ragazzo e controlli se l'uomo è morto» ordinò Dom a Natalia «io intanto faccio un giro per vedere se trovo il responsabile di tutto questo. Non può essere scappato così presto.»
Stavolta lei non replicò e si mosse rapida verso Adrien.
***
L'uomo si trovava ancora dentro la casa e se non era fuggito era solo perché non ce l'aveva fatta.
Era accaduto tutto troppo in fretta.
Non appena aveva sentito lo sparo e dopo un breve attimo di esitazione, si era premurato subito di colpire Adrien alla tempia in modo che non potesse dire alcunché, poi si era mosso rapido verso l'unica via d'uscita possibile: il giardino.
Ma non era riuscito ad aprire la porta finestra perché aveva percepito i passi di qualcuno che stava per entrare nel salotto. A quel punto non aveva avuto altra scelta che appoggiarsi al muro sfruttando l'unico spazio disponibile.
Adesso si trovava nascosto dietro un mobile, nell'intercapedine che si era creata con il muro, là dove quest'ultimo finiva per unirsi alla vetrata che dava sul parco esterno.
Stava in silenzio, la pistola pronta all'uso osservando, nel grande specchio posto sulla parete di fronte, tutto ciò che stava accadendo nel salotto.
Vide entrare un uomo e una donna. Non aveva idea di chi fossero quei due, né del perché avessero fatto irruzione in quella casa proprio in quel momento. Non sapeva nemmeno chi li avesse mandati, ma la faccenda non gli piaceva.
Doveva saperne di più.
Ma come fare?
Poi ebbe un'idea. Prese il cellulare e scattò un paio di foto attraverso lo specchio. Era indubbiamente una perdita di secondi preziosi, e lo sapeva bene, ma ritenne che avere quelle informazioni fosse un rischio calcolato e ben speso. Se fosse riuscito a tornare da Mercier, lui, forse, sarebbe stato in grado di scoprire qualcosa.
Una volta effettuate, rimise il telefono nella giacca e si apprestò a fuggire.
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