CAPITOLO 15

15

La sala in cui entrarono era decisamente più piccola della precedente. Molto sobria e poco arredata, aveva come unico elemento distintivo il grande dipinto posto al centro e posizionato su un cavalletto di legno.

Dominique si avvicinò.

Nonostante non fosse né un grande amante dell'arte né un esperto estimatore di quadri d'epoca, fu decisamente impressionato dalla vividezza di quella rappresentazione.

Non era proprio quello che si poteva definire un dipinto d'autore, ma c'era comunque qualcosa che lo rendeva affascinante. Fu colpito prima di tutto dalla grande passione che pareva animare i volti degli uomini dipinti, un po' come se da quegli occhi si potesse intuire la sofferenza che dovevano aver provato durante quei lunghi mesi invernali.

Poi fu attratto dal bianco.

Era senza dubbio il colore di riferimento, quello predominante sulla tela, e ciò contribuiva, in qualche maniera, a catalizzare l'attenzione. Si poteva quasi percepire l'alone di freddo nel cielo plumbeo, nella purezza della neve e nella sinistra pericolosità del ghiaccio.

«Cosa la colpisce di più?» domandò Natalia sempre rivolta a Dominique avvicinandosi al quadro e ignorando volutamente Vic.

Lui ci pensò un attimo. «Credo la profonda disperazione di quella gente. È come se trapelasse l'enorme sforzo, fisico e mentale, che devono aver provato arrancando nella neve in cerca di salvezza, perduti nelle lande desolate della Russia, fiaccati dal freddo e dalle continue guerriglie. Ma potrei anche sbagliarmi.»

«Invece ha colto nel segno. Anche io la penso allo stesso modo. È un quadro di una profondità impressionante. Semplice, ma intenso quel tanto da scuotere gli animi.»

«Le persone raffigurate simboleggiano la colonna dei francesi in ritirata da Mosca?» domandò Victòr voltandosi verso l'archeologa e riportando subito la discussione su un piano decisamente più concreto.

«Sì, esatto. Quello però che non siamo ancora riusciti a identificare è il luogo esatto del dipinto, né se il ghiaccio raffigurato al centro del quadro rappresenta un fiume oppure un lago.»

«E immagino che ciò sia pertinente.»

«Ritengo proprio di sì. Se il racconto di Ségur, così come ci è stato tramandato oralmente, afferma che i carri con il tesoro furono abbandonati da qualche parte perché rallentavano la ritirata dell'esercito, sembrerebbe un'ipotesi più che plausibile che siano stati gettati sott'acqua. Ciò che dobbiamo capire, per restringere le ricerche, è appunto se si tratta di un fiume o di uno specchio d'acqua.»

«Un luogo in cui sarebbero potuti rimanere nascosti fino a un eventuale recupero» commentò Dominique. «Davvero ingegnoso.»

«Anche troppo» aggiunse Natalia con una leggera punta di frustrazione «considerato che fino a ora nessuno ne ha mai trovato traccia.»

«Se posso dare un mio parere» intervenne Victòr «io sarei più propenso a scommettere su un lago, piuttosto che su un fiume. Uno specchio d'acqua sarebbe decisamente più sicuro.»

Si voltò verso Natalia. «Una specie di tomba sottomarina, se così si può dire.»

«Acuta osservazione» gli ripose lei con una punta di soddisfazione. «E' la stessa cosa che abbiamo vagliato anche noi. Ma qui sorge un problema. Di laghi abbastanza profondi da contenere un discreto numero di carri quali dovevano essere, il nostro territorio ne è pieno, per non dire che ce ne sono un'infinità. E non dimenticate che, soprattutto d'inverno, gran parte delle nostre terre sono coperte da neve e ghiaccio.»

«Senza un indizio sarebbe come cercare un ago in un pagliaio» commentò ancora Victòr scuotendo la testa «non ci avevo pensato.»

«Lo sarebbe in effetti» aggiunse Natalia «se non fosse per due piccoli particolari che rendono questo quadro decisamente unico.»

«Provo a indovinare» intervenne Dominique «sta parlando della firma in basso a destra e di quella specie di griglia seminascosta nelle neve sotto gli uccelli.»

Natalia annuì.

«Ha idea di cosa si tratti?» chiese Victòr avvicinandosi per osservare meglio. Era sbalordito dal fatto di non averli notati prima.

«Certo che lo so. La firma è quella di Philippe-Paul de Ségur, e, prima che mi facciate notare se è vera oppure no, vi rispondo subito che lo è. L'abbiamo confrontata con altri suoi scritti e fatta esaminare da un esperto calligrafo. È più che autentica, credetemi.»

«Quindi sarebbe lui l'autore del quadro?» domandò Victòr.

«Questo non lo so. Potrebbe, così come potrebbe semplicemente aver apposto la sua firma dopo aver commissionato la tela a qualcun altro. Il che ci riporta alla griglia.»

«Che sarebbe?»

«Una scacchiera di Polibio.»

«Ah, okay» fece Victòr con un mezzo sorriso «adesso sì che mi è tutto più chiaro!»

«Un cifrario» rispose Natalia «uno di quei sistemi che si usano per nascondere dei messaggi. Mi meraviglia che non ne siate a conoscenza lavorando per il servizio di intelligence.»

«Lui è troppo giovane per certe cose» commentò ironicamente Dominique.

Victòr alzò le spalle.

«Comunque sia» riprese Natalia «la scacchiera di Polibio non è che un semplice sistema crittografico inventato dallo storico greco intorno al 150 a.C., e descritto poi nelle sue Storie. Si basa sul frazionamento dei caratteri del messaggio in chiaro così che possano essere rappresentati utilizzando un più piccolo insieme di simboli, di solito numeri. In poche parole, questa griglia serve per decrittare un messaggio.»

«E qui sta il problema» fece Dominique «Non lo avete giusto?»

Lei scosse la testa.

«Mi faccia indovinare» bofonchiò Victòr. «Il messaggio cifrato si trova nel diario di Sègur. È così?»

«Noi crediamo di sì.»

«Allora siamo al punto di partenza.»

«Vero» commentò Dominique «anche se, a ben guardare, un lato positivo in tutto questo esiste»

«E sarebbe?»

«Il quadro. Questa tela in qualche maniera è la prova concreta che tutti i discorsi affrontati fino a ora hanno un minimo di senso logico.

Adesso mi spiego.

Sappiamo che Philippe Sègur si trovava al fianco di Napoleone quando l'imperatore prese la decisione di sbarazzarsi dei carri che trasportavano l'enorme quantitativo d'oro razziato da Mosca. Mi pare plausibile quindi che, data l'intenzione di Napoleone di tornarvi in momento migliore, Ségur sia stato incaricato di redigere una specie di mappa, qualcosa che potesse servire per ritrovare i punti di riferimento precisi in un territorio vastissimo e dai colori quasi del tutto uniformi. Concordate con me fin qui?»

«Vada avanti» lo incalzò Natalia.

«Sappiamo anche che, una volta fatto ritorno in Francia, Sègur divenne uno scrittore affermato. Fu autore di diversi libri, uno dei quali aveva come argomento proprio la campagna in Russia. Lo ha detto lei prima, no? Niente di più semplice, perciò, che al suo interno abbia deciso di inserire un messaggio in codice, o qualsiasi altra cosa, che facesse riferimento al luogo esatto in cui i carri furono nascosti. Poi, come ulteriore margine di sicurezza, commissionò, o dipinse non ha importanza, un quadro che faceva riferimento a quell'avvenimento preciso inserendovi sia la sua firma a garanzia di autenticità che la scacchiera di Polibio come elemento necessario a decrittare il messaggio.»

«Ha senso» commentò Natalia.

«Allora proseguiamo. Appurato tutto ciò, rimane solo una domanda: cosa successe negli anni seguenti in Francia?

La risposta ci viene dalla storia. Napoleone non ebbe mai l'occasione di tornare in Russia e nessun'altro, a parte Philippe, era a conoscenza del punto esatto o in condizione tale da poter intraprendere una spedizione in quei lontani territori, per cui la faccenda si perse nell'oblio, alimentando storie e leggende fino ai giorni nostri.

Il diario di Sègur fece probabilmente la stessa fine, o almeno così crediamo, mentre il quadro, per qualche oscura ragione, è giunto fino a noi praticamente intatto.»

«Concludendo» intervenne Victòr che aveva seguito tutto il discorso in silenzio «senza il diario siamo a zero. Ci vogliono entrambi gli oggetti per ritrovare il punto scelto da Napoleone e noi ne abbiamo solo uno.»

«Esatto. Ma è proprio qui che entrate in gioco. Negli ultimi mesi abbiamo fatto delle ricerche approfondite sull'argomento e siamo giunti alla conclusione che se il diario esiste gli unici che possono saperne qualcosa sono i membri della famiglia Sègur, l'ultima rimasta che discenda direttamente da Philippe e che vive in Francia.»

«La Francia è grande» osservò Dominique «e di Sègur ce ne possono essere a migliaia.»

«Problema già risolto. Il cerchio si chiude su Parigi. I biglietti aerei sono già pronti. Partiamo fra tre ore.»

«Come partiamo?» domandò Victòr con aria perplessa.

L'archeologa lo guardò con un ghigno. «Non avrete mica pensato che vi avrei lasciati da soli, vero? Io vengo con voi.»

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top