6: L'Azzardo vincente

     Trascorse la successiva mezzora nascosto nel bagno. Mille dubbi lo assillavano. Perché Drianna lo aveva coinvolto in una situazione simile? Perché gli aveva affidato il sacchetto? Cosa avrebbe potuto fare, lui, per tenerlo al sicuro? Dove sarebbe potuto andare senza nemmeno un centesimo? Che ne sarebbe stato della sua vita? Dei suoi amici? E suo padre? Si sarebbe preoccupato da morire (sempre ammesso che gliene importasse qualcosa)! Se mai fosse uscito di lì e avesse incontrato di nuovo Drianna, gliel'avrebbe fatta pagare per avergli stravolto l'esistenza.

     Furono dieci minuti di panico e venti di riflessione.

     Per prima cosa, dovette calmarsi. Inspirò ed espirò lentamente, anche se alla meditazione non aveva mai creduto. Quando fu più tranquillo, iniziò a riflettere lucidamente. Quegli uomini inseguivano la ragazza per via del contenuto del borsone. Fin qui, sembrava tutto plausibile. Avevano deciso di pedinare anche lui perché... no! Non avevano puntato lui, ma lo scuolabus! Sì! Il senso di quella storia cominciava a delinearsi e definirsi: per quanto ne sapeva, il mezzo era il posto dove aveva incontrato più spesso Drianna. Poteva supporre che anche per le persone che li braccavano fosse lo stesso. Quindi... non sospettavano di lui finché lei non l'aveva coinvolto.

     «Bella mossa, complimenti!» commentò sarcasticamente, rivolto al nulla.

     Un momento. Se non lo ritenevano una minaccia fino ad ora, allora...

     Udì la porta del bagno aprirsi. Sobbalzò e si rintanò in fretta in uno dei tanti box contenenti il gabinetto. Chiuse a chiave e pregò che nessuno cercasse di aprire. Un paio di voci femminili gli ricordarono che si trovava nel bagno delle ragazze. Si passò una mano sul volto. Era troppo stravolto per sentirsi in imbarazzo. Non aveva mai dovuto affrontare un problema simile nella sua breve vita di adolescente. Non sapeva nemmeno dove nascondere il sacchetto per tenerlo al sicuro!

     Mentre le due ragazze erano al bagno, abbassò lo sguardo sul wc.

     La tentazione di gettarlo dentro e avviare lo sciacquone fu grande.

     Poi un'idea assurda affiorò nella sua mente.

     Per un attimo si stupì di se stesso, ma...

     Sì! Poteva funzionare.

     Lucas nascose per bene il sacchetto e uscì dal bagno delle ragazze non appena fu certo di non essere notato. Ringraziò la barista (la quale rimase interdetta quando si rese conto che era stato per almeno mezzora chiuso nella stanzetta) e uscì dal bar. Si guardò intorno, cercando dei punti di riferimento. Mentre fuggiva, non era stato capace di capire dove si trovasse: la fretta e la paura avevano ottenebrato la sua capacità di raziocinio. Buffo che ora fosse perfettamente lucido.

     Sapeva bene cosa fare.

     Una volta capito quale fosse la strada, il ragazzo la ripercorse a ritroso. Nessuno si aspettava che un fuggiasco tornasse sui propri passi. Arrivò dove aveva buttato lo zaino: era rimasto nascosto in una sterpaia di ortiche. Lo recuperò con attenzione, costatando che fosse stato ignorato. Era intatto e non era stato aperto. Il materiale di studio era esattamente come l'aveva lasciato. Evidentemente, quegli uomini non pensavano che potesse essere coinvolto nei casini di Drianna (qualsiasi fosse il disastro che aveva combinato e per cui le davano la caccia). Ciò giocava ancora una volta a suo favore.

     Forse il suo piano poteva davvero funzionare.

     Lucas si mise in spalla lo zaino e si incamminò verso casa. Come un qualsiasi adolescente che aveva perso l'autobus. Impiegò almeno un'ora di camminata sostenuta, per arrivare nei pressi dell'abitazione. Come sospettava: era accerchiata da uomini armati e il cui volto era coperto dagli stessi occhiali neri dei suoi inseguitori. Avevano fatto in fretta. Erano efficienti... ma lui li avrebbe battuti in astuzia. Si avvicinò lentamente, con espressione sbalordita. Alcuni di loro lo notarono e si affrettarono a sussurrare a dei microfoni, nascosti nei colletti delle camicie, la sua presenza. Lucas si avvicinò senza indugi a quello che sorvegliava il cancello. Lo riconobbe immediatamente: era lo stesso individuo che aveva intravisto alla panchina e che aveva pedinato lo scuolabus. Tentò di fingere indifferenza nei suoi confronti e sorpresa per la situazione. Il cuore gli batteva all'impazzata, ma lui cercava di mantenere la calma. Se si fosse lasciato sopraffare dal panico, il piano (se così poteva essere definito) si sarebbe rivelato un fiasco.

     «Mi scusi...» iniziò, ma non ebbe il tempo di dire nient'altro che venne afferrato sottobraccio e trascinato dentro. «Ehi! Mi lasci andare! Ma che succede? Qualcuno mi aiuti!» esclamò, fingendo sorpresa (in maniera ineccepibile).

     Lo sconosciuto lo guidò fino all'ingresso di casa sua e gli intimò di entrare. Il ragazzo non se lo lasciò ripetere due volte, anche perché quel tipo era alto e grande il doppio di lui. Fu accompagnato fino al soggiorno, dove venne accolto da ben quattro persone armate. La presa sul suo braccio si allentò e lui ne approfittò per continuare la sua recita. Si liberò in fretta, scostandosi di alcuni passi.

     «Si può sapere che succede? Chi siete voi? Che ci fate a casa mia? Cosa volete?» sbottò.

     «Lucas!» la voce familiare di suo padre attirò la sua attenzione.

     Era seduto sul divano e fronteggiava un uomo, accomodato sulla poltrona, in un faccia a faccia. Lo sconosciuto era vestito di un'alta uniforme nera e aveva un'aria autoritaria. Non gli avrebbe dato più di trent'anni.

     Il giovane strabuzzò gli occhi: «Papà!» lasciò cadere lo zaino e si precipitò da lui.

     Ricevette un'amara accoglienza: uno schiaffo ben assestato.

     «Si può sapere che hai combinato?» esplose suo padre. «Questi uomini dicono che ti sei dato al terrorismo!»

     «Che cosa?» stavolta la faccia sconvolta di Lucas non era solo una finzione: in che guai l'aveva cacciato Drianna?

     «Non travisate le mie parole, signor De Vito.» s'intromise l'uomo seduto alla poltrona. «Vi ho solo riferito che è entrato in contatto con una sospetta terrorista. Vostro figlio probabilmente c'entra poco o nulla.»

     Bene: non sospettavano di lui al punto da considerarlo un complice.

     «Una sospetta terrorista?» ripeterono in coro Lucas e suo padre.

     «Dico, non giocate con noi, per favore!» sbottò il signor De Vito.

     «Vi sembra che mobiliteremmo due delle nostre unità, se stessimo giocando?» replicò l'uomo, per poi rivolgersi direttamente a Lucas: «Sei stato visto fuggire con la ragazza, stamattina.»

     Okay. Era il momento di verificare se il piano sarebbe andato in porto.

     «Drianna?» il ragazzo sgranò gli occhi ancor di più. «Non è possibile! Mi ha detto che la inseguivate perché è fuggita dall'orfanotrofio! Non può essere una terrorista!»

     «Se è così, perché l'avete aiutata?» insistette l'uomo.

     «È mia amica! Cosa ne potevo sapere di questa storia?» esplose lui, cercando di mantenere le proprie reazioni allo stesso livello di quelle di una persona sotto shock.

     Lo sconosciuto si accomodò meglio sulla poltrona, appoggiando le spalle allo schienale. Congiunse le mani e lo fissò. Lucas pregò con tutto sé stesso che la sua recita fosse sembrata convincente. Era la prima volta che ci provava, ma ne valeva della sua vita e, probabilmente, anche di quella di suo padre.

     «Perquisite i signori De Vito» ordinò d'un tratto l'uomo. «E anche la casa.»

     Suo padre insorse, paonazzo per la rabbia: «Che cosa? Che diritto avete? Questa è violazione di...!»

     Lui gli strinse il braccio: «Papà... no.» gli sussurrò. «Loro sono del governo, noi dei comuni cittadini. È il loro lavoro garantire la sicurezza.»

     L'uomo sorrise benevolmente: «Esattamente, ragazzo. Ben detto. Non temete: se non troveremo nulla di sospetto, vi lasceremo in pace. È una procedura standard per chi entra in contatto con sospetti terroristi.»

     Solo Lucas non credette alla scusa del terrorismo. Sapeva perfettamente cosa cercavano. Gli intrusi si sparpagliarono per casa, cercando in ogni angolo. Frugarono in ogni cassetto, ogni borsa, persino nel suo zaino. Quando uno di loro (sempre lo stesso individuo della panchina) gli disse di alzarsi in piedi per l'ispezione, lui non si lamentò. Obbedì, allargando braccia e gambe nella tipica posizione che si assume anche ai posti di controllo dell'aeroporto. Provò a sembrare naturale: non voleva dare l'idea di essere in ansia, ma neanche di avere il controllo della situazione. Ricordava bene quale sensazione si provasse nel venire perquisiti: c'era sempre una leggera paura di fondo che qualcosa non andasse. Nel suo caso, il timore non era nemmeno infondato. Pregò che il suo stratagemma funzionasse.

     Funzionò.

     Il suo ispettore lo palpò secondo procedura, poi annuì in direzione dell'uomo misterioso: «È pulito, tenente Heizber...»

     Si trattenne dal tirare un sospiro di sollievo. Si sedette sul divano e accavallò le gambe. Fu il turno di suo padre. Anche su di lui, ovviamente, non trovarono nulla di anomalo.

     «La casa è stata ispezionata completamente, tenente» annunciò qualcuno. «Non c'è traccia dell'ordigno!»

     Suo padre impallidì: «Un ordigno? Quale ordigno? Per l'amor del cielo, tenente Heizber, diteci che sta succedendo!»

     Nel frattempo l'uomo congedò due delle quattro guardie che sorvegliavano la stanza: «Potete stare tranquillo, signor De Vito. Abbiamo appurato che non siete voi i complici della terrorista. Gradirei scambiare due parole con vostro figlio, per riuscire a scoprire dove si trovi la ragazza in questo momento.»

     «Naturalmente...» suo padre annuì, ma non si mosse.

     Il tenente Heizber sorrise, magnanimo: «Da soli.»

     Il signor De Vito, pallido come un cencio, scambiò uno sguardo stralunato con suo figlio. Si alzò lentamente dal divano e venne accompagnato dai due uomini rimanenti nella sua stanza. Sembrava avesse improvvisamente perso venti anni di vita. Per un attimo il ragazzo temette che si sentisse male.

     «Dunque, Lucas...» iniziò l'uomo. «Sai dove si trova ora la tua amica Drianna?»

     Fu felice di scoprire che non erano riusciti a catturarla.

     «No, signore.» rispose sinceramente.

     «Sei sicuro? Pensaci bene: non ricordi se ti ha parlato di un qualche luogo? Magari potrebbe averne accennato. Prova a rievocare le vostre conversazioni: basta solo un dettaglio.»

     Il giovane lasciò trascorrere qualche minuto. Rifletté seriamente su dove la ragazza potesse trovarsi, ma non trovò risposta. In fin dei conti, la conosceva solo da pochi giorni.

     «Mi spiace, signore» scosse la testa. «Io e Drianna siamo amici da nemmeno una settimana. Non mi ha mai parlato di lei» decise di puntare tutto sulle ovvietà. «In realtà, non so quasi nulla di quella ragazza... solo che porta sempre un grosso borsone con se. Anche se non mi ha mai voluto dire cosa contenesse» l'ultima frase l'aggiunse notando che l'attenzione degli uomini era aumentata quando aveva accennato alla sacca.

     «Nonostante ciò, l'hai aiutata a fuggire» ribatté il tenente.

     Lucas annuì: «Sì, signore. Ve l'ho detto che...»

     L'uomo lo interruppe bruscamente con un gesto della mano: «Che si è finta un'orfana fuggiasca, sì, sì. Come hai potuto crederle tanto facilmente?»

     Il viso del ragazzo assunse un'espressione dura: «Ho perso mia madre da molto tempo, signore.» rispose. «Spesso mi ritrovo a immaginare cosa accadrebbe se anche mio padre morisse. Non è una bella sensazione. Suppongo di essermi sentito in sintonia con lei, proprio per questo. Io so cosa si prova a perdere qualcuno che si ama.»

     Quelle parole gli venivano dall'anima. Probabilmente fu per questo che il tenente gli credette. Chi parlava così non poteva essere la persona che stava cercando. Perché il suo target non sapeva cosa significava avere dei genitori e vederseli strappare via.

     L'uomo si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle ginocchia: «Capisco i tuoi sentimenti, Lucas. Anche io ho perso i miei quando ero molto giovane.»

     Bingo. In qualche modo era riuscito ad arrivare al suo cuore. Ora la strada sarebbe stata tutta in discesa. Si morse il labbro inferiore per non sorridere. Non aveva ancora vinto la battaglia.

     «Tuttavia, bisogna trovarla» continuò il tenente. «Tu mi capisci, vero? È un pericolo per la società: è fondamentale per la sicurezza nazionale riuscire a scovarla e rinchiuderla dove non potrà nuocere a nessuno.»

     Anche Lucas assunse la sua stessa posizione. Si prese qualche minuto per riflettere. Sapeva che la storia del terrorismo era una montatura. L'oggetto che cercavano sicuramente non era una bomba. Non poteva fidarsi di quell'uomo, per quanto avesse dimostrato empatia nei suoi confronti.

     «Vi capisco» rispose, e non mentiva. «Farò del mio meglio» promise.



|| Il Nascondiglio dell'Autrice! ||

Eccoci qui al sesto capitolo :D

Il primo che pubblico col nuovo regime del "uno ogni 5 giorni"!

Va bene xD con questo sono 6 giorni, chiedo venia!

Ammetto che è stata dura resistere per tutto questo tempo xD ero così curiosa di sapere cosa ne pensate! *^*

Chi sarà mai questo nuovo personaggio, il tenente Heizber? ò.ò

Cosa ne avrà fatto il giovane Lucas del sacchetto?

E dove sarà finita la piccola Drianna? O.O

Sotto coi commenti! u.u

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