20: Cosa si è Disposti a Fare
«Se me l'avessero raccontato, non ci avrei creduto!»
Simon stava rovistando nell'armadio dove i suoi genitori tenevano i lenzuoli. Quando qualcuno aveva bussato alla porta, l'ultima cosa che si era aspettato era di aprire al suo amico scomparso. Era rimasto sconvolto, impietrito. Era convinto che non l'avrebbe rivisto mai più. Invece se l'era ritrovato davanti all'entrata di casa. Esausto e accompagnato da una ragazza.
Non era una scena che si vedeva tutti i giorni.
«Già» gli rispose Lucas, accettando le coperte che gli porgeva. «Spero che non ne parlerai con nessuno...» aggiunse.
Simon scoppiò in una risata tesa: «E con chi dovrei parlarne? I miei genitori mi prenderebbero per pazzo e l'allenatore mi direbbe di nuovo di smettere di fumare spinelli.»
Il suo amico gli rivolse un sorriso stanco: «Prendi ancora quella robaccia?»
Lui liquidò la questione con un gesto della mano: «Non l'ho mai fatto! Perché siete tutti convinti che mi droghi?»
Lucas ridacchiò. Uscirono dalla camera da letto dei suoi. Simon accompagnò l'ospite fino al soggiorno. Sistemarono i lenzuoli sul divano, nel tentativo di farlo sembrare un letto accogliente. Il suo amico aveva ceduto la stanza degli ospiti alla ragazza che lo accompagnava. Lei sulle prime aveva protestato. Aveva detto che era Lucas a necessitare di un letto vero. Che il divano le sarebbe andato più che bene. Simon non era riuscito a persuaderla: solo Lucas, dopo un paio di tentativi, l'aveva convinta ad accettare la camera che le era stata offerta.
Simon era rimasto a bocca aperta per i cinque minuti successivi.
Sapeva bene che Lucas non era un gran comunicatore. Lo conosceva come un ragazzo introverso e schivo, che non amava parlare con gli altri. Era stato difficile fraternizzare con lui, durante gli allenamenti di calcetto. Ancora di più riuscire ad aiutarlo quando era morta la madre. Non riusciva a credere che una ragazza, neanche tanto attraente, riuscisse a scioglierlo.
«Cavolo, amico. Sei sparito per mesi. Eravamo tutti preoccupatissimi. Credevo davvero che non ti avrei mai più rivisto. E tu che fai? Ti presenti a casa mia. Nel cuore della notte. Con una ragazza!» Simone si portò la mano alla fronte. «Braccato dai servizi segreti!»
Lucas si lasciò sfuggire una smorfia: «Scusami se sono piombato qui senza preavviso. Non sapevo in che altro posto andare» si guardò attorno con circospezione.
«Scherzi?» rispose Simon, gettando un paio di cuscini sul divano. «Devi raccontarmi tutto, per filo e per segno.»
L'ospite si morse il labbro inferiore: «Non so se voglio parlarne.»
Simon non si scoraggiò: «Ti ricordi quando è morta tua madre?» iniziò. «Neanche allora volevi parlarne. Poi ci siamo ubriacati e ti sei sfogato.»
Lucas sbuffò: «Mi sono lamentato e ho pianto come una ragazzina per tutta la notte. Per non parlare del post sbornia: mi sembrava che la testa potesse esplodere da un momento all'altro. Non so come hai fatto a sopportarmi» ridacchiò al ricordo.
Simon sorrise di rimando. Afferrò Lucas per un braccio e lo costrinse a sedersi. Si avvicinò al suo orecchio, così che potesse sentire il suo sussurro.
«Ma è lei?» gli chiese, come se stessero parlando di un segreto inconfessabile.
L'amico lo guardò con espressione confusa: «Lei chi?»
«La ragazza» rispose Simon. «È quella che ti ha messo nei pasticci, no?»
«Ah... beh...» Lucas puntò gli occhi sul bracciolo del divano. «In un certo senso...» borbottò.
«In un certo senso?» il padrone di casa sbatté le palpebre. «Vuoi dire che non sei arrabbiato? Neanche un pochino?»
«All'inizio lo ero, ma ora... insomma... è complicato da spiegare» sospirò l'altro. «I tuoi non si infurieranno con te perché siamo piombati qui all'improvviso, vero?» cercò di cambiare argomento.
Simon liquidò la faccenda con un gesto della mano: «Macché! Lo sai che hanno i turni di notte» lo rassicurò. «È una cosa seria?» insistette. «Ti piace molto?»
L'amico era di nuovo confuso: «Chi?»
«La ragazza!» sbottò Simon.
Lucas sgranò gli occhi: «Ma che ti salta in mente?»
«Stai facendo tutto questo per lei, no?» considerò Simon. «Altrimenti perché avresti messo nei casini tuo padre?»
Sulle prime, l'altro non reagì alle sue ultime parole: «Non è così!» poi, però, si accorse del loro significato. «Aspetta... mio padre? Nei casini?» ripeté allarmato. «Che intendi?»
Il padrone di casa sospirò: «Giusto. Sei sparito per tre mesi, come potresti saperlo?»
«Di che stai parlando, Simon?»
«Ascolta» fece il ragazzo. «Quando ti sei dileguato, tuo padre ha dato di matto. Ha denunciato la tua scomparsa a qualsiasi organo potesse essere competente, polizia, carabinieri e sindaco compresi. Ha anche assunto un investigatore privato, per riuscire a trovarti. Meno di due settimane fa, però, degli uomini si sono presentati a casa tua e lo hanno arrestato. La versione ufficiale è che lo hanno accusato di sequestro di persona e omicidio. Ho dovuto farmelo raccontare dai tuoi vicini: nessuno ne sa niente. Di lui non si è più sentito parlare. Capisci che intendo? Un caso del genere non passa di certo inosservato: i media lo avrebbero trattato per anni. Invece nulla! Nemmeno un accenno.»
Lucas era impallidito. Sembrava avesse perso di colpo vent'anni di vita. Simon riprese fiato e rimase in silenzio. Gli lasciò il tempo di metabolizzare le sue parole. Riusciva a leggere la profonda preoccupazione nei suoi occhi. Forse avrebbe dovuto aspettare a dirglielo.
L'amico si alzò dal divano. Simon lo fissò con apprensione. Lo vide camminare tranquillamente verso la stanza degli ospiti. Come poteva essere così calmo?
«Che fai?» la curiosità era legittima.
«Devo parlare con Drianna» rispose l'altro. «Se quel che mi hai raccontato è vero, mio padre non è a casa.»
«Beh... certo» rispose Simon. «Ma cosa c'entra?»
«C'entra» replicò solamente Lucas, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Simon rimase seduto sul divano. Non sentiva le voci degli altri due. Forse l'amico stava svegliando la ragazza. Oppure stavano parlando a bassa voce.
Si alzò e si avvicinò alla parete. Appoggiò l'orecchio al muro, per percepire il minimo suono.
«Drianna... Drianna, svegliati» sentì la voce di Lucas. «Su. Dobbiamo parlare.»
Il padrone di casa sospirò e si precipitò a recuperare il cellulare. Doveva approfittare della momentanea distrazione del compagno di calcetto. Recuperò il bigliettino che custodiva da mesi in un cassetto e compose il numero. Il telefono squillò tre volte, poi una voce familiare rispose.
«Ce ne hai messo di tempo.»
Simon deglutì: «Sono qui. Tutti e due» sussurrò, fissando la porta della stanza degli ospiti.
«Bene» replicò la voce.
Cadde la linea.
Il ragazzo si morse la lingua. Ricompose in fretta il numero. Le mani gli tremavano. Il telefono squillò di nuovo tre volte. A rispondergli fu la stessa voce di prima. Era seccata.
«Cos'altro c'è?»
«Ho fatto quello che mi avete chiesto» si lamentò Simon. «Vi prego, restituitemeli.»
«Riavrai i tuoi genitori quando i tuoi ospiti saranno in mano nostra» rispose la voce. «Non chiamare più questo numero.»
La linea cadde di nuovo.
Simon posò il cellulare.
Guardò ancora la porta.
Il mento gli tremò.
«Perdonami, amico.»
|| Il Nascondiglio dell'Autrice! ||
"Finalmente l'aggiornamento!"
Ammettete che lo state pensando, su u.u
Come avrete notato, la revisione si sta dilungando un po'.
Inoltre sono anche incasinata con gli esami.
Per cui per il momento il regime rimarrà un capitolo ogni venerdì!
E la cosa mi fa impazzire perché non vedo l'ora d'iniziare la prossima storia!
Ne approfitto per annunciarvela: si chiamerà Alius e sarà più o meno dello stesso genere de Il Velo, ma con un accenno di maggiore serietà :P
Quindi sarò felice se continuerete a seguirmi anche dopo che Il Velo sarà concluso u.u e, credetemi, manca poco affinché ciò avvenga!
PS: In questi ultimi giorni ho notato che l'attività su Wattpad langue... quindi se mi date qualche segno di vita, sono felice xD
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