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Mi ero ripromessa di parlare con Margot non appena fosse tornata a casa, ma poi non ho avuto abbastanza coraggio. Non so esattamente cosa dirle perché ho paura di non riuscire a parlarle come vorrei o meglio a fare in modo che possa aprirsi e confidarmi qualcosa in più sul rapporto che ha con il professore di filosofia. Già la scenata che mi ha fatto due settimane fa per quel selfie non l'ho ancora capita del tutto o meglio non la voglio capire perché se mi confermasse di avere una relazione con quell'uomo o di essersi infatuata di lui a tal punto da reagire così sarebbe un bel colpo per me e per i miei. Margot ha solo sedici anni e non ha mai avuto una storia seria o almeno per quel che so visto che su questo punto non abbiamo mai parlato. Non so se abbia avuto un fidanzato l'anno scorso mentre ero via. Diciamo che è anche colpa mia perché non ho mai parlato con lei di certe cose visto che il solo pensiero mi imbarazza un sacco. Non credo che sappia distinguere un'infatuazione dall'amore vero. A tal proposito, se riuscissi a parlarne con lei e farle capire che non ci si può innamorare di un professore perché è una cosa moralmente sbagliata forse le passerebbe tutto. Temo, però, da come si comporta, che sia già una cosa seria e a me scatta la protezione da sorella maggiore: ho paura che soffra. Oggi quando l'ho vista in sala insegnanti appoggiata ai cassetti ad attorcigliarsi i capelli mentre parlava con Alexander non ho potuto più avere molti dubbi. E poi, ciliegina sulla torta: lo svenimento. Il nervoso che mi è salito quando ho visto quel verme baciarla in fronte lo so solo io. Verso Margot sono sempre stata molto protettiva e anche solo l'idea che quello stronzo possa metterle le mani addosso mi fa andare fuori di testa. Mamma entra in camera proprio mentre sto finendo di correggere le ultime verifiche. Non avete un'idea dei film mentali che si fanno i prof mentre correggono i compiti in classe a casa. Un libro di novecento pagine non basterebbe a raccontarveli. Mamma entra in camera con un abito abbastanza elegante.
- Dici che è troppo per quella serata di gala con tuo padre? Non ho nessuna idea su cosa indossare, ma sicuramente le altre signore saranno elegantissime.
- Farai la tua stupenda figura come sempre, mamma - rispondo, sorridendo.
- Senti, Lidia - si siede sul letto - quando farai pace con Margot? Lei ci sta male, ma non riesce a fare il primo passo verso di te. So che non sei bravissima a riconciliarti con le persone, ma lei è tua sorella e voi avete sempre avuto un rapporto di fiducia davvero unico. Non far passare troppo tempo. Lo sai com'è fatta. Se non sai cosa dirle, non dire nulla. Abbracciala e falle capire che la perdoni. Le serve solo questo.
- Lo so com'è fatta, ma stavolta è diverso. Dovrei perdonarla per una scenata di gelosia che era davvero fuori luogo.
- Era fuori luogo per te, ma non per lei. È davvero molto affezionata a quel professore e spero che tu non voglia scambiare questo affetto per amore. Sai, l'anno scorso ho avuto i tuoi stessi dubbi e le tue stesse paure, ma ho parlato con Margot e mi ha giurato che non prova nulla di più che semplice affetto per il suo professore.
- Se sei affezionata a una persona non fai una scenata del genere - commento, secca.
- Guarda che Margot avrebbe fatto la stessa scenata anche se tu ti fossi fatta quel selfie con una sua amica. Quando si fida di una persona, si attacca tantissimo a lei e se nota che questa persona riserva le stesse attenzioni a qualcun altro si ingelosisce perché ha paura di essere messa da parte o di essere scartata. Quella scenata che ti ha fatto è più che giustificata ai suoi occhi: ha avuto paura che tu le portassi via l'unica persona su cui ha potuto fare affidamento quando tu non c'eri. Tu ora sei tornata, ma pare che il suo professore a fine anno dovrà andarsene e lei perderà di nuovo una persona che è stata importante. Prova a immaginare come si senta, Lidia, ti chiedo solo questo, prima di giudicarla immatura o di attribuirle sentimenti che mi ha giurato di non provare.
Mamma esce dalla stanza senza darmi il tempo di replicare. Riprendo in mano la penna e mi accorgo di quanto sia facile correggere gli errori nelle verifiche mentre nella vita vera non è altrettanto semplice gettare quella penna, aprire una porta e chiarire con una persona che si considera la più importante della propria vita. A un tratto mi rendo conto di avere aspettato anche troppo. Mi alzo ed entro nella stanza di Margot. È in piedi di fronte alla finestra, con le braccia appoggiate sul davanzale.
- Quando sei nata avevo dieci anni - inizio, sospirando - e ricordo tutto di quel giorno. Quel lungo corridoio di ginecologia e di ostetricia, la felicità che si sentiva uscire dalle altre stanze, quelle mura colorate con tanti fiori e tante farfalle, i nonni che mi accompagnavano per venire a conoscerti. Non appena entrai vidi una culla di fianco al letto di mamma: dentro c'era un batuffolo rosa che lei mi incoraggiò a prendere in braccio. Eri tu. Fu la prima volta che i miei occhi incrociarono i tuoi. Era passata una settimana da quando mamma aveva partorito e tu piangevi spesso. Quel giorno iniziasti a piangere anche mentre ti avevo presa in braccio e pensai di essere stata io a fare qualcosa di sbagliato. Mamma, invece, mi consigliò di iniziarti a cullare e, a forza di insistere, riuscii a calmarti. Quella scena si ripeté tante altre volte finché tutti si convinsero che fossi davvero l'unica in grado di tranquillizzarti. Margot, non te l'ho mai detto, ma vederti crescere è stata una gioia unica.
Mia sorella si gira, mi guarda e poi si sfila un auricolare che prima non avevo notato.
- Cosa ci fai qui? - mi chiede, con un filo di voce.
- N-non hai sentito nulla di quello che ho detto? - commento, stupita.
- No... - risponde - stavo ascoltando Jared - si toglie entrambi gli auricolari e li getta sul letto.
- Ah - commento - senti, Margot, io... vorrei dirti tante cose, ma come al solito non so mai trovare le parole adatte in certi momenti... Ho giudicato fuori luogo la tua scenata di gelosia dell'altro giorno e non ti nascondo che ancora adesso non capisco esattamente cosa tu possa provare per quello stronzo del tuo professore di filosofia...
- Non è uno stronzo.
- Margot, ascoltami. Sono due settimane che non ci parliamo. Non era mai successo che smettessimo di parlarci per un tempo così lungo e per una motivazione così stupida e infantile.
- Lo vedi? - mi interrompe - sai solo dire che è stupido e infantile avercela con te, ma per me non è affatto stupido. Io mi sono sentita tradita da te, non puoi farti una foto con un mio professore...
- Ancora con questa storia? Come posso tradirti se mi faccio un selfie con un tuo professore, Margot! Questi discorsi mi fanno davvero imbestialire! Come puoi non capire quello che ti sto dicendo?!
- Se sei venuta qui per urlare e dire che è uno stronzo, puoi anche uscire.
- Per te non è solo un professore, vero?
- Cosa vuoi dire? - mi chiede, arrossendo.
- Ti... ti piace?
- Ma chi? - ripete.
- Il tuo professore di filosofia, cazzo! E chi se no?! - sbotto - lo capisci che è contro natura innamorarsi del proprio professore? Ma vuoi rovinarti la vita, per caso?
- Smettila, tu non sai niente - risponde, inviperita - l'anno scorso eri a Cremona, via da tutto e da tutti. Te ne sei fregata di me, perché mi hai lasciato sola, all'improvviso. Quando avevo più bisogno di te tu non c'eri, non c'era nessuno! - singhiozza - perché non ritorni a Cremona? Così almeno la finisci di dire cavolate! - urla, spazientita.
- Non me ne sono fregata di te! Ti avevo spiegato molto bene che l'unica supplenza disponibile era in quella città!
- Lo so e pensavo anche di aver capito, ma poi... poi mi è crollato tutto addosso. Mi sono sentita sola come non mi sono mai sentita prima, ero un palloncino sgonfio e svuotato di tutto. Volevo parlarti, ma farlo su Skype non era proprio la stessa cosa. Volevo abbracciarti, ma tu non c'eri.
- Mi dispiace, Margot, ma sappi che sei mancata tantissimo anche a me.
- E allora perché non sei mai venuta a trovarmi? Anche solo un giorno, mi sarebbe bastato!
- Ho sbagliato, Margot... ti prego, perdonami... dovevo gestire diversamente la mia assenza.
- Sì, decisamente - commenta, sedendosi sul letto a gambe incrociate e lasciandosi cadere i capelli sulle spalle.
Mi avvicino e mi siedo di fronte a lei.
- Ascoltami, se continuiamo a urlarci in faccia questa rabbia repressa non riusciremo mai a riconciliarci.
- Vorrei solo che smettessi di giudicare le persone prima di averle conosciute davvero. Il mio prof di filosofia è speciale. All'inizio è un po' scorbutico, ma è davvero una persona d'oro. Non me la portare via.
- Ma non te lo sto portando via! Devi capire che è un collega e che può succedere che capitiamo a pranzo insieme e cose di questo tipo.
- Ok, ma non farci più foto insieme. Lui fa parte della mia vita.
- Fino a che punto? - commento.
Arrossisce e abbassa lo sguardo.
- Non sono affari tuoi, questi - risponde, con un filo di voce.
- Margot, ti prego, non fare casini. Sei una ragazza intelligente e meriti sicuramente il meglio, ma non ti innamorare di un tuo professore.
Mamma entra nella stanza.
- Vi siete chiarite? - chiede, sorridendo.
- No, è inutile, non riesco a ragionarci - commento, alzandomi - visto che uscite vado a ordinare qualcosa dal giapponese giù all'angolo. Ho bisogno di distrarmi.
Margot mi guarda con un'espressione parecchio mogia. Immagino stia soffrendo per il fatto che non ci parliamo, ma non so davvero come prenderla dopo quella sfuriata di due settimane fa. Non c'era mai stato nessuno a mettersi fra di noi arrivando a farci litigare e di certo questo particolare non mi aiuta ad accettare Alexander in primis come collega. Mentre chiudo la porta di casa alle mie spalle per scendere in strada, sento improvvisamente una scarica di brividi lungo la schiena. Vorrei essere una sorella diversa, più easy, capace di ascoltarla senza giudicarla, ma a volte proprio non ci riesco. Dovrei smetterla di chiedere alle persone di comportarsi come farei io e iniziare ad accettarle esattamente per come sono. Non credo riuscirò mai ad accettare che Margot possa essersi innamorata di un suo prof, ma potrei almeno fare lo sforzo di capirla. In questo modo, se non si sente giudicata, potrebbe iniziare a parlarmene e, insieme, capire fino a che punto le piace, cosa vorrebbe da lui.
Ho paura di sentirmi dire che le piace o, addirittura, che lo ama, che vorrebbe baciarlo o farci cose. A mamma ha giurato che non le piace in quel senso e che per lui prova solo affetto, ma a mamma ha anche detto di essere caduta dalla bici a dodici anni e di essersi sbucciata un ginocchio quando invece era stata una sua compagna di classe a spingerla perché si era rifiutata di darle la merenda. Con mamma non è mai stata completamente sincera, o meglio le ha sempre raccontato una verità modificata per evitare di darle dispiaceri. Con me, invece, non si è mai aperta in tema di prime cotte o di amori, ma le balle che raccontava a mamma non riusciva a raccontarle anche a me. Ed è proprio questo che temo: che con mamma sia riuscita a dirmi una balla, ma che non abbia il coraggio di dirmi che non lo ama guardandomi negli occhi. Penso che abbia capito che ho intuito qualcosa o che penso di sapere quello che prova, ma il fatto che non riesca a parlarmene apertamente significa che non si fida del tutto. Dal giapponese c'è parecchia fila per l'asporto. La signorina alla cassa, che ormai mi conosce, mi chiede se deve preparare anche i piatti preferiti di "Malgot", quelli che ordina sempre quando i nostri escono e noi scendiamo al giapponese all'angolo per passare una serata tra sorelle in sala, con gli scatolini di cibo sul tavolino e uno dei film di Jared dal computer. Se non ne troviamo uno, di solito il testimone passa a una serie di Netflix. Io e Margot abbiamo l'account in comune. Lo abbiamo fatto tempo fa, visto che ci piacevano le stesse serie.
- Sì, grazie - rispondo - puoi preparare anche i piatti preferiti di Margot.
Esco fuori a prendere una boccata d'aria mentre la signorina alla cassa sorride e ritorna in cucina. Incrocio i miei che escono di casa. Mia madre si avvicina mentre papà va a prendere la macchina.
- Ti prego, cerca di riconciliarti con tua sorella. L'anno scorso ha sofferto molto la tua mancanza e quest'anno non può sopportare una situazione del genere con te che non le parli e se le parli è solo per litigare.
- Hai ragione, mamma, ma ultimamente non so davvero come prenderla.
- Non attaccarla, anche se non sei d'accordo con quello che dice. Cerca di comprenderla e sforzati di capirla. Ah, già che ci sei, ordina anche i suoi piatti preferiti, una delle tante cose che vi legano è il cibo giapponese, no?
- Già fatto - le dico, sorridendo e abbracciandola.
Ricambia e poi sale in macchina visto che nel frattempo mio padre è arrivato. Auguro loro una buona serata e poi, non appena la signorina mi chiama per dirmi che è pronto, risalgo in casa con i tradizionali scatolini. Margot è seduta in divano, con una coperta addosso.
- Che succede? Stai poco bene? - le chiedo, avvicinandomi.
- Ho solo freddo - risponde, accoccolandosi in un angolo.
Appoggio tutto sul tavolino e vado a prendere dei piatti. Mi sento osservata mentre torno in sala con l'occorrente per la cena e una mini tovaglia per non macchiare per terra.
- Ce n'è anche per te, se vuoi - dico a Margot, allungandole alcuni scatolini.
- Non ho fame... - risponde, con un filo di voce.
- Senti, Margot, sto sbagliando tutto con te, da due settimane a questa parte, ma pensi di essere l'unica a starci male? Pensi che mi faccia piacere sapere che mi odi?
- Ma... ma io non ti odio - risponde - non ti ho mai odiato. Perché pensi che ti odi?
- Beh, visto che non ci parliamo più, ho pensato che avessi iniziato a odiarmi.
- Io non ti odio... - commenta - e tu?
- Io cosa?
- Neanche tu mi odi, vero?
- Mi spieghi come potrei odiarti? L'unica persona che odio è il tuo prof di filo che si è messo fra noi.
- Non si è messo fra noi! - replica - e poi al mondo ci sono tante altre persone da odiare!
- Sì, lo so, ma infatti sto sbagliando a dirti che lo odio, perché ho già visto che è intoccabile per te.
Margot abbassa lo sguardo.
- Possiamo smettere di litigare? - mi chiede - siamo sempre state complici...
- Sì, sis, possiamo - le rispondo, sorridendo e facendole una carezza - scusami, se...
Prima che possa aggiungere altro si toglie la coperta di dosso e si avventa su di me, abbracciandomi in lacrime e stringendomi forte, senza dire nulla. Ricambio, appoggiando la mano destra sul suo capo. Rimaniamo così per un tempo che mi sembra infinito. La coccolo, come facevo quando era piccola e mi veniva a cercare in lacrime perché un altro bambino l'aveva spinta per terra al parco e lei era caduta. Era in quei momenti che mi sembrava di prendere il posto di mamma, di usurpare un trono che non era destinato a me. Avevo paura che potesse confondere i ruoli, nonostante i dieci anni di differenza fra noi, ma Margot non mi ha mai visto come una mamma, per fortuna. Per lei sono sempre stata la sorella maggiore che faceva i salti mortali per esserci sempre, nonostante tutto. Avevo paura che Margot potesse affrontare male i dispiaceri o che potesse sentirsi sola così come io mi ero sempre sentita alla sua età, senza mai dirle niente perché era solo una bambina. Avevo paura che Margot potesse reagire male, proprio perché è troppo abitauta a tenersi tutto dentro. Avevo davvero troppa paura e invece sarebbe stato meglio che avessi lasciato che facesse le sue esperienze, che vivesse e si scontrasse con le difficoltà della vita per uscirne più forte e per farsi le ossa. Spero, però, di non aver sbagliato tutto con lei perché una seconda possibilità, se un giorno dovesse riconoscermi questa colpa di non averla lasciata libera di vivere o di soffrire, non credo ci sia.
- Va meglio? - le chiedo, facendole una carezza e guardandola negli occhi.
Annuisce, sorridendo, e si rifugia di nuovo in un angolo del divano, tirando a sé la coperta.
- Sono stata malissimo in queste due settimane - mi confida, con un filo di voce - avevo paura di averti perso o di non fare più parte della tua vita per colpa della mia reazione...
- Sis, ma cosa dici? Tu farai sempre parte della mia vita, sei la persona più importante per me sulla faccia della Terra e lo sarai sempre. Nessuno riuscirà a mettersi davvero tra noi, siamo cresciute troppo in simbiosi.
Mi sorride, commossa.
- Sis, adesso però basta piangere - mi avvicino e le prendo una mano - ti voglio un mondo di bene, ricordatelo. La mia piccola grande guerriera. Questa litigata mi ha insegnato che non devo più fare selfie con tuoi professori...
Margot mi sorride ancora.
- Però mi ha anche insegnato che sei più fragile e insicura di quanto pensassi nonostante tu riesca a mascherare molto bene il tutto. Lo so che di solito i tuoi pensieri più profondi me li tieni segreti, però sappi che ci sono sempre per parlare e non mi disturberai mai. Soprattutto, non ti giudicherò perché non sono nessuno per farlo e poi perché ognuno di noi ha diritto a sbagliare e a fare cazzate, l'importante è accorgersene e parlarne. Si risolve sempre tutto, sai?
- Lo so, ma preferisco che alcune cose rimangano solo mie. Non te la prendere, ma non riuscirei mai a guardarti in faccia e a dirtelo, anche se so che non mi giudicherai.
- D'accordo, non importa - le sorrido - ora mangiamo perché sono sicura che hai fame. Ci guardiamo un film di Jared, che dici? Accendo il computer?
- Siiiiiiii - commenta, con gli occhi che le si illuminano.
- Ok, allora adesso lo accendo. Tu intanto inizia a mangiare.
- Oh, ma mi hai preso proprio tutta la mia roba preferita... grazie sis, ti adoro - mi dice, allungandosi per prendere alcuni scatolini.
Mentre accendo il computer e mi collego a un sito per guardare i film gratis, mi arriva una notifica sullo schermo del cellulare. Do un'occhiata distrattamente e poi scoppio in una fragorosa risata non appena realizzo di cosa si tratti.
- Che succede?? - mi chiede Margot, curiosa.
- No, sis, non ci credo! Mi hanno aggiunta al gruppo WhatsApp dei prof!
- Cosa cosa? Voi prof avete un gruppo WhatsApp?
- L'ha creato Lorenzo. Me l'aveva anticipato il giorno prima del consiglio di classe, ma non pensavo lo facesse davvero.
- Ma cosa ve ne fate di un gruppo WhatsApp? Cioè pensavo che non sapeste nemmeno cosa fosse un telefono, ovviamente tranne te e pochi altri.
- Scherzi, vero? È fondamentale il gruppo WhatsApp! Altrimenti come faremmo a spettegolare sui ragazzi? Ricordo ancora le gag dello scorso anno. Non hai idea di quante cazzate si dicano, poi ci sono sempre i meno esperti che mandano i vocali.
- Oddio - esclama, ridendo, Margot - proprio non ne avevo idea...
- Comunque, i prof hanno un loro codice...
- Ah sì? - mi chiede, addentando una polpetta.
- Sì - confermo - tipo a scuola è obbligatorio darsi del "tu", fuori, se è un docente di ruolo anziano, il lei è più consigliato. La mail della scuola si usa per scriversi su cose di scuola e i nomi degli alunni vanno puntati tipo 'ho dato una nota ad A.B. Si stava tagliando in classe le unghie dei piedi'.
- No, oddio, ma che disagio!
- E i pezzetti di unghie che sono rimbalzati sulla cattedra? Ne vogliamo parlare?
- Bleah - commenta - dai che mi fai vomitare le polpette che sto mangiando!
- Comunque la funzionalità della mail l'hai capita, il cellulare serve ad altro, come ti dicevo... - do un'occhiata al nome del gruppo - no oddio, sis... Guarda come Lorenzo ha chiamato il gruppo!
- Nooooo? Gli Scagati Anonimi? No va beh, muoio - commenta Margot, spanciandosi sul divano - sis sono curiosissima, guarda quando l'ha creato!!!
- Due settimane fa - rispondo, controllando subito.
- Dai, dai, è una fonte di gossip incredibile questa cosa e stimola la parte da stalker che è in me!!!! Guarda chi sono i membri del gruppo, ti prego!
- Allora, non siamo in tanti, penso che Lorenzo abbia fatto una cosa ristretta solo per noi... vorrà fare una compagnia sicuro.... - ipotizzo.
- Dimmi chi c'è, dai, dai - Margot inizia a sclerare come se non ci fosse un domani.
- Allora, ci siamo io, Lorenzo, Alexander...
- Nooooo, Gerardo è nel gruppo?! Cazzo mi devi dire assolutamente cosa scrive, ti prego!!! Se sapesse che siamo sorelle...
- Ma ti dico cosa scrivono tutti, mica solo lui! Ma sai quante ghignate ci facciamo?! Ceh, guarda solo il nome del gruppo!!!
- Appunto - ride - dai dimmi chi sono gli altri...
- Scago... - Margot ride - Carol Cinguetti, quella di filosofia della 4^O, Margherita Belfiore, la tua prof di tedesco e Nicolas Lizzani, il prof di ginnastica.
- Oddio, ci sono ben quattro miei prof: Alex, Scago, la Belfiore e Lizzani! Sis ti prego, guarda che cazzo scrivono, sono troppo eccitata!!!!
- Scago ha mandato un vocale - annuncio, con fare misterioso mentre Margot sta per soffocarsi dalle risate - schiaccio 'play'?
- Assolutamente sì, cazzo, chissà che cose disagiate ha da dire!
- "Conoscete qualche pomata rinfrescante da mettersi nel culo? Ho di nuovo prurito all'ano... secondo voi è allergia?!" - la voce di Massimo risuona nella stanza lasciandoci prima incredule e poi piegate in due dalle risate.
- No... no... no... - Margot ride e non riesce nemmeno a parlare.
- Eh beh a Scago sarà venuto uno scagazzo time impressionante... - dico, ridendo.
- Ma come si fa a pensare di avere un'allergia all'ano, spiegatemelo!
- Sis, ma di che colore sarà la pelle del suo ano? Rosso Scago? - dico, ridendo un sacco.
- No va beh, sis, morta - commenta Margot - ma quindi rosso di scago bell'ano si spera?
- Dai, questa non faceva ridere!
- Ah, faceva molto ridere la tua!
- Ma se non riesci a stare seria! - commento, punzecchiandola - d'altronde da uno che si chiama Massimo Scago non ci si può aspettare molto. I miei studenti di terza mi hanno detto che non ce la fanno a respirare quando c'è lui in classe e così con una scusa aprono sempre la finestra... avranno bisogno di non respirare aria scagata...
- Dai sis - commenta Margot, ironica - povero Massimo...
- Comunque ieri è arrivato un nuovo collega, hai sentito?
- No, chi?
- Si chiama Granvillano.
- Seria?
- Sì, insegna educazione civica.
- Dai, uno che si chiama Granvillano di cognome come fa a insegnarti qualcosa che abbia a che vedere con l'educazione!
- Eh, beh, allora se ragioni così da Scago dovresti aspettarti solo spiegazioni di merda!
- Sis! - Margot mi guarda - dai, adesso devi rispondere a Scago per risolvergli il problema all'ano!
- Ma non dovevamo guardare il film su Jared?
- Sì, sì, però sono curiosa, insomma l'ano di Scago è importante!
- Smettila - commento - dai adesso gli dico qualcosa... ah no aspetta gli ha risposto Lorenzo.
- Dai, cosa gli ha detto?
- È un vocale. "Massimo dai ma che domande fai?!?!?!?"
- Puahahahahha ma che disagio avete su quel gruppo?!
- Eh, tanto. Va beh, sis, dai, guardiamo il film con Jared perché sinceramente dell'ano arrossato di Scago non me ne importa molto.
- Va bene, però lo guardiamo accoccolate una vicina all'altra, okay? C'è anche quella scena in cui piango sempre perché mi commuovo...
- Dai, vieni qui - le dico, prendendola sotto la mia ala - lo sai che ti voglio bene, vero?
- Sì, lo so. Non sai quanto sia felice che ci siamo chiarite. Ho avuto davvero paura di perderti, come ti ho detto.
La abbraccio e la coccolo, mentre continuiamo a mangiucchiare polpette e il computer inizia a caricare il film.
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