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- Certo che queste macchinette sono davvero irritanti - commenta la collega in fila davanti a me, indecisa se assestare un colpo nelle palle alla macchinetta o al collega che ha davanti che potrebbe decisamente trovarsi nella traiettoria giusta per rischiare di perdere uno dei suoi preziosi gioielli.
- La cosa più irritante è la triste constatazione di quanto il caffè ci abbia resi dipendenti - rispondo, senza dimenticarmi di condire il tutto con tono dichiaratamente ironico, mentre faccio roteare fra le dita la chiavetta appesa al portachiavi della macchina.
- Hai proprio ragione - replica lei - ma purtroppo senza caffè diventa difficile badare alle belve.
- Già, diventa parecchio difficile - le faccio eco, mentre finalmente il collega che stava armeggiando per liberare il suo bicchierino da caffè le lascia il posto.
Nel frattempo arriva quell'immondo indisponente insignificante insulso inutile irrispettoso irritante essere: sì, se ve lo state chiedendo, li ho messi in ordine alfabetico.
- Ciao, Silvia - saluta, con enfasi, rivolgendosi alla collega.
- Ciao, Alexander - ricambia lei, estraendo in men che non si dica il suo bicchierino e iniziando a girare ripetutamente il bastoncino di plastica di cui ora mi sfugge il nome in italiano.
- Come stai? Tutto bene con le tue classi? Sono stata così contenta di ritrovarti anche quest'anno - commenta, sorridendo in modo melenso dopo aver fatto scorrere la sua mano sulla guancia di Alexander e averlo leggermente graffiato con le sue unghie rigorosamente rifatte.
- S-sì, t-tutto bene - risponde lui, balbettando.
- Mi dispiace interrompere il vostro momento topico, ma anche io necessiterei di un caffè - intervengo, tossicchiando e avvicinandomi alla macchinetta.
- Sì, hai ragione, adesso vado. Ciao, Alexander. Baciotti baciotti dalla tua lupacchiotta - conclude, sculettando mentre si allontana.
- Certa gente ha gli scheletri nell'armadio, tu invece hai una lupacchiotta. Devi sempre essere diverso dagli altri, vero? - gli chiedo, ridendo.
- Certa gente non sa né dire né tacere. Tu devi sempre seguire la massa, vero? - risponde, mostrandosi ancora più cafone di quanto non sia già nei miei confronti.
- Non seguo la massa, è un concetto che non mi è mai piaciuto. Lo sapresti, se mi avessi degnato anche solo una volta di un dialogo pacifico.
- Sei tu che mi scaraventi addosso l'ira di Dio tutte le volte che ti rivolgo la parola - brontola.
- Ah, scusa, Gandhi - commento, ironica.
In quel preciso esatto momento, vedo Margot che passeggia con Pietro in corridoio. Lui ha il braccio sinistro appoggiato sulla spalla di lei e le sta sussurrando qualcosa di spassoso all'orecchio, visto che entrambi hanno una faccia divertita.
- Senti, ma... quel tipo per caso è un tuo alunno? - mi chiede, cogliendomi di sorpresa.
- Quale tipo, scusa? Sai, com'è, è l'intervallo ed è pieno di tipi - commento.
- Quel ragazzo lì, che ha il braccio sulla spalla della mia studentessa di terza... per caso è un tuo alunno?
- Ah, quello? No, non è un mio alunno... ma perché me lo chiedi?
- No, boh, così, magari sapevi qualcosa a riguardo. L'altro giorno ho fatto una supplenza nella sua classe ed è un tipo molto arrogante. Mi ha fatto davvero salire un nervoso inimmaginabile. Sicuramente più di quello che mi fai salire tu - aggiunge.
- Ah, ma allora è a lui che ti riferivi quando mi hai detto che avevi trovato persone molto più irritanti di me!
- Sì, è quel tipo lì. Guardalo, com'è viscido. Glielo taglierei, quel braccio. Non avevo idea che conoscesse Margot, altrimenti l'avrei messa in guardia subito.
- Messa in guardia? - commento - Margot è in terza, sa cavarsela.
- Comunque, speriamo siano solo conoscenti - replica - uno screanzato del genere non si merita nemmeno di averla per amica.
Proprio in quel momento Pietro nota Gerry. Si scambiano lo stesso sguardo di due gatti che devono far capire l'uno all'altro chi comanda in quel territorio. Pietro appoggia le sue labbra sul collo di Margot, facendola sussultare. Risale e inizia a baciarla sul viso fino ad approdare sulla sua bocca. La fa appoggiare al muro di schiena, poi mette la sua mano destra sulla guancia di Margot e l'altra mano sulla parete e non smette di baciarla nemmeno per prendere fiato. Alexander rimane imbambolato a fissarli, incapace di proferire parola. Poi di colpo, non appena suona la campanella, Pietro è costretto a interrompere le sue esplorazioni del corpo umano e a incamminarsi con Margot verso la sua classe.
Mentre sono a due passi da noi, Alexander si avvicina e mi sussurra, quasi mangiandoselo dalla foga, un stai al gioco. Non ho nemmeno il tempo di anticipare la sua mossa o di capire a cosa stia alludendo che si avventa sulle mie labbra, facendomi rimbalzare all'indietro contro la parete della macchinetta. Cerco in tutti i modi di dimenarmi, visto che Margot è lì, a due passi da noi, ma lui evita che questo accada, facendomi apparire consenziente. Continua a ripassare avanti e indietro la sua lingua in questo vortice impazzito e inatteso di piacere che l'ha colto in un nanosecondo. Quando riesco finalmente a staccarmi da Alexander faccio appena in tempo a vedere Margot correre via per il corridoio, inseguita da Pietro.
- Non sapevo che voi due... - una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare.
Mi giro: è Lorenzo. È a due centimetri da noi, continua a fissarci e balbetta qualche parola incomprensibile. Mi sembra di essere in una bolla di sapone che sta vertiginosamente cadendo al suolo. Alexander mi afferra per una mano, senza darmi il tempo di dire a Lorenzo un banalissimo "non è come sembra", ma questa volta non è davvero nulla come sembra, e mi trascina via, nel bagno dei docenti, dopo essersi assicurato di aver chiuso bene la porta a chiave. Gli mollo un sonoro ceffone, che incassa senza replicare.
- Hai idea del casino in cui mi hai messo, stronzo? - gli urlo, inviperita, mentre lui si appoggia al muro, massaggiandosi la guancia.
- Fra te e Lorenzo...? - s'informa, con un filo di voce.
- Prima spiegami perché mi hai baciata, così, a tradimento, e per giunta davanti a tutti!!
- Non ti devo nessuna spiegazione, ti ho trascinata qui per evitare che Lorenzo mi facesse una scenata in corridoio!
- Ah, sei davvero furbo, non c'è che dire! Ora chissà cosa pensa che tramiamo!
- Non tramiamo, nulla, noi!
- Ah, no, nulla, eh? Non potevi baciarmi a stampo, cazzo? Dovevi proprio inserirci anche la lingua, eh? Disgraziato!
- Io so baciare solo così e fidati che ci sono colleghe che pagherebbero per avere un bacio da me.
- A quanto pare non solo colleghe...
- Cosa intendi dire, scusa? - mi ferma, prendendomi per un braccio, mentre cerco di aprire la porta e di piantarlo in asso.
- Niente, non dico niente, trovo solo che tu sia stupidamente infantile!
- Io, infantile? Ma sarai tu quella infantile!
- Ma sei tu quello che bacia a cazzo! Ma fatti curare, idiota!
Riesco ad aprire la porta del bagno e a fiondarmi fuori. Non dovrei andare a bussare alla porta della classe di Margot, ma devo chiarire subito con lei. L'altra volta per una foto non mi ha parlato per due settimane, ora per un bacio potrebbe farne una vera tragedia. Devo spiegarle tutto, soprattutto che non ho preso io l'iniziativa e che comunque fra me e Gerry non c'è nulla. Peccato che quando arrivo nella sua classe, la trovo vuota. Sono a ginnastica, cazzo. Con Margot parlerò a casa, allora, adesso devo trovare assolutamente Lorenzo.
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