Il segreto di Dhelia

6. Capitolo sei.

Un raggio di sole la colpì dritta negli occhi.
Si girò dall'altra parte e sotterrò la faccia nel cuscino.
'Dannato sole.' Ringhiò nella sua mente.
Passò qualche minuto; era sul punto di addormentarsi di nuovo quando...
"Erin! Alzati pelandrona!"
Dal piano di sotto le giunse la voce gracchiante di Dhelia che le fece salire il malumore ancor prima di vederla in faccia.
'Ma perché a me?!'
Sospirò e si alzò, mettendosi le scarpe per fare tappa al bagno.
Quando si guardò allo specchio per poco non lanciò un grido. Di corsa cercò di sistemarsi i capelli arruffati, che come sempre non avevano alcuna intenzione darsi una piega decente.
'Bene, Emy, come inizio di giornata è davvero pessimo!'
Scese nel locale e si piazzò davanti alla cassa dove Dhelia stava effettuando il suo conteggio mattutino.
"Cosa c'è da gridare tanto?" Domandò con un pizzico di irritazione nella voce.
"Devi andare a prendere le carote da Borli, stasera siamo di stufato e non ce ne è rimasta nemmeno una." Le disse la vecchia, mettendole in mano un cestino di vimini.
"Cosa?! Ma ci sono andata l'altro ieri! Mi sono caricata tre chili di carote e le hai già finite?!" Domandò lei, incredula.
"Non mi interessa cosa hai fatto. Va' e torna in tempo per dare una bella pulita da cima a fondo alle cucine."


Odio. Era l'unica cosa che provava in quel momento, fatta eccezione per il freddo pungente che la penetrava fin dentro le ossa.
Era al quanto stufa di dover obbedire a tutto quello che le veniva imposto. Ma come poteva sottrarsi da una simile tortura? Non aveva abbastanza denaro per lasciare il lavoro alla locanda, tantomeno aveva un posto dove rifugiarsi.
Sospirò, rassegnata, uscendo dal vicolo e attraversando la via principale fino alla grande piazza con la fontana nel centro.
Si fermò proprio vicino a quest'ultima e osservò come anche quella mattina il mercato cittadino fosse popolato da una moltitudine di Nani, Nane e Nanetti. Pensò a quanto sembrasse diverso lo scorrere del tempo al di fuori delle quattro mura della locanda.
Sbuffò una nuvoletta di condensa, sistemandosi meglio la sciarpa. Le cadde l'occhio sull'acqua che zampillava nella grande fontana.
"Due giorni fa era ghiacciata..." Mormorò, non accorgendosi di averlo detto ad alta voce.
"Sta arrivando la primavera." Una voce frizzante la fece sobbalzare.
"Kili!" Esclamò, voltandosi. "Mi hai spaventata."
"Scusami, non era nelle mie intenzioni. Ti ho vista e... ho pensato di venire a salutarti." Disse lui, grattandosi il capo.
Lo sguardo che le rivolse era come impacciato e – se gli occhi di Emyrin funzionavano ancora bene – si sarebbe potuto dire benissimo che Kili era arrossito.
Un piacevole calore le pervase il petto facendole dimenticare per un istante il gelido venticello che spirava per le vie della città.
"Dove vai di bello?" Le chiese poi il Nano, indicando il cestino.
"Uhm... Dhelia mi ha spedita in missione: comprare le carote per lo stufato, grande menù della serata." Rispose ironicamente, alzando gli occhi al cielo.
"Quindi andavi verso l'orto del signor Borli... beh, vorrà dire che ti accompagnerò fino ad un pezzo di strada. Anche io sto andando da quella parte." Le disse, mettendo su un sorriso sornione.


"Come va alla locanda?" Chiese il Nano, rilasciando una nuvoletta condensata; era da un po' che non vi passava.
La neve sostava ancora ai lati della strada, mentre in centro era solcata dalle ruote dei carri e vi erano le impronte degli zoccoli dei pony.
"Credo che impazzirò. Dhelia è diventata più insopportabile di prima. Vorrei andarmene ma... non saprei dove andare."
"Non puoi trovare un altro lavoro?"
"Certo che posso, ma non potrei mai più dormire sotto lo stesso tetto di quella strega. Mi caccerebbe, perché sarei inutile. E a quel punto dove potrei andare?"
Kili osservò il suo viso ombreggiarsi un istante a quei pensieri, ma poi gli rivolse uno dei suoi enormi e bellissimi sorrisi e cambiò discorso.
"Sai, sono arrivata a metà del libro che mi hai regalato!" Disse entusiasta.
"Ti piace?"
"Se mi piace? È bellissimo! È una storia avvincente e poi, Fëanor, è un personaggio davvero interessante. Sono tanto curiosa di sapere come finisce la storia e di sapere che fine fanno i gioielli tanto ambiti."
"Sono contento di vedere tutto questo entusiasmo. Ho fatto centro!" Rise Kili.
'Sì, nel mio cuore...'
"Già." Disse invece Emyrin, lasciando quelle parole nei suoi pensieri.
Poco più avanti, sulla destra, si iniziava a scorgere lo steccato dell'orto di Borli.
"Io giro qui." Disse Kili, fermandosi davanti al punto in cui la strada si biforcava.
"Beh, allora ciao. È stato un piacere incontrarti." Gli disse lei, sorridendo.
Si guardarono un istante, poi il Nano le prese le mani fra le sue – e inutile dire che avvampò in una frazione di secondo – e le disse: "Emy, lo so che sei forte. Vedrai che prima o poi la tua situazione si sistemerà, ne sono certo!" Le scoccò un bacio sulla guancia e soffiò un "ciao" sulla sua pelle, per poi dileguarsi per la stradina sterrata alla loro sinistra.


Emyrin passò cinque buoni minuti ferma immobile in mezzo alla strada, sguardo fisso davanti a sé e testa completamente altrove.
Portò una mano alla guancia e ripensò a quando il giovane vi aveva poggiato le labbra. Il solo ricordo le fece di nuovo imporporare le guance.
Era la prima volta che un ragazzo, o comunque qualcuno in generale, ma che un ragazzo, le dava un bacio. Era del tutto innocente e casto, per di più sulla guancia, ma per lei fu qualcosa di indescrivibile.
Quando finalmente mosse i piedi in direzione dell'orto, sentì le gambe intorpidite e gelate e dovette inoltre fare attenzione a non inciampare nei suoi stessi passi.


"Salve Emyrin." La salutò allegro il vecchio Nano dall'altra parte dello steccato.
"Buongiorno signor Borli." Disse lei, ricevendo uno sguardo ambiguo.
"Buongiorno? È quasi ora di pranzo oramai." Rise il Nano, piantando la pala nella terra che stava riemergendo dalla neve ormai sciolta.
"Ora di pranzo?!" Esclamò lei. "Ma è tardissimo!"
"Beh, dimmi cosa ti occorre."




"L'acqua della fontana si è scongelata. Tra poco nella radura inizieranno a spuntare di nuovo i fiori colorati." Disse la giovane, posando il cestino pieno di carote sul bancone. C'era anche qualche altro ortaggio che Borli aveva insistito per farle portar via.
Dhelia non rispose; prese il cesto e lo portò sul retro, tornando con stracci e scopa – che mollò in mano alla rossa senza nemmeno darle il tempo di togliersi sciarpa e mantella.
"Deve essere tutto pulito al mio ritorno, sono stata chiara?" Le disse con severità, avviandosi verso la porta.
"Dove vai?" Emyrin si lasciò sfuggire quella domanda, senza contare che reazione avrebbe potuto avere lei.
"Non sono affari tuoi, piccola impicciona ficcanaso che non sei altro." Esordì la Nana, sbattendo la porta.
Emyrin sospirò, scuotendo la testa.


Passate tre ore buone a pulire, era stremata a dir poco.
Bevve un sorso d'acqua e subito dopo il suo stomaco brontolò per la mancanza di cibo.
Vista la lunga assenza del cane da guardia, decise di rovistare tra le dispense e mettere qualcosa sotto ai denti.
'Sto davvero morendo di fame...' Pensò, aprendo un cassetto per cercare un dannato coltello con cui tagliare il pane.
"Ma le posate dove diavolo sono?!" Si lamentò ad alta voce, continuando a rovistare finché le sue dita non urtarono qualcosa di spesso e metallico.
"Ma che..." Tirò fuori una scatola larga almeno quanto la sua mano e la poggiò sul tavolo.
'E così,' Si disse la giovane, 'anche Dhelia ha i suoi segreti.'
Notò il piccolo lucchetto chiuso sull'apertura e si domandò perché un oggetto del genere si trovasse nel cassetto delle posate.
Emyrin non era un'impicciona come la definiva Dhelia, era buona, dolce, gentile con tutti e nonostante venisse trattata come una pezza faceva sempre tutto ciò che le veniva chiesto o ordinato.
Purtroppo però era anche curiosa. Quel piccolo scrigno era lì che chiedeva di essere aperto.
'Se Dhelia mi scoprisse non oso immaginare cosa mi farebbe...' Pensò e un brivido le attraversò la colonna vertebrale.
Ripose tutto al proprio posto, mangiando infine la fetta di pane dopo aver miracolosamente trovato un coltello.
Quella scatola aveva un non si sa cosa che l'attirava come un orso al miele.
Il punto sarebbe stato cercare la chiave. Di certo la Nana la teneva nascosta chissà dove nella sua stanza, ma dato che sarebbe potuta tornare da un momento all'altro Emy decise che l'avrebbe cercata alla prossima occasione.
Chissà se avrebbe scoperto qualcosa sul suo passato.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top