Dietro quel lucchetto
8.Capitolo otto.
Inutile dire che la mattina seguente fu un'impresa bella e buona alzarsi dal letto.
Sembrava che Dhelia non si fosse accorta di niente e quando scese di sotto realizzò che il bel sogno era finito e che la solita routine l'avrebbe travolta ancora un altro giorno.
Con un sospiro mise a posto i piatti della colazione. Fissò per un momento il cassetto delle posate, ripensando alla scatola metallica col lucchetto. Forse se avesse saputo qualcosa su Dhelia avrebbe potuto sfruttare quelle informazioni a suo favore, in qualche modo.
Scosse il capo, scacciando quel pensiero. Lei non era una persona meschina.
Si recò nella sala principale e chiese quale compito le sarebbe spettato quel giorno.
"Badare alla locanda mentre io non ci sono. E non andartene in giro per la città perché tanto lo verrò a sapere." Rispose la vecchia, avvolgendosi in una mantella viola sbiadita.
Emyrin non disse niente e non appena quella si chiuse la porta alle sue spalle salì le scale ed entrò nella sua stanza.
Era tutto in perfetto ordine. La camera di Dhelia era l'unica che lei non aveva il permesso di pulire.
Non aveva mai destato alcun sospetto il comportamento della vecchia, ma ora le sembrava nascondesse qualcosa e credeva proprio di sapere cosa fosse.
Esitò però sulla soglia, chiedendosi se fosse giusto quello che stava per fare.
E se nella scatola non ci fosse stato veramente nulla che la riguardasse? Avrebbe frugato nelle cose di Dhelia inutilmente e ingiustamente.
Ma se fosse stato il contrario...
Con quest'ultimo pensiero decise infine di entrare.
Iniziò aprendo qualche cassetto: biancheria, qualche gonna dai colori spenti e sbiaditi, bluse ingiallite da tempo. Decisamente niente di utile.
Aprì le ante dell'armadio e vi trovò solo vecchi vestiti impolverati.
Con un sospiro si sedette sullo sgabello davanti alla toletta dove Dhelia teneva vecchie boccette di profumo vuote e piccoli vasetti che fungevano da portagioie.
Si guardò allo specchio chiedendosi cosa stesse facendo.
Abbassò lo sguardo e notò che uno dei portagioie era pieno di gingilletti argentati che luccicavano.
Smosse un po' i gioielli – che mai aveva visto indosso alla Nana – trovando vari bracciali e catenine luccicose. Una le saltò all'occhio; aveva un ciondolo a forma della runa corrispondente alla E*, l'iniziale del suo nome.
La tirò fuori e scoprì che vi era un secondo ciondolo: una chiave.
Aveva il cuore che batteva fortissimo.
Doveva sbrigarsi, Dhelia sarebbe potuta tornare a momenti.
Con un profondo sospiro infilò la chiave nella serratura.
Era la sua.
La girò lentamente finché non fece scattare il lucchetto, aprendolo.
Lettere.
C'erano un mucchio di lettere a nome Khlara e Glanmir.
Forse erano famigliari di Dhelia.
Forse non avrebbe dovuto leggerle.
O forse si.
Ne prese alcune e aprì la più in basso.
A mia figlia.
Emyrin sgranò gli occhi quando lesse il seguito.
Emyrin cara,
Emyrin.
Era senza dubbio il suo nome.
Non capiva.
Andò avanti.
A mia figlia.
Emyrin cara,
come stai? Io e tuo padre aspettiamo sempre tue notizie, speriamo che un giorno ci perdonerai per averti lasciato a Gabilgathol. Ma devi capire, figlia mia, che lo abbiamo fatto per te.
Stavamo andando in rovina e dovevamo partire...
Emyrin mise giù la lettera con le mani che tremavano e il cuore che galoppava veloce.
Continuava a non capire. O forse stava fingendo.
Posò quella lettera senza finire di leggerla e ne prese un'altra e un'altra.
Cara Emyrin,
ci dispiace ma non potremo venire a prenderti ancora per un po'. Tuo padre si è ammalato e i soldi che avevamo guadagnato stanno andando via per le medicine...
Un brutto pensiero si insinuò nella sua mente, mentre i suoi occhi iniziavano ad appannarsi.
Emyrin...
Tuo padre ci ha lasciate.
Mi dispiace tantissimo non poter essere lì con te, non poter abbracciarti... spero che Dhelia lo farà al posto mio, confortandoti come avrebbe fatto tua madre...
Le lacrime scendevano copiose sulle guance. Non riuscì a trattenere i singhiozzi.
Dhelia era cattiva, sì, ma non credeva fino a quel punto.
Buon compleanno piccola Emy!
Ho racimolato un po' di soldi in questi ultimi due anni e sono riuscita a farti finalmente un bel regalo.
Spero che la catenina ti piaccia. Non so come sei diventata, ma sono sicura che ti donerà molto.
Oh, tesoro, mi manchi così tanto... scrivimi, per favore.
Ad ogni modo, sto cercando di tornare a casa. Forse ho trovato un gruppo di Nani che partono da Brea e vengono verso gli Ered Lûin. Probabilmente accetterò il passaggio.
Non vedo l'ora di vederti, accarezzarti, abbracciarti. Sono ansiosa di vedere com'è diventata la mia bambina.
Oh, ma guarda, mi stanno uscendo le lacrime.
Beh, che altro? Posso solo aspettare con ansia l'arrivo a Gabilgathol.
Ti voglio bene, sempre.
Mamma.
Questa lettera era la più recente.
La data sul retro della lettera riportava l'anno 2928, quello appena passato.
Da allora non vi erano più notizie di sua madre.
Prese le lettere e richiuse la scatola, legandosi al collo la catenina con la runa e la chiave.
Salì di corsa le scale ed entrò nella sua stanza, asciugandosi le lacrime con le maniche del vestito, anche se quelle non intendevano fermarsi.
Ora sapeva perché non ricordava nulla dei suoi genitori: era stata lasciata in affidamento a Dhelia quando era ancora troppo piccola per avere dei ricordi concreti.
Per così tanto tempo Dhelia le aveva nascosto le lettere dei suoi genitori... ma come può una persona essere tanto orribile?
Era in preda alla rabbia.
Mai aveva provato nulla del genere.
Raccolse le sue poche cose e corse fuori. Non aveva alcuna intenzione di passare un istante di più in quel posto.
Non le importava dove sarebbe andata, le bastava allontanarsi da lì.
* In rune, la lettera E è rappresentata da questo simbolo: M
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