Capitolo 3

Dopo diversi giorni di coma il giovane si svegliò in una stanza completamente bianca con qualche crepa sulle pareti; dedusse che fosse un ospedale anche se tutti i farmaci somministrategli lo rendevano poco lucido e confuso.

Strizzò gli occhi per le fastidiose luci fluorescenti appese sul soffitto e tentò di alzarsi leggermente, ma un dolore lancinante alla testa lo blocco e una smorfia di sofferenza comparve sul suo volto seguita da un gemito che fece svegliare la ragazza sdraiata sulla poltrona affianco al letto.

Si avvicinò lentamente all'infortunato e si affrettò a chiamare un' infermiera o un dottore.

Rimase così solo, sdraiato sullo scomodo materasso, in quelle quattro mura che a dirla tutta gli facevano un po' senso. Quel dolore alla testa lo tormentava, non riusciva proprio a ricordare cosa fosse successo. Tentò di alzarsi di nuovo e con tutte le forze rimaste riuscì a mettersi seduto: subito paura. Paura quando vide le sue braccia bucate da aghi attaccati alle flebo, ansia nel sentire il rumore delle macchine che in qualche modo lo avevano tenuto in vita durante quei giorni e terrore nel vedere le sue gambe fasciate, percepire il suo respiro corto e nello scoprire che cosa c'era sotto la bianca veste a pois dell'ospedale.

Alma, così si chiamava la ragazza, si fermò sulla porta mentre i medici lavoravano.

Una volta finite le analisi e sgomberata la stanza, lei fece due passi verso il letto, si sedette al fianco del ragazzo e gli accarezzò il volto, già sapeva cosa le avrebbe chiesto, lui voleva sapere che cosa fosse successo perché non si sa per quale motivo non si ricordava nulla, aveva un vuoto di memoria, sarà stata l'operazione pensava. Beh, può darsi, ma molto probabilmente era per lo shock.

Perciò Alma iniziò a raccontare tutta la vicenda... 

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