L'altra dimensione [Flame] [Parte I]
« I build a home and wait for someone to tear it down
Then pack it up in boxes, head for the next town running
'Cause I've got memories and travel like gypsies in the night »
[No Roots - Alice Merton]
TW sull'interezza della os per: riferimenti a claustrofobia, vaga manipolazione psicologica e cenni a violenze domestiche
Brevi note chiaritrici:
La time-line di questo universo ancora non esiste definita. In questa shot, per esempio, Kiwi ha ancora l'anima nel Cuore ed è legato a Nome, ma viene citata Evren come un'alleata. Non è propriamente un "errore": sono solo io che sperimento su più alternative per capire cosa si incastra meglio.
Contesto per capire cosa stradiamine succede: il motore di innesco della storia principale è un evento non citato (che è troppo acerbo per specificare adesso ma che ad ora non è importante sappiate) che porterà Flame nel posto sbagliato al momento sbagliato. Diventerà ricercata dai moti rivoluzionari di mezza Alleanza per quello che sa, e Kiwi sarà costretto a portarsela dietro per proteggere lei e i segreti dell'equilibrio dei Mondi. La shot si sviluppa su loro due che fanno i ricercati da settimane tipo banda di criminali in fuga.
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Entrare nella Piazza era sempre paragonabile all'esperienza di ficcare la testa per tre ore in un frullatore pieno di brillantini – con musica techno in reverse sparata al massimo nelle orecchie – e poi essere costretti a camminare dritti e parlare normalmente, senza perdere la dignità o sembrare completamente ubriachi.
Flame riteneva che, chi per lavoro era costretto ad attraversare i Globi almeno una volta al giorno, doveva avere uno stomaco geneticamente modificato, perché altrimenti non si spiegava come quelle povere creature potessero non rigettare tutte le viscere a ogni cambio di turno.
E infatti la ragazza si domandava a chi Kiwi avesse venduto l'anima, per riuscire a sopportare tutte le traversate dimensionali che si ritrovava ad affrontare nel giro di poche ore, sparendo e riapparendo dal nulla con la stessa semplicità con cui lei apriva lo sportello del frigo.
Mistero, concluse tra sé, caracollandogli alle spalle in uscita da un Globo spalancatosi all'uscita nella Piazza.
Il bagliore stroboscopico la accecò immediatamente, e Flame strinse forte gli occhi, per non perdere di vista la figura altera del Guardiano nella piccola folla appostata nell'atrio. Faticò, la mente intorpidita, a ricordare a se stessa di non dover cercare il suo famigliare ciuffo biondo alabastrino.
Avevano usato un Globo pubblico, questa volta, e Kiwi era stato costretto a camuffarsi per confondersi con i visitatori dimensionali, obbligando anche Flame a coprire le scaglie uhmee con tre dita di fondotinta appiccicoso e indossare le lenti a contatto, che le prudevano fastidiosamente nelle orbite.
"L'accesso alla Trama è l'unica area della Piazza che non può essere isolata dagli spazi pubblici" le aveva spiegato poco prima, mentre indossava le protesi per il quinto dito, testandole aprendo e chiudendo gentilmente le mani nel vuoto. Le aveva puntato addosso due occhi di un marrone neutro, che lo facevano sembrare quasi normale, senza le inquietanti iridi stellate. Quasi. "È un intero salone direttamente collegato ai server di Mizef, nella quarta dimensione" aveva continuato Kiwi, in tono pratico "Per progettarlo, il Maestro ha dovuto strutturare un sistema complesso e stabile di Globi periferici che trasmettano il segnale. Fare la stessa cosa con una sola postazione laterale avrebbe richiesto troppe energie per essere preso in considerazione" tubetti di trucco gli fluttuavano attorno come buffi pianeti in orbita. Il Guardiano si era aggiustato la parrucca nera nel grande specchio del camerino di Evren, nascondendosi attentamente le fin troppo identificabili orecchie a punta "Tu sei ricercata da tre quarti dell'Alleanza e la mia presenza seminerebbe il panico, quindi questo è il modo migliore per non risvegliare i controlli di sicurezza".
"Bene, non ho capito mezza parola" Flame, seduta sul ripiano da toeletta, stava scarabocchiando distrattamente il profilo di un gatto su un angolo dello specchio con un pennarello indelebile, accanto alle citazioni celebri di Shakespeare e agli sciami di piccoli cuori spezzati "Una volta lì che si fa?".
"Entriamo. E patteggiamo" aveva risposto piattamente Kiwi, come se spiegasse tutto.
Spoiler: non l'aveva fatto. Flame era anche più confusa di prima, ma conoscendo il mambriano, era improbabile che insistendo avrebbe ottenuto qualcosa di diverso da un'occhiataccia e una amorevole minaccia di morte.
Si erano avviati verso Londra con accortezza fin troppo eccessiva, attraversando, tra un tragitto di un bus notturno e l'altro, strade e tetti inagibili che nemmeno Flame si sarebbe azzardata a valicare nella sua Bristol. Kiwi però le aveva promesso che sarebbero in tempo per l'alba e questo, in minima parte, l'aveva tranquillizzata.
Adesso però Flame, stordita dal viaggio tra Londra e la quinta dimensione, rischiò di andare a sbattere contro una coppia di signori scandalizzati.
Biascicò una scusa, ma per poco non inciampò drasticamente nella valigia di un altro ragazzo, che si scansò, sconcertato. Le luci riflettenti della Piazza le vorticavano attorno come un caleidoscopio impazzito e i piedi sembravano di gomma piuma.
– Stammi dietro.
Sentì una mano ferrea stringerle la collottola e strattonarla indietro, per impedirle di spiaccicare la faccia a terra. Dovette strizzare gli occhi un paio di volte prima di riconoscere Kiwi, in quello strano travestimento da adolescente scappato di casa, che però contrastava con la sua faccia da genitore pentito di aver avuto figli.
– Rimani concentrata. Il Maestro non ci può coprire se ti riempi di ridicolo in pubblico – sibilò, nel tono fermo di una minaccia.
Flame si sentì scottare le guance, improvvisamente più lucida.
– Scusa se non ho la costituzione di Sua Signoria – si infervorò – Non ti sei mai chiesto perché nella tua Piazza del cazzo ci siano i distributori di aspirina e di integratori di zucchero? – aggiunse, indicandone seccamente uno a lato della corsia – Per i comuni mortali – si rispose da sola, alzando la voce – che non se la tirano come qualcuno che...
Ma, con un'occhiata assassina, Kiwi le cucì la bocca. Letteralmente, visto che le labbra di Flame si erano come impastate sulla successiva batteria di insulti.
Lui e le sue stupide diavolerie magiche.
Stronzo, provò a comunicargli con lo sguardo, mentre Kiwi le afferrava il polso senza tante cerimonie e se la trascinava dietro.
Da fuori dovevano sembrare un babysitter frustrato dalla vita e una bimba che vuole dare fuoco a qualcosa.
Beh, considerò Flame amaramente, rinunciando infine a divincolarsi dal pugno inamovibile di lui, sempre meglio di una fuorilegge e un assassino.
Seguirono il flusso di visitatori a marcia serrata, senza scambiarsi un'altra parola. I grandi corridoi rettangolari brillavano loro attorno, lucenti come prismi sotto al sole. Era come attraversare un gioco complesso di frattali colorati. A primo impatto faceva girare la testa, ma bastava il tempo di abituarsi, per trasformare il tutto in una passeggiata tra le nebulose o in un miscuglio eterogeneo di tempera e vortici di schiuma.
Era dura da ammettere, ma quella Piazza del cazzo era bella da morire.
Kiwi non le mollò il polso per parecchio tempo, tanto che Flame temette glielo slogasse. Il mambriano, anche con la pelle di un colore umano e con addosso una felpa troppo grande con la fierissima stampa Cute but psycho – rigorosamente rubata ad Evren –, riusciva a mantenere il portamento regale di chi sta per risolvere la fame nei Mondi, eliminare i cetriolini dagli hamburger o qualche altra nobile missione planetaria. Si voltava verso di lei circa ogni trenta secondi, forse per accertarsi che non si fosse segata un braccio per scappare, e poi tornava a marciare tutto serio verso solo Nome sapeva dove.
La Piazza era costituita da talmente tante sezioni che non era strano vedere visitatori provenienti da ogni parte dell'Alleanza riuniti nello stesso posto, indaffarati ad armeggiare con i Dispositivi. Diversi gruppetti, tra rigidi uhmee e rumorosi sazghara, si ammassavano sulle panchine ritorte e vetrose disposte ai lati dei corridoi; altri, più che altro umani, si mettevano in fila davanti ai distributori o picchiettavano frenetici contro i grandi display olografici, programmati per l'assistenza interna, in cerca di informazioni sulla prenotazione delle successive traversate o forse per testare quanti tap insistenti i software pentadimensionali potevano sopportare prima di andare in crash. Flame vide piccoli mezzi di trasporto ovali, simili ai rapyd di Mizef, volarle in un sibilo sopra la testa, dedicati al trasporto di merci o bagagli pesanti, e immaginò quanto sarebbe stato divertente salirci sopra, invece di essere trainata da Kiwi come un trolley.
– Ehi – Flame si accorse con soddisfazione di poter parlare di nuovo – Ehi, Kiwi, quando passi la notte qui, dormi sulle panchine come i barboni?
– Stai zitta. E non chiamarmi così – rispose lui lapidario, senza rallentare.
– Ah già, abbiamo i nomi in codice – Flame alzò gli occhi al cielo – Com'è che ti chiamavi, tu? Era qualcosa tipo Pablo, o Pedro, giusto? E senti, Peter, già che ci sei mi lasci il braccio che tra un po' non mi circola più il sangue?
Il Guardiano la lasciò di scatto in un gesto rassegnato, ma non si voltò. Flame dovette accelerare bruscamente, per stargli dietro, ora che aveva perso il suo passo.
– Qui non è mai notte – le rispose dopo un istante, questa volta riservandole un'occhiata penetrante con quei suoi nuovi occhi troppo umani – Non manca molto, andiamo di qua – non le diede il tempo di ribattere che imboccò di botto un corridoio laterale. Con la luce intensa della Piazza che annullava le prospettive, Flame non l'aveva neanche notato.
Scivolò repentinamente verso la parete, rasentandola e tallonando Kiwi, e bastò alzare distrattamente lo sguardo per incrociare la propria espressione incredula, dall'altra parte del muro. Non se n'era mai accorta, nelle sue precedenti gite tra i Mondi, presa com'era da corse affannate o intontita dal peso di una dimensione in più, ma i muri non erano opachi come aveva creduto. Vide la propria immagine, riflessa come la osservasse attraverso una vetrata di piccoli frammenti di tonalità discordi, ma incredibilmente nitida. Le sagome intermittenti che vi scorrevano dietro, che aveva sempre pensato essere frutto di chissà quale strano effetto di luce o magia, erano solo la distorsione della folla alle sue spalle.
Specchi, realizzò la ragazza, un brivido inspiegabile a percorrerle la schiena, la Piazza è fatta di specchi.
Levò la testa verso Kiwi e, per un solo istante, le sembrò di scorgere il riflesso di lui, sulla parete affianco, allungarsi in quella di un'ombra incappucciata, nera e oscillante come un fantasma. Durò il tempo di notarlo; battere le palpebre, o prendere un respiro. Poi il normale profilo di un ragazzo tornò a corrergli accanto, come non fosse mai mutato.
– Da questa parte – disse Kiwi, troncando qualsiasi domanda stranita le si stesse formando in bocca – Superior ci sta aspettando.
Il salone di accesso alla Trama era angosciante come un cimitero. Flame inseguì Kiwi oltre le colonne dei controlli, che li lasciarono passare anche senza aver pagato il biglietto, e si bloccò a metà di un passo, colta da un conato di vomito che non c'entrava nulla con l'intontimento causato dal Globo.
– Non pretenderai che io mi ficchi dentro una di quelle? – sbottò la ragazza, indicando orripilata le decine di strane capsule biancastre allineate sul perimetro della parete a semicerchio. Il Guardiano si voltò e la squadrò minaccioso.
– O questo, o torni indietro – decretò minatorio, facendosi più vicino di qualche passo per sussurrare, fuori portata di orecchie indiscrete: – ma a Londra verresti arrestata.
– Mi stai minacciando, Fruttino? – Flame si imbronciò. Guardandolo così da vicino, si potevano scorgere i minuscoli grumi di fondotinta a coprirgli le lentiggini – Mi sono fatta arrestare talmente tante volte che ho la chiavetta del distributore di merendine della centrale di Bristol. Con me non attacca, tesoro; potrei tornare indietro anche adesso.
Ma gli occhi di Kiwi, nella loro bruna artificialità, non tremolarono nemmeno.
– Philomena, non potrei aiutarti, se Mizef ti catturasse – mormorò, tanto piano quanto Flame trasalì, nel sentire pronunciare il suo nome da lui – Non sai cosa fanno, ai traditori dell'Alleanza. Ma io sì – non batteva nemmeno le palpebre, gli occhi incollati nei suoi; la voce un bisbiglio, ma fredda come ghiaccio – Perché mandavano me, a far loro del male.
Flame ammutolì.
Attorno a loro, i viaggiatori che avevano prenotato la traversa digitale non li guardavano nemmeno. Scorrevano loro accanto privi di nome o volto. C'erano solo gli occhi di Kiwi e quell'improvvisa preghiera che vi era sbocciata, muta e spaventata; quella di chi il mondo ha messo in ginocchio e non ha più nemmeno la forza di urlare.
Non lasciare che io ti faccia male.
Flame aveva sempre fatto fatica a capire le emozioni delle persone – soprattutto quelle di pezzi di pietra ambulanti come il Demone di Mambra – ma quella supplica senza voce la raggiunse come una freccia e le seccò in bocca ogni protesta.
Era disturbante vederlo così, quasi come scostare il lenzuolo che copre un cadavere, e invadere spazi altrimenti proibiti.
Flame si impose con forza di cancellare quell'immagine dalla testa.
Distolse a disagio lo sguardo da lui e guardò le capsule allineate. Scritte digitali in nero correvano fluide sulle pareti a specchio, rincorrendo i visitatori per dar loro le istruzioni da seguire. Osservò con un nodo in gola uno dei coperchi richiudersi su un giovane mizefiano, come una bara bianca. Immediatamente si pentì di aver visualizzato un'altra immagine macabra.
– D'accordo, vengo con te – disse infine, tornando a scrutare Kiwi davanti a sé, senza nemmeno sapere cosa fosse stato ad averla spinta a seguirlo, nel corso delle ultime settimane. E domandandosi istericamente quando, di preciso, la paura verso un assassino si fosse trasformata in qualcosa di pericolosamente simile all'affetto per un fratello più grande – Ma poi ti picchio.
Vide un lampo di sollievo accenderglisi negli occhi bruni, prima di essere reinghiottito dalla rigidità professionale.
– Certo – mormorò egli soltanto, chiudendo bruscamente la discussione.
Si voltò senza un'altra parola e le fece cenno di seguirlo, verso le ultime due capsule all'estremità destra del semicerchio.
Flame ci mise un attimo a obbedire, ancora scossa dall'intensità penetrante dei suoi occhi nei propri. E dire che non era neanche il suo sguardo naturale! Sentirsi scrutare a quel modo, senza il filtro delle lenti a contatto, doveva essere un'esperienza capace di mandarti in terapia per qualche anno.
Rimase a osservare il Guardiano un istante. Non sapeva se fosse per lo scambio di un attimo prima, ma le spalle di lui avevano perso la propria fluidità regale; ora rigide e scattose come se si stessero gradualmente trasformando in pietra.
Flame si morse un labbro e gli andò dietro. Avvicinandosi, fu distratta dalle istruzioni digitali giunte prontamente a precedere i suoi passi, per terra, alla distanza giusta per poterle leggere senza farsi venire il torcicollo.
Benvenuti alla SAMT: la Stazione di Accesso Multidigitale alla Trama! Vi forniremo tutte le istruzioni necessarie per un corretto utilizzo dei Punti di Accesso.
La scritta, nei suoi ghirigori in merack, era accompagnata da un'animazione ridicola di un mizefiano stilizzato che sorrideva, facendo l'occhiolino.
Flame smise di leggere il resto e si limitò a pedinare Kiwi, chiedendosi quale ingegnere informatico sottopagato avesse progettato un'interfaccia così odiosa.
Raggiungendo le capsule addossate alla parete, la scritta scivolava sul muro, per poterla leggere all'altezza degli occhi, anche se Flame aveva perso interesse.
Kiwi era pallido anche attraverso il trucco. Si sfilò lo zaino e lo lasciò ricadere seccamente in uno sportello a chiusura invisibile accanto alla propria capsula.
– Fruttino, tutto bene? – bisbigliò Flame, sporgendosi verso di lui.
– Togliti l'orologio – fu la risposta lapidaria.
La ragazza arricciò il naso, ma non insistette. In un'altra occasione forse l'avrebbe volentieri bersagliato di domande, ma ora c'era qualcosa di pericoloso e instabile, nel modo in cui lui si muoveva. Flame lo conosceva troppo poco per capire cosa gli passasse per la testa di preciso, ma testare la sua pazienza era divertente solo fino a quando non c'era il rischio che le strizzasse il sangue dal cuore con il pensiero.
In silenzio, seguì le istruzioni del piccolo uhmee irritante, legandosi i capelli per non far sballare i sensori e togliendosi dalle dita gli anelli di plastica.
– Ehi, senti, è normale che durante il processo mi debbano scansionare l'iride per il riconoscimento? – si azzardò a chiedere Flame dopo un minuto.
Kiwi le scoccò un'occhiata affilata, ma non era ostile.
– È il Maestro a gestire il database della Piazza. Solo dopo le informazioni sui visitatori vengono mandate a Mizef. Ci copre lui – rispose in un mormorio severo.
– Wow, se anche il Santo Nome può permettersi di infrangere le regole, mi sento un po' meglio – lo schernì Flame in risposta, ma Kiwi, intento a fissare intensamente la capsula aperta, non sembrò sentirla.
– Davvero stai bene? Sembri più zombie del solito – ritentò lei, più cauta – Guarda che non è che smanio dalla voglia di sentire il mio cervello andare in pezzi dentro la Trama, eh. Sembra piuttosto doloroso, quindi se non ti va ci proviamo un'altra...
– No.
Flame sentì di nuovo le labbra appiccicarsi da sole tra loro, e represse un grugnito di frustrazione.
– Il processo cosciente per accedere alla Trama non dura più di quattro secondi – recitò Kiwi, dandole le spalle – Poi le connessioni neuronali vengono alterate in modo estremamente immediato e gli impulsi sensoriali vengono spinti nel metaverso. Non c'è dolore. Dura solo quattro secondi.
L'aveva ripetuto, come se per qualche ragione fosse molto importante.
Quattro secondi.
Flame, impossibilitata dal parlare, si limitò a scoccargli uno sguardo confuso, che lui fece palesemente finta di non notare.
Kiwi alzò piano la testa verso il piccolo uhmee che saltellava entusiasta sulla parete, sovrapponendosi al riflesso colorato della sua faccia stanca. Nello specchio, per il tempo di un respiro, sembrò passare un'ombra.
Siamo pronti per partire! Posizionarsi all'interno della capsula con braccia lungo il corpo e rilassate la testa. Potreste avvertire un senso di fastidio o intontimento al rientro. Vi auguriamo un ottimo viaggio!
– Ci vediamo dentro – disse quindi Kiwi, sedendosi sul bordo della capsula. Le sue mani ne stringevano il bordo con un po' troppa forza – Non muoverti dalla lobby. Ti raggiungo io.
Flame provò bruscamente a scollare le labbra, per chiedergli ancora una volta che cosa ci fosse che lo innervosiva così tanto, in quel piano che era stato tutto una sua idea; ma il Guardiano gliele teneva ostinatamente serrate. Flame allora si limitò ad annuire, provando a trasmettergli con gli occhi tutto il suo biasimo.
Kiwi aspettò rigidamente che lei si fosse sdraiata per prima, e poi la ragazza, con la coda dell'occhio, lo vide prendere un respiro profondo e sparire oltre il bordo della propria capsula.
Passò mezzo secondo di vuoto, nel quale osservò i ghirigori luminosi del soffitto della Piazza sopra di sé. Poi un senso di nausea la assalì, nel vedere il coperchio animarsi e calarle sulla testa.
Valutò di tirare un calcio alla bara e scappare, abbandonare tutto, cambiare nome e vita, scordarsi dell'esistenza di un universo lontano dai vicoli... ma fu soltanto per un attimo, prima che il coperchio inghiottisse anche l'ultima lingua di luce e la intrappolasse in un buio fitto e stretto, come una mano premuta sulla bocca.
Vi auguriamo un ottimo viaggio!
Iniziò a contare.
Un secondo.
Due secondi.
Flame sentiva il suo respiro e si sforzò di regolarlo; e convincersi che, secondo qualche bizzarro meccanismo che trascendeva la sua comprensione, stesse andando tutto bene. Che Kiwi, nonostante l'oscurità che si agitava nel suo passato, in qualche strano modo l'avrebbe protetta. Inaspettatamente. Come aveva fatto sempre.
Flame sentiva il battito ansioso del cuore. Rimbombava come se le stessero vibrando un diapason direttamente nel cervello.
Quel posto puzzava di disinfettante.
Aveva sonno.
Tre secondi.
Era già successo? Era già dall'altro lato?
Forse no.
Le prudeva un piede.
Immaginò Nome trovare il suo nome ed eliminarlo da uno schedario come un professore annoiato che spunta una presenza.
Nome-Nome.
Pensò che quel pensiero suonava da schifo.
Pensiero-Pensiero.
E che anche questo suonava da schifo.
Quattro secondi.
Il mondo nella testa si ribaltò e si svuotò di senso.
Il buio venne iniettato di colori che non capiva. Forse non esistevano o forse non li ricordava.
Aveva sonno.
Prima che potesse realizzarlo,Flame scivolò in una dimensione diversa.
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Cover credits: @ / cossiopea_ su ig (still me, helo)
NdA:
Questa shot serviva a sperimentare il personaggio di Superior, ma mi sono trovata impigliata in un'introduzione lunghissima rip
A Superior ci arriviamo nella terza e ultima parte, stay tuned. Intanto beccatevi interazioni aggratis tra due dei miei protagonisti e un'anticipazione del character design di Superior, disegnato stortino da me medesima, che trovate qui sopra in copertina **
Giuro che tutte le somiglianze con Alastor di Hazbin Hotel sono puramente casuali (la personalità no, però ahah: quella è ispirata spudoratamente, insieme a Bill Chiper e un pizzico di Hermes di EPIC: vedrete eheh).
Per provarlo allego disegno della preistoria del 2021 - quando Hazbin non era nemmeno nei miei sogni più vaghi - di Superior, a cui siete autorizzat3 a dare fuoco senza provare neanche un pizzico di rimorso:
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