Il davanzale [Flame]

« And all the roads we have to walk are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I would like to say to you, but I don't know how »

[Wonderwall - Oasis]

TW per menzioni vaghe a violenze domestiche

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– Non so come tu abbia fatto a non farti vedere, ma non dovresti essere qui.

– Amico, hai appena riassunto la mia vita.

Moon alza gli occhi al cielo e scuote la testa con nervosismo.

Flame scavalca agilmente il davanzale della sua finestra al primo piano e ci si accomoda, spudorata, ritagliandosi un posto a sedere tra una batteria di calcolatrici a energia solare in caricamento e un pendolo di Newton che tintinna in modo irritante.

Moon Morrison è seduto alla sua scrivania dall'altra parte della stanza, ricolma di strani apparecchi elettronici che la ragazza sa essere meticolosamente catalogati per dimensione, ordine alfabetico e probabilmente peso molecolare. Ha la schiena irrigidita davanti a due file di computer olografici che gettano nella stanza in penombra una luce da discoteca intermittente. La schermata principale del Dispositivo gli lampeggia davanti alla faccia come una maschera da sci, su cui qualcuno sembra avere scarabocchiato una moltitudine di icone invertite, di una miriade di app diverse a occhio e croce sufficienti ad hackerare il Pentagono.

Moon la sta fissando accigliato, quasi stesse silenziosamente sperando che lei sparisca da sola senza bisogno di chiederlo ad alta voce.

Flame liquida la sua apprensione con un sorriso obliquo e accavalla le gambe in modo definitivo.

– Che fai di bello?

A quella domanda le orecchie di Moon si ripiegano bruscamente all'indietro.

– Se mio padre scopre che sei qui, mi sequestra anche lo spazzolino – sibila il ragazzo, senza rispondere – E tu sei morta.

Flame butta la testa all'indietro e i capelli, lasciati sciolti e ricci in una nuvola fosforescente, ondeggiano liquidi nella luce tiepida del tardo pomeriggio. Rilascia un verso divertito, a metà strada tra una risata e un grugnito.

– Siamo ancora alla fase delle minacce? Pensavo l'avessimo superata mesi fa – si sporge in avanti e addossa il mento sul palmo della mano, il gomito sul ginocchio – Tuo padre mi adora. Una volta mi ha perfino salutato.

– Hai una concezione molto ottimistica dell'attaccamento verso il prossimo – ribatte Moon, mettendo il broncio, e Flame allarga il sorriso, notando che sta adottando il linguaggio complicato, quello che gli piace tanto sfoggiare quando è in difficoltà. Potrebbe essere definito una sottospecie di assurdo meccanismo di difesa: da che lo conosce, la sua mossa segreta per sconfiggere il boss finale in una fase di tensione è quella di trasformarsi in un professore di letteratura.

Davvero terrificante.

– Ma certamente, vostra eccellenza – lo rimbecca la ragazza, alzando la testa e fingendo di aggiustarsi un monocolo per leggere una pergamena immaginaria – Terrò in estrema considerazione il vostro punto di vista – accartoccia il foglio invisibile e se lo getta alle spalle, oltre il davanzale.

Moon rilascia un sospiro esasperato e lo schermo del suo Dispositivo si spegne con un guizzo.

– Dovrei denunciarti.

– Dovresti.

L'uhmee stringe le labbra in una fessura.

– Flame, tu non l'hai visto l'ultima volta che ti ha trovata qui – continua, abbassando la voce. Dal suo sguardo che dardeggia per un istante verso la porta chiusa, Flame capisce che sta parlando ancora del signor Morrison – Crede che tu faccia parte di un gruppo terroristico o qualcosa di simile.

– È la maledizione di noi bellissimi.

Flame – l'occhiataccia che le scocca sfiora l'implorazione. Moon si morde un labbro, provando a ricomporsi – Senti, magari potresti piacergli di più se, non lo so, non ci entrassi in casa dalle grondaie e bussassi alla porta come le persone normali – fa una pausa – E ti vestissi anche come una persona normale... – aggiunge, i suoi occhi blu cobalto che corrono a disagio alla sua maglietta asimmetrica piena di macchie di vernice, ai pantaloni con tasche bucate appuntate da spille provocanti e alle scarpe da parkour rigorosamente di colori diversi.

È il turno di Flame di alzare gli occhi verso il cielo.

– C'è una regione di Ninfra dove vanno in giro nudi e se ti vestono vuol dire che sei un traditore – replica seccamente la ragazza – Sei tu il cervellone che dovrebbe saperlo: non esiste un modo normale di vestirsi.

– D'accordo, ma non era questo che... – la faccia di Moon si ritorce in una smorfia sofferente, come se la sua lingua si fosse appena annodata tra parole troppo astruse anche per lui. Infine sbuffa e si alza dalla scrivania – Va bene. Hai vinto – le fa cenno di avvicinarsi, rassegnato – Togliti dalla finestra e fai piano.

– Grande, lo sapevo – con un balzo arrogante, Flame atterra sul parquet mentre l'amico chiude freneticamente i vetri alle sue spalle. La ragazza si ficca le mani in tasca e raggiunge sorridendo la scrivania di Moon, il quale ci si fa ricadere davanti con aria esausta.

– Giuro, non capirò mai perché attraversare tutta la città per importunarmi se ci vediamo ogni giorno a scuola – esala il ragazzo, riaccendendo con distacco il Dispositivo davanti al volto e riposizionando automaticamente le mani sul sensore del pc – Stupido io che non ci arrivo.

– Ehi, parole tue – Flame ridacchia e si sporge oltre la sua spalla. I suoi grandi occhi eterocromi riflettono perplessi eterne stringhe di codice e schede sovrapposte di labirintiche ricerche in merack. Storce le labbra e rinuncia a capirci qualcosa dopo mezza parola di lettura – Volevo solo romperti le palle perché sei mio amico, stupido che non ci arriva – gli dà un colpetto affettuoso sulla punta di un orecchio, che si ripiega subito in giù, infastidito – Spark doveva aiutare suo fratello con una roba e a casa le cose facevano troppo schifo per non farmi venire voglia di farmi i cazzi tuoi.

Moon le lancia un'occhiata interdetta, talmente rapida che Flame la nota solo con la coda dell'occhio.

– Apprezzo il pensiero – risponde il ragazzo, lapidario. Non fa domande, anche se l'ha sentita benissimo. E Flame non è sicura se esserne grata o offesa.

È sempre complicato parlare di quello che succede con i fratelli, seppur di sfuggita, e far emergere le dinamiche pericolose che si gonfiano in quell'appartamento troppo stretto. È come se casa e Moon, con annesso Spark e il resto, facessero parte di due mondi completamente diversi; da non far collidere mai, neanche per sbaglio. Per non permettere alla merda dell'uno di inquinare il colore dell'altro e peggiorare ciò che già è fin troppo difficile da sopportare, anche senza che quei pensieri velenosi la inseguano nella famigliarità dei vicoli.

– Ma sono nel mezzo di importanti faccende scolastiche e culturali – continua Moon dopo un lungo istante – Sono in ritardo per l'elaborato di informatica.

Flame si rià battendo le palpebre e inarca un sopracciglio. Lo fissa inclinando dubbiosamente la testa.

– Aspe', stai parlando di quello da consegnare tra due settimane?

– Esatto. Sono in ritardo.

Flame si strozza con una risata.

– Perfetto, Einstein. Fammi sapere quando hai finito che poi ci vinciamo un paio di Nobel – ignora l'ennesima occhiata di disapprovazione dell'amico – Cos'è che dovevamo fare?

– Programmare lo scheletro di un'AI organizzativa con accessori vocali. Non era richiesto, ma sto lavorando anche sull'interfaccia utente – risponde meccanicamente l'altro, senza neanche guardarla. Ha l'attenzione interamente rivolta agli schermi davanti a sé, le pupille che schizzano da un riquadro all'altro come ne valesse la propria vita.

– Illuminante – annuisce Flame, con falsa serietà – Ho balzato tipo tre lezioni del corso e durante le altre stavo giocando a carte con Lou, ma sono sicura sia interessantissimo. Continua così. Rendi fieri i tuoi antenati.

Moon non si degna neanche di replicare. Si limita ad emettere un respiro più lungo degli altri e a far fremere le orecchie. Tra le righe, Flame decifra chiaramente la minaccia velata di cucirle la bocca con quindici strati di scotch ultra adesivo.

Sa perfettamente che ne sarebbe capace e che la detesta. Per questo gli vuole bene.

Flame riflesse spesso sulla coincidenza astrale che li ha fatti diventare amici. Loro due sono realtà agli antipodi, unite soltanto da un filo tanto sottile quanto indistruttibile: il desiderio di giustizia sociale in un mondo che non ne sa offrire.

Lei, che a scuola ci va a malapena per fare presenza e viene accolta ogni volta dagli sguardi di fuoco dei professori e dagli applausi sarcastici dei compagni, che le domandano come si dorma in prigione.

E Moon, che definirlo studente modello potrebbe sembrare un insulto. Ha nella testa talmente tante informazioni che Flame ne sarebbe invidiosa, se soltanto una sola di quelle formule si fosse mai rivelata utile nella vita vera. In ogni caso, ha i voti sparati alle stelle e il senso dell'umorismo di un tostapane, quindi nell'ambiente scolastico è considerato una specie di divinità.

Eppure, a dispetto di intelligenza, carisma o qualunque altro tipo di straordinaria virtù, la scuola era sempre stato un brutto posto per chiunque fosse diverso. Per chi aveva le orecchie nel posto sbagliato, il colore degli occhi troppo acceso e scaglie brillanti sugli zigomi.

Era bastato un episodio di due anni prima ad unirli per sempre. Flame l'ha ben imparato negli anni: sono i brutti posti, a congiungere le persone sole.

La calcolatrice grafica di Moon frantumata a terra con sdegno crudele, lui che si nascondeva il volto nelle mani tremanti con un pollice in più, singhiozzando di non essere un mostro solo perché nato su un pianeta diverso. E Flame che gli aveva offerto un biscotto e un fazzoletto, sussurrandogli con un sorriso di denti tutti sbilenchi che quelli fighi possono permettersi di vedere le proprie cose ridotte in pezzi, perché capaci di costruirne di ancora migliori.

Moon aveva incrociato il suo sguardo, adocchiando con occhioni lucidi le sue guance livide per gli schiaffi, e il sorriso di chi non ha voglia di crollare. E bum. Fatta. Amici. Inseparabili. Insieme fino alla fine.

A Flame l'amicizia con Moon è sempre sembrata una specie di magia.

Certo, lo scotto da pagare per la magia era doversi sorbire le sue sessioni di boriose ripetizioni ad alta voce prima di ogni interrogazione da dieci, e sentirsi entrare in testa, proprio malgrado, informazioni su argomenti a cui non avrebbe mai dedicato neanche il tempo di inghiottire una patatina fritta.

Aveva ancora gli incubi sulle proprietà delle onde elettromagnetiche.

Ora la ragazza, già stanca dei linguaggi di programmazione, compie qualche passo all'indietro per raggiungere furtivamente il letto di Moon. Ci si tuffa sopra con uno sbuffo, affondando di faccia nel materasso che sembra fatto di marshmallow. Le lenzuola profumano di pulito e Flame emette un mugugno soddisfatto.

– Non sporcare il piumone con le scarpe – la ammonisce l'amico, senza voltarsi – L'ho appena cambiato.

– Per chi mi hai preso? Vandalizzo solo i muri, tesoro – Flame si sfila le scarpe senza neanche slacciarle e resiste a malapena all'impulso di lanciarle in aria, sapendo che farebbero troppo rumore, atterrando sul pavimento. La stanza di Moon è insonorizzata, ma non al punto di attutire lo schianto delle sue suole da cinque centimetri sul parquet. Si limita a lasciarle cautamente ai piedi del letto. Poi si butta di schiena sul materasso e i suoi capelli si spalmano sul cuscino come zucchero filato.

Rimane in silenzio un attimo, lo sguardo puntato in alto. Si sente il ronzio del computer di Moon e il picchiettio attento delle sue dita sul sensore.

C'è una rappresentazione dell'Alleanza costruita con piccoli led, che riempie l'intero soffitto della camera. A Flame è sempre piaciuta. Il vortice centrale è formato da cinque braccia, che si diramano tutt'attorno, ognuna di un colore diverso. I rami sono ondulati e terminano in estremità ritorte in spire di varie forme ipnotiche.

Un triangolo viola per Mizef; un cerchio azzurro per la Terra; un quadrato bianco per Vastrya; un rombo blu scuro per Ninfra. E una specie di mezza luna verde per Mambra.

Flame lo fissa per un po', assorta, facendo scorrere lo sguardo sulla spirale centrale della Piazza. Se la si osserva abbastanza a lungo senza sbattere le palpebre, sembra quasi ruotare.

Moon non tenta di fare conversazione, perso in chissà quale, noioso universo, e il silenzio cala nella stanza per un po', mentre il sole si avvia adagio dietro al profilo frastagliato di Bristol, oltre la finestra.

– Ci verresti, su Mizef?

Flame lo chiede dopo interminabili minuti di vuoto. Gira la testa sul cuscino per guardare Moon e lo vede irrigidire le spalle.

– Non so, l'ultima volta che ci sono stato avevo due giorni di vita.

– Per questo ti chiedo se vorresti andarci, genio – Flame si tira a sedere e incrocia le gambe sul piumone – Tipo, prendiamo un treno, ci infiltriamo nel Tempio di Londra e vediamo come è fatta. Un'ora o due, giusto un giro veloce. Che dici?

– Hai appena descritto il modo perfetto per farsi arrestare dai governi di mezza Alleanza. Quindi dico no, grazie.

– Come è fatta Mizef, secondo te? – Flame si lascia ricadere di nuovo sdraiata, a braccia spalancate, e ignora il pessimismo seccante dell'amico – Sembra una figata. Non pagare i trasporti, vivere in città fluttuanti o in fondo all'oceano...

– Se sali clandestinamente sui mezzi, non li paghi neanche qui – le fa notare Moon, piatto.

– Dettagli.

– E poi perché questa ossessione per Mizef così all'improvviso? – Moon gira appena la testa per scoccarle un'occhiata obliqua – Perché non le grandi città ad alveare di Ninfra o la natura incontaminata di Vastrya?

– Sembri una guida turistica – lo schernisce Flame.

– Grazie – e dalla voce atona Flame non capisce se sia ironico oppure no. Nel dubbio, rotea gli occhi in alto.

– Okay, senti, Mizef è da dove arriviamo – riprende dopo un istante – Boh, magari scopriamo che è davvero meglio della Terra e che vivere lì ha più senso di questo schifo.

Moon rimane in silenzio per parecchio, prima di rispondere, tanto che la ragazza inizia ad avere il dubbio che fosse troppo distratto per ascoltarla.

– Tutta la tua protesta diventerebbe inutile, immagino – rompe poi l'uhmee, parlando lentamente – Non era la filosofia di voi attivisti, che anche il pianeta peggiore si può salvare?

Flame aggrotta la fronte.

Non può aver appena ricevuto una lezione di moralità attivista da Moon, si rifiuta di crederlo. Mette il broncio e non risponde, anche se silenziosamente esclude l'idea di fuggire. Perché forse è vero che anche lo schifo merita una chance di redenzione, qualche volta.

Si mette di nuovo seduta e scende dal letto, camminando a terra con i calzini. Senza le suole che compensano la sua statura imbarazzante, i pantaloni cargo dai bordi sfilacciati strusciano fastidiosamente sul pavimento.

– Programmare robe intelligenti ti rende intelligente, a quanto pare. Non l'avrei mai detto – commenta infine la ragazza, affiancandolo di nuovo davanti agli schermi. Moon non risponde, ma Flame gli vede strizzare le labbra, in un accenno di soddisfazione.

La ragazza allora sporge un gomito e si appoggia di peso alla testa dell'amico, come fosse un muretto, o un vaso di fiori rompiscatole.

Lui ripiega le orecchie all'indietro e storce il naso, sorpreso, ma non la scaccia. Rimangono muti a osservare sciami di rettangoli che si spostano e immagini che si accavallano. Flame si domanda corrucciata come cavolo faccia il cervello di Moon a non esplodere con tutta quella roba da leggere e capire tutta insieme.

– Ho quasi finito – dice il ragazzo dopo qualche secondo – Sta venendo bene.

– Attento che poi Superior ti denuncia per nerdaggine, se gli rubi il lavoro – considera Flame, in un sorriso sarcastico.

– Mando il codice a Spark, così te lo gira – aggiunge Moon, fingendo di non averla sentita.

– Wow, sono commossa, non c'è stato neanche bisogno di ricattarti. Ti dedicherò la mia sufficienza, se riesco a capire qualcosa dai tuoi appunti.

– Così puoi continuare a giocare a carte.

– Esatto. È importante. Rende intelligenti.

Silenzio per un altro momento. Poi Flame si raddrizza e recupera le scarpe da terra, mentre le orecchie di Moon tornano al posto giusto. Fuori dalla finestra, il sole si è già inabissato. Flame valuta di prendere l'ultima metro serale, pur di non rifarsi la strada a piedi verso casa.

A casa la aspettano nuove grida e, se tutto va bene, un piatto di pollo fritto di avanzo con maionese acida, quella rimasta in frigo per troppo tempo. Ingoierà tutto senza sentirne il sapore, ruberà la giacca pesante di Rayne senza che il fratello se ne accorga e uscirà di nuovo. Verrà arrestata, forse, o magari sarà una notte tranquilla in cui si addormenterà nel parcheggio di un centro commerciale, ascoltando la musica di una discoteca lontana e sognando una Terra diversa. Non lo sa. Non vuole saperlo. È questo che lo rende divertente.

– Per la vostra gioia, ho deciso di mia iniziativa di abbandonare la magione – decreta Flame, sbattendo le palpebre per annullare quei pensieri. Si infila goffamente le scarpe, saltellando in alternanza su un piede solo.

Moon si volta pigramente per guardarla, appoggiando le braccia sullo schienale della sedia imbottita.

– Non farti vedere mentre esci.

Flame gli sorride e lui, questa volta, ricambia con un lieve stiramento di labbra che è quasi un'aperta manifestazione di affetto. Ci si può lavorare.

– Ci vediamo domani, Einstein – gli risponde la ragazza mentre scavalca di nuovo il davanzale, trattenendo la tentazione di buttare di sotto il pendolo di Newton, pur di farlo smettere di ticchettare – Sempre un piacere farsi i cazzi tuoi.

In due balzi, raggiunge il vialetto, i capelli spazzati dalla sera; una risata ad accenderle gli occhi.

Si sente sulla nuca lo sguardo di Moon, oltre il riflesso del tramonto sulla finestra del primo piano. Gli fa il saluto militare.

E corre via.

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Cover credits: @ / cossiopea_ su ig (sempre io lol)

NdA:

Le note alla lore ho deciso che le spargo per il testo con i commenti, sperando di agevolare la lettura :')

Questa shot è una totale riscrittura di una sua versione del 2021 a cui darei volentieri fuoco. Il personaggio di Moon è stato per tanto tempo un meme interno tra me e mio fratello: il personaggio per definizione *inutile*, quello che non ha nulla da dare o offrire, che esiste e basta per riempire un buco. Questa era la sua personalità nella prima versione, che è il motivo principale per cui il dialogo mi faceva schifo.

Ho voluto dargli una dignità, perché, cucciolo, se lo merita qq Lui è l'amicizia storica di Flame, l'unica persona che riesce a capirla in un modo profondo che nessuno dei due riesce a definire mai davvero, e con cui lei si confronta senza arroganza, se non quella giocosa e fraterna. È una dinamica che mi diverte, perché nemmeno Kiwi riuscirà mai a capire come gestire l'impulsività eccentrica di Flame.

Wonderwall è la canzone che collego a Flame dall'inizio dei tempi e che fa da padrona nella playlist che le ho dedicato <3

Grazie infinite a chi è qui <3

Voti e commenti (curiosità e insulti anche!!) sono accolti con amore <3

Coss

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