Deemar [Biatra]
TW: menzioni vaghe a violenza su bambini
Note obbligate per capire la shot:
Biatra è l'attuale regina di Mizef e figlia di Mevo. Quest'ultimo, in passato, pochi giorni dopo l'apertura ufficiale della Piazza (che allora collegava soltanto la Terra e Mizef) si è autoesiliato senza spiegazioni in un'area del Palazzo di Vetro, che Biatra definirà "Il corridoio degli spettri" ma che è conosciuto da tutti come "Deemar", passando la reggenza del Mondo a sua moglie Jikea in attesa che Biatra fosse abbastanza grande.
Nessuno può avvicinarsi alle Deemar, che sono rappresentate da uno scudo energetico impenetrabile di cui nessuno conosce la natura (spoiler: è Materia Esotica). Mevo da allora compare solo a rare riunioni del Senato e amministra Nome, la Piazza e il Cuore da lontano.
─── ⋆⋅☆⋅⋆ ──
I piedini di Biatra scivolano furtivi sul lustro marmo argentato dei corridoi laterali.
I suoi passi leggeri aleggiano tra le immense sale del Palazzo di Vetro come sussurri remoti, bisbigli di spettri che non udirà mai nessuno. C'è solo lei.
La notte è calata da tempo sulla grande capitale di Sphera[1], una notte impregnata di un buio lampeggiante e paurosamente opaco, dentro cui voci gracchianti e musica tonante si intrecciano in uno stremato caos. Ma quei suoni, tracce di un mondo diverso, non riescono a trapelare nella barriera di luce che circonda il Palazzo[2]. I rumori attorniano la sua casa, premendo da fuori, artigliandone i confini, ma Biatra non può sentirli.
La sola cosa che sente è il lento struscio dei propri passi e il cupo ronzio che le riempie la testa.
La Trama[3] pulsa dentro di lei in continui bagliori intermittenti. È come se ogni minimo impulso che le guizzi in testa, urti inevitabilmente una porta nascosta, rimbalzando giù per scale invisibili. Da quella porta spalancata dai suoi pensieri, file di informazioni non sue strisciano fuori, tintinnando in fitti sonagli. Migliaia di dati che continuano ad attorniarla, stimolando la sua memoria e aprendo finestre magiche su universi lontani...
Normalmente a Biatra piace quella sensazione.
È la consapevolezza di essere costantemente legata a tutto, la confortevole certezza che basterebbe desiderarlo per ottenere qualunque cosa.
Eppure... la sola cosa che vorrebbe adesso è un po' di silenzio.
Accelera il passo mentre i suoi grandi occhi dorati si velano di lacrime pungenti. Se le asciuga sulla manica della veste in un gesto brusco, maledicendo la propria debolezza, odiandosi per quello che sta facendo.
Perle argentate scintillano nella penombra del Palazzo, grondando dalla sue ciglia e riflettendosi sulla trama di scaglie smeraldine, cornice dei suoi zigomi. Biatra si lascia sfuggire un singhiozzo smorzato, serrando le dita sulla manica di stoffa pregiata e premendosele con rabbia sugli occhi.
Inizia a correre.
Non c'è nessuno, continua a ripetersi invano, mentre la Trama risponde a quel pensiero con una serie di tetre immagini di desolati corridoi, appartenenti all'infanzia passata, Non c'è nessuno, non possono vederti...
Riesce a pensare solo a quello, un'unica locuzione affissa in loop al centro della sua mente in tumulto. È certa che se permettesse a se stessa di pensare a qualcos'altro, di rivivere i vividi e dolorosi ricordi che compongono il puzzle frammezzato degli ultimi giorni bui, non avrebbe più nemmeno la forza per reggersi in piedi. La troverebbero rannicchiata a terra, in un bagno di lacrime e vestiti strappati.
Non possono vederti.
Preme con più insistenza le mani sulle palpebre sigillate e l'odio che prova per se stessa inizia a battere al posto del cuore. Emette un flebile gemito e continua a correre. Adesso il suono dei suoi passi riecheggia chiaro sulle antiche pareti in marmo splendente, ma non c'è nessuno che possa sentirla; sta camminando lungo un viale di spiriti.
Non possono vederti.
Nella sua testa suona vibrante come un ordine. Ha il tono gelido di sua madre mentre le afferra un braccio per trascinarla via. Ha il pungente sapore di sale del pianto e del dolore scottante di uno schiaffo.
Gli occhi di Jikea rilucono nel buio del suo sguardo serrato. Sono affilati come lame d'ambra, il riflesso glaciale e ferreo di quelli di Biatra.
La ragazzina singhiozza, sussultando. Inciampa nei propri piedi con un gemito, ferita da visioni passate, percossa dall'incontrollabile disordine in cui si è trasformata la sua vita.
Le ginocchia sbattono a terra con un tonfo. Lampi di dolore si allungano sulle membra stanche.
La visuale è sfocata di lacrime e tenebre, ma Biatra, trasalendo, si accorge di essere spaventosamente vicina. La pietra bianca dell'ala principale ha lasciato il posto alla cupezza del metallo incastonato da gemme preziose.
L'ingresso degli appartamenti del re era stato ideato per incutere timore, allontanare chiunque fosse stato così sciocco da avvicinarsi all'anima del potere regio. Rombiche gemme blu tempesta ammiccano dalle pareti, osservandola rimettersi tremolante in piedi, giudicando con disprezzo la debolezza impressa sui suoi tratti.
Biatra tira su col naso. Il sangue pulsa feroce sulle sue tempie, attutendo i sussurri della Trama.
Non possiede volontà mentre ricomincia ad avanzare, le lacrime secche tra la peluria d'argento delle sue guance. Le sembra di non avere se stessa mentre cammina, questa volta più lentamente, in direzione dei grandi cancelli interni. Mantiene lo sguardo incollato ai propri piedi, all'andirivieni ritmico dei propri passi che si alternano nello sguardo annebbiato.
Deemar.
È una parola che ha pronunciato Jikea, solo due giorni prima, quando tutto quello che sarebbe successo ancora non esisteva e la propria ingenuità la avvolgeva in un bozzolo a protezione dal mondo.
Deemar. Significa esilio, nell'antico dialetto generatosi durante il grande Obscurio[4]. Un esilio dell'anima, una prigione indotta da se stessi per proteggere tutto ciò che è al di fuori di sé.
Esilio da tutto quello che si ha sempre amato, un gesto estremo ed eterno, che molto spesso è peggiore della morte. È dettato da puro terrore, codardia di non essere in grado di approcciarsi con i demoni che popolano l'esterno e l'interno di quello che ci compone.
Deemar vuol dire fuga da ogni cosa, è l'imprigionarsi in uno stato di torpore eterno, dentro cui il solo concetto che rimane reale, l'ancora a cui aggrapparsi mentre si annega nell'impuro nulla, è la consapevolezza di aver fatto l'unica scelta possibile. Una concezione indotta da ulteriore paura.
Biatra si asciuga il naso con la manica ormai fradicia, levando lentamente lo sguardo sulla barriera smorta che circonda suo padre. È una superficie liscia, uniforme, incorporea, sopra cui scie candide e colori intrecciati si inseguono in un interminabile ed estenuante gioco di luci.
Dalle grandi finestre ai lati della corsia, vetrate color zaffiro puntellate da occhi tremolanti, filtrano sottili raggi di civiltà. Sono bagliori fini, che la città e il cielo chiazzato di stelle riversano sul pavimento immacolato, costruendo un denso mosaico di tinte danzanti.
Biatra reprime un nuovo, violento singhiozzo.
Si sente avanzare di qualche passo, ma non ne è quasi consapevole. La sua mente è lacerata da ricordi e dati che non vuole conoscere; il suo sguardo è oro che cola, liquido come lacrime.
– Papà...
Quella parola le sfugge dalle labbra leggera come una preghiera. Non osa nemmeno rimbombare tra i corridoi colossali, rimanendo sospesa davanti a lei come un pallido spettro.
Non ottiene risposta, ma l'intesso di linee guizzanti che compone la barriera sembra farsi più fitto, accelerando nella propria incessante corsa e disegnando sagome sempre più complesse, quasi riconoscendo la sua presenza.
– Papà... – ripete Biatra, in un tenue sussurro, gli occhi appannati incollati alla superficie vorticante – dove sei...?
Ed è in quel momento che la sente con chiarezza.
È un'energia estranea, dinamica, vibrante di concetti che non è in grado di afferrare. Proviene da oltre ogni suo confine possibile, oltre l'orizzonte di quello che ha sempre ritenuto reale.
Si sente prendere per mano, come se qualcosa, che non è certa di poter comprendere, la stesse dolcemente chiamando, traendo a sé i suoi desideri più reconditi, accarezzandole la guancia e bisbigliando indefinite parole di conforto. È una lingua che non le appartiene in alcun modo, ma al tempo stesso sa che nelle viscere del pulsante ignoto, due occhi di un vivo verde intenso sono puntati su di lei, assicurandone i passi, sorreggendola nel cammino.
Non sono gli stessi occhi che la guardavano dall'alto in basso nel corso degli ultimi anni. Non hanno la stessa fredda stanchezza di chi non ha più il tempo per esistere... sono diversi, impregnati di una disperata consapevolezza, saggezza gelida che stringe il cuore e soffoca passato e futuro in un'unica, estranea, dimensione a sé stante. Eppure sorride. Per lei. E Biatra lo sa.
Avanza. Dentro la sua testa, la Trama sta andando in tilt. Sono impulsi che non corrispondono, che la secca realtà di Mizef non può articolare.
Avanza, una piccola mano fremente immersa in una immensamente più grande, dita forti ma invisibili che la accompagnano da lontano.
La barriera dell'esilio si fa sempre più vicina. Le sue iridi ambrate ne riflettono i colori dardeggianti.
Non possono vederti... ripete a se stessa, trattenendo il respiro.
Chiude gli occhi. Il cuore sbatte prepotente contro le costole. Sente solo quello. È l'unica cosa reale.
Entra.
È come una scossa, ma non fa male. Assomiglia di più a tiepido solletico, che le scorre su e giù per il corpo in scariche cristalline. È pura e incontaminata energia, che sgorga da oltre l'orizzonte del possibile. La attraversa, senza intaccarla, è quasi come se le scivolasse addosso, sgusciandole a lato e sfiorandola appena.
La sensazione si interrompe bruscamente mentre compie un altro passo, ed è quasi come se il peso insopportabile di corpo e mente le precipiti addosso in un'unica, orrida scarica di coscienza.
Biatra ansima, sfinita. Sbatte le palpebre, incapace di mettere a fuoco, e crolla a terra, in ginocchio. Sta ancora piangendo, incapace di fermarsi. Non sa dove si trova. Sente i propri singhiozzi attutiti, le orecchie che fischiano brutali, oscurando l'universo.
– Papà... – boccheggia, le lacrime che rovinano sui dorsi delle mani artigliate al pavimento di pietra.
Dita salde e spaventosamente vere le accarezzano la guancia, spuntate dallo spazio stesso, da memorie remote che fino a poco prima avrebbe soltanto voluto dimenticare.
Biatra sussulta, ma non ha la forza di muoversi. Il cuore ricomincia a battere incessante, mozzandole il respiro.
Il fiato caldo di qualcuno proprio davanti al viso, la sua presenza che aleggia attorno a lei, condensandosi nella sagoma sfocata che le è chinata dinnanzi...
Altre lacrime. Biatra chiude gli occhi e singhiozza piano.
Delle braccia robuste le cingono la vita, sollevandola dalla nuda pietra e stringendola a sé. Caldo. Un tepore improvviso che giunge fino al petto, diradando per un meraviglioso attimo tutta la nebbia che le soffocava l'animo.
Biatra, scossa da un altro singulto, fa cadere la testa sulla sua spalla, mentre Mevo oscilla lentamente sul posto, al ritmo dell'energia che, fatata, li attornia.
– Mi dispiace – bisbiglia Mevo, quando è ormai certo che la figlia si sia addormentata tra le sue braccia, il respiro regolarizzato e le orecchie dolcemente ripiegate all'indietro. Dai suoi anziani occhi verdi scivola una solitaria lacrima e lui si morde un labbro, trafitto da emozioni che sperava non l'avrebbero mai trovato – Mi dispiace tanto...
─── ⋆⋅☆⋅⋆ ──
Note:
[1]: Sphera è la capitale di Mizef, al cui centro vi è la corte del Palazzo di Vetro.
[2]: la corte è quasi completamente isolata dalla città circostante. I suoni di Sphera sono attutiti da una barriera che altera i suoni, costruita tutto attorno al Palazzo.
[3]: la Trama è la rete informatica che collega tutti i Dispositivi (che sono tipo telefoni) di Mizef e poi di tutta l'Alleanza. I Dispositivi sono inseriti a connessione neuronale in tutti i mizefiani.
[4]: l'Obscurio è una guerra nucleare che secoli prima ha distrutto le Province di Mizef e messo in ginocchio la popolazione. La tecnologia è drasticamente arretrata e i dati storici del periodo si sono persi per sempre. Dopo l'Obscurio, è stata instaurata la Nona Provincia dai ribelli che erano riusciti ad annientare la guerra tra le armate della Prima e della Seconda. Sphera è stata dichiarata capitale e si trova nella Nova Provincia.
Ad oggi le Province sono tredici.
Pronuncia dei nomi: Biatra si pronuncia "Biàtra" molto easy, e Mevo si pronuncia esattamente come si scrive. Jikea si legge "Gichéa", con la e chiusa.
Questa shot è molto vecchia, se ci sono domande intervenite senza remore <3
Grazie di essere qui <3
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top