Quarta Parte
L'ospedale "Saint James" puzzava di uova marce e sangue putrido. Quello stesso sangue fuoriusciva dalle ferite riportate da Jack dopo lo scontro e, dal momento che questo sgorgava senza sosta, andava a impregnare i ruvidi bendaggi applicati dai medici sulle varie lacerazioni di quel corpo martoriato. Nonostante le condizioni di Jack fossero critiche, il problema più grande era rappresentato dal proiettile incastrato nella spina dorsale, più precisamente tra le due vertebre lombari L3 e L4, il quale, se non fosse stato estratto per tempo, rischiava di compromettere in modo permanente le capacità motorie del pugile, nonché di fargli perdere l'uso dei due arti inferiori. Dopo averlo trasportato d'urgenza in sala operatoria, i medici lavorarono tutta la notte per cercare di salvare le gambe a Jack. Fu un'operazione così delicata da richiedere l'intervento di ben due diversi team di chirurghi, specializzati in interventi critici, la cui riuscita rasentava l'impossibile. Non appena un team finiva di operare nei pressi della zona lombare, l'altro si precipitava a drenare l'acqua accumulata all'interno del polmone destro il quale,in seguito alla caduta di Jack sul ring, era stato perforato dall'estremità delle due costole rotte dagli scagnozzi di Paul. Dopo ore e ore di intervento, tutti i componenti dei due team si lasciarono scivolare a terra sulle lucide mattonelle di ceramica della sala operatoria, completamente privi di forze. Nessuno tra i presenti aveva la benché minima idea di cosa sarebbe capitato al ragazzo e solo i giorni seguenti avrebbero dato le risposte a cui tutti anelavano.
Jack rimase in coma farmacologico per tre lunghi giorni. Riaprì debolmente gli occhi il quarto giorno dall'intervento, per poi richiuderli subito dopo, ripiombando in un sonno profondo. Dopo all'incirca una settimana, fu in grado di stare sveglio per più di mezz'ora e iniziò poco a poco a prendere familiarità con la realtà circostante. Sentiva le membra deboli e le braccia molli, come se qualcuno avesse deciso di svuotarle del loro precedente contenuto, per poi riempirle di soffice cotone. L'accecante colore bianco delle pareti nella stanza in cui era ricoverato gli provocava costanti giramenti di testa e forti attacchi di vertigini, ai quali cercava di porre rimedio chiudendo gli occhi e visualizzando ragazze in tanga al di là del buio delle palpebre. All'improvviso, venne sopraffatto da un lancinante desiderio di fumare una sigaretta. Si guardò intorno con fare ossessivo e, quando era ormai sul punto di perdere le speranze, vide i suoi jeans piegati su una sedia posta a un metro e mezzo da dove si trovava lui. Sperò che fossero gli stessi che aveva lasciato nello spogliatoio la sera prima dell'incontro, perché ciò avrebbe voluto dire che il suo prezioso pacchetto di sigarette si trovava infilato, come sempre, nella tasca posteriore. C'era un solo modo per scoprirlo, ovvero riuscire a trovare un sistema per arrivare a quella maledetta sedia. In un primo tempo Jack provò a sciogliere i muscoli delle gambe, ma questi non risposero e si rivelarono completamente addormentati, come se quelle estremità non gli appartenessero più. Jack non ci fece troppo caso e pensò istintivamente che il suo corpo non avesse smaltito ancora del tutto la pesante dose di anestesia. Così, non potendo fare affidamento sui suoi due arti inferiori, non gli restò che aggrapparsi al triangolo posto in corrispondenza della testata del letto e provare a far oscillare il busto, prima a destra, e poi a sinistra, fino a raggiungere la massima estensione possibile, la quale gli avrebbe consentito di afferrare almeno un lembo dei jeans. Quel piano, ideale sulla carta, ma non nella pratica, fallì miseramente per pochi centimetri. Frustrato e profondamente amareggiato, Jack si accasciò sul letto madido di sudore per lo sforzo compiuto. Fece appello a tutte le sue poche forze rimaste, dopodiché decise di riprovarci, ma questa volta aiutandosi anche con l'asta della flebo. Incurante del dolore provocato dal contorcersi dell'ago all'interno della sua vena, riuscì ad attrarre a sé i pantaloni poco prima che la flebo si sfilasse del tutto. Non appena ebbe i jeans stretti in grembo, estrasse il pacchetto di sigarette, per poi frugare avidamente in tutte le tasche alla ricerca dell'accendino. Lo trovò e si accese la così tanto agognata sigaretta. Non fece nemmeno in tempo a soffiare fuori dai polmoni il fumo del primo tiro che il cuore gli si bloccò in gola . Iniziò a tossire, battendosi poi violentemente il petto con la mano sinistra nella speranza di tornare a respirare. Dopo avergli quasi compromesso l'operazione, il polmone perforato si stava prendendo l'ennesima rivincita sul pugile, impedendogli di fumare anche solo una delle sue amate sigarette, così duramente conquistate.
A due giorni di distanza dal suo risveglio, Jack capì subito che qualcosa non andava, poiché vennero a fargli visita ben due medici, uno dei quali non aveva per niente l'aspetto di un dottore, ma gli sembrò essere molto più simile a uno strizzacervelli, o psicologo, che dir si voglia.
<< Signor Jameson, come si sente stamattina? Fuori c'è una bellissima giornata e noi non vediamo l'ora di poterla dimettere affinché possa godere anche lei di un tempo così splendido! >>, disse il dottore, ostentando un atteggiamento di forzata positività.
<< Non perdiamo tempo con queste puttanate, dottore. Mi dica subito cosa c'è che non va. >>
<< Cosa intende dire? Non c'è niente che non...>>
<< Vaffanculo, gelataio del cazzo, sputa subito il rospo prima che mi alzi dal letto e ti faccia arrivare a suon di pugni il setto nasale dritto al cervello. Si vede lontano chilometri che il coglione vicino a te non è affatto un dottore. Ha scarpe di vernice nera lucida, inadatte per un ospedale, il tesserino è senza foto e senza il codice identificativo che tutti i dottori sono obbligati ad avere. Come se non bastasse, indossa perfino un camice di una taglia più grande e non porta nessuna penna nella tasca del camice.>>
<<Nessun medico è obbligato a portare sempre con sé una penna. Che sciocchezza è mai questa?>>
<< Ha ragione, ma stando a quello che so, il nostro sedicente dottore lavora nel settore quattro bis dell'ospedale, come si può facilmente leggere su quel finto tesserino e, se non sbaglio, quel settore è destinato all'accettazione di pazienti già in cura presso la struttura. Questo vuol dire che egli è obbligato a firmare tutte le cartelle di qualsiasi malato trasferito in quel reparto. Ora si è convinto anche lei, faccia di cazzo?>>
<<Guardi, le assicuro che...>> Il dottore non fece in tempo a terminare la frase che venne interrotto dall'uomo che gli stava silenziosamente di fianco. Questi gli poggiò delicatamente una mano in corrispondenza dell'avambraccio e si fece avanti. Parlò in maniera ferma e decisa, senza alcun cenno di esitazione: << Hai ragione, Jack, mi hai scoperto. Sono uno psicologo e il dottore ha chiesto il mio aiuto per darti una tragica notizia. Spero che tu possa accettarla con la stessa tenacia e con la stessa forza di volontà che hai dimostrato durante questi giorni. >>
<< Taglia corto, Patch Adams. >>
<< Durante l'intervento sei arrivato qui piuttosto malridotto, è un miracolo che tu possa essere ancora vivo. I medici hanno svolto decisamente un ottimo lavoro, riuscendo ad evitare che il tuo polmone bucato collassasse ed estraendo il proiettile dalla tua spina dorsale. Hanno svolto ogni operazione nel migliore dei modi, riuscendo perfino a scongiurare che tu perdessi l'uso delle gambe, ma a pochi giorni dall'operazione il tuo organismo non rispondeva alle cure come avrebbe dovuto. Si è pensato solo all'ultimo istante che il proiettile potesse essere stato intinto in qualche sostanza particolare, e quando hanno scoperto il perché non guarivi, era ormai troppo tardi. Le tue gambe erano già in uno stato irreversibile di cancrena. Sono stati costretti ad amputartele entrambe. Mi dispiace, Jack. >>
Nessun pugile è capace di colpire così forte, quanto è in grado di fare la vita.
FINE PRIMO CICLO
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