Scacco matto al re



La vita è un'immensa partita a scacchi, l'importante non è vincere o perdere, ma bensì essere un giocatore e non una pedina poiché il giocatore è fautore del proprio destino anche nella sconfitta, mentre la pedina è vittima degli eventi anche nella vittoria.
Dino Notte.


Era una bella giornata di sole quando Michele e i suoi amici si incontrarono davanti al palazzo dove, fino a qualche tempo prima, aveva abitato Arianna.

Arrivati a quel punto, sapevano che non potevano più tirarsi indietro.

Si guardarono negli occhi senza dire niente. Erano preoccupati ed elettrizzati allo stesso tempo. La sensazione che potessero scoprire qualcosa di estremamente importante non abbandonava i loro cuori e ciò li spingeva ad andare avanti.

«Ci siamo» deglutì Mattia.

Lorenzo si avvicinò al campanello. Esitò solo per un attimo e poi suonò due volte.

I secondi che passarono sembrarono un'eternità, poi finalmente qualcuno rispose e aprì il portone d'ingresso.

I ragazzi, agitati, entrarono e seguirono Lorenzo su per le scale. Quando arrivarono davanti all'appartamento li accolse una signora che scoprirono essere la donna delle pulizie. Questa disse che i padroni di casa erano al lavoro e che non sarebbero tornati prima di sera. Ad ogni modo li fece entrare comunque visto che conosceva Lorenzo e che questi aveva detto di essere venuto per riprendere una cosa che aveva imprestato tempo addietro ad Arianna.

Michele non sapeva se la signora avesse realmente creduto a quella scusa, ma non gli importava. La cosa fondamentale era riuscire a entrare e loro ce l'avevano fatta.

La donna li condusse fino alla stanza della ragazza, poi si accomiatò dicendo che doveva finire di passare l'aspirapolvere nella sala da pranzo. Se avessero avuto bisogno di qualcosa avrebbero comunque potuto chiamarla.

Il suo comportamento sarebbe parso oltremodo strano e avventato a chiunque, ma in quel momento Michele e i suoi amici non ci fecero caso.

La camera di Arianna non era molto grande, in compenso era affollata di pupazzi e cuscini. Non mancavano nemmeno fotografie di amici e poster di famosi anime giapponesi. C'era poi una piccola libreria che conteneva, prevalentemente, libri gialli o di avventura. Sul comodino c'era una graziosa lampada ornata con dei fiorellini e un portafortuna a forma di coccinella.

«Da che parte iniziamo?» domandò impaziente Alessandra guardandosi intorno.

«Dal computer» risposero tutti in coro.

«Mi chiedo se non stiamo perdendo tempo. Voglio dire, la polizia sarà sicuramente venuta qui, no? E se non hanno trovato niente loro, perché dovremmo riuscirci noi?» affermò mentre accendevano il computer.

«Forse non hanno cercato nel posto giusto» rispose Stefano.

Tuttavia, quanto aveva detto Alessandra sembrava essere vero: guardarono tutte le cartelle e i file, ma non trovarono niente che potesse portarli a scoprire qualcosa.

«No, non può essere. Deve pur esserci qualcosa!» disse disperato Michele.

Non poteva finire tutto così. Non poteva.

Sbatté i pugni arrabbiato. Erano arrivati fino a lì e non potevano mollare. Non potevano lasciare tutto in sospeso.

«Guardate!» esclamò Mattia indicando il monitor del computer.

Era comparso, all'improvviso, un file. A volte la forza bruta non era un male pensò Michele sorridendo.

Si avvicinarono allo schermo e notarono che si era aperta una specie di lettera che era stata scritta qualche giorno prima che Arianna scomparisse.

Col cuore in gola, lessero quello che c'era scritto.

Per un po' nessuno di loro parlò. Rimasero semplicemente lì immobili. Mille emozioni e pensieri passarono loro per la testa, ma nessuno aveva il coraggio di dire qualcosa.

«Q-quindi è per questo che Arianna voleva togliersi la vita» sussurrò - rompendo il silenzio - Mattia, voltandosi a guardare Lorenzo.

«Il casino attuale è una cosa molto semplice. La tua amica è andata fuori di testa e tu ora vuoi tirarle una sberla per farla svegliare» disse atono Stefano.

«Stai semplificando un po' troppo» ribatté Lorenzo.

«Non credo. Alla fine la colpa è tutta tua che non hai mosso il culo, no? Ci hai tirato dentro questa storia per rimediare: gran bella rottura di scatole!».

«Ho sbagliato a non fermare Arianna, è vero. Sapevo che voleva togliersi la vita e non ho fatto niente per impedirglielo. Ma ora la posso salvare, la possiamo salvare. Finalmente ora sappiamo dove si trova e...».

«Come fai a dire di volerla salvare quando sei stato tu il primo a lavartene le mani e ad andartene via come se niente fosse? Era tua amica. È tua amica».

Lorenzo strinse i pugni.

«Un fratello minore che perde continuamente contro quello maggiore farà di tutto pur di vincere. Voi due siete nella stessa situazione» continuò Stefano.

«Ma di che parli?»

«Semplicemente a voi due non piace essere deboli. È solo che i metodi che state usando sono opposti. Da una parte ci sei tu che neghi la tua debolezza cercando di diventare più forte, dall'altra c'è la tua amica che nega la sua debolezza cercando di azzerare tutto. Ma la vita, per quanto difficile possa essere, va affrontata».

Lorenzo sospirò. «Lo so, ed è per questo che tirerò fuori dai guai Arianna, le darò una bella strigliata e poi le farò aprire gli occhi. Deve affrontare i suoi problemi, deve...». Uno strano sorriso si delineò sul suo volto. «...continuare a vivere».

Stefano rise e poi batté una pacca sulla spalla dell'amico. «Ora si che si ragiona» affermò convinto.

«Io non sto capendo» bisbigliò Mattia a Michele e ad Alessandra.

«Stefano voleva solo vedere se l'atteggiamento di Lorenzo è cambiato o no per decidere se continuare ad aiutarlo» spiegò quest'ultima.

Michele guardò i suoi compagni chiedendosi se quella lettera non fosse una prova per vedere quanto salda fosse la loro amicizia. Se era così, la prova l'avevano superata: avrebbero continuato ad aiutare Lorenzo. Anche se, in cuor suo, sapeva che l'avrebbero aiutato lo stesso.

Lasciata casa di Arianna, si diressero nell'appartamento di Lorenzo per studiare un piano d'azione.

Ora sapevano dove la fanciulla si trovava, ma non sapevano che tipo fosse il ragazzo che era con lei. L'unica cosa probabile, almeno da quello che si era capito dalla lettera, era che doveva avere più o meno i suoi stessi problemi. Alla fin fine l'idea del suicidio di gruppo avanzata da Michele tempo addietro non era poi così sbagliata. Però, se era così, allora perché non era successo ancora nulla? Che cosa stavano aspettando? Qualcosa non quadrava, ma che cosa non era chiaro.

L'appartamento di Lorenzo era molto grande, in particolar modo il soggiorno. Ampie vetrate permettevano di avere una splendida vista della città. Un tavolo finemente lavorato era posto al centro della stanza e un divano in pelle bianco-panna era collocato a ridosso della parete. All'estremità opposta c'era una grande libreria, all'interno della quale emergeva una televisione al plasma di ultima tecnologia.

I giovani si sedettero e per più di tre ore discussero su come avrebbero dovuto agire. Alla fine, riuscirono a studiare un piano che mettesse d'accordo tutti e che comprendesse il minor rischio possibile.

Stabilito tutto, Michele chiese dove fosse il bagno. Seguì le indicazioni di Lorenzo, ma finì nella stanza sbagliata, cioè nella camera del suo amico. Subito la sua attenzione fu attratta da un particolare: sulla scrivania c'era una scacchiera e su di essa vi erano disposte delle pedine. La cosa strana era che le pedine erano metà del gioco degli scacchi e metà del gioco della dama.

A primo acchito Michele pensò che si trattasse di un semplice errore, ma poi notò il modo meticoloso in cui erano disposte. Incuriosito si avvicinò e le contò.

Guardò la scacchiera, immobile. Mancava l'elemento più importante: il re.

Fu in quel momento che capì.

In quel luogo, in quel momento, Michele aveva scoperto la verità.

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