La traccia



Tutti gli enigmi sono semplici dopo che sai la risposta.
Giorgio Faletti.


Questo tramonto traditore asciuga le fastidiose gocce di sudore.

La città canta urlando.

La fata taciturna è proprio lì. La ricompensa sono i frammenti di un amore spezzato.

Il sole mattutino si innalza nei vuoti tra gli edifici. Se ora ci credi, il domani non sarà completamente privo di significato.

Il sole mattutino si innalza, trafigge l'oscurità. Se lo senti ora, sarai in grado di vedere quel sogno carico di significato. C'è sicuramente qualcosa che possiamo vedere, qualcosa di importante che nessuno può sottrarci.

Il sole mattutino si innalza sopra l'orizzonte. Se ora ci credi, quella luce non sarà priva di significato.

Michele aprì gli occhi. Guardò la luce penetrare dalle fessure delle persiane. Si mise seduto e  si toccò la fronte. Non aveva la febbre.

Nella stanza regnava il silenzio, pallido contrasto con le voci che affollavano la sua mente. Non conosceva quelle voci o forse non si ricordava di averle mai sentite.

Anche tappandoci le orecchie e chiudendo gli occhi possiamo ancora percepire attraverso i pori della pelle. Abbiamo smesso di preoccuparci delle voci che parlano di storie pericolose come se gioissimo della sfortuna degli altri, dimenticando che i gesti parlano più delle parole.

Non c'è bisogno che tu dica che cosa ti passa per la testa. Sei pur sempre un essere umano.

Ora che abbiamo perso completamente il senno, continuiamo a vagare nel buio come polli senza testa. Ora che abbiamo perso di vista noi stessi, qualcuno ci dica dov'è finito l'amore così potremo riprenderlo con queste nostre mani.

Michele afferrò il bicchiere d'acqua sul comodino e se lo gettò in faccia. Finalmente le voci sparirono dalla sua testa. Sospirò sollevato.

Rimase immobile per qualche istante, poi si alzò.

Controllò la data sul calendario e sorrise. Finalmente era arrivato il giorno in cui avrebbero messo in atto il suo piano. Se i gestori e i camerieri del locale in cui andava spesso Arianna sapevano qualcosa sulla sua sparizione, allora sarebbero riusciti a scoprirlo.

Si lavò e si vestì rapidamente. Fece colazione e guardò l'orologio. Mancava ancora molto prima di dare il via all'operazione.

Sbuffò. Che cosa poteva fare fino ad allora?

Decise di uscire e di andare a fare due passi. Magari avrebbe potuto assistere a qualcosa di interessante.

Mentre camminava si chiese quale fosse la storia delle persone che gli passavano accanto, quali fossero i loro desideri e le loro paure.

Com'era la loro vita? Erano nati a Torino o si trovavano lì semplicemente per cercare o recuperare qualcosa? O per cambiare qualcosa?

Una nuova città, nessuno che conosceva il tuo passato, una chance per diventare qualcuno di diverso. Perché no? Spesso le persone si trasferivano da un luogo a un altro in cerca di cambiamento.

Non era forse quello che stava cercando anche lui?

Le cose però non cambiavano così facilmente. Anche se cambiava il posto, alla fine chi era con te era pur sempre il vecchio te stesso.

Però lui sapeva che qualcosa sarebbe successo. In realtà lui voleva che accadesse qualcosa. In quella città che appariva così luminosa a prima vista, l'oscurità si celava nelle ombre e portava con sé quella diversità che lui cercava così disperatamente. O forse era la luce a portarla?

Attraversò la strada. Si fermò a guardare un barbone. Era seduto per terra, sorridente. I passerotti cinguettavano felici sulla sua mano.

Non avevano paura di quell'uomo. Non avevano paura di quell'uomo sorridente che li accarezzava e dava loro da mangiare.

Michele si chiese se quell'uomo fosse felice. Sembrava che fosse così, ma a volte quello che si vedeva poteva non essere la realtà.

Le persone nascondevano dei segreti e probabilmente anche dei desideri dei quali non avrebbero mai parlato a nessuno.

Michele avrebbe voluto avvicinarsi a quel senza tetto, ma non lo fece. Aveva paura di quello che gli avrebbe potuto dire. Aveva paura che gli mostrasse la strada. E lui, la sua via, voleva trovarla da solo.

Lui voleva cambiare il futuro, ma certe volte gli sembrava che il mondo non volesse cambiare. Non c'era un posto dove poteva stare, però sapeva di volerne uno. Se avesse lottato, forse, sarebbe riuscito a costruirne uno con le sue mani.

Anche se cercava di ridere per dimenticare, era ancora spaventato dal domani.

*

In un locale affollato poco distante dal centro città una ragazza parlava con un cameriere. Il vociare delle persone rendeva però impossibile sentire la conversazione.

Un ragazzo si alzò per andare in bagno. Un altro ragazzo lo seguì.

Attraversarono la zona del bar e svoltarono a destra, arrivando nella sala da biliardo dove c'erano le toilette.

Il ragazzo si fermò a guardare i giocatori. L'altro, invece, si avvicinò a una porta con su scritto 'privato'. La spinse leggermente e notò che si apriva.

Chiamò l'altro ragazzo. Questi si girò e lo raggiunse.

Si guardarono per un lungo istante e poi, senza essere visti, entrarono.

La stanza era completamente buia. Non si riusciva a vedere a un palmo dal proprio naso. Il ragazzo tastò la parete in cerca dell'interruttore. Lo trovò e lo premette.

La luce illuminò una stanza piuttosto spoglia. C'era un lungo tavolo e su di esso erano posati dei sacchetti bianchi. Oltre il tavolo c'era un lavandino che perdeva acqua.

Il ragazzo prese in mano un sacchetto. Sentì qualcosa di morbido e di caldo.

Spinto dalla curiosità, lo aprì.

Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata. Per un momento, credette di stare per avere un infarto.

«L-Lorenzo...» farfugliò.

L'altro ragazzo, chino per terra, si alzò tetro in volto. Notò lo strano sguardo dell'amico e disse: «Michele, che ti succede? Sei pallido come un cadavere».

«G-guarda» balbettò lui mostrandogli il sacchetto.

Lorenzo si sporse in avanti e trasalì.

D'istinto aprì anche i sacchetti a lui più vicino. Tutti contenevano la medesima cosa: organi. Pancreas, fegato, reni. C'era di tutto.

«Andiamo via» sussurrò.

Spensero la luce e uscirono il più velocemente possibile.

Nella sala da biliardo le persone continuavano a giocare, ignare di tutto. Nessuno sapeva niente, nessuno aveva visto niente.

In quel locale affollato, in quel posto pieno di gente, nessuno aveva fatto attenzione a due semplici ragazzi.

«Si può sapere dov'eravate finiti?» domandò arrabbiato Mattia quando Michele e Lorenzo uscirono dal locale.

«State bene? Sembra che abbiate visto un fantasma» disse preoccupato Stefano osservando le loro facce sconvolte.

«Peggio» rabbrividì Michele.

«Che intendi dire?».

«Organi. Traffico di organi. I gestori di questo posto sono dei trafficanti di organi».

Scese il silenzio.

«Conoscevano Arianna» affermò a un certo punto Alessandra cambiando discorso. «Il cameriere mi ha detto che veniva qui spesso».

«Questo lo sapevamo già» scosse la testa Mattia.

«Ha detto anche un'altra cosa. Poco prima che si perdessero le sue tracce, Arianna era venuta al locale con un ragazzo e sembrava preoccupata».

«Non so quanto questo ci possa essere utile. Non sappiamo chi sia questo tipo e non sappiamo nemmeno se c'entri qualcosa con la sua sparizione».

«Potrebbero c'entrare tutti» disse Lorenzo.

Michele e gli altri lo guardarono interrogativi. Lui aprì la mano e mostrò loro un braccialetto.

«L'ho trovato nella stanza dove tenevano gli organi... Questo è il braccialetto preferito di Arianna».

Una notizia terribile. Ma forse tutto dipendeva da che cosa si intendeva per 'terribile'.

Al calar della sera una speranza si ridusse. Al calar della sera una figura incappucciata con in mano una falce sorrise.

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