Capitolo 37

Davide sospirò stanco, osservando le porte in vetro dell'università e togliendosi le cuffie quasi con sconforto. Ora come ora, la sua decisione sembrava più sciocca del previsto.
Quando Marianne, qualche giorno prima, l'aveva avvertito dello spostamento della lezione di diritto nel tardo pomeriggio di quel giovedì, aveva pensato di saltarla comunque. La mattina avrebbe avuto l'appuntamento con la dottoressa Reichtag e sapeva che il viaggio da Bolzano lo avrebbe sfinito.

Nonostante ciò, era bastato un mi manchi inviato dalla ragazza, per fargli cambiare idea e convincerlo a fare quello sforzo.

Da quel primo vero appuntamento con lei, non si erano più visti; solo sentiti tramite messaggi e chiamate. La mancanza dei suoi occhi, delle sue mani e delle sue labbra, l'avevano quasi fatto impazzire. Ogni giorno passato senza Marianne accanto gli era sembrato un giorno non vissuto e non riusciva a comprendere come avesse fatto a vivere per tutti quegli anni senza di lei.

Alla fine, non le aveva rivelato la sua decisione finale, sperando di riuscire a farle una sorpresa.

Si strofinò gli occhi, successivamente facendo scivolare la mano sulla fronte e passandosela tra i capelli arruffati. Si sistemò meglio lo zaino praticamente vuoto sulle spalle, avvicinandosi alla struttura, ma non arrivò neanche a sfiorare la maniglia, che una voce lo chiamò.
Volse lo sguardo alla sua destra, incrociando due occhi verdi che lo stavano guardando con divertimento. Trattenne uno sbuffo, anche se avrebbe dovuto aspettarsi un'ulteriore incontro con lui. Dopotutto, frequentavano la stessa università, benché non fossero nello stesso corso e avessero orari diversi.

«È da tanto che non ti fai più vedere da queste parti» salutò il ragazzo, avvicinandosi a lui. «È successo qualcosa?»
Nonostante cercasse in tutti i modi di assumere un tono preoccupato, il sorrisetto da strafottente che ricordava era ancora impresso sul suo viso come se fosse tatuato.

Davide accennò anch'esso un sorriso, ma di malavoglia, restando in silenzio di fronte alla sua domanda. Sperò soltanto che quella conversazione poco gradita da entrambi finisse ancora prima di iniziare.

«Ho saputo di te e Marianne» proseguì Massimo, notando lo sguardo fugace che il giovane aveva lanciato all'entrata dell'università.

Quest'ultimo rivolse la sua attenzione alla persona che aveva di fronte, con un peso che si stava formando sullo stomaco. Avrebbe preferito che lui venisse a saperlo il più tardi possibile, ma era il cugino di Marianne ed era ovvio che, prima o poi, glielo avrebbe confidato.
«E allora? Non sta a te decidere chi deve frequentare.»
L'acidità che Davide aveva messo in quelle parole, sorprese pure lui stesso. Di solito non si rivolgeva così alle persone, ma Massimo riusciva a innervosirlo con un semplice saluto.

«Non ho detto questo!» rispose prontamente l'altro, alzando le mani in segno di resa.
Le abbassò quando notò la fronte di Davide corrugarsi.
«Abbiamo avuto delle divergenze in passato, e mi scuso per questo, ma era da mesi che non vedevo più quella luce di vitalità nei suoi occhi. Se è ritornata a sorridere è solo grazie a te e, forse, per il bene di Marianne, è meglio riporre l'ascia di guerra. Che ne dici, pace?» chiese, porgendo la mano.
Davide osservò quel gesto con scetticismo.

Ricordava perfettamente il periodo della prima superiore e l'inferno che gli aveva fatto passare per quasi tre mesi. Massimo, con la sua simpatia e il bel aspetto, era da subito riuscito a conquistare il posto di popolare della classe, sfruttando la sua posizione per prenderlo di mira con continue battute sarcastiche, delle volte molto pesanti, a causa della sua passione per la musica classica e la negazione per qualsiasi sport.
Non aveva mai ottenuto sollievo più grande come quando Massimo si trasferì in un'altra scuola.

Con il tempo, e con tutto quello che gli era accaduto, si era dimenticato di quei mesi, fin quando non lo aveva rincontrato e aveva capito chi fosse.

«Lo sappiamo entrambi che sarebbe solo una maschera» ribatté Davide. «Io e te non potremmo mai essere amici.»
Mosse un piede in direzione della porta, intenzionato a recarsi a lezione al più presto.

L'altro trattenne una risata nel sentire quella freddezza, a cui non era abituato.

Quando vide che stava per andarsene, gli mise una mano sulla spalla, fermandolo nelle sue intenzioni. Puntò gli occhi verdi nei suoi, scrutando ogni emozione che avrebbe lasciato trasparire nel momento in cui avrebbe parlato.

«Non hai idea di chi ti sei innamorato» disse serio senza lasciare la presa su di lui.

«Come, scusa?»

«Hai sentito benissimo» rispose Massimo, continuando a osservarlo. «Marianne non è la persona che credi tu.»

«Non capisco...» affermò Davide, riluttante di fronte alle parole del giovane. «Che intendi?»

«Non posso rivelarti di più. Ho fatto una promessa» ammise Massimo, distogliendo lo sguardo.
Davide socchiuse gli occhi, sentendo la rabbia montargli velocemente. Quel comportamento insolito, insieme alla frase, aveva fatto subito scattare un lampadina nella sua mente.

Dopotutto, però, doveva immaginarselo. In tutti quegli anni non era cambiato per nulla: aveva ancora quella brutta abitudine di prenderlo in giro e, ora, stava cercando di fargli dubitare dell'unica persona che era riuscita a far tornare il sole nella sua vita.

Era decisamente troppo.

Si scrollò con forza la spalla, in modo da far togliere la mano di Massimo che ancora lo teneva, e il suo sguardo si riempì di odio.

«Perché stai facendo tutto questo? A cosa vuoi puntare?» gli chiese, trattenendosi dal non urlare solo per evitare di dare spettacolo.
«Neanche due minuti fa mi stavi ringraziando perché Marianne era ritornata a sorridere... Cosa vuoi Massimo?»

«Non c'è nessun secondo fine» rispose l'altro, ma quelle parole suonavano false pure a lui.
«Devi credermi quando ti dico che mia cugina sta nascondendo qualcosa.»

«Crederti?» esclamò incredulo Davide. «Dopo tutto quello che mi hai fatto passare, mi sarebbe più facile imparare a respirare sott'acqua che crederti» gli disse, avvicinandosi pericolosamente a lui. Questo contrasse la mascella e assottigliò lo sguardo, ma non ribatté, capendo che non sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.

«Adesso scusami, ma sto facendo ritardo a lezione» proseguì Davide, avvicinandosi alle porte di vetro e spingendole per entrare. Si bloccò a metà, come se si fosse appena ricordato di una dimenticanza importante.
«Ah, Massimo» richiamò il ragazzo dietro di sé, che aveva appena iniziato a incamminarsi. «Sappi che il tuo modo di farmi allontanare da lei è senz'altro patetico» concluse, varcando l'entrata dell'università e lasciandolo irritato da quel comportamento.

***

«Devi cercare di fargli cambiare idea. Non può continuare a vita con quei rimedi. L'operazione è l'unica soluzione che gli rimane.»

Marianne torse le labbra in una smorfia. La richiesta che le stava facendo il padre di Davide era a dir poco impossibile. Non capiva perché il ragazzo fosse così restio ad accettare ciò che più di un medico gli aveva raccomandato, ma se la sua testardaggine era così forte da non fargli neanche vedere cos'era meglio per lui, dubitava che le sue parole avrebbero funzionato.

«E se non ci riuscissi?» domandò preoccupata.

«Ti chiedo solo di provarci. Me non ascolta e, delle volte, è così...», strinse i pugni delle mani, cercando di mantenere un contegno di fronte alla studentessa, «frustante. Inoltre, spesso, nelle ultime settimane, torna a casa e si rinchiude in camera per ore, non uscendo neanche per mangiare. Ho paura che abbia avuto una ricaduta...»
L'uomo si bloccò, alzando la testa e puntando lo sguardo dietro le spalle della ragazza. Di colpo, assunse quell'espressione austera che lo caratterizzava quando si muoveva per l'università.

Marianne si girò, incrociando due pozzi blu che la stavano osservando con sorpresa. Spalancò leggermente gli occhi, rivolgendosi di nuovo al rettore per nascondere il rossore che si stava propagando per tutto il viso.

«Farò del mio meglio» sussurrò, muovendo con un scatto il capo. Pietro annuì, per, poi, alzare di nuovo lo sguardo sulla persona dietro la giovane, alzando impercettibilmente un angolo della bocca. Infine, si allontanò dal corridoio del terzo piano, ancora deserto tranne per i due ragazzi che si stava lasciando alle spalle.

«Perché stavi parlando con il rettore?» domandò Davide alle spalle di Marianne, avvicinandosi a lei.

Questa si girò, puntandogli gli occhi addosso.
Era passato un po' di tempo dall'ultima volta che si erano visti e un tuffo al cuore le fece capire quanto gli era mancato. Avrebbe voluto gettarsi al suo collo e abbracciarlo, ma l'espressione dipinta sul suo volto non le fece muovere neanche un passo.

«Tu cosa ci fai qui? Avevi detto che non saresti venuto» disse Marianne, sperando di fargli dimenticare ciò che aveva appena visto.

«Non è educato rispondere a una domanda con un'altra domanda» le fece notare lui.
«Allora?» la sollecitò.

Lei lo osservò per qualche secondo, cercando velocemente una scusa plausibile da rivelargli, prima di scuotere la testa e accennare un sorriso.

«Nulla di che» rispose, prendendo tempo.
«Ho dei problemi con l'iscrizione ai nuovi corsi» mentì, alla fine.

«Non dovresti rivolgerti, allora, alla segreteria?» chiese lui, scettico.

Marianne spalancò leggermente gli occhi, annuendo con quasi troppo vigore.

«Certo! E infatti l'ho fatto, ma mi hanno detto di chiedere al rettore e... l'ho incontrato prima di entrare in aula, quindi ne ho approfittato.»
Si morse il labbro, evitando di incrociare il suo sguardo indagatore.

«Cambiando discorso, tu non hai ancora risposto alla mia domanda...» continuò la ragazza, prima che lui potesse aggiungere altro.

«Non sei felice di vedermi?» domandò il ragazzo, accettando di malavoglia quell'interruzione che rivelava, palesemente, la voglia della giovane di allontanarsi il prima possibile da una conversazione scomoda.

«Certo che sono felice» esclamò lei, avvicinandosi e abbracciandolo. Lo strinse a sé sentendolo sospirare.

«Non sai quanto mi sei mancata.»
Sentì il suo respiro vicino all'orecchio, e alzò il viso ritrovandosi a pochi centimetri dalla sua bocca.

Davide si lasciò andare al primo sorriso da quando era arrivato a Trento, incrociando lo sguardo con quello di Marianne.
La ragazza si prese qualche secondo per osservarlo, sentendo un nodo allo stomaco quando si rese conto della veridicità delle parole del rettore.
Accarezzò la guancia dimagrita del ragazzo, con piccoli brividi che le scorrevano per la schiena.

Nel mentre, Davide si avvicinò sempre di più a lei, fino ad appoggiare le labbra sulle sue. Espirò a quel tocco, come se fino ad allora avesse trattenuto il fiato. E, forse, era così; solo vederla gli faceva battere forte il cuore, tanto che delle volte si dimenticava pure di respirare.

Approfondì il bacio bisognoso di sentirla e si staccò solo quando necessitò di prendere aria.
La tenne, però, ancora stretta a sé. Il calore del suo corpo lo faceva star meglio e avrebbe voluto restare in quella posizione per sempre.
Niente più problemi.
Solo lui e lei.
Stretti l'un l'altra e pieni di un amore puro.

L'improvvisa voce del professore, che uscì dalle porte dell'aula aperte poco più avanti, lo fece risvegliare da quel dolce tepore che lo aveva avvolto come una coperta, separandolo dalla realtà.

«Dovremmo andare a lezione» mormorò la ragazza, restando però appoggiata con la guancia alla sua spalla, senza nessuna intenzione di volersi staccare.

«Lo so» fece lui, accarezzandole i capelli e dandole un bacio sulla tempia.

E, in quel mentre di pace, gli riaffiorarono improvvise alla mente le parole di Massimo.
Strinse Marianne di più a sé, cercando di concentrarsi sul suo respiro per dimenticarle, anche se con poco successo. Avevano acquisito importanza solo dopo aver visto la ragazza parlare con il padre e ora gli martellavano la testa come un picchio dedito completamente al suo lavoro.

Era sicuro che avesse mentito alla sua domanda. Non era così ingenuo da credere che lei non fosse a conoscenza della sua stretta parentela con il rettore. C'erano troppe similitudini tra di loro, e non solo nel cognome.
Quello che non capiva era perché si fosse presa lo sforzo di raccontagli una bugia, peraltro pessima, pur di non spiegargli ciò che si erano detti.

Magari, erano faccende strettamente personali che non era ancora in grado di condividere. Dopotutto, neanche lui era ancora riuscito a raccontarle della madre. Eppure...

Non è la persona che credi tu.

Quelle parole continuavano a ronzargli in testa.

Non hai idea di chi ti sei innamorato.

Sospirò confuso, staccandosi da lei e facendo ricadere lo sguardo sui suoi occhi sorridenti. Avrebbe voluto insistere ancora, ma la voce gli si bloccò in gola.

«Andiamo?» gli domandò lei, facendo un cenno con la testa verso l'aula.

Annuì seguendola, inghiottendo con forza la curiosità e il sospetto che man mano crescevano verso la giovane.

E se quello che Massimo gli aveva detto fosse vero?
Cosa gli stava nascondendo Marianne?

Un po' in ritardo, ma ho pubblicato e, per di più, con un capitolo abbastanza lungo!
Che ne pensate?

Massimo, pian piano, sta tirando fuori una parte di sé che non siamo abituati a vedere. Sembra, quasi, che la promessa fatta a Marianne siano parole al vento, visto che appena incontrato Davide non ci ha pensato un secondo e gli ha messo il tarlo.

Voi avreste fatto lo stesso?

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Vi avviso che i prossimi capitoli non verranno pubblicati con regolarità, anche se cercherò di evitarvi un'eccessiva attesa.
Purtroppo il tempo non basta mai e devo dare un esame tra qualche settimana.
Comunque, in bacheca vi informerò sulle pubblicazioni 💕.

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