Capitolo 21
La prima cosa che scorse fu una serie di bancarelle di cui non si vedeva fine. Passeggiando tra queste notò che ognuna vendeva qualcosa di diverso. Chi lavoretti natalizi, ideali come regali dell'ultimo momento; chi salumi e formaggi tipici trentini; chi utensili realizzati in legno o sciarpe e cappelli di lana, perfetti per proteggersi dal freddo di Dicembre.
Erano praticamente la riproduzione in scala minore dei mercatini che si potevano visitare anche a Trento, ma solo il fatto di essere lì con Davide dava a tutto un'atmosfera completamente diversa.
Il ragazzo non la lasciò respirare neanche un secondo, trasportandola da una parte all'altra del centro cittadino, estasiato da tutto ciò che si vendeva. Sembrava quasi un bambino in un parco divertimenti e le venne da sorridere a quel pensiero.
Era evidente il suo amore per il periodo natalizio: la città immersa nelle luci e decorazioni varie, gremita di turisti e abitanti alle prese con la scelta dei regali, quando per il resto dell'anno era perlopiù spoglia, ai suoi occhi doveva apparire una cosa bellissima.
Lei, invece, non aveva mai adorato quel periodo: troppa confusione e agitazione. Lo vedeva solo come una delle tante feste trasformate in un'opportunità di fare guadagni; dove fare regali valeva di più dello stare insieme, attorno allo stesso tavolo, accantonando le falde familiari almeno per una volta all'anno.
Però, rifletté, gironzolare con Davide tra quelle bancarelle senza una meta precisa, le piaceva.
«Che ne dici se facciamo uno spuntino? Mi sta venendo fame». Marianne spostò lo sguardo da uno gnomo di legno con il berretto rosso, al ragazzo che le stava di fianco.
«Cosa proponi?» domandò, mentre sentiva un certo languorino lambirle lo stomaco.
«Quelli» rispose lui, indicando con la testa la bancarella vicino alla loro. Una massa di persone era accalcata attorno a essa, mentre un buon profumino di fritto si propagò nell'aria quando una donna si mise al tavolo lì accanto per mangiare il cibo appena acquistato.
Si avvicinarono, unendosi al gruppo di individui che stavano aspettando il loro turno pazientemente.
La ragazza osservò i piatti che venivano serviti con curiosità.
«Cos'è?» chiese, alla fine.
Davide la guardò quasi sconvolto.
«Come cos'è? Stai scherzando, vero?».
Marianne non rispose, mostrando un'espressione ancora più confusa.
«Sono i Straboi, dolci fritti dalla forma arrotolata» spiegò, mantenendo la fronte corrugata e il tono sorpreso. «Sono molto tipici nel Trentino e Tirolo, come mai non li conosci?»
Lei alzò leggermente le spalle: non lo sapeva. Durante la sua infanzia aveva mangiato più cibi tipici francesi che trentini. Era già tanto l'aver assaggiato lo strudel, che per l'altro non sopportava se fatto con l'uvetta, perciò non la sorprese più di tanto quella scoperta.
Quando venne il loro turno, Davide richiese due straboi con cioccolato e zucchero a velo e, appena le fu messo il piatto fumante davanti, non vide l'ora di provare quel dolce che attirava così tante persone.
«Come si mangia?» chiese, una volta seduti su una delle poche panchine libere di fronte alle bancarelle.
Non le avevano dato nemmeno una forchetta o un coltello da poter usare e tutto quel groviglio di pastella fritta le sembrava quasi impossibile da districare.
«Così» rispose il ragazzo, prendendo un pezzo di pasta con il pollice e l'indice, per poi tirarlo verso di sé, strappandolo letteralmente dal resto della matassa.
Marianne ricopiò i suoi movimenti, attenta a non sporcarsi troppo con lo zucchero a velo. Appena mise in bocca la frittella, un'ondata di puro piacere la pervase. La pastella era morbida, quasi le si scioglieva in bocca, e l'unione con la cioccolata e lo zucchero era paradisiaca.
Mugolò, lasciandosi scappare un sorriso, per poi prendere un altro pezzo e divorarlo voracemente.
«Buoni, vero?» le chiese Davide.
Marianne annuì, evitando di parlare prima di aver inghiottito il boccone.
«Troppo, andrebbero vietati» rispose, poi. Subito dopo, divorò un altro pezzo ricoperto completamente di quella polverina bianca che dava al tutto ancora più sapore.
«Hai un po' di zucchero vicino alla bocca» commentò il ragazzo, ridendo per l'entusiasmo della giovane. Agguantò uno dei tovaglioli che gli avevano dato insieme al dolce, e si avvicinò a Marianne, pulendole i residui dal viso.
A quel contatto, lei sentì le guance imporporarsi velocemente. Quell'improvvisa vicinanza, totalmente inaspettata, la imbarazzò non poco.
Il ruvido della carta fu sostituito da un tocco più morbido: il pollice del ragazzo le stava sfiorando l'angolo della bocca con delicatezza, come se la stesse accarezzando.
Sentiva il suo profumo fresco e delicato, come la brezza serale di fine estate, inebriarle l'olfatto.
In quella posizione avrebbe potuto scorgere ogni particolare del viso di Davide, se solo fosse stata capace di staccare lo sguardo dalle sue labbra. Non erano piene, anzi, apparivano molto fini, e l'istinto di baciarlo la stava per sopraffare.
Per un attimo pensò di avvicinarsi. Non le serviva molto: bastava che piegasse il busto in avanti e l'avrebbe toccato.
Erano separati da veramente pochi centimetri, eppure non riusciva a muoversi, finché lui non si allontanò sorridendo.
«Fatto» disse, risvegliandola da quella specie di trance in cui era caduta.
Si sentì confusa per i pensieri che aveva fatto. Davide era solo un amico e non avrebbe dovuto provare quelle emozioni.
«Ehi, stai bene?» domandò Davide, preoccupato dal rossore sulle guance della ragazza, che appariva ancora più pronunciato se confrontato al pallore del resto del viso.
«S-sì» balbettò. Si schiarì la voce obbligandosi a riprendersi del tutto, per poi sorridere.
Continuarono a mangiare, ma il clima tra loro era cambiato. Ogni tanto lui le lanciava qualche occhiata, non convinto della risposta che gli aveva dato, o provava a instaurare un discorso, con pochi risultati.
Forse aveva sbagliato a ridurre le distanze così improvvisamente: dopotutto, il loro rapporto fino ad allora si era basato solo sulla conoscenza. Erano passati al grado di amicizia, ma quel tocco, seppur fatto d'istinto, era stato troppo intimo. Avrebbe dovuto solo passarle il tovagliolo, o neanche. Avrebbe dovuto solo dirglielo.
Aveva fatto una stupidaggine, rovinando un momento di gioia e serenità. Uno dei pochi che la coglieva nell'ultimo periodo.
Sperava, almeno, che la sorpresa finale potesse rimediare all'errore.
Le aveva chiesto di venire all'inaugurazione dei mercatini soprattutto per quel momento.
Una volta finito di mangiare, si alzarono dalla panchina, buttando i piatti di carta e i tovaglioli sporchi nel primo cestino che trovarono, per poi avviarsi verso la piazza cittadina.
Ancora prima di arrivare, si poteva scorgere tutta la gente accalcata sotto un gigantesco pino verde lucente, attirata dalle parole del sindaco della città che ringraziava per l'enorme affluenza di turisti.
«Stai vicino a me» disse il giovane alla ragazza, prima di farsi spazio tra i corpi. Cercava un punto in cui potessero vedere quello che stava per avvenire con comodità, senza il rischio di ritrovarsi la visuale oscurata dai bambini sulle spalle dei padri.
Con un po' di difficoltà e gomitate, riuscì a trovare un posto dall'altra parte della piazza, molto vicino all'albero ma non gremita da eccessive persone.
«Perché sei voluto venire qui?» chiese lei, appena raggiunto l'amico. «Potevamo sentire il discorso anche da laggiù».
«Vedrai» rispose enigmatico.
Per qualche minuto si dovettero sorbire i vari ringraziamenti, con i rispettivi discorsi, di tutti quelli che avevano contributo all'organizzazione e realizzazione dei mercatini di natale e, poi, finalmente, il momento atteso dal ragazzo arrivò.
«Adesso guarda» fece, rivolto a Marianne, indicando con il dito l'albero.
Il sindaco premette un pulsante e, quel pino che sembrava così spoglio da lontano, si accese di tante lucette a intermittenza, insieme alla stella posta sulla punta.
Favorito anche dal buio, che stava sopraggiungendo, l'intero albero sembrava brillare e averlo così vicino, nonostante l'altezza modesta rispetto a quello del capoluogo, era uno spettacolo.
La ragazza osservò la scena con gli occhi pieni di meraviglia, finché Davide, incapace di decifrare il suo silenzio, parlò.
«Bello, no?»
Lei si girò verso di lui, riacquistando una finta espressione seria.
«Lo sai, vero, che c'è anche a Trento?» fece, alzando un sopracciglio e mettendosi con le braccia conserte.
«Sì, ma...» balbettò il ragazzo, preso in contropiede. Aveva creduto che potesse essere una cosa bella da vedere, nonostante sapesse che una cerimonia molto simile veniva svolta anche a Trento.
Il cipiglio sul viso di Marianne scomparve quando vide la sua delusione; la sua voleva essere una battuta, ma non aveva sorbito l'effetto desiderato.
«Comunque sì, molto bello» lo rassicurò, vergognandosi un poco di quell'uscita che non gli aveva fatto scappare neanche un mezzo sorriso.
Qualche secondo dopo, visto che Davide non pronunciò parola, accennò a una timida risata, preludio di un cambio di discorso.
«Dopo quello accaduto a teatro, avevo paura che oggi succedesse qualcosa di ancora peggiore» rivelò liberandosi dalla preoccupazione che l'aveva seguita per tutto il giorno. «Invece è stato un pomeriggio piacevole.»
Sentendo quelle parole, il ragazzo non poté fare a meno di pensare a quello che era accaduto solo pochi minuti prima; al silenzio che aveva involontariamente provocato.
Si sentiva in dovere di spiegare il suo gesto, ma non sapeva bene come iniziare. Aveva paura di creare un nuovo momento di imbarazzo.
La osservò guardare l'albero illuminato con un sorriso; forse era meglio stare in silenzio e godersi il momento finché sarebbe durato. Perciò, nonostante il cuore gli battesse in modo quasi eccessivo, rimase con la bocca sigillata.
E fu in quell'istante che una voce a lui fin troppo familiare spezzò la calma che li circondava.
Ciao a tutti, eccovi qui il capitolo promesso!
Stavolta l'ho pubblicato un po' tardi, ma in compenso è lungo.
Abbiamo visto Marianne alle prese con nuove emozioni; totalmente confusa perché, per lei, Davide è solo un amico... O forse no? Voi che dite?
Lui, invece, si è fatto mille paranoie, rimpiangendo il gesto fin troppo dolce, arrivando addirittura a pensare che fosse necessaria una spiegazione per ciò che aveva fatto.
Alla fine, però, una persona lo blocca nell'intento, forse salvandolo da una figuraccia. Secondo voi, chi è?
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Prossimo capitolo domenica 5 maggio ❤.
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