Capitolo 3
"Allora, andiamo?"
Frank era entrato nella stanza, lasciata aperta da Billie e si era parato davanti a me sorridendo.
Vi ho giá detto che aveva un sorriso meraviglioso? Beh se non l'ho fatto, chiedo venia, aveva un sorriso meraviglioso. E diciamocelo, anche lui era meraviglioso vestito a quel modo; indossava una camicia a quadri verde bottiglia su un paio di jeans strappati, il modo in cui la camicia gli fasciava i fianchi era piuttosto attraente. Scossi la testa per scacciare quei pensieri che mi facevano avvampare.
"S-si andiamo" balbettai.
Frank uscì dalla porta sorridendo ed io lo seguì. Ancora non sapevo dove eravamo diretti, esattamente, sapevo che dovevamo andare a teatro, ma non ce n'era certo uno solo a Belleville. Mi chiesi se saremmo andati a piedi o se avremmo preso un taxi o qualcosa di simile, decisi di chiederlo a Frank.
"È lontano il teatro?"
Lui scosse la testa e mi indicò un cartello con il dito, c'era scritto il nome del teatro e la direzione da prendere. A quel punto capì dove eravamo diretti.
Quel teatro era come una seconda casa per me, ogni venerdi facevano un concerto di musica classica e io avevo comprato un abbonamento annuale che mi permetteva di entrare e assistere alle esibizioni a mio piacimento. Era un bel privilegio no? Non mi ero mai perso un concerto da quando ero arrivato al college il primo anno, praticamente ero un abituè o qualcosa del genere.
In ogni caso, camminare per le strade deserte di Belleville illuminati solo dalla fioca luce dei lampioni, mi rendeva ancora più nervoso di quanto lo ero prima. Frank dal canto suo, sembrava la persona più felice e tranquilla sulla faccia della terra, sembrava quasi che stesse per mettersi a saltellare intorno a me. Eppure la sua felicitá non riusciva a contagiarmi, ancora non mi fidavo pienamente di lui, dopotutto lo conoscevo appena ed avevo ancora i nervi a fior di pelle.
Il cielo era coperto da delle nuvole scure come la pece, si prospettava un forte temporale e io non avevo un ombrello. Le strade erano deserte nonostante fossero solo le otto di sera, con gli anni ho imparato a conoscere la personalitá e il comportamento della gente di Belleville; ho scoperto che si comportano proprio come la marmotta che viene usata per sapere se la primavera è giá arrivata, o se è ancora inverno. Come saprete, la marmotta, esce dalla sua tana e va dove le pare solo se sente la primavera nell'aria, o una cosa così; se invece sente l'inverno torna nella sua tana. Gli abitanti di Belleville sono così, se c'è bel tempo escono mentre se potrebbe piovere, nevicare o grandinare, rimangono nelle loro umili dimore.
In ogni caso eravamo arrivati davanti all'entrata del teatro. Essendo identico a tutti gli altri edifici, vi era stata costruita un'insegna lampeggiande che indicava l'ingresso del teatro. L'esterno, come ho appena detto, era uguale alle altre case: muri bianchi e crepati, con la vernice scrostata in alcuni punti, uno schifo insomma.
Frank guardava l'insegna diffidente.
"Sei mai stato qua?"
Lui scosse la testa.
"Ma me ne hanno parlato bene, avevano detto che era un posto bellissimo" disse esaminando le condizioni del muro.
Era esattamente la stessa cosa che avevo fatto io la prima volta che ero stato a teatro, da fuori è inguardabile e rimani leggermente scioccato quando entri. Invitai Frank a entrare con un gesto della mano e lo seguì.
Il pavimento era coperto da un enorme tappeto rosso sgargiante, contornato da pareti dipinte con immagini di angeli che suonano ogni sorta di strumento e colonne ornate d'oro. Un grande lampadario in stile ottocentesco, che illuminava l'ingresso e la biglietteria, era appeso ad una fedele riproduzione de La creazione di Adamo di Michelangelo, che si estendeva su tutto il soffitto.
Frank si guardava intorno a bocca aperta, sembrava un bambino appena entrato in un negozio di caramelle. Per la prima volta da quando eravamo usciti, sorrisi.
Mentre lui continuava a guardarsi intorno stupito, diedi i biglietti alla signora della biglietteria e tornai da lui.
"Allora, andiamo?"
Dissi imitando la sua voce, lui annuì ed entrammo nella sala concerti.
Se Frank era rimasto sconvolto dalla sala d'ingresso, quando entro in quella dei concerti giurai che sarebbe potuto svenire da un momento all'altro.
Le poltrone rosse rilegate in pelle erano disposte in file ordinate ed erano quasi tutte occupate, il palco era nascosto da un grande sipario rosso fuoco con il bordo dorato. Le pareti della stanza erano affrescate con i soliti angeli suonatori, mentre sul soffito un coro di cherubini e serafini era diretto da un maestro d'orchestra posto proprio al centro della volta.
Frank sembrava essere in trance, gli sfiorai il braccio per svegliarlo e lo trascinai a forza ai nostri posti. Fortunatamente il palco si vedeva pouttosto bene da quella fila centrale.
"È... è magnifico" balbettò Frank. Era piuttosto buffo io fatto che rimanesse così scioccato dalla bellezza del teatro, non so perchè ma mi veniva da ridere.
In ogni caso il concerto iniziò poco dopo la nostra "entrata in scena" e devo dire che il pianista era molto bravo. Suonò un paio di brani di Mozart che, modestamente, ritenevo di saper suonare meglio di lui. All'improvviso qualcosa di caldo si poggiò sulla mia mano e mi fece sobbalzare. Mi voltai appena in tempo per vedere la mano di Frank che si alzava per poi poggiarsi di nuovo sulla mia.
Avete presente il rumore pazzesco che fa un palloncino quando scoppia? Credo che il mio cuore abbia fatto esattamente lo stesso rumore, ecco. Avrei voluto togliere la mia mano da sotto la sua perchè non riuscivo quasi a respirare, a causa di quel contatto fisico e sapete, ho bisogno di respirare per vivere io. Ma non avevo il coraggio di farlo perchè, che ci crediate o no, le mani di Frank erano qualcosa di eccezionale, voglio dire, in quanti di voi possono vantarsi di avere delle mani così morbide e calde e accoglienti e, beh, avete capito.
Ero totalmente preso dalla sinfonia, quando Frank si addormentò sulla mia spalla. Dovetti fare uno sforzo enorme per non togliere la mia spalla da sotto la sua testa, ma non volevo svegliarlo era così adorabile quando dormiva. Certo avrebbe anche potuto evitare di addormentarsi nel bel mezzo dello spettacolo, ma la musica classica non era certo la sua preferita. Quando il concerto finì non sapevo bene se svegliarlo oppure no, ma erano quasi le dieci e noi avevamo il coprifuoco alle dieci, quindi dovevamo tornare al college.
Scossi leggermente la sua testa e lui si svegliò mormorando qualcosa che suonava come un "Scusami Gerard" o qualcosa del genere. Sospirando lo trascinai fuori dal teatro, salutando la signora della biglietteria e ci avviamo verso la Eastern.
"Ti è piaciuto il concerto?" Mi chiese sbadigliando, avrei voluto prenderlo a pugni.
"Si e tu hai dormito bene?" Mi rendo conto di essere statosgarbato, ma non avrebbe dovuto addormentarsi.
Lo vidi arrossire per la prima volta da quando lo avevo conosciuto, riusciva ad essere dannatamente bello anche quando arrossiva.
"Mi spiace di essermi addormentato, ma ieri ho lavorato al bar praticamente tutto il giorno" si passò una mano sul collo imbarazzato e poi mi prese per mano, così, come se niente fosse. In quel momento capì.
"Non te li ha dati il tuo amico i biglietti vero?"
"No" disse scuotendo la testa e mi sorrise.
"Ho lavorato in un bar per un mese per comprare quei biglietti, ma ne è valsa la pena" strizzò l'occhio dandomi una gomitata nelle costole "la tua spalla era molto comoda!"
Dio quanto lo odiavo!
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