.9.
Tre.
Tre furono gli anni in cui non ci parlammo
Tre furono gli amici che lo seguirono e mi lasciarono.
Tre furono i lunghi anni della mia solitudine.
Alessandro raccontò in giro cosa ciò che si supponeva io pensassi sul suo conto. Senza battere ciglio i miei "amici di una vita" gli diedero ragione e mi esclusero dal gruppo.
Non ho mai parlato apertamente di quel periodo.
La solitudine divenne la mia normalità, all'inizio. Ma per un ragazzo di diciotto anni restare per tre lunghi, lunghissimi, anni escluso da tutti e da tutto bene non li ha fatto.
Vedevo i post e le storie di instagram in cui tutti si divertivano, vivevano, sbagliavano, scherzavano.
Io non ho mai vissuto nulla di tutto ciò; solo, senza amici, solo.
Dopo tre anni, ormai ventunenne, vivevo una vita solitaria e tranquilla.
Mi ero auto convinto che andare a bere con gli amici, andare a ballare, ridere e scherzare non erano cose fatte per me.
Mi rimasero solo i libri, e poco alla volta trovai una pace eterea nella scrittura.
Mentre scrivevo, mentre creavo, ero felice. La mente occupata diventava un drago; o una principessa o un principe, un Jedi o un Sith, un mago o una strega. Ero felice quando non ero me stesso.
Questa era la mia convinzione, che ero io ad essere sbagliato.
Ero anche arrivato a pensare di aver scritto io quei messaggi sul conto di Alessandro. Ero terribilmente confuso.
La scrittura alleviava il senso di solitudine, ma tutto ha una fine.
Lontano dai libri, lontano dalla scrittura, i pensieri crescevano sempre più.
Imbastivo scenari felici che ero convinto non sarebbero mai successi.
Imbastivo scenari tristi in cui ero certo che sarei finito.
Sentivo il cuore pesante, il respiro corto, il sonno disomogeneo, la solitudine sempre più grande.
E poi l'ansia. L'ansia che sarei rimasto solo per sempre, l'ansia di nascondere tratti più femminili del mio carattere, l'ansia di dover prendere la patente, l'ansia di trovare un lavoro, l'ansia di essere un buon figlio, l'ansia di non riuscire ad essere felice, l'ansia di non esplodere di rabbia, l'ansia.
Dalla mattina alla sera sentivo tutto ciò che si poteva sentire in una nota negativa...non fu un bel periodo...ammetto che, ogni tanto, solo ogni tanto, solo per un'istante, solo per causalità, pensavo che farla finita fosse la cosa giusta.
Concepire quel pensiero mi terrorizzava. Quando mi solleticava la mente rabbrividivo. Eppure il pensiero di farlo era lì, creato e gestito solo da me.
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