Capitolo II: Sabato 30 luglio 2016

Il viaggio era stato disturbato dal maltempo sull'Atlantico, che aveva fatto ballare un po' il jumbo della Lufthansa partito da Düsseldorf, tra turbolenze e vuoti d'aria; Nives era quindi piuttosto pallida, quando alle 17.00 atterrò al JFK, a causa dello stomaco sottosopra.

Mentre aspettava il bagaglio al carosello, mandò un messaggio Whatsapp a Richard per avvisarlo che era arrivata. A sorpresa, le giunse una sua chiamata; pensando ad un'emergenza, rispose leggermente preoccupata.

"Ciao amore, ben arrivata", la salutò Richard.

"Grazie... sono un po' scombussolata, abbiamo incontrato una perturbazione sul Labrador che ci ha fatto ballare un po'."

"Oh caspita, mi spiace... Mi spiace soprattutto perché non posso accoglierti come progettato: sono ancora bloccato allo studio di registrazione, hanno avuto un problema tecnico che hanno appena risolto e tra poco cominciamo le riprese. Dovrei comunque essere a casa per le otto", concluse.

Richard era stato invitato all'ultimo minuto da un programma televisivo molto seguito, simile a Che tempo che fa in Italia.

"Ah, okay", fece Nives, tra il sorpreso e il deluso: erano solo un paio d'ore di ritardo, ma stava morendo dalla voglia di riabbracciarlo e anche soltanto due ore le sembravano un'eternità; soppresse un sospiro, pensando che non doveva essere così egoista perché quel programma era molto popolare e un'ospitata significava per Richard un aumento di notorietà negli Stati Uniti, importante soprattutto in vista del suo nuovo lavoro teatrale off Broadway dal titolo Love Love Love, che avrebbe debuttato il 22 settembre.

"Ho lasciato le chiavi del mio appartamento alla signora Grant, la portinaia", proseguì Richard. "Puoi fare un bel bagno rilassante – ho anche l'idromassaggio, sai? – e se hai fame, il frigo è ben fornito..."

"Va bene", disse lei.

Richard sentì il suo tono insoddisfatto: al suo fine orecchio d'attore difficilmente sfuggiva qualcosa. "Mi spiace davvero tanto, piccola... sei arrabbiata?" domandò, preoccupato.

"Arrabbiata? No, certo che no!" si affrettò a rassicurarlo lei. "Spiaciuta sì, ma arrabbiata no: non l'hai certo provocato tu, il problema tecnico..." cercò di suonare allegra. "Approfitterò senz'altro dell'idromassaggio, ma se mi trovi addormentata nella vasca, cerca di svegliarmi dolcemente o potrei annegare", concluse ridacchiando.

C'erano sei ore di differenza di fuso orario tra l'Italia e la Grande Mela, quindi per Nives adesso erano le undici di sera; dubitava di reggere fino all'una di notte senza cadere addormentata.

"Farò il prima possibile", le assicurò l'attore.

"Basta che, per correre, tu non faccia un incidente", lo ammonì la donna.

Richard sorrise: si sentiva molto coccolato, quando Nives si preoccupava per lui. "Va bene, sarò prudente", la tranquillizzò. "Ti amo, mia dolce ragazza italiana."

"E io amo te, mio bel ragazzo britannico", disse Nives. "...e non vedo l'ora di dimostrartelo..." soggiunse in tono allusivo.

Richard deglutì a vuoto: Nives sapeva bene come mandarlo in fibrillazione. "Non vedo l'ora neppure io", mormorò in un tono così colmo di aspettativa da farla fremere.

"A più tardi", lo salutò lei.

"A più tardi... ah, guarda che ti ho mandato una macchina", aggiunse lui: dall'aeroporto al Greenwich Village, dove abitava, c'era quasi un'ora di strada e non le avrebbe permesso di spendere un capitale in taxi, così aveva noleggiato un'auto con conducente e l'aveva mandata ad attenderla. Aveva preferito non dirle niente, temendo che lei, per orgoglio, potesse rifiutare.

"Non dovevi", Nives infatti lo rimproverò.

"Forse no, ma volevo e quindi l'ho fatto", concluse l'attore, sogghignando.

"Sai che per questo dovrai pagar pegno, vero?" finse di minacciarlo lei.

"Certamente... e lo pagherò molto volentieri..."

Ridendo, chiusero la comunicazione. Poco dopo, recuperato il bagaglio, Nives uscì dalla sala dei caroselli e scrutò la folla; scorse quasi subito l'alto e imponente afroamericano in un impeccabile completo scuro che reggeva un cartello col suo nome.

"Buonasera", lo salutò avvicinandosi. "Sono Nives."

"Signorina Nardini" la salutò, abbassando il cartello. "Buonasera, io sono Jack. Prego, dia pure a me", le disse poi, accennando al trolley. Lei glielo passò – dopotutto, faceva parte del suo lavoro – e lo seguì fino al parcheggio riservato ai taxi, dove Jack le aprì la portiera di un lussuoso SUV Cadillac nero dai vetri oscurati. Nives si arrampicò letteralmente sull'ampio sedile posteriore, scoprendolo comodo quanto un divano, e si sedette; l'autista caricò la valigia e prese posta alla guida.

"Il tragitto è di circa cinquanta minuti", l'avvisò. "Se lo desidera, può ascoltare musica o guardare la tv, basta che scelga sul touch screen."

Solo allora Nives si accorse che, incassato nel poggiatesta dei sedili anteriori, c'erano degli schermi. Ringraziò Jack e, mentre lui avviava la macchina, selezionò della musica new age dal menù proposto, poi si rilassò contro il sedile. Le venne sonno e cercò di mantenersi sveglia, ma la stanchezza del viaggio, l'orario per lei tardo, la musica soft, nonché la comodità del sedile, congiurarono nel farla appisolare. Si svegliò dopo quello che le sembrò una manciata di minuti dopo, per scoprire che erano quasi arrivati.

Si fermarono davanti ad un'elegante palazzina di sei piani; Jack le aprì la portiera, poi scaricò la valigia; Nives gli diede una mancia di venti dollari, sicuramente generosa ma meritata, visto che aveva guidato in maniera così tranquilla da averle permesso addirittura di dormire in macchina, cosa che non faceva mai perché disturbata da scossoni, frenate e accelerate. L'autista la ringraziò sentitamente e l'accompagnò fino al portone, portando la valigia. Entrarono, poi l'afroamericano si congedò e Nives si avvicinò al bancone della portineria, dove premette il campanello. Pochi istanti dopo comparve una donna sulla sessantina, capelli bianchi ma aria vigorosa.

"Buonasera", la salutò con aria interrogativa.

"Buonasera signora Grant, sono Nives Nardini."

"Ah, sì, il signor Armitage mi ha avvertito del suo arrivo! Ben arrivata, signorina."

"Grazie..."

"Sono molto felice che sia venuta a trovarlo", dichiarò l'anziana donna, sorridendo. "Vi seguo entrambi su Twitter, sa? E seguo anche lei su Facebook, e su quella pagina dedicata a voi due, Richard & Nives' Love..."

Nives dovette pensarci un momento, poi le venne in mente l'incontro di un anno prima, a Portoferraio, con l'admin di quella pagina, Mario. Ogni tanto era andata a vedere cosa vi veniva postato – prevalentemente foto di Richard o sue che, adesso che si stava facendo un nome come scrittrice, erano aumentate, con commenti sempre rispettosi, o link ai tweet di Richard o suoi – ma era da un po' che non lo faceva.

"Grazie, mi sento onorata", disse, con sincerità.

La signora Grant pensò che anche Nives, come Richard, non era una celebrità che se la tirava; da quando l'attore britannico era venuto ad abitare lì, due anni e mezzo prima, lo aveva subito preso in simpatia ed era felice di vedere che la sua fidanzata italiana sembrava una brava persona.

"Ecco la chiave dell'appartamento del signor Armitage, sesto piano, interno 12", le disse, porgendogliela. "È già stata a New York?"

"No, è la prima volta", ammise Nives. "Era da molto tempo che desideravo visitare la Grande Mela, ma non ne avevo mai avuto l'opportunità."

"Allora si goda il soggiorno", concluse la donna più anziana con un gran sorriso, "ma soprattutto si goda la compagnia del suo fidanzato", aggiunse con una strizzata d'occhio più di simpatia che di malizia, tanto che Nives non si sentì minimamente in imbarazzo e rise di gusto. Salutata la signora Grant, si diresse all'ascensore in fondo alla hall e chiamò la cabina, che giunse pochi attimi dopo, vi entrò e salì all'ultimo piano. Uscendo dall'ascensore, Nives guardò i numeri sulle porte, situate l'una dirimpetto all'altra: il 12 era alla sua destra. Usò la chiave ed entrò, trovandosi in uno spazioso locale per metà arredato a salotto e per metà a sala da pranzo. Si chiuse la porta alle spalle e, lasciata la valigia, esplorò l'appartamento di Richard. Non era grandissimo: la zona giorno era composta dalla stanza in cui era entrata e da una cucina abitabile, mentre nella zona notte – rialzata di tre gradini rispetto all'altra – c'era una camera da letto matrimoniale, un bagno con vasca e cabina doccia, e un piccolo studio. L'arredamento elegante ma sobrio, sia per stile che per colori, rifletteva bene la personalità di Richard.

Entrando nella stanza da letto, Nives vide subito sul comodino di sinistra la foto che la ritraeva nel costume da odalisca, quella che aveva mandato a Richard poco dopo che si erano messi insieme, e ricordò che lui le aveva detto che lo teneva lì; sorrise tra sé, lusingata ed emozionata: lei teneva sul comodino la foto che aveva fatto con lui fuori dall'Old Vic, la sera che aveva segnato il cambiamento dei loro destini.

Tornando in sala a prendere la valigia, notò il poster che Raffaella aveva regalato a Richard l'anno prima per il compleanno, che campeggiava sulla parete di fronte al divano, accanto al caminetto a gas. Santo cielo, pensò, era già passato quasi un anno... le sembrava impossibile. Così come, nonostante mancassero meno di due mesi per il loro secondo anniversario d'amore, le sembrava ancora impossibile di stare con Richard Armitage, il suo sogno di fangirl...

Si riscosse; portò la valigia in camera, la posò sul letto e ne estrasse la camicia da notte che aveva comprato prima di partire, in seta a fiori rosa su sfondo azzurro – un modello corto in stile sottoveste, molto semplice – con la vestaglietta a kimono abbinata, si liberò delle scarpe per infilare comode pantofole da casa e, preso il beauty case, si recò in bagno, dove riempì la vasca di acqua tiepida. Dopo essersi spogliata, azionò l'idromassaggio e si immerse, rilassandosi contro il bordo.

Dopo qualche minuto, gli occhi le si chiusero; cercò di resistere, ma si appisolò, svegliandosi di soprassalto quando scivolò perché, essendo piccola, non toccava coi piedi l'altro lato della vasca per sostenersi. Con un sospiro, si sollevò a sedere e spense l'idromassaggio, poi usò il bagnoschiuma per detergersi ed infine, dopo essersi risciacquata, uscì dall'acqua. Mentre la vasca si svuotava, si asciugò usando uno dei grandi teli di microfibra trovati sulla rastrelliera, indossò gli slip e il completo da notte ed infine si spazzolò i capelli, tenuti raccolti sulla testa per evitare che si bagnassero. Tornata in camera, tolse la valigia dal letto – per disfarla, avrebbe atteso che Richard tornasse e le indicasse dove riporre le sue cose – e scostò le coltri con un sorrisetto: prevedeva che avrebbero usato il letto appena lui fosse arrivato... sempre che ce l'avessero fatta ad arrivarci e non avessero invece consumato molto prima, ad esempio sul divano, com'era accaduto a casa sua...

Si recò poi in cucina, dove si versò un bicchier d'acqua e bevve; non aveva fame, per cui non mangiò nulla. Fermamente decisa ad aspettare il suo uomo sveglia, invece di tornare in camera esplorò più attentamente l'appartamento. Guardando il panorama di New York fuori dalle finestre, notò la sagoma dell'Empire State Building in lontananza e si sentì incredula di trovarsi in quella metropoli, resa celebre da tanti film e serie televisive. Scoprì la scatola e i candelabri di ceramica che aveva regalato a Richard che facevano bella mostra di sé su una credenza in sala; accarezzò la scatola, rammentando le indicibili emozioni che l'avevano pervasa la sera in cui gliel'aveva data e lui l'aveva invitata nel proprio camerino... la sera in cui era nato tutto, tra loro.

Infine andò in salotto, dove si sedette ed accese la tv; ma poco dopo, complici i soffici cuscini del divano, nonostante i suoi buoni propositi il sonno la sopraffece.

OOO

Non appena ebbe terminato la sua conversazione con Nives, Richard ripose il cellulare e si rivolse all'assistente che gli era stato assegnato. "Sarebbe possibile procurarmi un mazzo di fiori?"

Il ragazzo – un giovane di origine indiana di nome Ravi – pensò rapidamente. "Sì, certo", rispose. "Posso telefonare e farmi mandare qui i fiori. Cosa desidera?"

"Calle", disse Richard, che rammentava come Nives amasse particolarmente quei fiori. "Con delle rose rosse", aggiunse, perché rappresentavano il suo amore per lei.

"Lo consideri fatto."

"Grazie."

Il giovane si dileguò per eseguire la commissione affidatagli. Poco dopo Richard venne chiamato per l'intervista; l'intervistatore era colto e molto ben informato, e gli pose domande stimolanti, intercalandole a quelle più ovvie, in un'atmosfera informale e rilassata. L'attore ne fu molto soddisfatto e al termine ringraziò sentitamente il suo anfitrione; uscendo dalla sala di registrazione, trovò Ravi che lo aspettava.

"I fiori sono arrivati", gli disse l'assistente, indicando un mobiletto vicino dove era posato un grande mazzo di calle e rose rosse, proprio come aveva chiesto Richard.

"Perfetto", approvò l'attore. "Quanto devo?"

Il giovane gli mostrò il cartellino del prezzo e Richard pagò, aggiungendo dieci dollari di mancia: anche se Ravi era lì per assisterlo ed era pagato per farlo, quello era stato un incarico che esulava dai suoi compiti e trovava giusto ricompensarlo. Il ragazzo lo ringraziò con un gran sorriso ed un cenno del capo.

Richard si affrettò a scendere nel garage sotterraneo per recuperare la macchina, un comodo SUV nero della Chrysler che aveva acquistato per muoversi a suo piacimento nella Grande Mela, anche se in prevalenza si spostava in taxi. Impostò il navigatore – non aveva ancora sufficiente dimestichezza con la metropoli per girare a memoria – e partì. Gli occorsero buoni quaranta minuti per arrivare al Greenwich Village, ma con soddisfazione notò di essere in leggero anticipo rispetto all'orario che aveva annunciato a Nives.

Parcheggiò nel garage seminterrato e prese l'ascensore, salendo direttamente al sesto piano. Entrò nel proprio appartamento e si chiuse la porta alle spalle; udì subito il televisore acceso e, girandosi a guardare da quella parte, vide la figura seduta di traverso sul divano, chiaramente addormentata. Sorridendo, depose silenziosamente le chiavi nel cassetto del tavolino a fianco della porta; non volendo fare rumore cercando un vaso nella credenza per mettervi i fiori, si recò in cucina, dove li mise provvisoriamente in una terrina con un po' d'acqua a bagnare i gambi, poi tornò in salotto. Si liberò di scarpe e calze – amava camminare scalzo in casa, motivo per cui aveva moquette ovunque tranne che in cucina e in bagno – e si avvicinò al divano; vide il telecomando abbandonato sul bracciolo e lo prese, spegnendo il televisore, poi si inginocchiò. Lo sguardo gli cadde sulle labbra di Nives, schiuse ed invitanti, poi ammirò le sue belle gambe, lasciate scoperte dalla corta vestaglia, e sentì le mani che gli prudevano dalla voglia di accarezzarle, di accarezzarla tutta... era a digiuno di lei da tre mesi e la desiderava pazzamente, ma non si sognava neppure di svegliarla: sapeva che era stanca dal viaggio e che per lei era notte fonda. Così, ignorando a forza l'anaconda che si agitava nei suoi pantaloni, prese delicatamente in braccio la sua personale Bella Addormentata e la portò in camera, dove scoprì che il letto era già pronto ad accoglierli; represse un sogghigno – Nives era evidentemente impaziente quanto lui – e la depositò gentilmente sul materasso, ricoprendola poi col lenzuolo.

Non potendo saziare la sua fame di lei, andò in cucina a cercare di saziare perlomeno la fame di cibo; si preparò un panino con del pastrami, lattuga e pomodoro, che consumò bevendo una birra; poi si occupò dei fiori, mettendoli in un vaso più appropriato e piazzandoli in salotto, dove sarebbero stati bene in vista non appena lui e Nives fossero riemersi dalla camera da letto. Infine andò in bagno per farsi una doccia; notò con piacere che Nives aveva usato l'idromassaggio e pensò che avesse favorito il suo sonno, rilassandola dopo la fatica del viaggio. Si spogliò e si infilò sotto il getto dell'acqua calda, si lavò rapidamente, si asciugò e tornò ad infilare i pantaloncini. Mancavano ancora dieci minuti alle nove ma, anche se non aveva sonno, non voleva stare lontano da Nives un minuto più del necessario; così, tornò in camera, dove accostò le cortine, chiudendo fuori le ultime luci della sera nonché le luci della metropoli più famosa del mondo che andavano accendendosi e, muovendosi a tentoni nel buio, andò a sdraiarsi sul letto, facendo pianissimo per non disturbare il sonno di Nives. Le si avvicinò e le sfiorò il braccio, scendendo fino ad incontrare la mano per intrecciare le dita con le sue, e rimase ad ascoltare il suo respiro, grato all'universo per avergli permesso di incontrare questa donna stupenda e condividere con lei il più grande sentimento d'amore che potesse mai desiderare.

Domenica 31 luglio 2016 notte

Nives riemerse dal sonno nel cuore della notte; non capendo dove si trovava, trasalì allarmata e così si accorse che una grande mano era intrecciata alla sua. Intuì allora cos'era accaduto: si era addormentata sul divano e Richard, tornando a casa, l'aveva trovata e portata a letto, ed ora stava dormendo accanto a lei. Sorrise nel buio, sperando di non averlo svegliato col suo sobbalzo, ma lo sentì muoversi.

"Amore, sei sveglia?" udì la sua inconfondibile voce baritonale, un po' impastata dal sonno.

"Sì... mi spiace averti svegliato..."

Richard si girò ed accese l'abatjour, desideroso di vedere il volto della sua donna, poi tornò a voltarsi verso di lei e la prese tra le braccia, sovrastandola. "A me no", le sorrise, la voce già più limpida, "così posso darti il bacio di benvenuto."

"Potevi darmelo quando sei arrivato", lo rimproverò blandamente Nives, allacciandogli le braccia attorno alla vita.

Lui la strinse. "Non ho avuto cuore di svegliarti", spiegò. "Sapevo che eri stanca..."

"Ora non più", gli assicurò lei, attirandolo a sé.

Lui seguì il suo incoraggiamento e chinò la testa, posando le labbra sulle sue. Nives le schiuse subito, bramando un bacio profondo, e Richard non si fece pregare; un istante dopo le loro lingue si sfioravano vicendevolmente in modo tanto sensuale da scatenare immediatamente il desiderio reciproco.

Incapace di tener ferme le mani, Nives accarezzò la schiena muscolosa di Richard, dal basso verso l'alto; una volta raggiunte le spalle, invertì il movimento, ma stavolta usò le unghie ed ascoltò con soddisfazione il sospiro di Richard.

L'attore la contraccambiò infilando una mano sotto la sua camicia da notte per accarezzarle la coscia, su fino alla curva della natica; salì ancora, ma trovò l'impedimento della cintura della vestaglia. Staccandosi dalla sua bocca, le depose una serie di baci carezzevoli sul collo, mentre spostava la mano per slacciare il cinturino, ma con una mano sola era un'impresa.

Intuendo le sue difficoltà, Nives lo respinse leggermente per avere spazio di manovra e disfece il nodo lei stessa.

Richard la guardò negli occhi e le rivolse quel suo irresistibile sorrisetto da seduttore che la faceva impazzire ogni volta, mentre scostava i lembi della vestaglia ora slacciata e scopriva la sottostante camicia da notte. Le circondò un seno con la mano e attraverso la sottile stoffa di seta ne accarezzò il capezzolo eretto col pollice. "Sei sicura di non essere troppo stanca...?" si preoccupò. Anche se lei stava reagendo alle sue carezze, non voleva forzarla in alcun modo.

"Non sono mai troppo stanca per fare l'amore con te", rispose Nives sottovoce, sentendosi commossa dalla sua premura. Per l'ennesima volta, si chiese se era davvero possibile che lui fosse così perfetto, e che, se sì, che fosse proprio suo.

"Mi fa piacere..." mormorò Richard, tornando a chinarsi per baciarla; lentamente le scostò la vestaglia dalle spalle, poi lei si mosse per consentirgli di sfilargliela dalle braccia.

Il lenzuolo era scivolato in basso, scoprendo la schiena di Richard; Nives gli mise le mani sulle spalle e lo spinse sui cuscini, invertendo le loro posizioni: si sentiva audace e desiderosa di dimostrargli tutta la sua voglia di lui.

Guardandolo fisso con aria da gattamorta, si alzò in ginocchio e si sfilò la camicia da notte, rimanendo coi ridottissimi slip di pizzo bianco che aveva appositamente scelto per essere ancora più sexy per lui.

Richard mantenne gli occhi nei suoi finché non si fu liberata della camicia da notte, poi il suo sguardo si abbassò, scivolando sul seno e poi ancora più in basso ad ammirare il ventre e lo striminzito triangolino di pizzo che copriva a malapena la sua femminilità; si sentì seccare la gola. Allungò le braccia e posò le mani ai lati dei suoi seni, accarezzandoli e stringendoli dolcemente.

Nives posò le mani sulle sue, socchiudendo gli occhi mentre godeva delle sue carezze. Poi si scostò, allontanandosi; lo sguardo dispiaciuto di Richard si cancellò immediatamente quando lei infilò le dita sotto l'elastico dei suoi boxer neri e cominciò ad abbassarlo. Senza rendersene conto, Nives si passò la lingua sulle labbra mentre ammirava la sua virilità esuberante e Richard sentì un brivido d'anticipazione che agitava quella parte del proprio corpo. Infatti Nives, dopo aver tolto di mezzo l'indumento, realizzò le sue aspettative e posò la mano a coppa su di lui, percorrendolo da cima a fondo, prima di chiudergli le dita attorno e cominciare ad accarezzarlo eroticamente.

"Ah!" esclamò lui, trasalendo per il piacere. Di nuovo, Nives si passò la lingua sulle labbra, come pregustando il suo leccalecca preferito, e di nuovo Richard si sentì fremere per l'anticipazione.

Sentendolo sobbalzare, lei fece un sorrisetto che gli rivelò come avesse fatto apposta quel gesto: cielo, che donna! pensò l'attore, stordito.

Sempre sorridendo, Nives si chinò e baciò la punta del suo scettro maschile, indugiandovi con le labbra e facendo poi guizzare la lingua a sfiorarla.

"AH!" esclamò Richard, più forte; a quel punto, Nives cominciò a suggerlo golosamente, accarezzandolo con entrambe le mani. Richard chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro, artigliando il materasso ed emettendo un gemito senza fiato. Nelle solitarie notti seguite al loro incontro di aprile, aveva spesso fantasticato che lei gli facesse quello che gli stava facendo, ma la realtà della sua bocca attorno a sé lo stava per mandare in orbita a velocità supersonica in una maniera che nessuna fantasia, per quanto fervida, avrebbe mai potuto fare. Sentendo avvicinarsi pericolosamente il picco, la implorò di fermarsi. "Piccola, basta..."

"No", disse lei, a sorpresa; non lo aveva calcolato, ma all'improvviso aveva voglia di farlo godere così, tenendolo in suo potere come sapeva che nessun'altra poteva fare. "Devi pagar pegno per la macchina, ricordi? E questa è la tua punizione..."

Frastornato, Richard pensò che avrebbe volentieri pagato pegno in quel modo vita natural durante. Rabbrividì di piacere mentre lei continuava ad accarezzarlo con mani e labbra; adorava che lei fosse così spudorata, a letto con lui, e anche se gli sarebbe piaciuto arrivare a compimento dentro di lei, pensò che avevano tre settimane per quello. Così, non protestò e si arrese alle sue abili carezze. "Allora mi sottometto alla punizione, mia castigatrice", borbogliò, mentre la marea del piacere saliva sempre più.

Soddisfatta, Nives tornò a dedicarsi completamente a lui, finché Richard inarcò la schiena nel parossismo del piacere. "Niveeees!" gridò, mentre l'orgasmo lo travolgeva, facendolo sussultare in maniera incontrollabile.

Quando le convulsioni dell'acme si calmarono, Nives lo lasciò lentamente, baciando un'ultima volta la sua virilità ormai rilassata.

"Sei... sei la mia Afrodite, la mia dea dell'amore", ansimò Richard, ancora col fiato corto.

Nives sorrise, lusingata ed emozionata. Si arrampicò lungo il corpo del suo compagno e gli si sdraiò di fianco. "Felice di saperlo", mormorò, strofinandogli il naso contro il collo.

Lui la strinse a sé e si prese qualche momento per riprendersi dallo squisito piacere che lei gli aveva donato. "Sei soddisfatta della punizione?" le domandò, e al suo cenno affermativo proseguì con un lampo malizioso negli occhi azzurri. "Allora adesso tocca a me!"

Per tutta risposta, lei ridacchiò sfrontatamente. "Se hai in mente quel che penso, sappi che ci contavo..."

Richard sogghignò a quella risposta sfacciata, poi le sollevò il mento e la baciò sensualmente. "Ti amo, Nives..." le mormorò sulle labbra.

"E io amo te, Richard..."

L'attore la fece girare lentamente, mettendola sdraiata di schiena. "Ora mi prendo il mio dessert preferito", annunciò, guardandola negli occhi e leccandosi le labbra.

"Gelato al cioccolato?" scherzò Nives, fingendo di non capire.

Lui fece un sorrisetto lupesco che fece vibrare i suoi muscoli interni. "Oh no, molto meglio..."

Con una mossa rapida, la liberò di quel simulacro di slip che ancora indossava ed infilò una mano tra le sue ginocchia; senza indugi, lei schiuse le cosce, permettendogli di ammirare il suo scrigno muliebre, le cui pieghe turgide di desiderio erano un richiamo irresistibile.

Gli occhi chiarissimi di Richard divennero quasi neri mentre le pupille si dilatavano, facendogli assumere un aspetto quasi selvaggio che la eccitò indicibilmente. Un'ondata di calore umido le inondò il grembo. "Richard..." gracchiò, rauca, in tono implorante. Se lui non l'avesse toccata subito, avrebbe gridato per la frustrazione

Richard riconobbe il suo bisogno e, lusingato di riuscire a suscitare in lei un tale desiderio, si affrettò ad allungare una mano ed a sfiorare con dita sapienti i roridi petali del suo fiore. Accarezzò la collinetta che si ergeva tra essi, tumida e desiderosa d'attenzioni, poi con un sospiro di soddisfazione si abbassò e la prese tra le labbra.

Fu la volta di Nives di sussultare, come aveva fatto lui prima; sussultò più forte, quando lui usò la lingua per stuzzicare il suo punto più sensibile, sovreccitato dalla smania. Poi lo sentì percorrere tutto il suo solco, schiudendola, per infine spingere la lingua dentro di lei; lanciò un'esclamazione inarticolata, sobbalzando così forte che quasi gli sfuggì.

Richard le afferrò saldamente i fianchi, bloccandola, e l'assaporò profondamente, gustando il suo nettare squisito; non contento, cominciò a massaggiarle il clitoride con le dita.

Stimolata contemporaneamente in due punti, all'interno e all'esterno, Nives sgranò gli occhi alla nuova sensazione e boccheggiò deliziata; la sua reazione indusse Richard a proseguire con ancora maggior impegno.

Nives sentì aumentare il piacere a velocità vertiginosa, accumulandosi nel suo grembo e caricandosi come una molla, fino a scattare esplodendo dentro di lei e strappandole un grido. "Richaaaaard!"

L'attore la sentì contrarsi violentemente e raccolse avidamente con la lingua tutti i suoi deliziosi umori; continuò a stimolarla, prolungando il più possibile il suo piacere, finché lei non giacque inerte sul materasso. Richard depose un ultimo, tenero bacio sul nucleo della sua femminilità e si staccò, guardandola; la vide abbandonata sui cuscini, i lunghi capelli una massa disordinata che incorniciava il volto soffuso di rossore: era semplicemente stupenda. Si sdraiò al suo fianco e la prese tra le braccia.

Piano, Nives riaprì gli occhi e li fissò in quelli di Richard, che la guardava amorevolmente. "Se io sono la dea dell'amore", bisbigliò, "tu sei certamente il dio dell'amore..."

L'attore sorrise, lusingato e fiero. "Grazie", le sussurrò, baciandola.

Lei gli accarezzò una guancia, leggermente ispida di barba. "Questo sì che è stato un benvenuto coi fiocchi..." ridacchiò.

Richard sghignazzò a sua volta. "Felice che ti sia piaciuto", ribatté.

Si scambiarono ancora alcuni baci colmi d'amore, il desiderio reciproco soltanto momentaneamente placato; poi Richard si allungò ad afferrare il lenzuolo che era finito in fondo al letto e ricoprì Nives e se stesso. Pelle contro pelle, si addormentarono abbracciati.


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