Capitolo I: Sabato 26 dicembre 2015

Anche se erano passate meno di tre settimane da quando erano tornati da Parigi, Nives era impaziente come sempre di rivedere Richard. Era metà pomeriggio e, diversamente che in agosto, era andata a prenderlo in aeroporto, stavolta al Valerio Catullo di Verona; lo scorse facilmente in mezzo alla folla – del resto era difficile non notare la sua figura che si ergeva sopra la maggior parte delle teste – mentre trascinava il suo trolley con una mano e nell'altra reggeva un portabiti e una borsetta gialla. Era abbigliato interamente di nero – come amava spesso fare – con una giacca in pelle, maglione, pantaloni e stivaletti tipo anfibi militari. Non appena la adocchiò, le rivolse il suo tipico piccolo sorriso e si diresse verso di lei a grandi passi.

"Bene arrivato", cominciò a dirgli Nives, ma lui mollò i bagagli e l'avvolse tra le braccia, chiudendole la bocca con un bacio casto ma fervente. Ultimamente si era stancato di trattenersi in pubblico e, almeno quando rivedeva Nives dopo una separazione – più o meno lunga non importava – aveva deciso di lasciarsi andare a qualche effusione.

Felicemente sorpresa, come lo era stata a Parigi, Nives gli circondò la vita con le braccia e ricambiò il bacio.

"Grazie", le disse Richard sulle labbra. "Mi sei mancata, anche se non sono passati neanche venti giorni..."

"Anche tu mi sei mancato", rispose lei; con la coda dell'occhio vide un paio di persone che li stavano immortalando coi cellulari e sospirò seccata. "Meglio andare: stiamo dando spettacolo..."

"Che se lo godano ancora un attimo", ribatté lui, baciandola nuovamente. "Sono affamato dei tuoi baci..."

"E io dei tuoi", esalò Nives, contraccambiandolo.

Dopo un paio d'altri baci, Richard la lasciò andare e, ignorando completamente chi li stava fotografando o riprendendo, si avviarono all'uscita. L'attore caricò i bagagli sull'auto di Nives, poi salirono e partirono.

"Verona", commentò Richard mentre passavano davanti ad un cartello indicatore. "La città di Romeo e Gulietta...Ci sono stato una volta, da bambino, assieme ai miei genitori e a mio fratello."

"È una bellissima città", disse Nives. "Se vuoi, veniamo a visitarla insieme, uno di questi giorni."

"Magari un'altra volta", rispose lui, guardandola con quei suoi stupefacenti occhi azzurri, carichi di desiderio. "Preferisco stare con te... Vorrei trascorrere questi giorni tu e io da soli, per quanto possibile."

Nives si sentì rimescolare il sangue nelle vene. "Ah, a parte mio padre che ci aspetta domani a pranzo, abbiamo soltanto Capodanno con lui a casa di Francesca e Livio", gli rammentò.

"Nessun altro impegno?"

"Nessunissimo..."

Richard fece un sorriso lupesco. "Perfetto, direi..."

Il tragitto fino a casa di Nives durò poco più di un'ora, ma parve ad entrambi interminabile. Finalmente arrivarono e la donna parcheggiò l'auto in garage, prelevarono i bagagli e salirono con l'ascensore fino al terzo e ultimo piano, dov'era situato l'appartamento di Nives. Non appena chiusa la porta, Richard accantonò il trolley e il restante bagaglio e si tolse la giacca, appendendola all'attaccapanni dell'ingresso, poi aiutò Nives a sfilarsi il piumino e lo appese accanto alla propria giacca. Lei fece per allontanarsi, ma Richard la prese gentilmente per un polso. "Dove vai...?" le domandò, avvicinandola a sé. "Vieni qui... non ti ho ancora baciata come si deve..."

Era vero, in aeroporto si erano limitati a baci a fior di labbra. Adesso, le loro bocche si schiusero l'una contro l'altra lasciando che le lingue s'incontrassero e si accarezzassero sensualmente. Rimasero così svariati minuti, scambiandosi baci su baci, mai sazi. Nives sentì le crescente erezione di Richard contro il ventre e in risposta il centro della sua femminilità fremette, voglioso di accogliere quella durezza virile. Cos'aveva, quest'uomo, che riusciva a incendiarla con pochi baci...? Ma non era soltanto lui, erano loro, il travolgente sentimento che condividevano e che li avvinceva l'uno all'altra.

"Camera da letto", mormorò Richard contro le sue labbra, preparandosi a sollevarla in braccio.

"No", rispose lei; per la sorpresa, l'attore si bloccò e si ritrasse per guardarla, l'espressione perplessa. Nives accennò alla stufa a pellet che già ardeva, come dimostravano le fiamme dietro al portello trasparente: l'aveva programmata perché si accendesse una mezz'ora prima del loro arrivo, facendo loro trovare la stanza piacevolmente calda. Richard si chiese cosa c'entrasse la stufa, poi s'accorse che tra di essa e il divano era stata stesa una trapunta verde, una coperta di calda lana e svariati cuscini, un vero nido d'amore simile a quello che aveva preparato lui a Cortina l'anno precedente. Un sorrisetto gli curvò la bocca da un lato; fece di nuovo per prenderla in braccio, ma di nuovo lei lo fermò. "Aspettami lì... mettiti comodo. Dammi dieci minuti."

"Così tanto...?" finse di mettere il broncio lui.

Nives fece un sorrisetto che rispecchiava il suo di poco prima. "Ti prometto che ne varrà la pena..."

Richard si sentì percorrere da un caldo brivido di aspettativa: quando lei faceva così, ne valeva sempre la pena...

Mentre Nives si recava in bagno, l'attore andò a sedersi sulla trapunta; meditò se spogliarsi completamente prima di infilarsi sotto la coperta, ma poi pensò al piacere di farsi denudare da Nives e si limitò a liberarsi di stivali e calzini; scostando la coperta, si sedette a gambe incrociate sulla trapunta e si mise ad osservare le fiamme nella stufa, incuriosito dal suo funzionamento: in Inghilterra, le stufe a pellet vengono usate quasi esclusivamente a scopo industriale, mentre nelle case vengono preferite le stufe a legna, ma doveva ammettere che era davvero comodo poter programmare l'accensione ad un qualsiasi orario e trovare già caldo, ad esempio la mattina appena alzati o, come adesso, rientrando a casa.

Pochi minuti dopo, udì arrivare Nives; girandosi per accoglierla, Richard rimase di sasso: era avvolta in una pesante vestaglia di pile di colore viola, tutt'altro che sexy.

"Ehm... hai freddo?" le domandò, decisamente perplesso: Nives amava stuzzicarlo con completi intimi molto seducenti e, dopo la sua assicurazione che valeva la pena aspettare, si era immaginato qualcosa del genere, non certo una veste da camera che pareva quasi un cappotto ...

"Sì... e non vedo l'ora che tu mi riscaldi", rispose lei, aprendo la vestaglia e lasciandola scivolare a terra.

A Richard quasi cadde la mascella a terra: sotto l'improbabile indumento, Nives indossava un provocante completo rosso e nero, composto di guepiere, slip e calze dal bordo di pizzo, nonché dei guanti neri di seta lunghi fino al gomito. Aveva un aspetto vagamente gotico: romantico e sexy allo stesso tempo.

"Ti piace?" tubò lei, girando lentamente su se stessa per consentirgli di ammirarla da tutti i lati. Le mutandine erano delle brasiliane che lasciavano gran parte delle sue belle natiche scoperte e la vista gli fece venir letteralmente l'acquolina in bocca.

"Se vieni qui, ti dimostro subito quanto mi piace", mormorò.

"Davvero...?" fece lei, scalciando via le scarpe dal tacco alto che aveva indossato; si inginocchiò sulla trapunta, poi si mise carponi e gli si avvicinò con movenze sinuose, da gatta.

Le pupille di Richard si dilatarono, oscurando gli occhi, mentre il suo sguardo si appuntava sul seno di Nives, messo in risalto dalla generosa scollatura della guepiere. Non avrebbe mai ritenuto che potesse essere possibile, ma si sentì ancora più eccitato. "Nives... tu mi farai impazzire..." bisbigliò con voce roca.

Lei si limitò a rivolgergli un sorrisetto assassino; giuntagli accanto, gli posò le mani inguantate sulle spalle e lo spinse supino. Mentre lui si sdraiava, abbassò lo sguardo e vide la protuberanza che premeva nei suoi pantaloni.

"Sì... noto che ti piace sul serio", esalò, ponendovi sopra una mano ed accarezzandolo. Udì il sibilo del suo respiro e in risposta la sua cavità femminilità fremette ed avvampò, smaniosa d'essere colmata.

"Puoi ben dirlo", confermò lui, accarezzandole la parte alta delle braccia. "Vieni qui... ho voglia di baciarti..."

Nives non se lo fece certo ripetere; si adagiò sul di lui, poi abbassò la testa e posò la bocca sulla sua. I suoi lunghissimi capelli scuri ricaddero tutt'attorno ai loro volti mentre Richard le passava le braccia dietro la schiena per stringerla contro di sé. Le loro labbra si schiusero e le lingue si cercarono, ansiose di scambiarsi altre passionali carezze; tornarono ad ingaggiare una tenzone il cui scopo non era vincere, bensì comunicare all'altro tutto il proprio desiderio e la propria devozione.

Le mani di Richard si mossero sulla schiena di Nives, scendendo verso il basso, superarono la linea della vita sottile, più giù ancora fino a stringersi sulle curve dei glutei, accarezzandone la pelle morbida e calda.

La donna gli lasciò le labbra, baciandogli il mento, il collo; lo mordicchiò sul lato, proprio nel punto in cui s'incurvava nella spalla, poi all'improvviso succhiò forte, facendolo sussultare. Accorgendosene, Nives ridacchiò in modo spudorato. "Desideravo farlo da tanto... lasciarti il mio marchio..."

"Razza di monella...!" ansimò l'attore, tra l'eccitato e il divertito. "Aspettati una ritorsione..."

"Sto tremando di paura", ribatté lei, ridacchiando ancora più forte. Cominciò a sollevargli il maglione; Richard si mosse, agevolandola, poi si liberò anche della sottostante maglietta felpata, rimanendo a torso nudo. Nives lo guardò, ammirando i muscoli scolpiti illuminati dalla luce guizzante delle fiamme che, mentre il giorno declinava nel precoce crepuscolo invernale, era ormai rimasta l'unica illuminazione della stanza. Bramosa di vederlo nudo, gli sfibbiò la cintura, poi cercò di sbottonargli i calzoni, ma la seta che copriva le sue dita la impacciava.

Accortosi della sua difficoltà, Richard lo fece per lei, poi sollevò il bacino ed abbassò i pantaloni, che Nives provvide a sfilargli rapidamente dalle lunghe gambe. Sollevando lo sguardo, notò che la punta della sua virilità emergeva dai boxer, che erano scivolati in basso quando Richard si era abbassato i pantaloni; per reazione, sentì dilagare maggiormente l'incendio che lui riusciva sempre ad accenderle dentro. Si chinò su di lui e posò le labbra sul suo turgore, accarezzandone la punta scoperta con la lingua.

"Ah!" esclamò Richard, sobbalzando per il piacere.

Imperterrita, Nives continuò a stuzzicarlo; spinse in basso l'orlo dei boxer, liberandolo, e gli chiuse attorno le labbra, strusciandovi i denti. Lo vide inarcare la schiena ed affondare le dita nella trapunta mentre emetteva un gemito, il respiro mozzo; quel suono conturbante le fece palpitare ancor più forte i muscoli interni. Decise di volerlo subito dentro di sé e lo liberò definitivamente dei boxer.

"Prendimi, Richard..." lo invitò, risalendo lungo il suo corpo e sedendosi a cavalcioni del suo bacino, la propria calda femminilità a diretto contatto con la sua solida mascolinità, separate unicamente dal sottile strato di pizzo delle sue mutandine.

"Prima voglio sentire il tuo sapore", le rispose l'attore in un sussurro rauco; l'afferrò per le spalle ed invertì le loro posizioni. Agganciando gli slip ai lati, glieli abbassò; lei li aveva correttamente indossati sopra le stringhe del reggicalze – diversamente da quello che si vede spesso nelle riviste di moda, che non tengono conto della scomodità di indossarli sotto quando si deve andare in bagno – così non ebbe difficoltà a sfilarli dalle gambe. Come ipnotizzato, Richard fissò i riccioli scuri che coprivano l'accesso al proprio eden personale, luccicanti dei dolci umori che era così desideroso di gustare.

Accorgendosi del suo sguardo famelico, Nives percepì un'ennesima fiammata divampare nel grembo; schiuse le cosce in un silenzioso invito, che lui raccolse prontamente abbassando la testa tra di esse e posando le labbra sul centro della sua femminilità. Sentendosi lambire avidamente, Nives trasalì: cielo, cos'era capace di fare quell'uomo con la sua lingua esperta... Emise un lamento, senza fiato.

Incoraggiato dalla sua reazione, Richard la stuzzicò più profondamente, assaporando il suo nettare di donna, che per lui era più prelibato di qualsiasi pietanza al mondo. Nives tremò violentemente; fu la sua volta di inarcare la schiena e piantare le dita nella trapunta.

"Sei così deliziosa, amore mio", bisbigliò Richard, staccandosi dal suo morbido fiore; le baciò l'interno delle cosce, poi si sollevò e sganciò le calze, che le sfilò rapidamente. Nives sciolse il laccio che legava i ganci sul davanti della guepiere ma, nuovamente impicciata dai guanti, non riuscì a sfilarli, così ci pensò Richard. Non appena l'intrigante indumento fu completamente aperto, scoprendole il busto, l'uomo si chinò e le circondò i seni con le mani, accarezzandone le punte eccitate con i pollici. Lei sentì la propria intimità contorcersi di desiderio e sollevò le ginocchia ai lati dei fianchi di Richard.

"Vieni..." lo invitò, accarezzando le sue braccia muscolose. Indossava ancora la guepiere, ormai completamente aperta, e i guanti, ma non voleva perdere tempo a togliere quegli ultimi indumenti, troppo impaziente di essere tutt'uno con l'uomo che amava con ogni fibra del suo essere.

"Eccomi..." sussurrò Richard, completamente ammaliato. Si posizionò, ma non entrò subito, stuzzicandola ancora per qualche istante con la punta della sua virilità. Nives sospirò, frustrata e sempre più eccitata, ed allora, lusingato di sentirsi tanto desiderato, Richard si spinse dentro di lei. Mentre il suo sensuale calore lo avvolgeva, gli sfuggì un gemito, a cui fece eco quello di Nives mentre lo accoglieva nel proprio corpo.

"Richard... sì..." alitò la donna, incrociando le caviglie dietro la sua schiena per attirarlo ancora più vicino a sé.

Richard si adagiò completamente sopra di lei, prendendole le labbra in un bacio incandescente, poi cominciò a muoversi lentamente, ritraendosi e poi tornando a spingere; Nives rispose mossa su mossa, lasciando che lui stabilisse il ritmo della loro danza amorosa, accarezzandogli la schiena con le mani inguantate, la seta che creava una sensazione totalmente diversa dal solito sia per lei che per lui.

Richard le lasciò le labbra, ma solo per baciarle il collo, scendendo sulla spalla, poi le soffiò dolcemente nell'orecchio, facendola rabbrividire. "Mia Nives..." le sussurrò con quella sua meravigliosa voce baritonale. "Così dolce... così sexy...così bella..." si interruppe per mordicchiarle il lobo. "Ti amo così tanto..."

"Anch'io ti amo... oh! Richard..." ansimò lei, inebriata tanto dai suoi movimenti quanto dalle sue parole.

L'uomo si mosse per baciarle l'altro lato del collo e tornò ad avvicinare le labbra al suo orecchio. "Voglio sentirti urlare", le sussurrò.

Nives trattenne il fiato: con lui non aveva mai avuto remore a vocalizzare il proprio piacere, quand'era sicura che nessun altro potesse udirla – come ad esempio a Cortina o a casa di Jerry e Raffaella – ma era la prima volta che Richard le faceva una richiesta esplicita in quel senso. Lo trovò estremamente eccitante. "Oh sì..." mormorò, "ma solo se lo fai anche tu..." aggiunse, stringendo i propri muscoli interni.

Richard gemette, deliziato. "Va bene..." accettò; si sollevò sui gomiti per poterla guardare negli occhi. "Va bene", ripeté, rauco. Aumentò la velocità e l'ampiezza delle spinte, incrementando la frizione tra i loro corpi e così il piacere reciproco. Assieme, salirono verso la vetta, avvicinandosi al culmine a velocità crescente; Nives sentì le proprie profondità percorse da fremiti sempre più forti e frequenti; il respiro le si fece erratico, i gemiti più alti. Richard emetteva suoni sconnessi e sospiri sempre più rumorosi. L'orgasmo si accumulò, caricandosi come una molla, ancora ed ancora, finché non deflagrò in un'esplosione accecante che li lanciò oltre il cielo. Nives gettò uno straziante grido di godimento, a cui fece immediatamente eco quello di Richard; sussultarono incontrollabilmente, amplificando il reciproco piacere, fino a rimanere senza respiro, la vista oscurata, la mente obnubilata, dimentichi del mondo intero, l'universo ridotto soltanto a loro due.

Richard sentì le braccia che lo sorreggevano ormai a stento; non volendo crollare e schiacciare Nives col proprio peso, si adagiò lentamente su di lei e le baciò le labbra, semiaperte sul respiro affannoso. "Questo è stato semplicemente incredibile", ansimò l'attore. "In inglese diciamo mind-blowing."

Lei si sforzò di recuperare il fiato prima di rispondere. "Ottima definizione... perché il cervello mi si è proprio fuso..."

Lui ridacchiò, in quel suo tono basso e sexy che la faceva ogni volta impazzire per lui. "Anche il mio", ammise Richard.

Rimasero a lungo avvinghiati, riluttanti come sempre a lasciarsi, scambiandosi baci e carezze; alla fine, poiché si stava facendo tardi per la cena, si alzarono e si rivestirono.

Quando Richard uscì dal bagno, trovò Nives, con un morbido maglione rosso e pantaloni di velluto verde, indaffarata in cucina; solo allora notò l'albero di Natale, nell'angolo opposto alla stufa, non molto grande ma tutto illuminato e carico di decorazioni rosse e dorate. "Bello!" esclamò.

Lei lo aveva scorto mentre si avvicinava e adesso vide dove stava guardando. "Il mio albero del solstizio", annunciò.

Dopo un attimo di confusione, lui annuì: Nives non festeggiava il Natale cristiano, ma celebrava la ricorrenza astronomica, come tutte le religioni antiche, dove solstizi ed equinozi rappresentavano momenti fondamentali del calendario agricolo. Poi corrugò la fonte. "Albero del solstizio?" domandò, incuriosito.

"Esatto", confermò Nives. "Se vuoi, te ne racconto la storia, mentre mangiamo. Ora mi aiuteresti?"

"Ma certo! Vuoi che apparecchi?"

"Sì, grazie..."

Lui rammentava ancora bene dov'erano piatti, bicchieri, posate, tovaglie da quando era stato da lei in agosto, e rapidamente preparò la tavola.

"Che stai preparando di buono?" le chiese, mentre gli effluvi provenienti dalle pentole sul fuoco gli facevano venir l'acquolina in bocca.

"Oggi ho preparato una specialità locale", rispose Nives, "così adesso basta scaldarla; si chiama baccalà alla vicentina, in pratica stoccafisso essiccato cotto in olio d'oliva e latte."

"Olio e latte? Mi sembra una combinazione insolita..."

"Lo è certamente, ma ti garantisco che è una prelibatezza", si affrettò a rassicurarlo Nives.

Vedendola leggermente preoccupata, Richard si affrettò a sua volta a rassicurare lei. "Ne sono più che certo! E poi sono sempre curioso di assaggiare piatti insoliti..."

Tranquillizzata, Nives tornò ad occuparsi delle pentole e rimestò energicamente in un paiolo di rame con un lungo mestolo di legno; avvicinandosi, Richard vi sbirciò dentro, ma non capì di cosa si trattasse. "Che cos'è?" domandò.

"Questa è polenta", rispose lei. "Ehm, si potrebbe tradurre crema di mais, ma la consistenza è molto più compatta di una crema... Vedrai."

"Okay, aspetto... Cos'altro posso fare? Non mi piace stare con le mani in mano..."

Nives gli indirizzò un sorriso luminoso, apprezzando la sua disponibilità. "Ho già preparato tutto oggi, prima di venire a prenderti in aeroporto", gli rispose, "a parte la polenta, che mi piace appena fatta. Ma puoi scaraffare il vino, se vuoi", concluse, indicandogli la porta-finestra che dava sul terrazzo. "L'ho messo lì fuori, al fresco."

Lui andò a prenderlo e rimase sorpreso nel constatare che si trattava di un rosso, come proclamava chiaramente il nome, semplicemente Rosso di Barbarano. "Ma col pesce non dovrebbe andare il bianco...?" chiese, perplesso.

"Solitamente è così", confermò Nives, porgendogli il cavatappi, "ma alcuni piatti fanno eccezione, tra i quali il baccalà. Sebbene alcuni gourmet preferiscano comunque il bianco, io trovo che sia una pietanza troppo strutturata e dal sapore troppo marcato per qualsiasi bianco, per cui rimango sul rosso, che poi è l'abbinamento tradizionale", indicò il vino. "Vale sempre la regola come mangi, devi bere: piatto vicentino, vino vicentino", concluse sorridendo.

Richard rammentò che lei gli aveva già detto una cosa del genere, anche se non ricordava se era stato a Venezia o a Cortina; ma non era importante. Pensare alla città lagunare gli fece ricordare un'altra cosa. "Com'è andata la presentazione a Venezia?"

"Bene, a parte una ragazzina che mi ha subissata di domande su di te invece che sul libro, tanto che la moderatrice è intervenuta dicendo che era fuori tema e che doveva riservare questo tipo di domande a dopo la presentazione, ammesso e non concesso che io fossi disponibile. Lorraine ha provveduto a tenermela lontano", concluse con una risata.

"Mi spiace d'essere causa di noia, per te", si rammaricò l'attore.

"Oh, sai che noia", fece Nives con una risatina gutturale che gli fece fremere le parti basse del corpo. Non dubitava che avrebbero fatto un altro giro amoroso prima di dormire...

Mentre aspettavano che la polenta finisse di cuocere, sgomberarono il salotto dall'alcova che aveva visto il loro abbraccio, riportando la trapunta in camera di Nives, la coperta nella camera degli ospiti e dividendo i cuscini tra entrambe; poi, la donna preparò un aperitivo blandamente alcolico, semplice acqua tonica con uno spruzzo di Aperol, ghiaccio e una fetta di arancia, accompagnato da patatine e salatini, che consumarono seduti sul divano.

Quando la polenta fu infine pronta, Nives la versò sul classico tagliere di legno chiamato panàro e poi la servì nei piatti assieme al baccalà, mentre nei piattini pose funghi champignon trifolati e spinaci al burro.

"Delizioso... tutto quanto", la complimentò Richard dopo i primi bocconi. "Lo so fin da Cortina, ma ancora una volta ho il piacere di constatare che sei una cuoca sopraffina..." si fece pensieroso. "Stiamo insieme esattamente da un anno, tre mesi e sei giorni, te ne rendi conto?"

"E mi sembra ancora impossibile... ancora un sogno, il sogno di una fangirl", dichiarò Nives a bassa voce, guardandolo negli occhi. "Sono la donna più fortunata della Terra..."

Lui depose il coltello e le posò la mano sulla sua. "E io sono l'uomo più fortunato", affermò, anche lui a bassa voce.

Si persero qualche istante l'uno negli occhi dell'altra, poi, non riuscendo a reggere oltre la commozione senza rischiare di far cadere qualche lacrima, Nives si riscosse. "Volevi sentire la storia dell'albero del solstizio", gli rammentò.

Comprendendo che lei voleva cambiare argomento, l'attore annuì per incoraggiarla.

"I Celti erano degli astronomi straordinari", la donna cominciò a narrare, tra un boccone e l'altro, "come del resto molti popoli antichi, specialmente gli assiro-babilonesi e gli egizi. Tuttavia, avendo solo gli occhi per osservare i fenomeni astronomici e non anche gli strumenti ottici moderni, potevano soltanto vederne gli effetti ma non conoscerne le cause. Così, l'arrivo del solstizio invernale era accompagnato da una certa inquietudine: il sole continua a calare, le giornate si fanno sempre più corte, diventa sempre più freddo, cosa succederebbe se, un brutto giorno, il sole non dovesse più sorgere? La natura morirebbe, e così gli esseri umani, che dalla natura dipendono. E allora, per evitare che accadesse una simile catastrofe, i Celti usavano la magia cosiddetta simpatica: accendevano un grande fuoco in terra per richiamare il grande fuoco del cielo. Ma, come tutte le cose magiche, nulla era lasciato al caso: il fuoco doveva nascere da qualcosa che rimaneva vivo anche durante l'apparente morte invernale, e cosa meglio di un albero sempreverde come l'abete, ricco di resina che brucia intensamente? Ecco che allora i druidi – i sapienti e sacerdoti dei Celti – andavano nel bosco e sceglievano un albero che giudicavano adatto, a cui con cerimonie opportune appiccavano il fuoco e che facevano ardere fino a consumarlo. Con l'arrivo del cristianesimo, che ha adottato molte usanze pagane, nei Paesi nordici è rimasta l'usanza dell'albero solstiziale come simbolo della luce di Cristo venuto al mondo a portare la speranza. Il falò è stato sostituito prima dalle candele – ricordo che da bambina, in Svizzera, ancora si usavano – e poi dalle lampadine elettriche, e infine adesso dai LED."

Richard aveva ascoltato, affascinato dal racconto. "Non ne sapevo niente", ammise. "Davvero molto interessante!"

"Saresti sorpreso nell'apprendere quante tradizioni cristiane abbiano origini pagane", sorrise Nives. "Volendo proporsi come religione universale, ha incorporato quanto più ha potuto delle celebrazioni antiche, trasformandole e adattandole. Tra le altre cose, la Dea è diventata la Madre di Cristo; ma questa è un'altra storia, molto lunga e complessa e non sempre edificante per il cristianesimo, che ha ai miei occhi il grande torto di aver sempre voluto tenere la donna sottomessa, specialmente nella versione cattolica, dove a tutt'oggi alle donne è negato il sacerdozio."

"In Inghilterra le donne sacerdote esistono da oltre vent'anni", disse Richard. "Sacerdotesse, sarebbe più corretto dire..."

"Lo so... ho visto The Vicar of Dibley, ricordi?" sorrise lei.

"Giusto, non ci avevo pensato", annuì l'attore. "Ho partecipato solo alle ultime due puntate, ma mi sono divertito moltissimo... Dawn French è una forza della natura", concluse divertito, riferendosi alla protagonista, la vicaria di Dibley.

Parlarono ancora di quel lavoro, che Richard ricordava con piacere; terminata la cena, rigovernarono e poi, dato che in tv davano un film che a Nives piaceva, si accomodarono sul divano. Richard si tolse le pantofole che aveva indossato e si sedette in un angolo, mentre Nives, liberatasi a sua volta delle babbucce, gli si accoccolò accanto, le gambe ripiegate; lui la circondò con un braccio e lei gli posò la testa sulla spalla.

Richard aveva incrementato parecchio la sua conoscenza della lingua italiana, in quell'anno abbondante in cui stava con Nives, tra dvd di film che lei gli aveva suggerito, fumetti e ora il suo libro, così riuscì a seguire abbastanza bene. Era una classica storia natalizia, edificante e divertente; ma quando arrivò la prima interruzione pubblicitaria, cominciarono a baciarsi, e un bacio tira l'altro lasciarono perdere la tv per rifugiarsi in camera per dedicarsi ad un'attività più gradevole...

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