Capitolo I: Venerdì 4 dicembre 2015

Nives atterrò al Charles de Gaulle alle 19.50, cinque minuti prima del volo che da Berlino stava portando lì Richard. Infatti si sarebbero trovati all'uscita, non appena recuperati i bagagli, ed assieme avrebbero preso il taxi per andare all'albergo.

La valigia di Nives si fece attendere parecchio; finalmente la vide sul nastro trasportatore e l'arraffò, poi si diresse rapidamente all'uscita che portava alla stazione dei taxi, dove avvistò subito la svettante figura di Richard che la stava attendendo. Evitò di chiamarlo ad alta voce, per non attirare l'attenzione, e si avvicinò trascinando il suo trolley.

Richard scrutava la folla, in cerca dell'amato volto della fidanzata; infine la scorse, a pochi metri di distanza, e sul suo viso fiorì lo splendido sorriso per cui andava famoso tra le sue fan, compresa naturalmente Nives che, vedendolo, sentì il cuore caprioleggiare impazzito nel petto. Gli sorrise di rimando, gli occhi luminosi, e dovette trattenersi a forza dal mollare la valigia, precipitarsi incontro all'attore e saltargli al collo per baciarlo a perdifiato; ma Richard era d'altro avviso: le si mosse incontro e come fu abbastanza vicino lasciò il trolley e l'avvolse tra le braccia, stringendola al petto. Nives, sapendo quanto lui detestasse esibire in pubblico la propria affettuosità, rimase gradevolmente sorpresa e ricambiò l'abbraccio con forza.

"Mi sei mancata da morire", le sussurrò Richard all'orecchio; avrebbe voluto baciarla, ma si frenò, mettendo tutto il proprio sentimento nelle parole mormorate.

"Anche tu a me", dichiarò lei sottovoce, sentendo le farfalle svolazzare nello stomaco.

Poco lontano, una ragazza giapponese aveva riconosciuto Richard e si era prontamente armata di cellulare, filmandolo; immortalò quindi la scena dell'abbraccio, sorridendo tra sé sia perché contenta per la coppia – aveva riconosciuto anche Nives – sia perché era certa che il breve filmato sarebbe diventato virale su YouTube nel giro di poche ore. Non disturbò però i due protagonisti del video, limitandosi a documentare l'incontro per la gioia della Armitage Army.

Richard e Nives si tennero stretti per qualche altro istante, poi lui si scostò a malincuore.

La giapponesina li filmò con discrezione finché non uscirono dalle doppie porte scorrevoli, diretti verso la stazione dei taxi, poi soddisfatta si collegò a internet e caricò il video su YouTube.

"Taxi, madame, monsieur?" domandò un autista dai capelli brizzolati, vedendoli giungere insieme con le valigie al seguito.

"Oui, merci", rispose Richard con un ottimo accento francese. "Hôtel Sydney Opéra, s'il vous plait."

"Très bien", rispose l'uomo, accennando a prendere il trolley di Nives, che glielo lasciò con un sorriso di ringraziamento. Il tassista ripose nel bagagliaio tutte e due le valigie, poi aprì la portiera e Nives e Richard si sedettero sul sedile posteriore. Non potendo fare altro in presenza di un estraneo, i due si tennero per mano per tutto il tragitto, una quarantina di minuti, guardandosi spesso negli occhi e sorridendo.

Giunti all'albergo, scesero e Richard pagò il taxi, sordo alle proteste della fidanzata che voleva dividere; recuperati i loro bagagli, entrarono nella hall e si diressero al bancone della reception, dove sbrigarono rapidamente le formalità del check in e poi si recarono in camera. Erano ormai le nove di sera passate, ma non si preoccuparono della cena, avendo fame sì, ma non di cibo.

Entrarono in camera e posarono le valigie. Nives aprì subito la propria e ne trasse un involto di seta viola; Richard capì immediatamente di cosa si trattava.

"Sicura di volerla mettere?" le domandò a bassa voce, gli occhi che brillavano di malizia. "Ti durerebbe indosso ben poco..."

Lei gli rivolse un sorriso birichino. "Anche se sarà per un solo minuto, ne vale la pena", dichiarò. "Tu aspettami a letto..." aggiunse strizzandogli un occhio e sparendo in bagno. Qui si spogliò rapidamente e si diede una veloce rinfrescata, poi indossò la camicia da notte sopra gli slip viola, che aveva appositamente acquistato per accompagnare quel romantico set, ed infilò la vestaglia. Si tolse il fermaglio dai capelli e li spazzolò ed infine, a piedi nudi, tornò in camera.

Frattanto, pieno di impaziente aspettativa, Richard si era liberato dei vestiti, tenendo solamente i boxer perché Nives gli aveva confessato che lo trovava terribilmente sexy così, e si era infilato sotto le coperte, posando testa e spalle contro la testiera. Non dovette attendere molto: pochi minuti dopo, Nives fece la sua comparsa, avvolta nel completo da notte romanticamente sexy che le aveva mandato in regalo per il loro primo anniversario d'amore. La guardò avvicinarsi, incantato. "Sei bellissima", disse a bassa voce.

"Grazie", mormorò lei; il cuore le fremette in petto, quando notò al polso di Richard il braccialetto d'oro che gli aveva regalato: le aveva detto che amava indossarlo così gli sembrava di esserle più vicino; tuttavia vederglielo indosso coi propri occhi la emozionava.

Si avvicinò alla propria parte del letto, ma Richard fece cenno di no e si spostò, indicandole di prendere il suo posto. "Così trovi caldo", le spiegò, rivolgendole il suo adorabile piccolo sorriso.

Nives si sentì sciogliere e pensò che nessun uomo era più dolce e pieno d'attenzioni di Richard Armitage. Lasciò cadere a terra la vestaglia e scivolò sotto le coperte, abbracciandolo. "Ti amo, Richard", gli sussurrò in italiano.

"Ti amo, Nives", replicò lui sottovoce, nella stessa lingua, circondandola con le braccia ed attirandola sul proprio petto, "Non sai quanto ti amo", soggiunse in inglese, stringendola improvvisamente più forte. "Sei la mia ragione di vita..."

Profondamente toccata, a sua volta Nives serrò le braccia più forte attorno a lui. "E tu la mia", disse in tono appassionato, poi si sollevò e lo baciò con trasporto; Richard la contraccambiò con uguale intensità.

La donna gli accarezzò il torace; coi palmi aperti, sfiorò i rilievi ben definiti dei muscoli pettorali, poi con dita leggere girò tutt'attorno ai capezzoli prima di toccarli coi polpastrelli. Gli lasciò la bocca e scese a baciargli il collo, la gola, il torso, calò sui capezzoli, che stuzzicò con la lingua, prima uno, poi l'altro, strappandogli piccoli gemiti. Continuando la sua discesa lungo il corpo dell'uomo, Nives gli mordicchiò l'addome, facendolo fremere; sfiorò l'ombelico, poi seguì il sentiero di peluria che scendeva fino all'orlo dei boxer e posò la mano a conchiglia sull'erezione che li gonfiava.

Sentendosi toccare, Richard ebbe un sussulto ed emise un lamento più forte. "Ah, Nives..."

Lei scostò la coperta e posò le labbra sulla sua salda virilità attraverso la stoffa dei boxer.

"N...Nives, hai deciso di uccidermi...?" ansimò lui.

La donna gli lanciò un'occhiata di sotto in su e rivolse un sorrisetto assassino che gli fece trattenere il fiato per l'aspettativa. Un attimo dopo lei gli aveva abbassato i boxer e lo stava prendendo in bocca.

"Ah!" esclamò Richard, chiudendo gli occhi e piantando le dita nel materasso.

Nives lo liberò dell'indumento e continuò a torturarlo impietosamente con labbra, lingua e dita; mentre ascoltava i suoi gemiti di piacere, sentì i suoi muscoli interni fremere di desiderio sempre più forte.

Infine Richard giunse al limite della sopportazione e si scostò. "Fermati", disse con voce rauca, "o non rispondo più di me stesso..."

"Esattamente quello che volevo", ribatté lei con lo stesso sorrisetto assassino di prima.

"Sei proprio una cattiva ragazza", dichiarò Richard, divertito e allo stesso tempo eccitato oltre ogni dire; l'afferrò per le spalle, tirandola verso di sé, poi l'arrovesciò sui cuscini. "Dovrò provvedere ad un castigo esemplare..."

"Oh sì, ti prego", mormorò lei, accarezzando la sua solida mascolinità e strappandogli così un altro ansito, "Merito un castigo molto duro..."

"Te lo darò", le promise lui con un sorrisetto che faceva il paio col suo, afferrandole i polsi e bloccandola contro il materasso, poi si abbassò e le prese un capezzolo tra le labbra, suggendolo attraverso la seta della camicia da notte.

"E non fermarti... fino a quando non me l'avrai comminato... per intero", ansimò lei, mentre caldi brividi le percorrevano il corpo.

Richard le lasciò i polsi e le abbassò le spalline della camicia, denudandole i seni per poterli baciare ed accarezzare liberamente; poi continuò a far scivolare l'indumento verso il basso, sfiorando con labbra avide la pelle che veniva via via scoperta, giù lungo il ventre palpitante, fino a giungere al centro del suo corpo. La camicia da notte finì sul pavimento assieme alla vestaglia, e poco dopo anche le mutandine caddero sul mucchio.

Richard percorse con occhi ardenti tutta l'amabile figura nuda di Nives, ammirandone ogni centimetro quadrato; la osservò piegare un ginocchio e schiudere le gambe, offrendosi interamente alla sua vista, e sentì il fiato che gli si fermava in gola. Mosse le mani ad accarezzare il suo seducente fiore femminile, sfiorandone con voluttà i serici, caldi petali.

Sentendosi toccare da quelle dita amorose, Nives sospirò; poi lui sfiorò il nucleo del suo piacere e lei sentì le proprie profondità ribollire di bramosia, facendola gemere. "Richard..." esalò in tono implorante. "Ti prego..."

Avendo progettato di punirla ancora un poco, lui cercò di resistere a quella supplica, ma il suo volto acceso di passione e la vampata di calore che percepì sulle dita demolirono il suo proposito; con un ansito, le si adagiò sopra e, lentamente come amava fare, affondò la propria carne dentro quella di lei.

Nives lo accolse con un sospiro di soddisfazione, avvolgendogli le braccia attorno alla vita e sollevando il bacino per incontrarlo; Richard si alzò sui gomiti per poterla guardare e cominciò a muoversi. Lei rispose movimento su movimento, amplificando il piacere di entrambi; non ci volle molto prima che percepisse i prodromi dell'appagamento ed i suoi lamenti d'amore si fecero più acuti, il respiro più erratico. Accorgendosene, Richard aumentò il vigore dei propri movimenti e pochi istanti dopo sentì i muscoli interni di Nives contrarsi con forza mentre raggiungeva il culmine con un ultimo gemito; allora si lasciò andare e la seguì nella beatitudine del compimento. Poi le si adagiò sopra e la tenne stretta, mentre Nives gli allacciava le braccia dietro la schiena, ricambiandolo.

Lentamente, i loro corpi ed i loro cuori, entrambi piacevolmente sconvolti dal reciproco godimento, tornarono alla normalità. Si scambiarono baci e parole colmi di tenerezza, come facevano sempre dopo la passione, ed infine si separarono.

"Se hai fame, possiamo ordinare il servizio in camera", propose Richard.

"In effetti ho piuttosto fame", ammise lei.

Così, ordinarono una cena leggera, che consumarono divertendosi ad imboccarsi a vicenda. Tra un boccone e l'altro, Richard le domandò della sua spalla. "Come va con l'agopuntura?"

"Incredibile!" rispose lei. "Il medico agopuntore aveva previsto dieci sedute, ma sono a sette e il dolore è completamente scomparso. Gliel'ho detto e ne è stato contentissimo, ha dichiarato che è anche merito della mia capacità di far circolare la mia energia vitale grazie alla mia pratica del Tai chi, che ha amplificato l'efficacia della terapia. Penso che la prossima seduta, che farò più che altro per controllo, sarà anche l'ultima."

"Incredibile davvero! La dimostrazione pratica che funziona", commentò Richard, felice per lei.

"Proprio così. Del resto, in caso contrario questo rimedio non sarebbe approvato addirittura dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che lo raccomanda come terapia antalgica e antinfiammatoria..."

Terminata la cena, tornarono a letto e si addormentarono, confortevolmente abbracciati l'uno all'altra.

Sabato 5 dicembre 2015

Il mattino seguente, quando Nives uscì dal bagno, dove si era preparata per la giornata, Richard notò che aveva indossato la collana che le aveva regalato a Venezia l'anno prima, la murrina verde a forma di cuore, e sorrise di piacere: era stato il primo regalo che le aveva fatto, economicamente inconsistente, ma di valore enorme dal punto di vista sentimentale.

Nives andò dritta verso la propria valigia e tirò orgogliosamente fuori una copia del suo libro. "Come mi hai chiesto, con dedica e autografo", disse, porgendola a Richard. "Mi spiace però che sia in italiano, non potrai leggerlo..."

"Non giurarci", sogghignò Richard. "Sono già d'accordo con un amico che fa il traduttore di professione."

Aprì il volume, dove sul frontespizio Nives aveva scritto la dedica: A Richard, che sorpassa di gran lunga tutti i protagonisti delle mie storie: tu sei l'unico duca, principe, re del mio cuore. Ti amo. Nives.

I titoli nobiliari si riferivano al protagonista del romanzo, il duca Morgan, al principe Aryon e a Thorin, Re sotto la Montagna. Richard si sentì inumidire gli occhi e sbatté le palpebre per trattenere le lacrime. Guardò Nives e le mormorò a fior di labbra. "Grazie... anche io ti amo", le prese una mano e ne baciò lievemente le dita. "Lo leggerò appena Andy avrà finito la traduzione."

"Grazie... Poi mi farai sapere cosa ne pensi?" Nives gli chiese e lui annuì a conferma. "Bene, ci conto... Ti immagini quando alle presentazioni letterarie dirò il mio romanzo è stato letto da Richard Armitage? Ci farò una magnifica figura", concluse ridendo.

"Hanno già fissato delle date?" s'informò Richard.

"Sì, ho la prima presentazione ufficiale a Milano sabato prossimo", rispose Nives. "Ci vado in treno con la mia comare Fulvia, la mamma di Marina, che per il suo lavoro è un'habitué di quella città. Poi un'altra presentazione sarà a Venezia la vigilia di natale, là ci sarà Lorraine a supportarmi. E la casa editrice si sta dando da fare coi suoi contatti per farmi fare una presentazione in televisione in qualche programma dedicato ai libri... Vedremo", poi improvvisamente corrugò la fronte, ripensando a una cosa che aveva detto poco prima. "Forse però è meglio se evito di dire che l'hai letto, preferirei evitare di sfruttare il tuo nome..." disse, imbarazzata.

Lui scosse la testa. "Sarei felice che tu lo sfruttassi, invece", dichiarò con decisione. "Anche io lo sfrutterò, quando il tuo libro verrà ufficialmente tradotto in inglese e messo sul mercato del Regno Unito, per farti fare almeno una presentazione a Londra."

Nives si mise a ridere. "Ora stiamo volando un po' troppo con la fantasia... Difficilmente un autore italiano viene tradotto all'estero, a meno di non essere un grande nome come – che so – Umberto Eco o Oriana Fallaci, e io sono solo un'esordiente..."

"Non si sa mai", la incoraggiò Richard. "Potresti essere il caso letterario dell'anno. Se fare il mio nome può aiutare a vendere di più il tuo romanzo e quindi a farne un successo, fallo."

Nives era leggermente stordita dalle possibilità che stava intravedendo. "Eeehhh... magari!" sospirò. "Intanto vediamo come si svilupperanno le cose; al momento preferisco rimanere coi piedi ben saldi per terra", concluse; usò l'espressione alla lettera perché non conosceva il corrispettivo in inglese, ma il concetto fu subito chiaro anche a Richard.

"E fai bene", l'attore britannico fu concorde, essendo anche lui quel tipo di persona. "Ma sono convinto che, da qui a qualche mese, sarai in giro per il mondo a presentare il tuo libro."

"Magari anche Berlino", sorrise lei.

"Mi piacerebbe molto", ricambiò il sorriso lui. "Una buona scusa per venirmi a trovare..." poi il suo sorriso di allargò. "Non ti ho ancora augurato buon compleanno di persona", le disse, prima di prenderla tra le braccia e baciarla dolcemente.

"Grazie, amore mio", gli rispose lei, gli occhi brillanti, quando le lasciò le labbra.

Lui le fece l'occhiolino. "Per festeggiare, lunedì andremo a pranzo in un posto assolutamente spettacolare", le rivelò.

Nives si sentì salire le lacrime agli occhi: dopo oltre un anno, continuava a pensare che fosse semplicemente troppo bello per essere vero, che un simile uomo fosse suo, proprio suo; gli cinse il collo con le braccia. "Richard Armitage, sei l'uomo più dolce e galante che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita", dichiarò con voce tremante, "e io ti amo più di quanto sia capace di esprimere..."

S'interruppe all'improvviso per il nodo di commozione che le serrava la gola; incapace di proseguire, lo fece chinare e gli prese le labbra in un bacio appassionato.

"Mmmhh...." fece Richard dopo, compiaciuto. "Che ne dici di saltare la colazione...?"

Lei ridacchiò. "Dimentichi che abbiamo l'ingresso al Louvre alle dieci... Stavolta voglio assolutamente vedere la Gioconda!"

Gli aveva raccontato infatti che l'unica altra volta in cui era venuta a Parigi, in gita scolastica all'ultimo anno di superiori, non era riuscita ad avvicinarsi al celeberrimo quadro di Leonardo da Vinci per mancanza di tempo; mentre stavolta aveva prenotato i biglietti e l'orario d'ingresso per poter usufruire del massimo tempo possibile, ed avrebbero pure pranzato al ristorante interno, anche quello già prenotato da Nives. Una guida del museo appositamente ingaggiata dall'attore avrebbe funto sia da cicerone sia da bodyguard.

"Vuoi dire che preferisci Monna Lisa a me?" finse di dispiacersi Richard, assumendo un'aria così buffa da cucciolone maltrattato che Nives si mise a ridere.

"Oh smettila...!" lo esortò. "Su, andiamo a far colazione a base di café au lait e di croissants..."

Si diresse verso la porta ed uscì; a Richard non rimase che seguirla, cosa che fece con un piccolo sorriso dei suoi ad incurvargli gli angoli della bocca, anche perché il lato B della sua fidanzata era davvero piacevole da ammirare, fasciato da quegli aderenti pantaloni in velluto color castagna.

Scesero in sala da pranzo, dove si sedettero al tavolo che il maître indicò loro e ordinarono la colazione. Terminato di mangiare, prima di risalire in camera per lavarsi i denti e prendere i cappotti per uscire, Richard chiese al concierge di chiamare loro un taxi per recarsi al Louvre, di lì a venti minuti.

La vettura arrivò puntualmente; il tassista riconobbe l'attore e lo apostrofò cortesemente chiamandolo monsieur Armitage – francesizzandone il nome – e, con la tipica galanteria francese, fece i suoi complimenti alla sua fidanzata.

Il tragitto durò meno di dieci minuti; erano passate soltanto tre settimane dal terribile attentato al Bataclan, ma i parigini avevano reagito con fermezza e non si erano lasciati mettere in ginocchio, così tutto sembrava normale, e gli unici indizi dell'aumentato livello di sicurezza era il maggior numero di auto della polizia pattugliavano le strade, di cui si accorsero mentre il taxi procedeva nell'intenso traffico cittadino.

All'arrivo, l'autista augurò loro buon soggiorno nella Ville Lumière e si congedò.

Richard prese Nives sottobraccio, come se fossero fidanzatini, e si avviò verso l'ingresso. Appena entrati nella famosa piramide di vetro, sotto cui era stato costruito il nuovo ingresso al museo, presero l'ascensore per scendere al piano sottostante – preferendo evitare le scale per diminuire la loro esposizione alla folla – e si diressero verso la biglietteria riservata ai tour privati.

L'impiegata riconobbe l'attore e lo fissò stralunata. "Buongiorno", riuscì a compitare in inglese, con una certa fatica. "Signor Armitage... e gentile fidanzata..." proseguì, cercando di ritrovare la propria compostezza professionale, "Sono... siamo onorati di potervi annoverare tra i visitatori del nostro museo", scosse la testa di riccioli biondi. "Scusatemi, sono un po' frastornata: avevo visto i vostri nomi tra le prenotazioni, ma credevo che fosse uno scherzo o un'omonimia", concluse sorridendo, divertita del proprio impaccio.

"Nessuno scherzo o omonimia", le assicurò Richard, sentendosi a sua volta divertito. "Siamo proprio noi, in carne ed ossa."

"Lo vedo", confermò la donna, ridacchiando. "Un momento soltanto, chiamo il vostro cicerone."

Compose un numero sul telefono e parlò brevemente in francese, poi chiese loro i biglietti internet e li cambiò con biglietti regolari, che li pregò di conservare durante tutta la visita. Frattanto era sopraggiunto un robusto giovanotto di colore, abbigliato in un completo scuro, con un cartellino che lo identificava come André Juneaud.

"Benvenuti al Louvre", li salutò in perfetto inglese, accennando ad un inchino. "Mi chiamo André e ho l'onore di farvi da guida."

"Grazie", rispose Richard. "L'onore è nostro."

"Avete qualche richiesta specifica?" si informò André, facendo loro cenno di seguirlo.

"La Gioconda", rispose subito Nives; anche se conosceva bene il francese, si espresse in inglese, visto che Richard aveva ingaggiato una guida anglofona. "Suppongo che si senta rivolgere questa richiesta da tutti", aggiunse in tono di scusa, "ma sono stata qui da ragazza e non sono riuscita neanche ad avvicinarmi, per quanta folla c'era; purtroppo non avevo il tempo per aspettare... e da allora mi è rimasto il desiderio di poter vedere da vicino il quadro più famoso del mondo."

André le sorrise con simpatia. "La sala della Gioconda è sempre affollatissima", confermò, "ma in alcuni orari un po' meno, come verso sera; il suo desiderio sarà soddisfatto, glielo prometto. Altre richieste, frattanto? Delle sezioni in particolare?"

Nives fece cenno a Richard di esprimersi.

"Roma e la Grecia", disse allora l'attore.

"L'Egitto", aggiunse Nives, che era particolarmente affascinata da quell'antica civiltà. Aveva visitato quella sezione durante la sua gita scolastica, ma sicuramente adesso, essendo passati molti anni, c'erano cose nuove da vedere.

"Avendo tutta la giornata", considerò André, "e comprendendo un'ora di pausa pranzo, possiamo vedere tutto quanto."

"Fantastico!" esultò Nives: adorava andar per musei fin da quand'era bambina a Zurigo, dove aveva visitato molte volte il Landesmuseum. Anche quando era stata a Roma con Annie, la sua amica australiana, aveva previsto un'intera giornata dedicata ai Musei Vaticani.

Notando il suo entusiasmo fanciullesco, Richard sorrise tra sé: renderla felice aiutandola a realizzare un sogno, grande o piccolo non aveva importanza, era la sua miglior soddisfazione. Portarla a vedere la Gioconda era stato uno dei motivi che gli avevano fatto scegliere Parigi come meta del loro fine settimana in alternativa alla sfortunata convention italiana.

Per prima cosa, il loro cicerone li portò a visitare le sale dedicate ad Etruschi e Romani, dove poterono ammirare, tra le altre cose, il Sarcofago degli Sposi, assai simile a quello più celebre conservato a Cerveteri, di fronte al quale André parlò loro dell'importanza della figura femminile nella civiltà etrusca, che in ciò si differenziava sia da quella greca che da quella romana, dove invece le donne erano tenute in scarsa considerazione.

Nives sapeva che anche nella civiltà degli antichi Veneti le donne erano molto rispettate, ma evitò di parlarne, altrimenti avrebbe dovuto lanciarsi in una spiegazione a beneficio di Richard a discapito della visita in corso. Ci avrebbe pensato un'altra volta, se si fosse presentata l'occasione.

Proseguirono quindi il giro, passando nelle sale dedicate alla civiltà romana, dove osservarono incantati le stupende statue di Pallade Atena e di Diana cacciatrice, copie di più antiche sculture elleniche. Spronato dalle molte domande e dall'evidente interesse dei suoi interlocutori, André si dilungò in avvincenti spiegazioni, pensando che raramente aveva accompagnato visitatori così genuinamente affascinati.

A questo punto, li portò al primo piano, per continuare con il tema Romani, e poi li scortò al ristorante, dove vennero accomodati ad un tavolo e, poiché avevano prenotato, vennero serviti velocemente. André vegliò su di loro come un'aquila perché non fossero importunati da eventuali fan troppo intraprendenti, ma naturalmente non poté impedire che fossero fotografati o filmati da smartphone e tablet. Gli interessati ignorarono la cosa – Richard con più facilità di Nives, meno avvezza di lui agli inconvenienti della celebrità – e si godettero il pranzo, poi proseguirono il tour. André li condusse indietro e poi nuovamente al pianterreno per visitare le sale dedicate all'antica Grecia, dove rimasero a bocca aperta davanti alle celeberrime statue della Venere di Milo e della Nike di Samotracia, la cosiddetta Vittoria Alata; da qui, passarono all'Egitto, dove Nives si entusiasmò di fronte alle mummie, ai sarcofagi, alle sculture, ai gioielli, e soprattutto – quando tornarono al primo piano – quando poté ammirare la famosa statua dello Scriba Rosso.

Mentre stavano passando davanti ad una statuina di Anubi, il dio dell'oltretomba, Nives scoppiò improvvisamente in una fragorosa risata; gli altri due si fermarono, un po' sorpresi e, sorridendo dell'attacco d'ilarità della vicentina, attesero spiegazioni.

"Scusate", disse infine Nives, asciugandosi le lacrime, "ma durante la mia prima visita qui al Louvre, assieme ai compagni di classe siamo venuti a visitare proprio questa sezione e io, avendo maggior conoscenza dell'antico Egitto degli altri, facevo un po' da cicerone. Qui, per spiegare cosa rappresentasse questa scultura..." indicò la statua, interrompendosi brevemente per un altro scroscio di risate, "dissi testualmente questo è Anubi, il Dio-Cane..."

Richard e André la guardarono senza comprendere il gioco di parole.

"Mi spiace, in inglese non funziona bene come in italiano", chiarì allora Nives. "Sappiate che l'ultima parola è un'imprecazione molto forte; infatti i compagni di classe mi guardarono stravolti, finché non spiegai che intendevo dire che questa divinità veniva rappresentata in forma di canide, precisamente di sciacallo. Eh, avrei ben potuto dire sciacallo, il che sarebbe stato subito chiaro, ma no, dovevo dire cane e farlo suonare come una parolaccia e farci una figura di... ehm... escremento!"

L'ultima uscita fece scoppiare a ridere sia l'attore che la guida.

Passato il momento ilare, proseguirono il giro e finirono di visitare anche la sezione egizia; da qui passarono in una sala che conteneva ceramiche greche, in cui si trattennero brevemente.

Quando terminarono, André si rivolse a Nives. "Non ci rimane che la Gioconda", annunciò. "L'ho tenuta per ultima perché è il pezzo più celebre del nostro museo, e anche perché a quest'ora dovrebbe esserci meno afflusso di pubblico."

"Probabilmente è l'opera d'arte più conosciuta in assoluto di tutto il mondo", confermò Nives, gli occhi che brillavano di eccitazione.

La guida fece loro attraversare una lunga sala piena di dipinti italiani dal Tredicesimo al Diciassettesimo secolo, su cui si soffermarono soltanto distrattamente, fino a raggiungere la sala che conteneva la Monna Lisa di Leonardo da Vinci. Era ormai tardo pomeriggio e, come previsto da André, la stanza era sì affollata, ma non in maniera eccessiva. Si misero pazientemente in coda per avvicinarsi alla balaustra semicircolare che separava la teca dalla calca; in capo a venti minuti, vi giunsero davanti. Emozionantissima, Nives fissò incantato il famosissimo quadro per lunghi istanti, poi lo fotografò con la sua fotocamera – che preferiva al cellulare perché, naturalmente, produceva immagini molto più altamente definite – ed infine, soddisfatta, cedette il posto ai visitatori che la seguivano.

Erano quasi le cinque e mezzo ed erano piuttosto stanchi, ma molto felici d'aver visto tanti capolavori. André li condusse all'uscita e li salutò; Richard gli diede una generosa mancia a nome suo e di Nives, ed infine lasciarono il museo.

Fuori era ormai buio; trovarono rapidamente un taxi, che li condusse in albergo, dove si rinfrescarono prima di scendere a cena; si ritirarono presto, ansiosi di stare da soli. Una volta in camera, si dedicarono ad appassionati abbracci, prima di scivolare in un sonno beato.

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