Capitolo XIV: Martedì 18 agosto 2015

Capitolo XIV: Martedì 18 agosto 2015

"Dove posso trovare una bella torta gelato per il compleanno di Richard?" domandò Nives a Raffaella.

Dopo la lezione di tiro con l'arco, terminata con un'altra esibizione di Occhio di Falco che aveva lasciato Richard nuovamente con tanto d'occhi, la vicentina aveva invitato la sua amica a farle compagnia ed ora si trovavano in ammollo nell'acqua spumeggiante dell'idromassaggio; gli uomini avevano tentato di seguirle, ma Nives aveva detto loro esplicitamente che aveva bisogno di parlare con Raffaella a quattr'occhi.

"È sabato, vero?" la padrona di casa domandò conferma, e quando l'altra annuì proseguì. "Sei sicura di non volere una torta fatta in casa? Marcella sa fare una pastiera eccellente..."

"Adoro la pastiera, ma fa davvero troppo caldo per quella", osservò Nives scuotendo la testa. "Per questo ho pensato a una torta gelato."

"Non hai torto", ammise Raffaella. "Allora sicuramente la gelateria dove siamo passati venerdì, al ritorno da Portoferraio. Basta ordinarla, anche solo il giorno prima, e la preparano secondo i tuoi gusti."

"Sicuramente col cioccolato", sorrise Nives. "Sia Richard che io andiamo pazzi per il gelato al cioccolato..."

"Lo so, lo so", anche Raffaella rise.

"Fanno anche consegna a domicilio?" s'informò Nives e, al cenno affermativo dell'amica, proseguì. "Allora gliela farò portare al Drago di Mare: pensavo di andare lì a cena. Potremmo prenotare una delle loro salette private, così nessuno ci disturberà."

"Idea assolutamente perfetta. Salvo e Marcella avranno la serata libera. Chiamo subito per la prenotazione!"

"E poi quando torniamo a casa procediamo con la danza del ventre..."

Nives infatti intendeva fare un'esibizione a sorpresa in onore di Richard e Raffaella le aveva proposto di farlo in salotto dove, spostando il tavolino e una delle poltrone, si creava uno spazio sufficiente.

"Esattamente", concordò la padrona di casa sorridendo con aria complice. "Stenderai Richard... in ogni senso", concluse sogghignando. "Preparati a una concusione di serata di fuoco... più del solito, voglio dire."

Ridacchiarono molto maliziosamente.

Frattanto, Jerry e Richard le guardavano di soppiatto.

"Secondo te, cosa stanno confabulando?", domandò l'inglese.

"Qualcosa che farà molto piacere a uno di noi o a entrambi, ci scommetto", rispose l'americano.

"Scommessa fin troppo facile..." sogghignò Richard.

"Sì, credo anch'io!"

"Devo confessarti che, da quando sto con Nives, qualche volta mi sembra di sentirmi di nuovo un adolescente", gli confidò Richard, tornando serio. "Mi struggo quando non sono con lei, la penso e mi si annoda lo stomaco, mi sembra che senza di lei sia tutto insipido, perfino quando faccio cose che mi sono sempre piaciute, incluso recitare. Non che all'improvviso non mi piaccia più quel che faccio, ma da quando c'è Nives nella mia vita, tutto ha più senso se sono assieme a lei..."

"Per me è uguale, vecchio mio", gli assicurò l'altro. "Da quando ho incontrato Raffi, la mia vita ha assunto molto più significato."

"Esatto! È proprio quello che volevo dire..." confermò Richard. Solo in quel momento si soffermò a pensare a quanto fosse insolito, per lui, essersi confidato per un argomento così intimo con un uomo che, in fondo, conosceva da pochi giorni. Tuttavia, era entrato in sintonia con Jerry – e con Raffaella – con un'immediatezza che aveva sperimentato ben poche volte, in vita sua, e sentiva di potersi fidare di entrambi. Del resto, dubitava che Nives avrebbe coltivato un'amicizia per così tanto tempo, se non fossero stati due persone eccellenti.

Raffaella e Nives tornarono e presero posto sui letti prendisole accanto ai rispettivi uomini.

"State tramando qualcosa, vero?" domandò Richard.

"Esatto", confermò Nives con disinvoltura, sorridendogli. "Riguarda il tuo compleanno", gli rivelò, per stuzzicare la sua curiosità. Richard la scrutò, gli occhi azzurri che esprimevano una vaga inquietudine.

"Cosa ti frulla in testa, mia dolce ragazza italiana?" indagò.

"Tranquillo, niente di stravagante", gli assicurò lei, sapendo che non amava molto l'eccentricità.

"Mi fido", le assicurò lui di rimando, con aria seria ma addolcendo il tono con un piccolo sorriso. "Lo sai."

"Lo so... ma fa bene sentirselo dire", commentò Nives, allungandosi per baciarlo sulle labbra; lui la ricambiò.

Accanto a Jerry, Raffaella prese il cellulare; rapidamente, cercò nella rubrica il numero de Il Drago di Mare e chiamò. Le rispose la ristoratrice in persona, che le confermò d'avere una saletta libera per sabato sera e quindi la prenotò subito. Poiché si conoscevano personalmente, non ebbe bisogno di lasciare a garanzia il numero della propria carta di credito e chiuse la telefonata.

"Posso chiedere cosa state combinando, voi due?" le domandò Jerry sorridendo.

"Una sorpresa per il compleanno di Richard", gli rivelò lei. "Te lo dico solo se giuri di tenere la bocca cucita..." l'arciere annuì e allora Raffaella continuò. "Ho prenotato una saletta privata da Lorena, al Drago; ceneremo lì, finendo con una torta gelato al cioccolato. E poi quando torniamo a casa Nives ha in serbo un regalo a sorpresa per Richard: si esibirà per lui – e per noi – nella danza del ventre."

"Wow!" esclamò Jerry a bassa voce. "Sicura che non sia meglio preavvisare Rich? Non vorrei che ci rimanesse secco", scherzò. Raffaella rise.

"Magari gli diremo qualcosa all'ultimo momento, giusto per precauzione", rispose. "Ma fino ad allora, acqua in bocca!"

"Assolutamente", le assicurò lui.

Raffaella procedette a rinnovare la medicazione alla puntura di medusa del giorno prima, poi, dato che il sole cominciava a picchiare, molto premurosamente spalmò la crema protettiva sulla schiena di Jerry. Dopo che la crema si fu assorbita, indugiò ad accarezzarlo, apprezzando i rilievi dei suoi muscoli dorsali.

"Attenta a quello che fai, honey..." l'ammonì il marito, lanciandole un'occhiata di sguincio.

Lei assunse di colpo un'aria innocente. "Perché, cosa faccio?"

"Se vieni qui te lo spiego", fece lui, battendo sul materasso accanto a sé. Obbediente, Raffaella si sdraiò al suo fianco; lui si sollevò, solo per chinarsi su di lei e baciarla. Dapprima le sfiorò le labbra con le proprie, poi la provocò toccandole il labbro inferiore con la punta della lingua; lei schiuse la bocca, pronta ad accoglierla, ma lui resistette alla tentazione di approfondire il bacio e le mordicchiò il labbro superiore. Allora Raffaella lo ricambiò con la sua stessa moneta ed infine Jerry cedette, baciandola profondamente. Le loro lingue s'intrecciarono, in un movimento sensuale e amorevole ad un tempo che li fece sospirare entrambi.

"Adoro baciarti, mia dolce mogliettina", dichiarò Jerry, scostandosi per guardarla negli occhi.

"E io baciare te, maritino mio", replicò lei sottovoce, ricambiando lo sguardo.

All'una, come di consueto si recarono in cucina per mangiare, frutta per Nives e panini per gli altri, e poi tornarono in piscina a trascorrere un altro pomeriggio deliziosamente pigro.

Verso sera, il cielo si rannuvolò e ben presto cominciò a soffiare un vento di libeccio molto umido, foriero di pioggia.

"Meglio stringere bene le tende dei lettini e riporre materassi e cuscini", disse Jerry, guardando il mare mosso. Le poche barche ancora al largo si stavano tutte affrettando a rientrare.

"Leviamo anche le imbottiture dei divani del gazebo", aggiunse Raffaella. "Questa sera sarà meglio mangiare in casa."

Si diedero da fare, mentre il vento diveniva teso e il mare s'ingrossava.

"Si sta preparando un bel temporale", disse Jerry mentre chiudevano nel ripostiglio tutto il materiale, indicando il cielo scuro dove cominciavano a vedersi dei lampi.

"Ogni volta che vengo all'Elba, almeno un bell'acquazzone è assicurato", osservò Nives ridendo. "Mi ricordo la prima volta: ero venuta in tenda, a Marina di Campo, e la pioggia mi ha sorpreso in spiaggia. Fortunatamente non è stata molto forte e quando sono tornata al campeggio, non aveva fatto danni, solo bagnato l'asciugamano che avevo lasciato steso e che comunque, ora di sera, è tornato asciutto."

"È stato l'anno che ci siamo conosciute", rammentò Raffaella. Nives sorrise ed annuì.

"La nostra amicizia è stata la cosa più bella di quella vacanza", dichiarò.

"Hai proprio raggione!" esclamò Raffaella, l'accento romanesco che si accentuava come sempre quando si entusiasmava.

Quella sera cenarono quindi in sala da pranzo. Mentre fuori cominciava a piovere, dapprima in modo leggero, poi più intenso, Salvo portò in tavola delle deliziose crêpes al pesce in tre varietà: gamberetti e zucchine, salmone e spinaci, spigola e peperone rosso; le accompagnava un Ansonica, perfetto sia per il pesce che per la verdura. Per dessert, Marcella aveva preparato una gustosa macedonia di sole fragole, cosparse di un filo di autentico aceto balsamico di Modena, denso e agrodolce. Nives, come la sua alter ego Nerwen, adorava le fragole e pertanto ne fu entusiasta.

"Non avevo mai mangiato le fragole con l'aceto", commentò Richard. "Non avrei mai creduto che potesse essere così buono."

"Non è comune aceto, ma una specialità della città di Modena", gli spiegò Raffaella, poi guardò Nives. "Cosa mi hai detto una volta, al riguardo? Che lo conoscevano anche gli antichi Romani?"

"Sì, esatto", annuì la vicentina. "L'ho saputo da un mio amico dei festival celtici, un archeologo sperimentale specializzato nell'esercito romano e nell'arte gladiatoria, molto apprezzato anche all'estero. Lo chiamavano..." fece una smorfia. "Accidenti, non ricordo più... aspettate un attimo", armeggiò col cellulare, connettendosi a internet e facendo una rapida ricerca. "Ah ecco, trovato: lo chiamavano defrutum."

"Chissà com'era la cucina degli antichi Romani", vagheggiò Jerry.

"Oh, molto diversa da quella attuale", gli assicurò Nives. "Dario – il mio amico – tra le mille mila cose che ha studiato, ha anche letto dei ricettari dell'epoca e mi ha assicurato che per noi le loro pietanze sarebbero quasi del tutto immangiabili."

"Per il gusto o per gli ingredienti?" indagò l'arciere.

"Entrambi: combinavano cose per noi inverosimili, inoltre usavano ingredienti che oggi non ci penseremmo neppure, e non conoscevano molti degli ingredienti moderni perché allora non esistevano, in Europa."

"Come le patate", disse Raffaella, guardandola con intenzione.

Nives raccolse l'imbeccata e rise. "Non lo sopporterei! Io adoro le patate, in ogni e qualsiasi maniera vengano preparate!"

"Com'è stata, quella volta in Irlanda?" la imbeccò nuovamente l'amica, che conosceva la storia.

Di nuovo Nives rise. "Si potrebbe dire che le patate sono la pietanza nazionale irlandese, le trovavo a ogni pasto. Dopo tre giorni, i miei compagni di viaggio erano già stufi. Ma insomma, sempre patate, si lamentavano; e io se non le volete, passatele a me..."

Risero tutti; Salvo, che era arrivato per portar via le coppette del dessert, aveva udito. "Se vuole, dico a mia madre di preparare il suo tortino di patate, per una cena delle prossime", offrì.

"Un tortino di patate? Volentieri!" accettò subito Nives, con entusiasmo. "Grazie!"

"Di nulla, signorina", le sorrise il cameriere, prima di ritirarsi.

"E qual è la tua pietanza preferita, Rich?" indagò Jerry. "A parte il gelato al cioccolato che mi ha detto Nives, ovviamente", aggiunse ridendo.

"Oh, cielo, ne ho diverse", ammise l'attore britannico. "Ma se devo citarne solo una, della quale proprio non potrei fare a meno, direi roastbeef. Da servire, guarda caso... con patate arrosto", terminò, guardando Nives con occhi ridenti.

Lei inarcò le sopracciglia. "Sembra ottimo! Spero di aver occasione di assaggiarlo."

"Beh, si può fare", considerò Raffaella. "Rich, possiamo chiedere a Marcella di prepararlo con la tua ricetta, una di queste sere."

Gli altri annuirono, accettando la proposta.

"E tu, Jerry?" indagò Richard. "Qual è il tuo piatto preferito, quello cui non rinunceresti mai?"

"La jambalaya, un piatto tipico della cucina creola", rispose prontamente l'americano. Richard non aveva la più pallida idea di cosa si trattasse, ma Nives invece sì.

"Sul serio?" trasecolò. "Non lo sapevo! È il piatto preferito del capitano Sisko!"

Jerry annuì enfaticamente: anche lui, come Raffaella e Nives, era un appassionato di Star Trek e quindi aveva colto immediatamente l'allusione dell'amica vicentina, ma Richard era ancor più confuso.

"Un piatto a base di riso", gli spiegò allora l'arciere. "Ci sono diverse ricette, ma la mia preferita è quella tipica di St. Louis, con pollo, gamberetti, salsiccia, peperoni gialli e rossi e pomodoro, insaporita con curcuma e zenzero. Credo sia proprio quella che viene citata in Star Trek perché il capitano Sisko è originario di quella città", concluse.

"Io una volta l'ho cucinata perché avevo un amico afroamericano originario di Baton Rouge", raccontò loro Nives. "Mi è venuta buonissima! Jake – il mio amico – mi ha fatto un sacco di complimenti, dicendomi che era proprio come quella che gli faceva sua nonna, il che è stato il miglior complimento che io abbia mai ricevuto per la mia cucina; ma non l'ho più fatta perché richiede molto tempo."

"È una ricetta impegnativa, infatti", concordò Jerry.

"Il mio piatto preferito invece è la pizza con lo stracchino e la pasta di olive", annunciò Raffaella, a beneficio di Richard dato che gli altri due già lo sapevano.

"Beh, però tutti voi avete parlato di un piatto, non di un alimento in particolare", protestò Nives. "Quindi adesso vi dico il mio. Stranamente non è un piatto a base di patate, ma di pesce, altro mio alimento prediletto: gli spaghetti allo scoglio", vedendo Richard guardarla interrogativamente, spiegò. "Spaghetti con gamberetti e molluschi", semplificò, non ricordando la traduzione inglese di cozze e vongole.

"Sembra delizioso", disse Richard.

"Posso chiedere a Marcella di prepararlo, una sera", propose Raffaella.

"Ma allora preparerebbe due piatti dei miei preferiti", protestò Nives. "Non mi sembra giusto..."

"Non preoccuparti, sai che le patate piacciono molto anche a me", la rassicurò l'amica ridendo. "Quindi, a meno che i nostri uomini non abbiano da obiettare, abbiamo due cene con menù fissato: tortino di patate e spaghetti allo scoglio."

"E il roastbeef amato da Rich", le ricordò Jerry.

"Giusto, allora siamo a tre", sorrise Raffaella.

"Perché non la jambalaya?" domandò l'attore britannico, cui spiaceva privare l'amico del suo piatto preferito in favore del proprio. Jerry scosse la testa.

"È una pietanza molto carica, poco adatta a questo clima così caldo, quindi preferirei evitare", dichiarò.

"Capisco..."

Marcella fu molto lieta delle loro richieste, che tra l'altro la sollevavano dallo sforzo di dover pensare lei a cosa proporre di volta in volta.

Frattanto, la pioggia non aveva cessato di cadere ed ora si udivano anche forti tuoni. Raffaella espresse preoccupazione per il rientro di Salvo e Marcella: se il tempo peggiorava trasformandosi in un nubifragio, la strada tortuosa e buia che li aspettava per tornare a Capoliveri, dove abitavano, poteva diventare pericolosa.

"Meglio se li lasciamo liberi adesso", concordò Jerry. "Vado a dirglielo."

Salvo e Marcella dapprima protestarono, ma l'arciere non volle sentir obiezioni.

"Non vogliamo avervi sulla coscienza", dichiarò in tono scherzoso, ma solo a metà. "Penseremo noi a finire di rigovernare."

"Allora grazie, signor Jerry", disse Marcella, con riconoscenza. "E ringrazi anche la signora."

"Bene, allora è deciso", annuì il padrone di casa. "E per favore, quando siete arrivati a casa, mandatemi un sms, così saremo tranquilli."

"Va bene", gli assicurò Salvo, grato della preoccupazione dei loro datori di lavoro.

Dopo che cuoca e cameriere si furono congedati, Nives, Richard, Jerry e Raffaella si diedero da fare a sparecchiare la tavola, sistemare la cucina, caricare la lavastoviglie ed avviarla; lavorando come un team perfettamente addestrato, il tutto richiese poco tempo. Poi tornarono in sala e si dedicarono ad un'altra partita a Monopoli tema Avengers.

Una mezz'ora più tardi, il telefono di Jerry mandò un suono che indicava l'arrivo di un sms. L'uomo controllò subito.

"Marcella e Salvo sono arrivati a casa senza incidenti", annunciò poi.

"Meno male", commentò Raffaella, sollevata.

Tornarono quindi a dedicarsi alla partita, che procedeva a suon di colpi di scena a ogni gettata dei dadi, ma furono ben presto distratti dal peggiorare delle condizioni meteorologiche, con forti rovesci, lampi che saettavano da un orizzonte all'altro e tuoni fragorosi.

"Mamma mia che tempaccio!" esclamò Richard, impressionato, guardando fuori dalla vetrata.

"E non è neanche il peggiore che abbiamo visto", lo informò placidamente Raffaella che, dei quattro, era quella che viveva da più tempo sull'isola. "Questa è solo una burrasca di piccola intensità. Una volta abbiamo avuto una vera tempesta, col vento a oltre cento chilometri l'ora e mare a forza otto. La superficie dell'acqua era tutta bianca e i cavalloni facevano veramente paura", fece una smorfia. "Abbiamo avuto un bel po' di danni, lungo la costa, e qualche barca ha rotto gli ormeggi, sfasciandosi contro la banchina. Meno male che non ci sono stati morti, quella volta", concluse, rabbrividendo al ricordo. "In passato però ce ne sono stati, mi hanno raccontato."

"Purtroppo gli incidenti capitano, per sfortuna o per negligenza", commentò Jerry.

"Beh, con tutta quest'acqua, il pericolo di incendi è scongiurato, almeno per un po'", osservò la romana.

"Ne avete spesso?" indagò Richard.

"Quasi ogni anno", rispose lei con un sospiro. "Per fortuna siamo ben attrezzati e i vigili del fuoco sono ben addestrati, inoltre quasi tutti gli elbani sono vigili del fuoco volontari a loro volta ben addestrati a combattere gli incendi boschivi, ma ogni tanto ci scappa la tragedia, quasi sempre a causa di turisti inesperti. L'episodio più terribile accadde nel 1985 a Sant'Ilario, quando cinque ragazzi lombardi che erano qui in vacanza vennero travolti da uno spaventoso incendio. Lo avevano sfidato perché dovevano andare a prendere il traghetto a Portoferraio per tornare a casa. Col senno di poi verrebbe da dire al diavolo il traghetto, meglio perderlo che morire bruciati, ma oramai è troppo tardi per loro. Ogni anno, alla data della tragedia, tengono una cerimonia di commemorazione sul cippo che hanno collocato sul luogo dove sono stati rinvenuti i loro corpi. Cosa molto strana, e in qualche modo meravigliosa, proprio lì sono cresciuti spontaneamente cinque lecci, tutti dritti in fila, quasi a ricordare quelle cinque vite perdute..."

Ci fu un momento di commosso silenzio.

"Che storia toccante", mormorò Richard. "Sarebbe da farne un film, come educazione alla prevenzione degli incendi che vengono quasi sempre provocati dalla noncuranza umana: un mozzicone di sigaretta, un fuoco di campo spento male..."

"Hai proprio ragione, succede quasi sempre in quel modo", annuì Nives. "Anche il monte Summano, quello che hai visto da me, spesso è teatro di incendi dolosi, se appiccati apposta o per negligenza purtroppo non è dato sapere. Un anno ci sono stati due fronti molto estesi, partiti da due punti diversi, che a un certo momento si sono uniti. Decine di chilometri di fiamme nella notte, uno spettacolo impressionante. Per fortuna, vigili del fuoco e protezione civile sono riusciti a evitare che arrivasse alle abitazioni dei paesi ai piedi del monte."

Un enorme fulmine si scaricò in mare proprio di fronte al terrazzo sui cui si affacciava la vetrata della sala, seguito dopo un istante da un tuono assordante. La luce tremolò.

"Wow, questo era vicino", commentò Nives, un po' pallida. Non le piacevano i temporali.

"Beh, ma noi siamo al sicuro qui", Raffaella le sorrise con fare tranquillizzante. "Abbiamo fatto installare un parafulmine qualche anno fa, quando abbiamo rischiato che un fulmine caduto qui vicino ci friggesse tutti gli apparecchi elettrici."

"Me lo ricordo!" esclamò Jerry. "Non stava neanche piovendo e non c'era vento, nessun preavviso, poi bam! Una bomba! A momenti me la facevo nei pantaloni", concluse ridendo.

"Io ero seduta al computer", raccontò Raffaella. "Sono saltata in piedi come una molla. Meno male che ha colpito la roccia qui sotto, se beccava la casa ci friggeva davvero tutto quanto."

"Sarebbe stato peggio se colpiva un albero", considerò Richard, pensieroso. "Poteva scatenare un incendio."

"Già, ci è andata di lusso", confermò Jerry, annuendo. "Ehi, tutto questo parlare di incendi e di fuochi mi ha fatto venir voglia di fare un barbecue... Ti piace la carne ai ferri, Rich?"

"Sì, molto."

"Bene, allora domani lasciamo la serata libera a Marcella e Salvo e ci cimentiamo noi, ti va?"

"Certo! Mi diverte cucinare al barbecue", accettò subito Richard.

"Con questo caldo, vi piazzereste davanti a un fuoco?" indagò Raffaella, scettica.

"Ci metteremo in mutande", sghignazzò Jerry. "Vero, Rich? Le signore apprezzeranno lo spettacolo di due bei maschioni mezzi nudi e tutti sudati..."

Nives e Raffaella si misero a ridere, e anche Richard sogghignò mentre raffigurava la scena.

"Provvederemo a tenervi rinfrescati con delle birre gelate", propose Nives.

"Però allora poi sarà meglio anche pasteggiare a birra", osservò Raffaella. "A mescolare birra e vino se s'inciucca de brutto", concluse, l'ultima parte in romanesco. Richard la guardò interrogativamente, così spiegò. "Ci si sbronza di brutto."

"Vero, meglio evitare", rise allora l'inglese. "Anzi, direi che le birre durante il barbecue possono essere anche delle Radler."

"Che marca sarebbe?" domandò Raffaella, perplessa.

"Non una marca", chiarì Richard. "Birra tagliata con limonata."

"Ah, ho capito! Ma non abbiamo limonata in casa."

"Acqua e limone allora, con un po' di zucchero. Il che è ancora meglio, più naturale."

"Si può fare", sorrise la padrona di casa. Anche Jerry fu d'accordo, dato che non amava affatto bere fino a ubriacarsi.

"A proposito di alcolici", intervenne Nives. "Che ne dite se ci beviamo qualcosa in barba al tempaccio? Un highball, magari? Un po' d'alcol rilassa..." intercettò l'occhiata in tralice di Richard che inarcava un sopracciglio, e rise. "Sì lo so, sono la solita sbevazzona... devo pur tenere alto l'onore del mio nome, no?" s'accorse che adesso erano Raffaella e Jerry che la stavano guardando con aria confusa. "La grappa mia omonima", rammentò loro. Una volta gliene aveva portato una selezione di bottiglie mignon, che era stata molto gradita.

"Ah già!" rise Raffaella. "Non ricordavo..."

Prepararono dunque gli highball – un dito di whisky in un bicchiere alto, svariati cubetti di ghiaccio, acqua fino a riempimento – e bevvero, poi tornarono al gioco da tavolo. Fuori, il maltempo si calmò gradualmente e, quando decisero di sospendere la partita, dove ancora nessuno era riuscito a prevalere sugli altri, era ormai passato.

Mercoledì 19 agosto 2015

Al mattino, trovarono un cielo terso e un sole brillante; l'aria era fresca ed aveva il ricco profumo di vegetazione e terra bagnata.

Controllando le sue e-mail prima di scendere a colazione, Jerry trovò un messaggio che lo mise di buonumore.

"Giorgio mi ha detto che la sua domanda per praticare ippoterapia nel suo centro è stata accettata", annunciò agli altri mentre, seduti sul terrazzo sotto al gazebo, consumavano la colazione. "Ne sono molto contento, perché so che ci teneva molto, tanto da sobbarcarsi la spese di andare e venire dalla terraferma due volte la settimana per fare il corso e ottenere la qualifica, e poi di addestrare specificatamente uno dei suoi cavalli..." s'interruppe e sembrò improvvisamente commosso. "Mi ricorda una vicenda di molti anni fa", concluse. "Credo di non avertela mai raccontata, Raffi..."

"Dimmi", lo esortò lei, versando un po' di miele sui propri pancake.

"Avevo venticinque anni, ero alla mia seconda Olimpiade, quella di Atlanta del 1996", Jerry quindi iniziò a raccontare. "Un giorno che ero libero da impegni sportivi, andai a vedere una gara di dressage. In quanto atleta, avevo accesso anche ad aree interdette al pubblico, tra cui le scuderie. Lì, vidi un concorrente che frustava a sangue un cavallo. Proprio a sangue, capite? E gli urlava improperi perché non aveva raggiunto il risultato che lui voleva. Giuro che vidi rosso! Intervenni, gli strappai di mano lo scudiscio e minacciai di usarlo su di lui, poi andai a chiamare il custode e denunciai l'accaduto. Il risultato fu che il concorrente fu radiato dalle gare e io mi offrii di comprare il cavallo – un grigio di nome Thunder – per toglierlo alle sue grinfie. Il tribunale sportivo esortò il cavaliere ad accettare per alleggerire la propria posizione – rischiava la radiazione permanente da qualsiasi gara, nazionale e internazionale, sotto l'egida del Comitato Olimpico – e lui accettò. Portai Thunder al ranch di mia madre, dove lo feci curare. Era quasi pazzo di paura e di dolore, poverino, non si lasciava avvicinare, mordeva e scalciava. C'è voluta molta pazienza e molto amore, e sono stato aiutato da mia madre e dal veterinario, ma alla fine Thunder è tornato sereno ed è guarito nel corpo e nello spirito. Allora l'ho regalato al centro di ippoterapia più vicino, dove Thunder è diventato il beniamino di molti ragazzi e anche di qualche adulto. È morto un paio d'anni prima che ti incontrassi, Raffi... forse per questo non mi è mai venuto in mente di parlartene."

"Che gran cosa hai fatto, amo'!" commentò Raffaella a voce bassa e commossa. "Sei sempre così generoso e disponibile... Sono fiera di te", concluse, guardandolo con ammirazione ed orgoglio. Sentì di amarlo più che mai; non sapendo come esprimerlo nel modo più efficace, gli prese la mano e ne baciò le dita, una per una, guardandolo negli occhi.

"Sei una bellissima persona", dichiarò Richard.

"Non ho fatto niente che non mi sentissi di fare..." si schermì Jerry, scrollando le spalle.

"Sì, ma non tutti l'avrebbero fatto", puntualizzò Nives. "Sei troppo modesto. Come un certo inglese di nostra conoscenza..." aggiunse, guardando Richard in tralice.

"Ehm, hai ragione", ammise Richard con la sua aria adorkable che fece sorridere tutti. "Il fatto è che preferisco essere modesto, piuttosto che fare la figura del presuntuoso."

"Tuttavia è giusto esser consapevoli di quanto si vale", obiettò Nives. "Non bisogna essere troppo modesti o ti sottovalutano, e non bisogna essere troppo immodesti o diventi antipatico. A volte è davvero difficile capire dov'è il confine. Io solitamente cerco di mostrare che conosco il mio valore, le mie capacità, ma senza farmene un vanto. A questo proposito ho notato che l'autoironia è molto efficace."

"Hai ragione", approvò Richard. "Concordo completamente."

L'autoironia era una delle caratteristiche che lo accomunavano a Nives, ed entrambi l'apprezzavano reciprocamente.

Terminata la colazione, Nives, Richard e Jerry decisero di approfittare del clima rinfrescato per andare a fare un giro a cavallo, mentre Raffaella si dedicava a qualche piccola incombenza relativa all'andamento della tenuta, magistralmente diretta dai vari responsabili. La direttrice del negozio enogastronomico, situato sulla strada che, dal museo delle miniere, portava alla vecchia miniera visitabile del Ginevro, la informava che erano a corto di alcune confetture speciali prodotte da un'azienda artigianale di Marciana Marina, gusti particolarissimi che in alcuni casi mescolavano erbe alla frutta, come limone e rosmarino o uva aleatico e lavanda, così Raffaella approvò un ordine adeguato affinché lo inoltrasse subito. Poi chiamò Marcella per informarla che lei e Salvo per quella sera erano dispensati dal lavoro perché avrebbero fatto un barbecue. Non era una novità – a Jerry piaceva e lo faceva almeno un paio di volte al mese – così la donna non si stupì e si limitò a dire che si sarebbero quindi rivisti la sera dopo.

Terminati gli impegni, Raffaella scese in piscina ad aspettare gli altri, che non tardarono ad arrivare per trascorrere un'altra giornata di tranquillità.

"Non ti stai annoiando, spero..." disse Nives ad un certo punto del pomeriggio, leggermente preoccupata perché Richard aveva sbadigliato.

"Per niente", rispose prontamente lui. "Sono solo estremamente rilassato, come mi capita di rado... e se anche fosse, nella vita frenetica che faccio – che facciamo tutti, al giorno d'oggi – se ci si annoia qualche volta, fa solo bene."

Lei ci pensò su.

"Hai ragione", concordò; Richard si girò pancia sotto e si allungò a prendere il flacone della crema, ma lei lo precedette. "Aspetta, ti aiuto..."

"Grazie", accettò lui, guardandola con gratitudine. In quei dieci giorni si era un poco abbronzato, ma la sua pelle chiara di inglese verace continuava ad essere a rischio di scottatura, per cui era importante che continuasse a proteggersi.

Nives si versò della crema sul palmo della mano e cominciò a spalmarla sulle sue ampie spalle. Adorava quelle spalle, quella schiena... adorava tutto di lui, fisicamente e caratterialmente; adorava lui. Per l'ennesima volta si chiese come potesse essere possibile che il suo sogno di fangirl fosse diventato realtà... o se piuttosto stesse sognando che fosse realtà. A volte veniva presa dal pensiero che stesse vivendo un'allucinazione indotta da qualche strana droga... ma sotto le mani aveva la solida realtà dei muscoli e della pelle del suo uomo, cosa che confutava l'ipotesi del sogno. Senza che se ne accorgesse, il suo massaggio con il puro scopo di far assorbire la lozione divenne più sensuale, da semplice strofinamento divenne carezza, vezzeggiamento, omaggio.

Richard percepì il cambiamento e se lo godette, finché i suoi sensi non furono troppo sollecitati e si sentì irrigidire, in preparazione per lei. A quel punto emise un gemito soffocato che scosse Nives dal suo sogno ad occhi aperti; si rese conto di quanto stava facendo e si fermò.

"Scusami!" mormorò. "Il fatto è che quando ti tocco perdo la testa..." spiegò.

"Non c'è niente da scusare", sospirò Richard, girando la testa per guardarla con occhi accesi di desiderio. "Perché per me è lo stesso... ma se non vuoi che ti trasporti in camera da letto seduta stante, è meglio se la smetti."

Nives si sentì arrossire fino alla radice dei capelli.

"Davvero mi desideri così tanto...?" domandò sottovoce, incredula. Per tutta risposta, Richard si girò a mezzo, mostrandole l'erezione che gli premeva nei pantaloncini da bagno.

"Hai bisogno di altre dimostrazioni?" le chiese con voce rauca. "Nives... io ti amo più della mia vita e di conseguenza ti desidero, non per il mio piacere personale, ma per espressione fisica del mio sentimento per te..."

La donna sentì le lacrime pungerle gli occhi; era così che aveva sempre sognato di essere amata... Non riuscendo a proferir parola, si chinò su di lui e lo baciò, mentre lacrime di gioia e commozione le sfuggivano da sotto le palpebre chiuse. Richard si girò completamente e la strinse tra le braccia; avvertendo il suo turbamento, rispose al bacio con tutta la tenerezza di cui era capace. Da un lato gli spiaceva doverla continuamente rassicurare, perché ciò significava che continuava a non essere serena riguardo alla solidità dei suoi sentimenti per lei; ma dall'altro ne era lieto perché gli ricordava sempre di non dare Nives per scontata, perché dare l'altra persona per scontata è il primo passo verso il fallimento del rapporto.

"Ti amo così tanto... che a volte ho paura", mormorò la donna, stringendosi a lui malgrado il caldo insopportabile di quell'ennesima giornata canicolare. Richard la spinse delicatamente sul materasso e la baciò di nuovo, e poi ancora, a perdifiato, finché non vide brillare i suoi occhi di felicità.

"Ogni volta che ti viene un dubbio, un magone, un'inquietudine... dimmelo", la esortò. "Anche se è piena notte, anche se sono dall'altra parte del mondo. Magari non riesco a risponderti subito se sto lavorando, o se sono in bagno... ma ti risponderò sempre."

"Lo so", rispose lei, accarezzandogli una guancia. "Grazie..."

OOO

Il barbecue fu allestito sul terrazzo, all'ombra della casa. La giornata era stata calda, ma la burrasca della sera prima aveva rinfrescato l'aria e adesso che il sole stava tramontando si stava bene. Ciò nonostante, il fuoco prima e le braci poi emanavano davvero molto calore, così i due uomini mantennero la promessa scherzosa della sera prima e si tolsero le magliette, sebbene non rimanessero proprio in mutande ma conservassero i pantaloni.

"I nostri maschietti sono meglio del collirio", commentò Raffaella, facendo l'occhiolino a Nives.

"Eh?" fece la vicentina, senza capire.

"Fanno bene agli occhi", spiegò l'altra ridendo.

"Ah, questo è poco ma sicuro!" esclamò allora Nives, ridendo a sua volta.

Mentre cucinavano petti di pollo, salsicce, costolette di vitello e una classica fiorentina da dividere in quattro, Richard e Jerry bevvero un paio di Radler fatte in casa come proposto dall'inglese, ossia tagliando della birra bionda con acqua e succo di limone appena addolcito con una punta di zucchero. Anche le donne ne assaggiarono.

"Meglio che a Monaco!" esclamò Nives, che da ragazza aveva trascorso due settimane in una cittadina vicina alla grande città olimpica, in uno scambio tra scuole superiori.

Quando la carne fu pronta, Nives s'incaricò di portarla in tavola, mentre Raffaella andava a prendere la grande terrina d'insalata mista che aveva preparato. Frattanto, Jerry e Richard andarono a darsi una rapida rinfrescata, poi si ripresentarono indossando nuovamente le loro magliette. Raffaella li guardò, poi si girò verso Nives.

"Oh ma che peccato, erano un così gran bel vedere..." sospirò.

"Sì, un vero peccato!" confermò Nives ridacchiando.

Prontamente, Jerry si sfilò la t-shirt.

"Tutto, pur di far piacere alla mia dolce mogliettina", dichiarò. Richard lo squadrò, poi sogghignò.

"Beh, non posso certo essere da meno", affermò; fece l'occhiolino a Nives e si tolse la maglietta.

"Cos'è, lo spogliarello maschile dell'otto marzo?" rise Raffaella, deliziata.

"No, meglio!" esclamò Nives, lanciando un'occhiata di aperto apprezzamento al fisico scultoreo del suo fidanzato. "Vuoi mettere??"

Raffaella ci pensò un momento.

"Hai ragione, teso'", convenne poi. "Nessuno spogliarellista potrebbe essere più sexy, ai nostri occhi, dei nostri rispettivi uomini."

"Ehi, grazie", gongolò Jerry, sedendosi di fronte alla moglie; anche Richard prese posto di fronte alla fidanzata.

Jerry si occupò di dividere la fiorentina in quattro parti, che poi distribuì, mentre gli altri si servivano autonomamente del resto della succulenta grigliata mista.

"Squisita", dichiarò Nives al primo boccone di fiorentina, cotta perfettamente al sangue. Vedendo Richard esitare di fronte alla propria porzione, ne equivocò il motivo. "La cottura al sangue è di rigore per questo pezzo, ma se non ti piace, lascia pure stare, la mangio io e ti passo qualcosa d'altro..."

"No no", la rassicurò l'attore. "Mi piace la carne al sangue. Stavo solo studiavo come tagliarla via dall'osso..."

"Non ti formalizzare", lo esortò Raffaella. "Usa pure le mani, mica siamo al ristorante!" indicò il pacchetto posato al centro del tavolo. "Dopo puoi usare le salviettine umidificate per pulirti le dita."

"Eccellente!" sorrise allora l'inglese, deponendo le posate ed afferrando l'osso. "Mmmhhh, davvero gustosa", approvò dopo l'assaggio.

Poiché la carne era un misto tra bianca e rossa, Nives aveva scelto di abbinare una birra ambrata dal gusto amarognolo e agrumato, prodotta sull'isola, forse un po' troppo carica di gusto per il pollo, ma passabile per il vitello ed eccellente per il maiale e il bovino adulto.

Quando terminarono, sparecchiarono rapidamente e Nives portò in tavola il dessert al cucchiaio che aveva preparato, a base di yogurt, frutta e biscotti, fatto a freddo col frullatore e decorato con scaglie di cioccolato fondente, che in commensali trovarono delizioso e rinfrescante, per la felicità della sua ideatrice.

Accorgendosi che dal mare s'era levata una brezza piuttosto fresca, Raffaella esortò gli uomini a indossare nuovamente le magliette. Sgomberarono poi il tavolo e caricarono la lavastoviglie; Jerry avrebbe pensato più tardi a pulire il barbecue, quando si fosse interamente raffreddato, e intanto avrebbero proseguito la partita di Monopoli lasciata in sospeso la sera prima. Stavolta la vittoria fu di Richard, anche se di stretta misura su Jerry che gli diede parecchio filo da torcere, e come al solito si divertirono moltissimo. Infine, pulito il barbecue, si augurarono la buona notte e andarono a letto dove, prima di dormire, entrambe le coppie si intrattennero in appassionate attività.

Giovedì 20 agosto 2015

Nives sognava. Era sola in una grande casa vuota, dalle pareti bianche prive di ornamenti; c'era molta luce, ma faceva freddo. Lei passava da una stanza all'altra, cercando, cercando, sentendo il peso della solitudine farsi sempre più schiacciante, opprimendola.

"Richard!" chiamò, e la sua voce echeggiò nelle sale vuote, prive di mobili. "Richard, dove sei? Richard!"

Ma lui non c'era, se n'era andato, l'aveva lasciata sola. La loro storia era stata soltanto un'illusione, infatti come poteva durare? Come faceva un attore bellissimo e famoso come lui, idolatrato da decine, da centinaia di migliaia di donne, e pure da molti uomini, a stare con una come lei, una banale ragazza di provincia? Come aveva potuto crederci, lei? Richard aveva incontrato un'altra, una bellissima collega forse, e l'aveva dimenticata...

Un singhiozzo la scosse, poi un altro, più forte, tanto forte da farle dolere il petto; e il dolore la fece svegliare di soprassalto, con un sobbalzo così violento da svegliare anche Richard, che come al solito dormiva tenendola abbracciata.

"Che cosa c'è, amore?" le domandò in tono preoccupato.

"Nien... niente", rispose lei con voce flebile, un nodo che ancora le chiudeva la gola. Per nulla convinto, Richard si girò ed accese la luce per poterla guardare.

"Hai fatto un brutto sogno?" indagò, guardandola negli occhi. Nives sentì salire le lacrime e sbatté furiosamente le palpebre per impedir loro di sfuggire.

"Sì", ammise sottovoce. Lui la baciò dolcemente sulle labbra.

"Raccontami", la invitò. "Ti aiuterà a scacciare il pensiero..."

Nives esitò: detestava l'idea di crucciarlo con le proprie paranoie, che probabilmente erano state innescate dai discorsi fatti quel pomeriggio, ma sapeva che lui si sarebbe turbato ancor di più se lei avesse tentato di tenergliele nascoste.

"Stringimi..." lo pregò, cingendogli le spalle; lui l'accontentò, abbracciandola forte. Pian piano la donna si calmò.

"Scusami", mormorò infine. "Mi spiace tanto di averti svegliato..."

"Non dirlo neanche", la rassicurò Richard. "Capita a tutti di far brutti sogni. Sono felice di essere qui a tranquillizzarti."

"Grazie... Oddea, Richard, ti amo, ti amo tanto..."

"E io amo te", le ricordò lui con tenerezza. Cominciava a sospettare che cosa avesse sognato, ma attese che fosse lei a raccontarlo.

"Ero in una grande casa completamente vuota", gli svelò Nives a bassa voce. "Ti cercavo, ma non ti trovavo, perché sapevo che te n'eri andato, che mi avevi lasciata... Tutte le mie paure di essere inadeguata, che tu ti stanchi di me mi hanno sommersa e ho cominciato a piangere..."

"No no no!" esclamò l'attore, sentendosi stringere il cuore dalla pena. "Sei la donna dei miei sogni, altro che inadeguata: sei tutto quello che desideravo nella mia compagna, e anche di più... Sono io che a volte mi sento inadeguato a te, perché non posso starti vicino come vorrei, come meriteresti..."

"Ma che dici... tu inadeguato...?"

"Esatto!" confermò lui con forza. "Non mi pare di essere mai abbastanza per te... abbastanza vicino, abbastanza presente, abbastanza premuroso..."

"Ma tu scherzi!" lo interruppe Nives, esterrefatta. "Tu sei l'uomo che ho sempre sognato... in tutti i sensi! Ero pazza di te prima ancora di incontrarti, quando ti conoscevo soltanto virtualmente, perché avevo già capito che persona stupenda sei. Nessun uomo potrebbe essere più perfetto per me, di te..."

La voce le morì in gola perché Richard le stava rivolgendo il suo dolcissimo mezzo sorriso.

"Se io sono perfetto per te, tu sei perfetta per me", le disse. "Ti prego, credimi, e non tormentarti più col pensiero di non essere adeguata. Prima di conoscerti ero come monco, mi mancava un pezzo, mi mancava l'altra metà di me stesso... adesso sono completo. Lo sono grazie a te. La tua paura, anche se la capisco, non ha motivo di essere", fece una pausa per prenderle una mano e baciarne le dita una per una. "Credi nel nostro amore... credi in noi", la esortò.

Lei tornò ad abbracciarlo stretto, posando la guancia contro il suo petto; Richard la cinse nuovamente, appoggiando il mento sui suoi capelli.

"È sempre la solita cosa", mormorò Nives, afflitta. "Il conflitto tra mente e cuore... Il cuore lo sa, ci crede, ma la mente mi mette in guardia per timore della sofferenza..."

Non disse che il suo timore nasceva dalla consapevolezza che non ce l'avrebbe fatta a sopportare un'altra delusione, che in un caso simile si sarebbe buttata da un dirupo e l'avrebbe fatta finita una volta per tutte; non lo disse, perché non voleva che suonasse come una qualche sorta di ricatto o volontà di farlo sentire in colpa. Voleva che lui fosse libero di decidere, sempre, perfino di lasciarla, se così doveva essere, perché amare significa proprio questo: lasciare libera l'altra persona di stare – o non stare – con te.

"Io... ti prego solo di non stancarti di questa mia eterna insicurezza", proseguì invece, soffocando un singhiozzo. "Non stancarti di rassicurarmi, di dirmi che mi ami... ti prego..."

"Non me ne stancherò mai", dichiarò Richard con decisione. "Mi spiace che la tua sfiducia nel destino ti causi angoscia... vorrei vederti serena, felice, sempre. Ma non temere che io mi stanchi di dirti quanto ti amo e di dimostrartelo..."

Si scostò e le mise un dito sotto al mento per farle sollevare il viso; le baciò le palpebre umide di lacrime, asciugandole, poi scese a baciarle la gota, ed infine la bocca. Teneramente, le accarezzò la giunzione delle labbra con la punta della lingua, chiedendo accesso; lei glielo concesse e le loro lingue s'intrecciarono in un balletto sensuale ma dolce.

Richard continuò a baciarla a lungo, interrompendosi ogni tanto per guardarla amorevolmente e deporle baci su tutto il volto, per poi tornare alle sue labbra.

Sommersa dai baci di Richard, infine Nives si calmò completamente e dimenticò l'angoscia che il sogno le aveva provocato. Ad un certo punto si accorse dell'erezione che le premeva contro la coscia, ma lui non stava facendole nessuna pressione per indurla a fare l'amore, intento unicamente a confortarla e a rasserenarla, senza alcun secondo fine, anche se era inevitabile che il suo corpo vigoroso reagisse. Si sentì un groppo in gola per la gratitudine.

Con decisione improvvisa, puntò le mani contro le sue spalle e lo allontanò, invertendo le loro posizioni.

"Sei l'uomo più fantastico del mondo", mormorò, abbassandosi sulle sue labbra. "E io ti amo alla follia..." e dicendolo gli sigillò la bocca con la propria. Lo sentì chiudere le braccia attorno a sé e stringerla mentre la ricambiava.

Lo baciò a lungo, appassionatamente; poi gli lasciò le labbra per passare al suo collo, al petto, giù fino a mordicchiargli un capezzolo. Richard sussultò e chiuse gli occhi.

"Ehi, che intenzioni hai...?" le domandò, sentendo fremere la propria virilità.

"Indovina", gli rispose lei ridacchiando, scivolando lungo il suo corpo; scostò il lenzuolo, scoprendolo, e ricominciò a deporre baci, scendendo sull'addome, alternando labbra, denti e lingua. Giunse al sentiero di peluria che conduceva dal suo ombelico verso il basso e, mentre continuava imperterrita a scendere, lo udì esalare il respiro con un basso lamento pieno di aspettativa. Sorridendo tra sé, indugiò qualche istante per esasperare la sua attesa; quando lo udì sospirare di frustrazione, si mosse, abbassandosi su di lui e chiudendo la bocca attorno alla sua calda, solida carne. Richard trasalì ed emise un gemito di piacere, poi ne emise un secondo, più forte, quando lei cominciò a stuzzicarlo. Nel giro di un minuto, si sentì sul punto di esplodere.

"Piccola... così mi fai impazzire..." barbugliò, rauco.

Nives staccò le labbra impudiche da lui per ribattere. "Precisamente la mia intenzione..."

Approfittando del fatto che lo aveva lasciato, Richard si sottrasse, l'afferrò e la rovesciò sulla schiena, sdraiandosi su di lei.

"Stai facendo un gioco pericoloso, bellezza... ora ne subirai le conseguenze", proferì in tono di finta minaccia.

Lei simulò timore. "Vuoi dire che stai per castigarmi...?"

"Esattamente", confermò lui, muovendosi per stuzzicare la sua femminilità con la punta del suo scettro maschile. Toccò a Nives gemere di piacere, ma era solo l'inizio, perché Richard, dopo un lungo bacio sensuale, imitò quel che gli aveva fatto lei, scendendo a baciarle il collo, poi il petto, indugiando sui morbidi rilievi dei suoi seni per suggerne i boccioli fino a farli svettare eccitati, per poi continuare la discesa sul suo ventre sussultante. Fu molto lieto che amassero dormire nudi, quando stavano insieme – col caldo eccezionale di quell'estate, poi, era praticamente inevitabile, nonostante il climatizzatore in camera – perché aveva talmente tanta voglia di lei che era un sollievo non dover perdere tempo a toglierle il seppure minimo vestiario notturno. Scese ancora tra le sue gambe divaricate, sfiorando con le dita l'accesso alla sua intimità e percependone il calore invitante. La sentì sussultare e udì il suo sospiro di piacere, che si trasformò in un gemito quando posò le labbra sulla sua collinetta. Bramoso di sentire il suo squisito sapore, l'accarezzò tutta, poi spinse la lingua dentro di lei.

Nives emise un lamento ancora più forte e mosse il bacino per consentirgli il massimo accesso, dimentica di ogni pudore. Incoraggiato, Richard l'assaporò profondamente, godendo dei suoi sospiri e dei suoi tremiti incontrollati.

"Basta, basta", lo supplicò lei infine, ormai sull'orlo del punto di non ritorno. "Prendimi, Richard, prendimi... ti voglio... voglio sentirti..."

L'uomo si ritrasse e si sollevò per adagiarsi su di lei; Nives aprì gli occhi, che aveva tenuto chiusi, sopraffatta dal piacere, e lo guardò; gli circondò la vita con le gambe, impaziente di sentire la sua carne invadere gradevolmente la propria.

Con lentezza, come amava sempre fare nonostante l'urgenza della passione, Richard si immerse dentro di lei; Nives sollevò il bacino, accogliendolo con un gemito di piacere, ed infine furono un'unica cosa.

Si mossero in sincronia, ciascuno più alla ricerca della soddisfazione dell'altro che della propria, dare prima di ricevere, gli occhi negli occhi, i respiri mescolati, braccia e gambe intrecciate. Senza fretta, si donarono l'un l'altra interamente, carne e anima, materia e sentimento, spingendo e ritirandosi, spiando le reciproche espressioni per cogliere il procedere del viaggio dell'altro verso il comune obiettivo. Il godimento maturò nei loro grembi, salendo e salendo, finché Nives non sentì d'esser giunta sul ciglio dell'abisso; allora chiuse gli occhi e gettò il capo all'indietro, lanciando un alto lamento amoroso, e spiccò il volo. Le sue profondità femminili furono percorse da tremiti che si riverberarono su Richard, gettando anche lui nell'irresistibile vortice del compimento e strappandogli un vibrante gemito di piacere. Per lunghi secondi, ad entrambi parve che il tempo si cristallizzasse in un momento infinito di appagamento e beatitudine, sospeso tra un istante ed il successivo. Il mondo parve fermarsi.

Quando riprese a muoversi, sembrò loro di cadere lentamente da un'altezza immensa, come neve che scende dal cielo e si deposita dolcemente a terra. I loro sguardi si cercarono e ciascuno scorse stelle splendenti in quello dell'altro. Si sorrisero, increduli, il respiro ancora affannato, i corpi in sudore.

Nives si accorse d'aver piantato le unghie nelle spalle di Richard e si affrettò a distendere le dita.

"Cielo, ti ho graffiato?" domandò, leggermente preoccupata.

"Un po'", ammise lui, compiaciuto. Lei gli massaggiò la schiena.

"Oh Dea, spero che non si veda..." si augurò.

"Io invece spero proprio di sì", sghignazzò sfrontatamente Richard; al suo sguardo incredulo, spiegò. "Sono felice di portare il tuoi marchi d'amore."

Nives si sentì ardere le orecchie al pensiero che gli altri vedessero quei segni, gelosa com'era della propria intimità.

"Purché rimangano nascosti agli occhi del mondo", gli raccomandò.

"Non c'è bisogno di dirlo", la rassicurò lui. "Sono privati... solo per noi. Al massimo possiamo condividerli coi nostri amici, qui..."

Rimasero uniti ancora per un po', scambiandosi baci e carezze; poi la lama di luce proveniente da sotto gli scuri rivelò loro che era ormai giorno fatto, così, dato che erano ben svegli, decisero di alzarsi prima del solito. Scesero in cucina e prepararono la colazione, un robusto breakfast all'inglese con tutti i crismi: pane tostato, uova al tegamino, pancetta magra usata al posto del bacon, piccole salsicce procurate da Salvo su richiesta di Richard, pomodori saltati in padella, yogurt, tè e succo d'arancia. Mangiarono di gusto, prendendosi vicendevolmente in giro sulla necessità di ripristinare le calorie spese nella piacevole attività mattutina che aveva preceduto la colazione. Quando terminarono, riposero tutto, lasciando però apparecchiato per Jerry e Raffaella, e andarono a sedersi fuori, sorbendo un secondo tè in attesa degli altri due.

"Sarà meglio che io controlli le mie e-mail", disse Richard, sfoderando il cellulare. "Sono tre giorni che non le guardo."

"Farò lo stesso", annuì Nives, che a sua volta non dava un'occhiata alla sua posta elettronica da giorni. Non trovò niente di significativo, mentre Richard aveva ricevuto un paio di e-mail importanti.

"Hanno confermato la data per il commento ai dvd della terza stagione di Hannibal", le annunciò. "Mi aspettano il primo settembre a Los Angeles."

"Oh? E quanto dovrai restare là?" gli domandò lei, un po' spiaciuta; chissà se si sarebbe mai abituata a saperlo tanto lontano...

"Non sarà una cosa lunga", rispose lui, scrollando le spalle. "Una settimana al massimo. Piuttosto, ho ricevuto una proposta per una serie televisiva da girare a Berlino", la guardò sorridendo. "Non sarebbe male: saremmo abbastanza vicini!"

"Sì... ma accetta solo se ti convince", gli raccomandò Nives, memore di quello che gli aveva detto solo pochi giorni prima riguardo al suo lavoro. "Non farlo solo per noi... o per me. Di cosa tratta, questa serie?"

"In sostanza sarei un agente segreto che opera nell'ufficio berlinese della CIA."

"Un'altra spia, eh?" ridacchiò lei, usando l'espressione gergale spook per richiamare la serie Spooks a cui l'attore britannico aveva partecipato per tre stagioni. "Spero solo che non ti facciano fare la fine di Lucas!" aggiunse con una smorfia di disappunto.

"Mi assicurerò di no", affermò Richard con decisione: per diplomazia, non l'aveva mai detto pubblicamente, ma aveva detestato il modo in cui avevano fatto fuori il suo personaggio, una fine davvero indegna dell'eroe che era stato per le due stagioni precedenti, ignobile e pure incoerente. Adesso non era più nella condizione di dover accettare qualsiasi lavoro pur di campare, come aveva sottolineato Nives qualche giorno prima: quindi, se gli avessero proposto l'ennesimo personaggio morto ammazzato, avrebbe rifiutato.

Una mezz'ora dopo vennero raggiunti da Jerry e Raffaella.

"Ehi, che fate qua fuori?" domandò l'americano sorridendo, un po' sorpreso; finora infatti si erano sempre trovati in cucina perché si erano alzati più o meno alla stessa ora.

"Stamattina ci siamo svegliati presto", rispose Richard con disinvoltura. "Quindi siamo scesi prima; ma saremo lieti di farvi compagni durante la colazione."

Jerry si preparò le sue solite uova strapazzate con la pancetta magra, ma invece delle frittelle, stavolta optò per due fette biscottate – che negli Stati Uniti, col nome originale tedesco Zwieback, solitamente venivano date agli infanti durante la dentizione, ma che aveva scoperto essere ottime anche per un adulto – con il miele d'acacia; mentre Raffaella stavolta andò di cappuccino e Oreo, i suoi biscotti preferiti. Chiacchierarono amabilmente, poi si prepararono per una nuova lezione di tiro con l'arco presieduta da Jerry. Richard costatò di essere migliorato parecchio, anche se sarebbe sempre rimasto un arciere mediocre.

Anche quella giornata trascorse serenamente; nel tardo pomeriggio, quando arrivarono Marcella e Salvo per preparare la cena, Raffaella li informò che sabato sera avrebbero mangiato fuori, così loro due avrebbero avuto un'altra serata libera.

Quella sera, come da programma, Marcella preparò loro tortino di patate, farcito con prosciutto cotto affumicato e scamorza, che tutti trovarono delizioso, mentre Nives addirittura andò in estasi.

"Patate con due ingredienti affumicati", spiegò agli sguardi divertiti degli altri. "Nessun abbinamento potrebbe essere più perfetto, per me, visto che adoro le patate, come già sapete, e i cibi affumicati. Tutti: salumi, formaggi, carni, pesci, birre e whisky..."

"Birra e whisky non sono esattamente cibo", le fece osservare Richard ridendo, al che anche lei sbottò a ridere.

"Hai ragione, è roba da bere, non da mangiare!" esclamò.

"Ma hai reso perfettamente l'idea", la rassicurò l'attore. "E, a dirla tutta, anche a me piacciono le cose affumicate. Non per niente, come sai il mio whiskey preferito è il Jameson... almeno, finché non avrò assaggiato quello che mi hai suggerito tu, il Blackbush."

"Io, da buon americano, prediligo il bourbon", dichiarò Jerry. "Precisamente il Wild Turkey."

"Se non erro, è considerato un bourbon tra i migliori", osservò Richard.

"Davvero?" fece l'arciere, un po' sorpreso. "Non saprei... Io lo bevo semplicemente perché mi piace."

"E così dev'essere per tutto", sentenziò Raffaella. "Fare le cose perché piacciono, non perché è di moda o perché si vuol imitare qualcuno..."

"Molto ben detto!" approvò Nives con forza.

A completamente della cena, Salvo servì panna cotta con salsa al cioccolato, ed infine bevvero il caffè.

Terminato il pasto, si spostarono sui divanetti a giocare a UNO, dove Jerry vinse tutte e tre le partite.

"Ma così non vale!" rise Raffaella dopo l'ultima. "Tu in realtà sei un Jedi e stai usando qualche trucco della Forza, ammettilo!"

Risero tutti a quel riferimento a Guerre Stellari, poi Jerry prese la mano di Raffaella e la baciò. "Farò ammenda quando saremo in camera, promesso..."

Lei sporse la punta della lingua da un angolo della bocca, assumendo un'espressione assatanata che fece scoppiare nuovamente tutti quanti a ridere.

"Attento a quel che prometti, Jerry", lo ammonì Nives. "Potresti dover ricorrere allo zabaione per tenerti in forze..."

Raffaella e Jerry quasi soffocarono dalle risate, mentre Richard, non capendo bene il riferimento, guardò la vicentina con aria interrogativa.

"Lo zabaione assomiglia alla crema custard", spiegò allora lei. "Un delizioso dessert, ma essendo una bomba calorica, viene anche usato per rimettere rapidamente in forze una persona dopo una malattia, o per dare energia a qualcuno prima di un grosso sforzo, o per ridargliele dopo..."

A quel punto Richard le sorrise in modo molto malizioso.

"Oh, mi piacerebbe davvero moltissimo esser costretto a ricorrere allo zabaione", dichiarò. Le implicazioni della sua affermazione la fecero diventare color pomodoro e l'inglese pensò che era deliziosa quando arrossiva.

Era ormai ora di andare a dormire, così si diedero la buonanotte e si ritirarono nelle rispettive stanze.

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