Capitolo VIII: Mercoledì 12 agosto 2015

Capitolo VIII: Mercoledì 12 agosto 2015

Quel mattino, subito dopo colazione, salirono tutti sulla Edge nera di Raffaella e si diressero a Capoliveri. Tra gli otto comuni in cui è suddivisa l'isola d'Elba, è considerato il più pittoresco e romantico, con le sue stradine medievali e le case costruite sul colle che domina il lato occidentale del Golfo Stella. La piazza principale termina con un terrazzo panoramico affacciato proprio su quest'ultimo, offrendo una veduta a dir poco spettacolare che merita da sola una visita alla cittadina.

Erano solo dieci chilometri, ma la strada era tortuosa e il primo tratto non era asfaltato, per cui Raffaella – pur conoscendo ogni centimetro del percorso – impiegò una ventina di minuti per arrivare al parcheggio sterrato dove avevano progettato di lasciare la macchina. Da qui, si diressero a piazza Matteotti attraverso vicoletti più o meno ripidi che passavano in mezzo a case antiche e piccoli negozi di artigianato e prodotti alimentari locali.

Le due coppie avanzavano mano nella mano, Jerry e Raffaella ad aprire la strada per Nives e Richard. Quest'ultimo si guardava attorno, incantato.

"Mi sembra di essere tornato indietro nel tempo", dichiarò. "Sicuri che non abbiamo inforcato per sbaglio la porta del Tardis?" aggiunse scherzosamente, riferendosi alla mitica cabina telefonica del Dottor Who.

Jerry rise. "No, no, tranquillo, siamo sempre nel ventunesimo secolo e sulla Terra! Però hai ragione, qui sembra per davvero che il tempo si sia fermato a qualche secolo fa..." il tipico trillo di un cellulare Windows, probabilmente nella tasca dei jeans del ragazzo che li stava incrociando, lo interruppe. "Beh, fatto salvo questo!" aggiunse divertito. Anche gli altri risero.

Richard si era munito di cappellino da baseball e occhiali da sole per camuffarsi un po', nella speranza di non essere riconosciuto e fermato per strada. Gli abitanti dell'Elba erano abituati alla presenza di VIP e persone famose, per cui difficilmente erano invadenti; erano piuttosto i turisti a poterlo essere. Tuttavia, nessuno lo importunò durante il tragitto; la cosa in fondo non era molto sorprendente, considerando che per il suo ruolo più famoso in Italia, Thorin Scudodiquercia, Richard era così pesantemente truccato da essere quasi irriconoscibile.

Arrivarono in piazza già abbastanza accaldati, nonostante fossero appena passate le nove e mezzo del mattino. Per un'oretta, passeggiarono qui e là. Non c'era ancora molta gente: la maggioranza sarebbe arrivata verso mezzogiorno, perché molti volevano anche pranzare in uno dei suggestivi ristorantini del posto e solo dopo fare un giro, mentre loro stavano facendo l'esatto contrario.

Entrarono in alcuni di negozi, perché Nives voleva acquistare un nuovo bikini – lo faceva ogni anno, approfittando dei convenientissimi saldi di stagione – e per un paio di nuove scarpe da ginnastica per Jerry, che era appassionato di Nike e quindi prendeva sempre quella marca. Richard si lasciò tentare da un paio di scarpe della Lotto, traforate e leggerissime, molto adatte al caldo estivo, e adottò all'istante l'usanza italiana dei fantasmini al posto dei calzini, così da tenere i piedi più al fresco. Non amava i sandali, e l'unica concessione erano delle infradito di plastica per la piscina.

Ad un certo punto, scesero per una scalinata dai gradini bassi e larghi che conduceva ad un sottoportico dal quale partiva una stradina piena di negozi di artigianato. Scorgendo la targa che indicava il nome della viuzza Nives ridacchiò.

"Lancio i dadi!" annunciò, e Raffaella rise di gusto. Allo sguardo confuso di Richard, Jerry spiegò:

"Si riferisce al gioco del Monopoli: in italiano, una delle caselle si chiama Vicolo Corto."

Richard osservò il cartello con l'iscrizione Vicolo Lungo e comprese la battuta. Annuì, divertito.

"In famiglia giocavamo spesso a Monopoli", svelò. "Ma adesso saranno almeno vent'anni che non lo faccio."

"Se ti va di giocarci una sera, un paio di mesi fa mi sono fatto arrivare dall'America una versione dedicata alla saga degli Avengers. Lì, il mio mito è ovviamente Occhio di Falco. Comunque ti avviso: Nives è praticamente imbattibile!"

"Non è proprio vero", lo contraddisse la citata. "Una volta mi hai mandato in bancarotta dopo appena mezz'ora di gioco!"

"È successo solo una volta", protestò Jerry. "Per il resto, finisci sempre col battere sia me che Raffi."

Frattanto, erano arrivati ad un negozio di ceramiche, davanti al quale Richard si fermò affascinato.

"Hai visto qualcosa che ti piace?" domandò Raffaella. "Dai, entriamo. Conosco la titolare, che è anche l'artista che produce le ceramiche."

"Dimmi chi non conosci, a Capoliveri, che fai prima", la prese in giro Nives, seguendola all'interno del negozio, che in quel momento era vuoto. L'oriunda romana rise, prima di rivolgersi al commesso dietro al banco.

"Ciao, Renato, c'è tua madre?" gli chiese.

"Ciao Raffaella! Sì, te la chiamo subito", rispose il ragazzo, sorridendo. Richard si tolse gli occhiali da sole e li appese alla scollatura della maglietta, ma tenne il berretto.

Pochi momenti dopo, Renato tornò in compagnia di una donna bruna sui quarant'anni, che indossava un grembiule impermeabile macchiato di svariati colori. La donna gettò un paio di guanti monouso nel cestino – evidentemente li usava quando dipingeva le sue ceramiche – e si avvicinò sorridendo.

"Jerry, Raffaella, che piacere vedervi! E Nives!" esclamò, porgendo la mano alla vicentina. "Ti vedo bene, mia cara!" dichiarò, poi guardò con aria interrogativa il bell'uomo dagli occhi azzurrissimi che accompagnava i tre che conosceva.

"Cristina, questo è Richard. Richard, Cristina", li presentò rapidamente Nives in inglese. L'attore porse la mano alla ceramista.

"Piacere di conoscerti", disse in italiano.

"Piacere mio", replicò la donna nella stessa lingua. Piegò la testa da un lato e lo osservò attentamente. "Non dimentico mai una faccia", proseguì in inglese. "Sono certa di averti già visto da qualche parte, ma non riesco a capire dove..."

"Ti do una mano a riconoscerlo", intervenne Raffaella in tono scanzonato. "Immaginalo con la barba e i capelli molto lunghi, e la faccia perennemente incavolata..."

Richard rise a quella descrizione, poi si sforzò di assumere un'espressione corrucciata alla Thorin. Dopo qualche altro istante, Cristina sgranò gli occhi.

"Non dirmi che sei Richard Armitage!" esclamò.

"In carne e ossa", ammise lui.

"Non posso credere che Thorin Scudodiquercia sia nel mio laboratorio!" rise la donna. "Confesso che quando Renato mi ha trascinato a vedere il primo film de Lo Hobbit, non ero molto convinta, solitamente non amo i film fantasy; non avevo visto neppure Il Signore degli Anelli. Però ho cambiato idea prima della fine della proiezione, proprio grazie al tuo personaggio. Un'interpretazione superba", concluse.

"Grazie, sono lusingato", dichiarò Richard, in tono modesto che piacque molto alla ceramista.

"Se non ti chiedo troppo, potrei avere una foto con te e Nives? Altrimenti, quando mi vanterò che sei venuto nella mia bottega – naturalmente solo dopo che avrai lasciato l'Elba – nessuno mi crederà... oppure penseranno che ero ubriaca!" concluse ridendo.

La sua richiesta era semplicemente troppo cortese e simpatica per rifiutare, così Richard e Nives accettarono di buon grado.

"I selfie vengono sempre uno schifo", osservò Jerry. "Dammi il cellulare, ci penso io", si offrì quindi. Cristina gli porse il telefonino, poi fece cenno al figlio di unirsi a loro e l'arciere statunitense scattò un paio di foto del gruppetto.

"Potrei avere una foto da solo con il signor Armitage?" domandò poi Renato, un po' timidamente, in un inglese quasi impeccabile che studiava proficuamente all'istituto turistico di Portoferraio.

"Ma certo", acconsentì subito Richard. Jerry scattò quindi due foto anche a loro, poi restituì il cellulare alla proprietaria.

"Grazie mille!" disse infine Cristina con un gran sorriso. "Farò degli ingrandimenti, i clienti faranno due occhi così", rise, facendo con le mani un cerchio di venti centimetri e suscitando l'ilarità degli altri. "Ma ora passiamo oltre... Siete venuti per una visita di cortesia, o volete fare acquisti?" s'informò, guardando Raffaella.

"Acquisti", rispose quest'ultima. "Credo che Richard abbia visto qualcosa d'interessante in vetrina."

"Sì", confermò lui. "Quel piatto quadrato con i girasoli e il bordo marrone..."

Cristina annuì e andò a prenderlo.

"Lo puoi usare sia come portafrutta, sia come svuota-tasche", disse, presentandoglielo. "Pezzo unico, come tutte le mie creazioni, eccetto che si tratti di un set ovviamente", spiegò, indicando le tazzine da caffè contenute nella stessa vetrina.

Richard rimirò il piatto, trovando che riportava la firma dell'artista, nonché la data di creazione.

"Credo che mia madre lo apprezzerà molto", commentò. "Che ne pensi, Nives?"

"Sono d'accordo", annuì la vicentina. "Ha dei bei colori caldi."

"Vero. Lo prendo", decise l'attore britannico, restituendo il pezzo a Cristina.

"Ti facciamo un pacchetto regalo, allora", offrì la ceramista. "Renato, ci pensi tu?"

Il ragazzo si affrettò ad eseguire, avvolgendo accuratamente il piatto in diversi strati di carta velina e poi riponendolo in una scatola colorata, che decorò con un bel nastro di colore contrastante.

Frattanto, Richard aveva pagato, trovando un prezzo che reputò onesto, soprattutto in considerazione del fatto che si trattava di un manufatto artigianale e unico.

Chiacchierarono amabilmente con Cristina e Renato per qualche altro minuto, poi nel negozio entrarono delle persone e quindi si congedarono per lasciarli lavorare. Era ormai quasi mezzogiorno, così Raffaella propose un aperitivo. Tornarono quindi indietro e, attraversata la piazza, andarono a sedersi sotto gli ombrelloni del bar Controvento. Poco dopo, un cameriere si avvicinò per prendere le loro ordinazioni; era un ragazzo sui diciott'anni, con le braccia tatuate, gli orecchi forati da diversi piercing e i capelli tinti di viola, ma rigorosamente in divisa: pantaloni lunghi neri, camicia bianca e salvietta sul braccio.

"Buongiorno", esordì con un sorriso circolare, senza dar segno di riconoscere Richard, ora nuovamente mimetizzato. "Cosa posso portarvi?"

"Qualcosa di tipico, Rich?" domandò Jerry.

"Certamente", rispose l'attore, sempre curioso di assaggiare specialità locali.

"Quattro Lady Bonsai", ordinò Jerry.

"Molto bene", disse il giovanotto, compiaciuto che il cliente conoscesse l'esclusivo aperitivo del locale a base di succo di maracuja e rum bianco, e si congedò con un cenno del capo.

"Che bello non essere riconosciuti, una volta tanto!" commentò Richard.

"Ti è spiaciuto come si è comportata Cristina?" domandò Raffaella, subito preoccupata.

"No, per niente, è stata discreta e gentile", la rassicurò l'attore britannico. "Era solo per dire che, ogni tanto, è rilassante poter ber qualcosa al bar con gli amici come un perfetto sconosciuto. E potersi godere la compagnia della propria fidanzata senza che qualcuno scatti foto o giri video di nascosto per poi pubblicarli sui social con mille mila commenti", aggiunse, guardando Nives.

Come al solito, la donna si sentì sulle spine all'uso della parola fidanzata.

"Lo scotto da pagare per la notorietà", osservò, sforzandosi di superare il disagio e chiedendosi se ci sarebbe mai riuscita per davvero. "Io ne risento solo di striscio e mi dà abbastanza fastidio, non oso pensare te..."

"Ci si fa l'abitudine", disse Richard. "Beh, più o meno..." soggiunse, ripensandoci meglio.

Il cameriere tornò con un vassoio, portando quattro calici dal lungo manico – uguali per forma e dimensioni a quelli usati per lo spritz veneziano – colmi di una bevanda di colore verde lime e decorati con uno spettacolare stecco di frutta scolpita.

"Una gioia per gli occhi", commentò Richard, colpito.

"E anche per il palato", dichiarò Nives deliziata, dopo il primo sorso preso dalla cannuccia. "Lo ordiniamo sempre, quando veniamo qui."

Richard apprezzò grandemente l'originale aperitivo; chiacchierarono in tutta tranquillità per una mezz'oretta, finché non si avvicinò l'orario in cui Raffaella aveva prenotato al ristorante.

"Offro io", annunciò Jerry, alzandosi.

"Neanche per sogno", lo contraddisse Richard, alzandosi a sua volta. "Oggi siete tutti miei ospiti, aperitivo incluso."

Il suo tono era talmente deciso, che Jerry sollevò le mani in segno di resa, con una buffa smorfia che strappò un sorrisetto all'attore britannico.

Vedendolo cercare la cassa con lo sguardo, Jerry gli fece segno di seguirlo e lo guidò. Quando Richard le porse la carta di credito, la cassiera – una giovane donna bionda – lo guardò per qualche momento imbambolata prima di prenderla e battere lo scontrino. Quando gliela restituì per la firma, la mano le tremava leggermente.

"Autografo, per favore?" gli domandò in inglese, guardandolo con un sorriso esitante come a chiedergli scusa per il disturbo. Era ovvio che lo aveva riconosciuto, ma che non voleva essere invadente.

"Ma certo!" accettò subito Richard, intenerito dalla sua evidente timidezza. Lei allora prese un sottobicchiere di cartoncino e glielo porse, non avendo evidentemente nulla di meglio da fargli firmare. Lui lo prese e scrisse Eccellente aperitivo, complimenti! seguito dal proprio autografo, poi lo restituì. La ragazza lo guardò e poi gli fece un gran sorriso di ringraziamento.

"Ma tutti gli elbani sono così gentili e discreti?" domandò Richard una volta che lui e Jerry furono tornati dalle donne. Jerry annuì.

"Sì, penso sia in parte per il loro carattere, e in parte per essere abituati alle celebrità che vengono a visitare l'isola. In genere, sono i turisti che, vedendo un VIP, danno di matto", gli venne da ridere. "A giugno hanno beccato Sean Connery che passeggiava in giro per il mercato di Portoferraio, c'è stato quasi un tumulto a causa di una francese isterica che si è messa a strillare..."

"L'ho vista coi miei occhi", confermò Raffaella. "E pensare che era una signora di una certa età, non una ragazzina!"

"L'età c'entra poco, se una fangirl è esaltata", commentò Nives, rammentando le proprie reazioni al suo primo incontro con Richard. "Io a momenti svenivo, quando Richard mi ha rivolto la parola la prima volta", aggiunse, con lieve auto-ironia.

"Ma non ti sei messa a urlare nel bel mezzo della folla", osservò Raffaella ridendo. "O sbaglio?"

"No, non sbagli", annuì Nives ridendo con lei.

Frattanto avevano raggiunto il ristorante, che era vicinissimo. Erano in anticipo sull'orario e non c'era ancora quasi nessuno, così vennero fatti accomodare immediatamente in giardino, dove i tavoli erano ombreggiati da gazebi e ombrelloni, oltre che da alcune palme. Raffaella si era raccomandata per un tavolo il più possibile appartato, per proteggere al massimo Richard dall'esposizione al pubblico. Saputo che avrebbe avuto un ospite famoso, Galvano, il proprietario, aveva provveduto in merito: non era certo la prima volta che una celebrità veniva a mangiare da lui e ormai sapeva come gestire la cosa, quindi aveva anche dato ordine ai camerieri di vegliare come falchi sulla tranquillità dei commensali di quel particolare tavolo.

Non volendo abbuffarsi, cosa controproducente sempre ma soprattutto con la canicola corrente, le due coppie scelsero di consumare soltanto un antipasto – chi misto di mare bollito e insaporito con semplice pepe verde, chi carpaccio di tonno con pomodorini e rucola – e un primo. Nives prese gli gnocchetti alla gallinella e Richard le mezze maniche cozze e pecorino, e poi a metà se li scambiarono per poter così gustare entrambe le specialità. Era una cosa che facevano sempre anche Jerry e Raffaella, e stavolta non fecero eccezione. Naturalmente, ad accompagnare i piatti ci fu un vino locale, un delicato Elba bianco dal sapore asciutto e armonico, servito molto freddo, e acqua in abbondanza, sia gassata che liscia.

Per dessert optarono tutti per la macedonia di frutta mista, per Raffaella senza pesche perché era allergica a quel particolare frutto.

Durante tutto il tempo, non furono disturbati da nessuno, a riprova dell'efficacia delle misure adottate da Galvano. A fine pranzo, il proprietario in persona si presentò per offrire loro il digestivo della casa, una crema di limonino – liquore tipico – fatta in casa che deliziò Richard, il quale si produsse in complimenti anche per la cucina e il servizio, con grande soddisfazione di Galvano. L'ormai anziano, ma sempre energico proprietario de La Lampara chiese un'istantanea con Richard e Nives per la sua collezione di foto con celebrità che tappezzava una parete, e i due furono ben lieti di concedergliela.

Terminato il pranzo con un eccellente caffè, Richard usò la carta di credito per pagare e poi le due coppie lasciarono il locale, dirigendosi verso il parcheggio dove avevano lasciato l'auto. Faceva talmente caldo – il termometro sfiorava i 40° C – che cercarono di tenersi il più possibile all'ombra delle case, ma a quell'ora il sole aveva appena superato lo zenit e quindi ve n'era assai poca. Fortunatamente la strada era tutta in discesa, ma nonostante questo, quando arrivarono alla macchina erano zuppi di sudore. La previdente Raffaella aveva portato un paio di asciugamani, così mentre Jerry azionava al massimo il climatizzatore della Edge e poi la richiudeva in attesa che l'abitacolo venisse rinfrescato, si asciugarono un po' alla scarsa ombra dell'unico albero del parcheggio.

A differenza di tanti suoi connazionali, incitato da Raffaella, Jerry aveva imparato che non era mai il caso di esporsi a eccessivi sbalzi termici, e di questo Nives gli era estremamente grata perché le era capitato già due volte in passato, durante i suoi viaggi, di star malissimo per aver preso un colpo di freddo. Pertanto, quando la temperatura all'interno dell'auto fu accettabile, Jerry li invitò tutti a salire e fu lui a guidare fino a casa.

"Allora, contenti della gita?" chiese Raffaella ai loro ospiti.

"Assolutamente sì", le assicurò Richard, mentre anche Nives annuiva. "Cittadina davvero graziosa, e sono contento dei miei acquisti. Inoltre, il pranzo è stato eccellente", terminò con entusiasmo.

Tornati a Villa d'Altariva, mentre entravano Nives prese Raffaella da parte, parlandole in modo da farsi sentire solo da lei. "Senti, vorrei far... merenda con Richard nel tuo giardino, verso sera..."

La padrona di casa intuì subito cosa intendeva in realtà e le sorrise. "Ma certo che puoi. In primavera ho fatto installare un gazebo di legno su quella rotonda di cemento che ho trovato quando ho acquistato il posto, è proprio carino, direi quasi elfico... molto adatto alla tua Nerwen", concluse. Era stata tra i primi a leggere la storia tolkieniana di Nives e continuava a leggerla con piacere, a mano a mano che l'autrice pubblicava i capitoli su Wattpad. "A proposito del gazebo... io e Jerry lo abbiamo già usato, se capisci cosa intendo... Ti consiglio di fare altrettanto", Raffaella aggiunse ridacchiando. Nives non riuscì a impedirsi di fare altrettanto.

"Ehi, cos'avete da confabulare, voi due?" domandò Jerry con aria ammiccante, intendendolo chiaramente come una battuta scherzosa e non come un interrogatorio.

"Segreti tra donne!" ribatté prontamente Raffaella nello stesso tono.

"Ahi ahi, Richard, mi sa che le nostre ragazze stanno tramando qualcosa..." l'arciere statunitense finse di preoccuparsi.

"E a me sa che, qualsiasi cosa sia, ci piacerà..." sogghignò Richard. Si misero a ridere, mentre le due amiche si guardavano divertite.

Dopo essersi cambiati, scesero in piscina, sguazzando un po' nell'acqua per rinfrescarsi definitivamente, poi si sdraiarono pigramente all'ombra dei baldacchini che coprivano i letti prendisole.

Alle quattro e mezzo, Raffaella e Nives si allontanarono, impedendo ai loro uomini di accompagnarle.

"Te l'ho detto, che stanno tramando qualcosa..." disse Jerry a Richard da un lato all'altro delle piscina, ma dovettero tenersi la loro curiosità ancora per un po'.

Un quarto d'ora più tardi, Raffaella tornò con un vassoio, sul quale c'erano due coppe di gelato, che depose sul tavolino accanto al letto da sole che condivideva con Jerry.

"Nives ti aspetta in cucina", annunciò a Richard. Sorpreso, l'attore britannico si alzò entrò in casa, dove trovò Nives che stava chiudendo la borsa termica che Raffaella le aveva prestato. Indossava un lungo abito verde di chiffon, dalle sottili spalline che s'incrociavano sulla schiena, ed aveva sciolto i capelli, che solitamente a causa del caldo portava raccolti in un'alta treccia.

Richard la guardò rapito: sembrava una fata.

"Dio, sei bellissima..." dichiarò.

"Grazie", mormorò Nives, profondamente emozionata dalla sua evidente ammirazione. "Che ne dici di andare a fare merenda, io e te da soli?" gli domandò poi con un sorriso.

"Volentieri, ma dove?"

"In un angolo appartato del giardino, un posto molto tolkieniano", rispose lei. "Io sarò Nerwen e tu sarai Aryon."

"Vuoi che mi vesta tutto di nero per assomigliare al tuo principe elfico?"

"Solo se ti va", rispose Nives, preoccupata che lui potesse sentirsi a disagio. "Mi è sembrato che l'idea ti divertisse, l'altra sera..."

"Oh sì, parecchio!" la rassicurò Richard con un sorrisetto pieno d'aspettativa che le fece venir caldo nonostante la stanza fosse climatizzata e lei vestita in modo assai leggero. "Vado a cambiarmi."

A Richard piaceva molto vestirsi di nero e in valigia aveva sempre qualcosa di quel colore. Poco dopo, tornò con una camicia dalle maniche arrotolate fino ai gomiti e pantaloni in lino, ai piedi le scarpe traforate comprate quel mattino a Capoliveri. Una maglietta sarebbe stata più fresca, ma la camicia gli era sembrata più adatta; inoltre, aveva sopportato gli abiti in finta pelle di Guy e il pesantissimo costume di Thorin, entrambi in piena estate: poteva ben farlo anche con una camicia.

Quando tornò dabbasso, trovò Nives che lo attendeva in atrio. Lei lo squadrò da capo a piedi con aria di estrema approvazione. "Sei molto affascinante... Lord Aryon."

Richard si erse in tutta la propria considerevole statura ed assunse un'aria leggermente strafottente, molto alla Guy di Gisborne e quindi alla Aryon Morvacor; la donna rimase come al solito sbalordita di come lui, con un cambiamento impercettibile, fosse capace di diventare letteralmente un'altra persona, calandosi completamente nei panni di un personaggio.

"Posso invitarti per una passeggiata in giardino, Lady Nerwen?" Richard le chiese, porgendole la mano.

"Grazie, sei molto gentile", rispose lei, accettando la sua mano con un sorriso. Richard afferrò la borsa termica e Nives lo guidò ad un'altra uscita, che dava sul lato della casa affacciato sulla parte di giardino che interessava loro. Un vialetto di ghiaia bianca, delineato da grandi vasi rettangolari pieni di fiori colorati, si snodava attraverso un prato ben curato, conducendo ad un vero e proprio bosco di lecci, pini marittimi e carpini. Il vialetto proseguiva tra gli alberi, sotto la cui ombra la temperatura era decisamente più sopportabile che altrove.

"Bello", disse Richard, osservandosi attorno con apprezzamento. "Decisamente molto meglio di Bosco Atro!" aggiunse con enfasi, alludendo alla tetra e pericolosa foresta che la compagnia di Nani, con Bilbo Baggins al seguito, aveva dovuto attraversare durante il secondo film della trilogia de Lo Hobbit.

"Poco ma sicuro!" fu d'accordo Nives, ridendo. Poco dopo, raggiunsero il gazebo di legno ed entrambi rimasero incantati.

"Adesso capisco perché Raffi lo ha definito tolkieniano", disse Nives. "Sembra davvero di stare nella Terra di Mezzo."

"Concordo", annuì Richard. Deposta la borsa sul tavolo, si liberò delle scarpe, sia per stare più fresco, sia perché amava stare a piedi nudi. Nives lo imitò prontamente, per le stesse ragioni.

"Che ne dici di questo giardino, Lady Nerwen?" chiese l'attore, calandosi nel roleplaying. "Ti piace?"

Lei si sforzò di rispondere a tono. "Sì, mi piace davvero molto, Lord Aryon. Grazie per avermi portata a vederlo."

"Ho pensato che fosse il posto giusto per te, visto il tuo appellativo la Verde..."

"Hai pensato correttamente", confermò Nerwen. "Tra il verde infatti è dove mi sento maggiormente a mio agio."

"Lo immaginavo... Prego, accomodati", la invitò poi Aryon. "Io ho un certo appetito, e tu?"

"Sì, anch'io..."

Aprirono la borsa e ne tirarono fuori due coppette di gelato, accuratamente circondate da piastre eutettiche – il complicato nome tecnico dei ghiacci per borse termiche – corredate da cucchiaini di plastica. C'era anche un pacchetto di tovaglioli di carta e uno di salviettine umidificate. Sul fondo, un plaid ripiegato, del tipo con un lato plastificato, pensato apposta per essere messo per terra e non lasciar passare l'eventuale umidità del terreno. Poiché il gazebo era arredato con tanto di tavolo e panche, quest'ultimo oggetto era stato evidentemente previsto per un altro utilizzo, e a Richard ne veniva in mente uno soltanto. Represse un sorrisetto di aspettativa, mantenendo la sua maschera impassibile da Aryon Morvacor.

Consumarono i gelati, entrambi al gusto di cioccolato e fiordilatte, di una nota marca industriale italiana. Certo la qualità non era quella di un gelato artigianale, ma era accettabile. Per tutto il tempo, Richard interrogò Nives riguardo alla sua fan fiction, volendo saperne di più, e lei gli narrò le avventure della sua alter ego nella Terra di Mezzo, da quando aveva ricevuto da Yavanna l'incarico di trovare gli Ent, senza omettere la sua breve ma intensa storia con Thorin, né quella consolatoria con Beriadir di Lothlorien, fino all'incontro con Aryon e poi oltre, fin dove era arrivata con la storia, ovvero poco prima del ritrovamento delle Entesse. Per pudore, preferì non citare il fatto che Nerwen ed Aryon si erano sposati, perché non voleva che Richard pensasse che lei puntava al matrimonio. Dopo la delusione patita, in realtà non le interessava affatto sposarsi di nuovo, ma se anche fosse stato così, non avrebbe mai fatto pressioni in quel senso, neanche parlando di due personaggi inventati.

"Appassionante!" affermò Richard alla fine. "Mi piacerebbe molto leggerla, questa storia."

"Ne sarei felice", rispose lei, lusingata. "Tradurla però richiederebbe un'enormità di tempo."

"Posso farla tradurre io", le propose l'attore, cogliendola di sorpresa. "Poi magari potresti approfittarne per pubblicarla su qualche sito internazionale di fan fiction, così avresti maggior visibilità."

"Ah... grazie, ma ti costerebbe un patrimonio..."

"Lascia stare il costo, me lo posso permettere..." vedendola in imbarazzo, le prese la mano. "Non farti problemi: a che mi serve tutto il denaro che guadagno col mio lavoro, se non posso spenderlo come più mi piace?"

"Anche questo è vero", ammise lei. "Va bene, ci penserò..."

"C'è un'alternativa", considerò Richard lentamente. "Ossia che io impari bene l'italiano..."

A quel punto Nives si arrese.

"E va bene", disse ridendo. "Ho capito: in un modo o nell'altro, la vuoi leggere."

"Esattamente", confermò lui con aria serafica. "Allora, dimmi, a che punto potremmo essere, come Nerwen e Aryon, adesso?"

Lei rifletté. "Potremmo essere alla Festa di Mezza Estate, quando abbiamo capito di essere compagni per la vita... prima io, e dopo un po' anche tu. Nel mio racconto mi respingi, perché non riesci a credere che un'Umana – come credi io sia – possa essere la tua metà, ma... qui potremmo far finire la scena in maniera diversa..." concluse con un risolino che fece piegare le labbra di Richard in un sogghigno molto malizioso.

"Ottima idea", mormorò. "Dimmi, come inizia la scena, esattamente?"

"Tu mi hai accompagnata fino alla mia stanza e stai per andartene", spiegò Nives. "In quel momento ti arriva come una mazzata la consapevolezza che io e te siamo destinati insieme. Ti volti e mi guardi incredulo, poi torni e mi baci a perdifiato, mi sbatti contro la porta, l'apri e entriamo in camera. Vorresti portarmi a letto e cominci a spogliarmi... Nella mia storia, a quel punto ci ripensi e scappi a gambe levate, ma qui..."

"...finirà in altro modo", le assicurò lui, prendendole una mano e portandosela alle labbra. "Il tuo potere su di me è incredibile", bisbigliò poi. "Mi basta guardarti per desiderarti... non tanto per il piacere che immancabilmente mi fai provare, ma molto più per il fatto di essere unito a te, un'unica cosa con te, nella carne come nell'anima... Ti amo così tanto che quando non sono insieme a te mi sento dimezzato..."

Nives deglutì a vuoto, emozionata oltre ogni dire da quelle parole romantiche ed appassionate.

"Per me è lo stesso..." sussurrò. "Ti amo immensamente e mi manchi da morire quando non ci sei, ma ora siamo insieme... e anche a me basta guardarti per desiderarti, per gli stessi motivi..."

Lo sguardo di Richard si riempì di una dolcezza inesprimibile a parole, lo stesso sguardo che John Thornton rivolgeva a Margaret Hale nel bellissimo sceneggiato Nord e Sud quando infine scopriva che anche lei lo amava. Inconsapevole di star guardandolo con la stessa espressione, Nives sentì le ginocchia che diventavano gelatina e fu lieta d'essere ancora seduta o sarebbe stramazzata.

Richard sentiva il cuore battergli in petto con tanta violenza da minacciare di sfondargli la gabbia toracica: mai nessuna donna, neppure per finzione scenica, lo aveva guardato con tanta devozione quanto stava facendo Nives e per un momento gli girò la testa per la profonda emozione che lo colse. Si accorse d'aver dimenticato di respirare e allora prese fiato, lentamente, cercando di calmarsi e di trovare sufficiente concentrazione per interpretare per lei il suo sogno tolkieniano, il principe elfico Aryon Morvacor.

La sua ferrea disciplina ebbe ben presto ragione della sua commozione e si sentì pronto a cominciare.

"Aspetta un attimo", la esortò, alzandosi; prese il plaid dalla borsa termica e, mostrandolo a Nives, spiegò. "Fingeremo che sia il letto della tua camera."

Lei annuì e allora lui andò a stendere la coperta sull'erba, all'ombra di un albero; poi tornò e fece alzare anche Nives.

"Ti auguro la buonanotte, Lady Nerwen..." disse, facendole un baciamano.

Lei capì che il gioco era cominciato e si concentrò per rispondere adeguatamente.

"Buonanotte a te, Lord Aryon..." disse in tono piatto, per esprimere la delusione di Nerwen riguardo al fatto che lui se ne stava andando quando aveva sperato che anche lui capisse che erano compagni per la vita e trascorresse la notte con lei.

Con un inchino, Richard si voltò e si allontanò di un paio di metri, poi si bloccò a metà di un passo e parve ricevere un colpo in testa, proprio come Nives gli aveva descritto la reazione di Aryon alla rivelazione del loro destino insieme. Si voltò, gli occhi sgranati e le labbra socchiuse per lo sbalordimento.

"Tu... tu sei la mia compagna per la vita...?" alitò. Non era la battuta esatta, ma del resto non poteva saperlo e comunque andava bene lo stesso. Nives annuì per confermare. Allora gli occhi di Richard cercarono i suoi e lei si sentì trapassare l'anima; con due rapidi passi, Aryon le fu davanti e le sue braccia la circondarono e la strinsero a lui, mentre con le labbra cercava le sue. Nives gli passò le braccia dietro la schiena e schiuse la bocca, accogliendo il suo bacio; cominciò dolcemente, ma ben presto si trasformò, diventando sempre più sensuale ed esigente.

Non potendola sbattere contro una porta, Richard la fece arretrare fino al tavolo, spingendola contro di esso e facendo aderire il proprio corpo al suo. Lei gli accarezzò il dorso, poi fece scivolare le mani in basso, fino ai glutei fasciati dai pantaloni neri, e si mosse contro di lui. Lo udì gemere e percepì la sua virilità gonfia di desiderio premerle contro il ventre; ciò la eccitò, facendo scoppiare un incendio devastante dentro di lei, tanto nel grembo quanto nell'anima. Gli afferrò la camicia e gliela tirò fuori dai calzoni, infilandovi sotto le mani per accarezzargli la pelle nuda; con le unghie gli percorse la spina dorsale e lo sentì tremare tra le sue braccia.

"Oh Nerwen... cosa mi fai..." le giunse all'orecchio il sussurro rauco di Richard, prima che la mordicchiasse il lobo; un momento dopo, sentì le sue labbra sul collo, che scendevano verso la spalla. Nel curvarsi, lui lasciò un po' di spazio tra i loro corpi avvinti e Nives vi infilò le mani per cominciare a sbottonargli la camicia; come l'ebbe aperta, gli accarezzò il petto muscoloso, sfiorandogli i capezzoli e facendolo gemere nuovamente.

Richard si raddrizzò e lei ne approfittò per abbassargli la camicia lungo le braccia, lasciandolo a torso nudo; l'indumento cade a terra.

L'attore sollevò le mani e cominciò ad abbassare le spalline dell'abito – scoprendo che Nives non indossava il reggiseno. Quando il vestito cadde a terra in un mucchio, rivelando gli slip di pizzo bianco come unico altro indumento indossato, Richard si sentì mancare il fiato alla vista della sua amabile figura praticamente nuda. Il suo sguardo la percorse tutta, dagli occhi ardenti di passione, alle labbra schiuse, al seno dai capezzoli svettanti, agli slip che lasciavano intravedere l'ombra di riccioli che adornava sua femminilità, alle gambe tornite. Posata contro il tavolo, Nives era terribilmente invitante e per un attimo vertiginoso, l'attore fu tentato di farla sedere sul ripiano e prenderla così, poi però gli parve che fosse inadeguato al momento e che lei avrebbe preferito che si sdraiassero sulla coperta; dopotutto, l'aveva portata apposta, e lui aveva preparato il giaciglio con lo stesso scopo.

"Come sei bella, Nerwen..." disse a bassa voce; le passò una mano dietro la schiena e con l'altra le circondò un seno, sfiorandone la punta eccitata con il pollice. "Ti desidero da impazzire..."

Tornò a baciarla, appassionatamente, lungamente; poi scese sulla sua gola, mentre lei gettava la testa indietro e s'inarcava per lasciargli strada. Depose una fila ininterrotta di lievi baci sul suo petto, prima di risalire le morbide rotondità dell'altro seno; raggiunse il capezzolo e si mise a suggerlo sensualmente, accarezzandolo con la punta della lingua e mordicchiandolo con le labbra fino a farla ansimare. Poi passò all'altro, riservandogli lo stesso trattamento.

Sentendo le proprie profondità incendiarsi per le scosse di piacere che, dagli apici dei seni, le raggiungevano il grembo, Nives si aggrappò alle spalle di Richard.

"Oh... oh! Aryon..." sospirò. Richard le lasciò il seno e la prese repentinamente in braccio.

"Non so proprio come Aryon abbia potuto resistere", borbottò in modo estemporaneo, trasportandola sul giaciglio sotto l'albero, dove la stese e si sdraiò al suo fianco; fece per prenderla tra le braccia, ma lei lo respinse supino, gli occhi pieni di promesse. Si chinò su di lui e gli posò le labbra sul torace, seguendo carezzevole il contorno dei muscoli pettorali, per poi passare la lingua sui suoi capezzoli facendolo sussultare. Si abbassò sul suo addome, mordicchiandolo, poi seguì il sentiero di peluria che, dall'ombelico, scendeva fino dentro i pantaloni. Aprì la cintura, poi la cerniera, e rapidamente lo liberò dell'indumento; poi accarezzò in salita le gambe di Richard, passando con dita leggere dietro alle ginocchia – una sua zona sensibile – per infine posare una mano a coppa sulla sua mascolinità esuberante.

L'attore gemette di piacere mentre lei lo accarezzava e chiuse gli occhi, per poi tornare di colpo a spalancarli quando, dopo avergli abbassato l'elastico dei boxer, la sentì baciare la punta. Sobbalzò ed emise un verso strozzato, che divenne un vero lamento quando Nives, liberatolo, chiuse le bocca attorno al suo scettro maschile.

"Oddio piccola...!" ansimò.

"Mmmmhhh?" fece lei in tono interrogativo, provocatoria, continuando imperterrita a stimolarlo. Richard sbirciò in basso, ma la vista delle labbra di Nives attorno alla propria virilità gli diede le vertigini.

"Basta... basta", la pregò. Era così eccitato che gli pareva di scoppiare e pensò che sarebbe arrivato in dieci secondi, se lei continuava così.

Fortunatamente Nives si era resa conto che lo stava spingendo oltre il limite di sopportazione e si ritrasse, non senza sollevare gli occhi nei suoi mentre lo lasciava lentamente andare.

"Ora ti faccio vedere io..." la minacciò Richard, rovesciandola sulla schiena.

"Oh sì, ti prego", ridacchiò lei, assecondandolo più che volentieri. L'attore non se lo fece ripetere; rapidamente, le sfilò l'ultimo indumento rimasto a separarli e poi l'accarezzò intimamente, delicatamente. Udendola emettere un sospiro, ripeté la carezza con più decisione ed il sospiro divenne un lieve gemito. Allora sfiorò il suo punto di maggior piacere, strappandole un lamento più forte; infine discese con la bocca su quello stesso punto.

A Nives sfuggì un'esclamazione inarticolata mentre sentiva la sua lingua lambirla sensualmente; le sue profondità femminili fremettero ed afferrò convulsamente la coperta.

"Richard...!" ansimò, senza fiato. L'uso del suo vero nome gli fece capire che stava perdendo la testa, il che era esattamente il suo intento; schiuse i suoi caldi petali ed assaporò il nettare in essi celato, finché non la sentì cominciare a dimenarsi in maniera spasmodica.

"Ti prego... non ce la faccio... ti voglio..."

Era impossibile resistere ad un simile invito e Richard non ci pensò neppure; ben felice di accontentarla, staccò la bocca dal suo scrigno segreto e si adagiò su di lei.

Nives fissò lo sguardo in quello di Richard mentre lo sentiva addentrarsi lentamente in lei; incapace di attendere una frazione di secondo in più, sollevò le anche per incontrarlo ed affrettare la loro unione.

Quando fu completamente dentro di lei, Richard rimase immobile qualche momento, per assaporare la sensazione del suo calore attorno a sé. Poi cominciò a muoversi, inizialmente con movimenti piccoli e lenti, mirati ad accentuare ancor di più la bramosia di Nives, poi, a mano a mano che i suoi lamenti amorosi si facevano più acuti, si mosse in modo più ampio e veloce; quando la vide chiudere le palpebre gemendo, comprese che era prossima alla meta e, con un ultima, decisa spinta, la proiettò in vetta.

Nives si sentì tremare, dentro e fuori, emotivamente e fisicamente; gridò il nome di Richard mentre gli affondava le unghie nella schiena. Le parve che il mondo scomparisse attorno a loro.

Richard percepì i suoi muscoli interni stringersi convulsamente attorno a sé; il primo spasmo gli tolse il fiato, il secondo lo mandò a compimento. Con un grido che echeggiò quello di Nives, si riversò dentro di lei quasi con violenza e, per qualche attimo, la vista gli si oscurò.

Dopo lunghi momenti, il piacere sconvolgente che li aveva travolti si placò; giacquero ansanti, madidi di sudore.

A Nives sembrava d'aver il capogiro; aprì gli occhi, fissandoli sul tronco dell'albero che li ombreggiava, e vederlo fermo la rassicurò sul fatto che non fossero finiti in un tornado.

Richard si puntellò sui gomiti per guardarla; accorgendosene, lei spostò lo sguardo in quello di lui.

"Mi hai portato in paradiso", le mormorò. Nives sorrise, arrossendo leggermente a quello che aveva tutta l'aria di essere un complimento alle sue abilità amatorie.

"E tu ci hai portato me", replicò. Lui le accarezzò una gota col dorso della mano, con la tenerezza che non mancava mai di dimostrarle, dopo il sesso.

"Adoro farlo", dichiarò con enfasi. "Perché ti amo."

"E io amo te..."

Rimasero così per un po', scambiandosi baci e parole dolci, ed infine si separarono. Si rinfrescarono con le salviettine umidificate – il cui scopo era divenuto palese – e poi si rivestirono. Mentre stavano riponendo la spazzatura nella borsa termica, l'attore rammentò il gioco di ruolo che avevano fatto a Cortina, con lui nei panni di Porter, e gli sovvenne un particolare. Afferrò il polso di Nives e la fece voltare verso di sé; sorpresa, la donna lo guardò e ne notò il cipiglio molto gisborne-esco.

"Che c'è?" volle sapere, perplessa.

"Ora devi dirmi chi è questo Richard..." rispose lui, sforzandosi di mantenere l'espressione corrucciata, ma quando Nives scoppiò a ridere, né più né meno di come aveva fatto a Cortina, anche lui sogghignò.

"Niente da fare, chiunque tu interpreti, per quanto bravo tu sia, alla fine cerco sempre il mio Richard", affermò lei alla fine. L'attore la prese tra le braccia.

"Me ne sono accorto", confermò, prima di baciarla dolcemente.

OOO

Vedendo che Jerry stava seguendo Richard con uno sguardo saputo, Raffaella gli svelò:

"Nives vuol portare Richard al gazebo elfico per un gioco di ruolo..."

"Ah!" esclamò l'arciere. "Era di questo allora che tu e Nives confabulavate, prima?"

"Esatto. Lei sarà la sua alter ego tolkieniana, Nerwen la Verde, e lui sarà il principe Aryon Morvacor, il suo innamorato elfico. Nives mi ha detto che si è divertita molto, un'altra volta che ha fatto un gioco di ruolo con Richard", gli confidò.

"Davvero?" fece Jerry, poi venne colpito da un'idea. "Potremmo farlo anche noi", propose. "Io potrei essere Occhio di Falco... Oppure preferiresti Robin Hood?"

Raffaella rise: in sei anni di matrimonio, non era mai venuto in mente a nessuno dei due di cimentarsi nel roleplaying. L'idea la stuzzicava.

"D'accordo, Clint Barton", disse quindi, citando il nome anagrafico dell'Avenger arciere. "Ma sappi che il mio vero amore rimane sempre Jerry Runner", aggiunse.

Lui la strinse a sé e si chinò su di lei.

"Lo so benissimo..." le mormorò all'orecchio, per poi baciarle il collo; lei fremette sotto la carezza delle sue labbra. "Sai che sono sempre ben felice di aiutarti a esaudire qualsiasi tua fantasia, se mi è possibile, honey."

Raffaella ridacchiò, rammentando una cosa accaduta due giorni prima al maneggio.

"Ehm... ricordi l'altro ieri, quando ti ho portato da Sky? Abbiamo parlato di... uhm... quanto comodi sembrano i mucchi di fieno..."

"Lo ricordo", confermò lui, mentre un lento sorriso sornione gli stirava le labbra.

"Beh, pensavo che potremmo concretizzare", concluse Raffaella con un sogghigno sfacciato.

"Molto western", commentò l'arciere, guardandola con sguardo acceso. "Ti ci porterei anche subito... ma immagino che sia estremamente sconveniente, con tutti i lavoranti, gli istruttori e gli allievi che circolano..."

Lei rise. "Anche se non ci fosse nessuno, adesso fa troppo caldo! Però stasera, invece di salire in camera per andare a dormire, potremmo andare là", suggerì. Avevano infatti le chiavi per entrare, e anche il codice per disattivare l'allarme; questo perché, in caso di bisogno, loro erano molto più vicini per poter intervenire – ad esempio in caso di incendio o di tentato furto – di quanto potessero esserlo Giorgio o anche i carabinieri, che dovevano arrivare da Capoliveri.

"Mmmhhh, come una coppia di amanti clandestini", sogghignò Jerry con un'aria talmente comica che Raffaella si mise a ridere a crepapelle. Poi lo statunitense guardò i gelati e sospirò. "D'accordo, per il momento saziamo un altro tipo di fame..."

Consumarono quindi i gelati, poi si sdraiarono al sole; verso le sei di sera, Richard e Nives ritornarono, nuovamente in costume da bagno. Raffaella si alzò ed invitò Nives a farle compagnia nella vasca dell'idromassaggio, lasciando soli i due uomini.

"Allora, ti è piaciuto il gazebo elfico?" Jerry domandò a Richard, senza celare un tono allusivo. L'attore britannico sollevò un sopracciglio: Nives gli aveva detto che i suoi due amici si erano già dati da fare, in quel gazebo, così non resistette alla tentazione di rilanciare:

"Sì, Jerry... almeno quanto è piaciuto a te."

L'altro si mise a sghignazzare.

"Le nostre ragazze sanno come sorprenderci", commentò sottovoce, gli occhi azzurri che brillavano di divertimento e di ammirazione. "E anche come prenderci", aggiunse. "Per quanto mi riguarda, Raffi mi tiene appeso al suo amo, felice e soddisfatto."

Richard annuì. "Pure Nives con me", ammise.

Insoddisfatti di essere rimasti da soli, i due uomini raggiunsero le donne nell'idromassaggio e si sedettero con loro per un'altra seduta di relax.

OOO

Per la cena di quella sera, Marcella aveva preparato dei galletti allo spiedo con patate al forno e tenera insalatina verde, pietanza che riscosse un gran successo. Dopo il caffè, le due coppie si sedettero nel salotto all'aperto e stavolta giocarono a tombola; in palio, caramelle alla frutta, rigorosamente senza zucchero. Tra risate e battute divertenti, si alternarono all'estrazione dei numeri e alla fine chi aveva il mucchio più grande di caramelle era Nives, per aver vinto il maggior numero di volte le combinazioni più alte. Una volta fece addirittura ambo, cinquina e tombola in un unico gioco.

Alle dieci e mezzo smisero e le caramelle tornarono nel loro contenitore. Richard e Nives si alzarono, ma gli altri due dissero di voler aspettare ancora un po' prima di andare a dormire, così gli ospiti diedero loro la buonanotte e salirono in camera.

Jerry e Raffaella attesero qualche minuto, poi si scambiarono un'occhiata ridente e si alzarono; l'arciere fece per avviarsi, ma lei lo trattenne.

"Sarà buio nelle stalle", osservò. "Vado a prendere una luce."

Entrò in casa e poco dopo raggiunse Jerry in atrio con una lampada a led dal piccolo ma potente fascio di luce. Sghignazzando come adolescenti che si preparavano ad una marachella, i due coniugi salirono in macchina e si avviarono verso il maneggio, che raggiunsero dopo pochi minuti. Entrarono azionando il telecomando; Jerry posteggiò l'auto e, mano nella mano con la moglie, si diressero verso l'ingresso delle scuderie, divertendosi a muoversi in maniera furtiva come se fossero per davvero una coppia clandestina. Naturalmente non serviva a niente, dato che le telecamere di sorveglianza li avrebbero ripresi comunque, ma nessuno le stava guardando a quell'ora; né nessuno le avrebbe guardate, poiché non avrebbero fatto scattare alcun allarme, e ad ogni modo i filmati si sarebbero cancellati automaticamente dopo ventiquattro ore.

Jerry disattivò l'allarme e sgusciarono dentro le scuderie, chiudendo il portone dietro di loro. Raffaella accese la lampada a led, poi insieme si diressero ad uno degli stalli vuoti e vi entrarono. A causa del caldo, le finestre erano tutte aperte e sopra ogni stallo era in funzione una ventola per rinfrescare i cavalli. Nel buio, erano tutti addormentati, confortevolmente sdraiati sulla paglia, e i rumori furtivi dei due finti amanti clandestini non li disturbarono.

Jerry guardò Raffaella alla luce della lampada che la donna aveva posato per terra; indossava un abitino nero che le donava molto, avvolgendo le sue amabili curve, e lui sentì prudere le mani dalla voglia di toglierglielo per accarezzare la sua pelle. Allungò le braccia per mettere in atto il suo proposito, ma Raffaella si allontanò, arretrando verso il mucchio di fieno in fondo allo stallo; ammiccando con aria molto maliziosa, si abbassò le spalline del vestito, poi lo spinse verso il basso, oltre la curva dei fianchi, e lo lasciò cadere a terra. Sotto, portava reggiseno e mutandine di pizzo color avorio.

Preso in contropiede, l'arciere rimase per un attimo completamente senza fiato. Cercando di darsi un contegno, incrociò le braccia al petto e fece un sorrisetto mentre i suoi occhi percorrevano ammirati quelle curve che conosceva tanto bene, ma che non mancavano mai di suscitare in lui un desiderio profondo che andava ben oltre la mera carnalità. Resistette soltanto per pochi istanti.

"Ah, Raffi", sospirò infine; si liberò rapidamente della maglietta nera e dei jeans, scalciando via i mocassini, e poi si avvicinò, gli occhi fiammeggianti di passione. "La mia bella mogliettina..."

A sorpresa, la prese in braccio e lei emise un gridolino, aggrappandosi al suo collo; un momento dopo, la deponeva sul fieno ammucchiato. Era morbido e fragrante e sarebbero stati comodi.

In controluce, Raffaella vide che l'erezione del marito era a stento contenuta nei suoi boxer. Prima che lui si sdraiasse, si alzò a sedere ed allungò una mano per accarezzarlo.

"Mmmmhh, cos'abbiamo qui...?" domandò sottovoce. "Sembra una cosa interessante..."

Jerry sussultò al suo tocco e mandò un'esclamazione soffocata.

"Diciamo... che è un regalo per te", gracchiò, premendosi contro quella mano intrigante.

"Ah, allora lo devo scartare..." fece lei, proseguendo sulla falsariga. "Vediamo di cosa si tratta..."

Gli abbassò i boxer e la sua mascolinità balzò fuori, puntando dritta verso di lei.

"Oh ma che bello..." sospirò Raffaella, avvolgendo le dita attorno ad essa. "Sembra buono, ora lo assaggio..."

Jerry emise un verso strozzato mentre lei lo accarezzava eroticamente, prima con la mano, poi con le labbra; quando cominciò a suggerlo, sentì la tensione salire alle stelle, mentre le gambe minacciavano di cedergli.

"R... Raffaella!" balbettò, cercando di rimanere in piedi. Lei staccò la bocca e si raddrizzò; poi, guardandolo negli occhi, si sganciò il reggiseno e lo gettò da parte, ed infine tornò a sdraiarsi supina, con un'espressione inequivocabilmente invitante.

Gli occhi di Jerry si appuntarono sui suoi seni nudi dai capezzoli eretti che aspettavano solo le sue carezze. I boxer erano ancora attorno alle sue caviglie, così se ne liberò e si inginocchiò sulla paglia, abbassandosi su di lei.

"Sei fantastica, honey... in ogni possibile senso della parola", mormorò, prima di avvolgere una mano attorno ad un seno e chinarsi a prenderne l'apice tra le labbra. Raffaella emise un gemito, sentendo un gran calore sbocciarle tra le gambe.

"Oh Jerry... no... tu, tu sei fantastico..." ansimò, bramosa di carezze ancor più audaci. Dopo sei anni di matrimonio, lui era ancora capace di farla smaniare, il che non è affatto scontato, in un rapporto a lungo termine.

Jerry si soffermò qualche altro istante, poi salì a baciarle il lato del collo, salendo ancora fin sotto l'orecchio. Seguì la linea della mascella fino a raggiungerle la bocca; le accarezzò le labbra con le proprie, prima di premervele contro e sfiorarle con la punta della lingua. Raffaella schiuse la bocca e lo contraccambiò, accarezzandogli la lingua con la propria; si baciarono profondamente, in maniera allo stesso tempo passionale e dolce.

Poi Jerry si staccò dalle sue labbra e ripeté al contrario lo stesso tragitto dall'altra parte, lungo la mascella, poi sotto l'orecchio, sul collo, giù fino all'altro seno, posandovi infine la bocca sulla punta e mordicchiandolo. Scosse di piacere trapassarono le viscere di Raffaella, che emise un lungo gemito.

Dopo qualche momento, l'uomo lasciò il capezzolo ormai così duro da essere quasi dolente e si abbassò lungo il corpo di Raffaella, deponendo baci sul suo busto, poi sul ventre sussultante, giù fino al nucleo della sua femminilità, che baciò attraverso la stoffa degli slip. Sentendola trasalire ed emettere un lamento, Jerry sorrise tra sé. Voglioso di toccarla senza barriere, insinuò le dita sotto l'orlo delle mutandine e trovò il suo giardino segreto, già rorido di desiderio. Di nuovo, Raffaella emise un gemito, più forte di prima. Incapace di attendere oltre, la liberò anche dell'ultimo indumento, poi sfiorò i morbidi petali, schiudendoli delicatamente.

"Jerry...!" boccheggiò la donna, ormai in deliquio. Il suo richiamo per poco non gli fece perdere la testa, ma riuscì a trattenersi ancora qualche istante per assaporare il delizioso nettare del suo fiore femminile, lasciandosi scivolare sulla lingua i suoi dolci umori. Poi, spronato dai suoi gemiti ormai incontrollati, si sdraiò su di lei e si spinse dentro il suo corpo.

Raffaella lo accolse con un sospiro di piacere; sollevò le ginocchia ed avvolse le gambe attorno alla vita di Jerry per farlo immergere di più e così sentirlo maggiormente. Deliziato, Jerry gemette.

"Raffi... Raffi, sei incredibile..." farfugliò. Si sollevò sulle braccia, posizionandosi esattamente contro il punto speciale dentro di lei e cominciando a stimolarlo.

"As... aspetta... così finisce subito..." protestò lei, ma con poca convinzione, come gli rivelarono i suoi movimenti in perfetto controtempo.

"Non riesco a aspettare..." confessò Jerry. Solitamente, ad entrambi piaceva prendersi il loro tempo, ma questa volta avrebbero fatto un'eccezione: forse per la locazione insolita, forse per la finzione di essere amanti clandestini, erano semplicemente troppo vogliosi di arrivare a meta. Ad ogni modo, eventualmente ci sarebbe stato tempo dopo per un secondo giro...

Alle parole di Jerry, Raffaella scoprì d'un tratto di essere ugualmente smaniosa.

"Allora non... non fermarti!" lo pregò, rispondendo colpo su colpo. Il ritmo si fece frenetico e pochi attimi dopo raggiunsero il culmine, con la sincronia dovuta alla perfetta conoscenza reciproca. Raffaella piantò le dita nel fieno e lanciò un lungo gemito, cui fece eco quello uguale di Jerry. Tremarono incontrollabilmente, le menti obnubilate, il piacere dell'uno che accresceva quello dell'altra, così acuto da lasciarli senza fiato.

Quando infine gli spasmi si quietarono, Jerry si adagiò su Raffaella, il cuore che gli martellava nel petto, il sangue che gli rombava negli orecchi.

A lei non andava meglio: teneva gli occhi chiusi, le sembrava di non riuscire a connettere, i pensieri si formavano confusi e poi s'involavano, e non riusciva a udire altro se non il proprio respiro affannoso mescolato a quello di Jerry.

Finalmente si ripresero. Jerry si sollevò per guardare Raffaella e lei, percependo il suo sguardo, aprì gli occhi per guardarlo a sua volta.

"Non succedeva da un po', che perdessimo così la tramontana", commentò divertita. Jerry sorrise.

"Ti è piaciuto?" domandò sottovoce.

"Un sacco... Dovremo farlo ancora!"

"Ci sto..." Jerry si chinò su di lei e le ricoprì il volto di baci, terminando sulle sue labbra con tutta la tenerezza di cui era capace. "Ti amo, Raffi, ti amo immensamente..."

"E io amo te, Jerry..."

Rimasero un po' così a coccolarsi; poi fecero nuovamente l'amore, lentamente, dolcemente, fino a raggiungere un secondo picco, meno acuto del precedente, ma più prolungato.

Infine si alzarono e si rivestirono; Jerry vide che Raffaella aveva dei fili di paglia nei capelli e cercò di toglierglieli, per quanto possibile.

"Non preoccuparti", gli disse lei, pur apprezzando il pensiero. "Poi me li spazzolo..."

Mano nella mano, lasciarono le scuderie alla chetichella e tornarono verso la macchina nella stessa maniera giocosamente furtiva che avevano avuto all'andata, continuando il gioco degli amanti clandestini.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top