Capitolo IX: Giovedì 13 agosto 2015

Capitolo IX: Giovedì 13 agosto 2015

Al mattino Richard e Nives si alzarono prima degli altri due e prepararono la colazione per tutti, così quando Jerry e Raffaella scesero, trovarono tutto pronto.

"Ehi, grazie!" esclamò lo statunitense, servendosi delle uova strapazzate tenute al caldo nel forno a microonde. "Siete stati gentilissimi... vedrò di ricambiare domani."

"Figurati, per una simile sciocchezza", Richard scrollò le spalle. "Diciamo che chi si alza per primo prepara per tutti, in fondo si fa la stessa fatica a preparare per due che per quattro..." concluse ridendo.

Finita la colazione, Raffaella si girò verso il marito.

"Jerry, che ne dici di dare a Richard la prima lezione di tiro con l'arco?" propose.

"Ma certo! Che ne dici, Rich?" Jerry apostrofò il suo nuovo amico inglese con il diminutivo che era stato da lui invitato ad usare. Richard sapeva che Nives preferiva invece chiamarlo col nome per esteso, perché le piaceva troppo il suono che le faceva negli orecchi mentre lo pronunciava. Soprattutto – come gli aveva detto – se accadeva in certe circostanze...

"Se vuoi cimentarti in una causa persa, volentieri", rise l'interpellato, con la sua consueta auto-ironia. "Partecipate anche voi, ragazze?"

"Certo che sì!" accettò subito Nives. Quando veniva a trovarli, tirava sempre con l'arco almeno una volta assieme a Jerry e Raffaella, e solitamente le loro sessioni terminavano con Jerry che faceva un po' di spettacolo, esibendosi in qualche posizione di tiro insolita, come di spalle girandosi di scatto, da sdraiato a terra, saltando, oppure tirando frecce a raffica ed immancabilmente centrando il bersaglio.

"Anch'io", dichiarò Raffaella. "Io e Nives prepareremo un bersaglio tutto nostro, così non interferiremo con la lezione di Rich."

Jerry annuì, approvando.

"Andiamo a prendere il necessario", li esortò poi, alzandosi. Gli altri lo imitarono e insieme si recarono nella stanza in cui l'arciere teneva la sua collezione di archi, frecce, corde, carichini per incordatura, bersagli di carta e paglioni, nonché abbigliamento specifico come occhiali protettivi, guantini in pelle, proteggi-avambracci e, per le signore, anche pettorine. Non era infatti insolito che, nel rilascio, la corda andasse a strisciare contro il seno in modo anche doloroso; questo inconveniente aveva dato origine alla leggenda secondo cui le Amazzoni si tagliavano una mammella per tirare meglio con l'arco. Era invece molto più probabile che si limitassero ad appiattire il busto con dei corsetti costrittivi di cuoio, apparendo così prive di seno.

Raffaella aveva naturalmente il proprio arco, un modello di tipo olimpico; Jerry ne aveva invece svariati, sia tradizionali sia olimpici, e anche un paio di archi compound super-tecnologici, quasi fantascientifici agli occhi inesperti di Nives e Richard.

"Cominciamo con l'arco tradizionale, che ti ho visto usare sia in Robin Hood sia ne Lo Hobbit", esordì Jerry, rivolto a Richard. "Viene anche chiamato arco nudo, ed è il più adatto al tiro istintivo, come viene chiamato in gergo tecnico. Non ha comunque niente da invidiare agli archi più moderni e tecnologici: se utilizzato con il giusto equilibrio psicofisico raggiunge infatti prestazioni pari e addirittura superiori. Tuttavia, non viene usato per le gare ufficiali", concluse, porgendo all'attore un grande arco a curvatura unica in legno di acero, con l'impugnatura rivestita di pelle e i flettenti coperti di fibra nera. Non era incordato, perché gli archi vanno riposti privi della corda per evitare che rimanga inutilmente in tensione.

Richard lo prese e lo soppesò.

"Bello" disse. "Ovviamente posso solo parlare dal punto di vista estetico, data la mia scarsa conoscenza della materia..."

"Non farlo cominciare a parlarti degli archi o non la finisce più!" esclamò Raffaella ridendo.

Anche Jerry rise. "Dai retta a mia moglie, te l'ho già detto che se parto non mi ferma più nessuno!"

Calmata l'ilarità generale, tornò agli archi e ne scelse uno per Nives, un altro arco tradizionale ma più piccolo e leggero, in fibra di carbonio, molto flessibile e adatto alla sua minore forza fisica. Per sé prese un arco identico a quello di Richard, in maniera da avere un'arma pari alla sua per meglio insegnargli; anche Raffaella decise per un arco di tipo uguale a quello di Nives.

Jerry usò abilmente il carichino per incordare tutti gli archi, mentre Raffaella distribuiva guantini e para-avambracci. Né lei né Nives vollero la protezione per il busto perché faceva semplicemente troppo caldo, accettando il rischio di un'eventuale strisciata.

Anche Jerry si equipaggiò; riempito un borsone con frecce adeguate, uscirono e si recarono al poligono, dove il padrone di casa per prima cosa fissò i bersagli di carta su due paglioni, posizionando poi questi ultimi a una certa distanza l'uno dall'altro, in modo che le linee di tiro fossero ben distaccate.

"Bene", iniziò Jerry, entrando in modalità istruttore. "Rich, fammi vedere di cosa sei capace."

Richard prese una freccia dal borsone aperto che Jerry aveva posato su un tavolino, la incoccò, mirò e tirò, colpendo il paglione ma ben lontano dal centro.

"Beh, almeno hai preso il bersaglio", commentò Jerry.

"Solo perché non c'è un soffitto da colpire!" sghignazzò Richard.

"Ancora non ci posso credere", confessò Jerry, scuotendo il capo. "Il soffitto!!"

Risero insieme, proprio come vecchi amici.

"Va bene, va bene", disse poi lo statunitense. "Torniamo a noi. Ho già visto dov'è il problema: tieni le spalle troppo rigide..."

Lasciando gli uomini alla loro lezione di arcieria, le donne si erano dedicate alla loro linea di tiro, divertendosi a turno a colpire il bersaglio. Raffaella, che poteva esercitarsi tutto l'anno, era chiaramente molto più abile di Nives, che invece tirava soltanto in occasione delle sue visite a Villa d'Altariva, ma dopo un po' di esercizio, le sue frecce iniziarono ad avvicinarsi molto al centro, pur rimanendone più lontane di quelle dell'amica.

La lezione di Richard fu proficua, perché ben presto, seguendo le indicazioni di Jerry, l'attore iniziò a scoccare tiri più precisi. Quando iniziò a stancarsi – spalle e braccia sono molto sollecitati, nel tiro con l'arco – Jerry se n'accorse subito, perché lo vide tornare a irrigidirsi, e quindi interruppe la lezione. Nives e Raffaella si erano già fermate da una decina di minuti ed erano andate a sedersi poco lontano, sotto un ombrellone del terrazzo, chiacchierando ed osservando gli uomini.

"Prima ho parlato di tiro istintivo, ricordi?" disse Jerry mentre Richard deponeva il suo arco. L'attore annuì, rammentando l'espressione usata dall'arciere. "Si chiama così il tipo di tiro che, pur ignorando qualsiasi tecnica, si rivela efficace. C'è poi il tiro dinamico: si può tirare con l'arco in mille modi diversi da quello da gara, come facevano gli arcieri del passato aggregati agli eserciti, quindi non solo in piedi con l'arco verticale, ma anche seduti, a cavallo, sdraiati a terra, tenendo l'arco orizzontale o diagonale. I giapponesi avevano inventato un arco asimmetrico, più corto in basso e più lungo in alto, particolarmente adatto per il tiro dal dorso di un cavallo. Un arciere molto abile riesce a prendere la mira addirittura prima di tendere l'arco, perché esso è diventato una sua estensione, come un braccio o una gamba. Ti faccio vedere..."

"Adesso diventa Occhio di Falco", commentò Raffaella spiritosamente, alludendo al fatto che, per puro caso, quel mattino Jerry si era vestito tutto di nero, come il suo eroe Avenger. Nives ridacchiò, immaginando la faccia sbalordita che Richard avrebbe fatto alle prodezze dell'ex campione di tiro con l'arco, la stessa che aveva fatto lei la prima volta che lo aveva visto esibirsi in acrobazie che fino ad allora aveva creduto delle semplici esagerazioni cinematografiche.

Richard arretrò di alcuni passi per lasciare campo libero all'arciere, spostandosi in modo da non impedire la visuale alle due donne sedute più indietro.

Jerry studiò per qualche istante la situazione, valutando distanza, movimento dell'aria, illuminazione. Poi prese una freccia e l'incoccò, ma senza tendere l'arco. Voltò le spalle al paglione, poi si girò di scatto compiendo una mezza piroetta su una gamba, ricadendo con l'altra all'indietro e al contempo scoccando la freccia con l'arco tenuto orizzontalmente; colpì il centro esatto del bersaglio e Richard non riuscì ad impedirsi di lanciare un'esclamazione sbigottita.

Ma Clint Barton alias Occhio di Falco non aveva finito di stupire: prese due frecce, ne incoccò una, spiccò un salto e contemporaneamente tirò, andando nuovamente a centro, poi ricadde e rotolò a terra su una spalla, incoccò la seconda freccia, tese l'arco da sdraiato e, ancora una volta, centrò il bersaglio.

A quel punto Richard aveva gli occhi sgranati e Nives non poté fare a meno di ridacchiare, rammentando il proprio sbalordimento le prime volte che aveva assistito alle prodezze arcieristiche di Jerry.

"Dovresti vederlo tirare mentre balla", rise Raffaella. "Di solito sulle note di qualche brano dei Metallica o dei Guns 'N' Roses."

Jerry la sentì e rise a sua volta.

"Alla prossima lezione portiamo lo stereo, così ti faccio vedere", disse a Richard, che ancora osservava basito le tre frecce piantate in pochi centimetri di spazio nel nero del bersaglio.

"Pazzesco", commentò, riscuotendosi e guardando Jerry con sincera ammirazione. "Quante volte sei stato campione mondiale?"

"Tra juniores e professionista, otto, e dodici volte argento", rispose l'arciere, senza vanto ma anche senza falsa modestia: dopotutto, aveva lavorato molto sodo per arrivare dov'era arrivato. "Più due volte oro olimpico nel tiro individuale, e un argento nel tiro a squadre", aggiunse, non per ostentazione ma per completezza d'informazione.

"Complimenti!" esclamò Richard, colpito. "Con un istruttore come te, se non miglioro stavolta mi dichiarerò un caso senza speranza!" aggiunse spiritosamente.

Jerry cominciò a raccogliere le frecce restanti nel borsone.

"La verità è che, come per tutte le cose, ci vuole passione autentica e profonda", commentò. "Poi l'esercizio costante fa il resto."

Richard lo aiutò.

"Hai ragione", confermò. "Quando ho preso lezioni di equitazione per esigenze di scena, ho scoperto che mi piaceva e quindi ho continuato; lo stesso per lo sci, imparato durante la permanenza in Nuova Zelanda. Per l'arco non mi sono mai applicato seriamente, ma se a te non spiace, sarei contento di approfittare della tua disponibilità."

"Non mi spiace affatto", sorrise Jerry. "Qui sull'isola, l'associazione Arcieri del Mare organizza escursioni di cosiddetto tiro di campagna. In pratica, si unisce il trekking col tiro al bersaglio, solo che i bersagli non sono i classici paglioni né si tira da una distanza fissa, ma si tratta di sagome di animali posti a distanze variabili, ricreando così l'atmosfera venatoria dei tempi antichi, prima dell'invenzione dei fucili, quando si andava a caccia con arco e frecce."

"Sembra interessante!"

Frattanto, Raffaella era andata a recuperare le tre frecce dell'esibizione di Jerry e le aveva riposte nel borsone con le altre. Nives si sventolò con una mano.

"Che caldo, gente! Io vado a cambiarmi e a farmi un tuffo in piscina", annunciò.

"Idea strepitosa!" approvò Raffaella con enfasi.

Rientrarono quindi in casa e, riposta l'attrezzatura sportiva, le due coppie salirono nelle rispettive stanze. Nives era talmente zuppa di sudore, che decise di fare una rapidissima passata sotto la doccia; quando uscì dal bagno, trovò Richard che indossava già i suoi pantaloncini da bagno neri. Stava guardando il panorama dalla finestra, affacciata sul giardino oltre al quale s'intravedeva uno scorcio di mare, e la sua espressione molto seria impensierì la donna.

"Richard..." lo chiamò, avvicinandosi. "Qualcosa non va?"

L'attore si girò a guardarla e, vedendola turbata, si affrettò a rassicurarla. "No, non c'è niente che non va, ma stavo facendo delle considerazioni sul nostro futuro."

Nives si fermò davanti a lui, gli occhi fissi nei suoi; si sentiva molto emozionata dal fatto che lui stesse pensando ad un loro futuro in comune.

"Vuoi condividerle con me?" domandò sottovoce. Un invito, non una richiesta, comprese Richard. La circondò con le braccia e l'attrasse a sé, mantenendo lo sguardo nel suo.

"Stavo pensando al fatto che, negli ultimi tre anni, la mia carriera ha subito un'accelerazione", esordì. "Io ho seguito l'onda, per così dire, per paura di restare indietro: ci ho messo vent'anni ad arrivare a questo punto e c'è stato un periodo in cui stavo per rinunciare, poco prima di Nord e Sud... poi, con Lo Hobbit, all'improvviso sono diventato una star internazionale e adesso fioccano proposte di lavoro a destra e a manca. Per un po' ho accettato di tutto, dall'essere protagonista di una prestigiosa produzione teatrale a interpretare una parte secondaria in un film indipendente, all'essere guest star in una serie cult, ma questo significa stare poco con te, aver poco tempo per noi due, e la cosa comincia a disturbarmi. Sto quindi pensando di diradare i miei impegni lavorativi... tu che ne pensi?" terminò, guardandola con espressione d'attesa.

Nives rimase di sasso e, per qualche istante, non seppe cosa rispondere. Richard attese pazientemente mentre lei considerava attentamente quello che il discorso del suo compagno implicava.

"Ehm..." fece infine Nives, cercando le parole. "Beh, chiaramente anch'io vorrei stare di più con te", cominciò, con sincerità. "Ma non a discapito della tua carriera. So quanto ci tieni, quanto ti sei impegnato per arrivare dove sei arrivato, accettando anche ruoli un po' – come dire – eccessivi ma che comunque, alla fine, ti sono serviti", fece una pausa. "Spesso è più facile arrivare in cima che rimanerci, in qualsiasi campo, ma soprattutto in quello dello spettacolo. Quindi, Richard, va bene se vuoi rallentare un po' ma, al massimo, non accettare lavori tappabuchi, della serie tanto per non stare con le mani in mano. Per il resto, voglio che tu continui la tua carriera al massimo delle tue capacità", concluse con un sorriso rassicurante. "Già così, ci vedremo sicuramente più spesso. Me lo farò bastare."

Richard sentì il cuore allargarsi: la generosità di Nives era semplicemente straordinaria. Avrebbe potuto essere più egoista e concordare immediatamente col suo proposito, oppure avrebbe potuto fingere di voler essere altruista e spingerlo a mantenere gli stessi ritmi lavorativi, salvo poi rimangiarsi tutto o magari, come aveva fatto Belle (*) – l'unica donna con cui aveva convissuto, anni prima – lo avrebbe piantato perché lo vedeva troppo poco; invece aveva scelto un ottimo compromesso, dichiarando implicitamente che le sarebbe sì piaciuto di più, ma che non era disposta ad accettare che lui danneggiasse il proprio lavoro. Ciò nonostante, Richard non voleva rischiare di perderla perché lavorava troppo.

"Va bene", accettò quindi. "Ma voglio che tu mi prometta una cosa: ossia che, qualora tu dovessi sentirti trascurata da me a causa della mia professione, me lo dirai senza remore. D'accordo?"

"Ma certo..."

"No", insistette lui. "Sto dicendo mortalmente sul serio. Anni fa sono stato mollato proprio per questo e non voglio più correre un rischio simile, neanche alla lontana. Per cui, me lo devi promettere, me lo devi giurare", accorgendosi di aver involontariamente alzato la voce per l'agitazione, cercò di calmarsi. "Ti prego", terminò piano, guardandola intensamente.

Colpita dal suo atteggiamento accorato, Nives ricambiò il suo sguardo.

"D'accordo", dichiarò solennemente. "Te lo giuro sul nostro amore, e che la Dea mi sia testimone: se dovessi sentirmi trascurata a causa del tuo lavoro, te lo dirò."

Richard le prese il volto tra le mani.

"Ti amo così tanto, Nives", mormorò, negli occhi un'immensa tenerezza. "Non c'è niente che non farei per renderti felice."

Lei sentì un groppo formarsi in gola.

"Anch'io ti amo così, Richard", bisbigliò. "E so che il tuo lavoro ti rende felice, per questo non voglio che tu vi rinunci troppo. Un pochino mi sta bene, lo ammetto, ma non devi esagerare. Questa è la promessa che io chiedo a te."

Richard rimase a fissarla, sempre più commosso.

"Va bene", disse infine, ripetendosi. "Siamo d'accordo."

Abbassò il volto, col chiaro intento di baciarla; Nives sollevò il proprio e le loro labbra s'incontrarono in un bacio molto dolce.

Quando si staccarono, Nives si rese improvvisamente conto che quello era stato un momento molto importante per la loro relazione e il cuore cominciò a fare capriole nel suo petto. Inspirò profondamente ed esalò lentamente per cercare di calmarsi.

Vedendola turbata, Richard indagò. "Che c'è?"

Lei gli rivolse un sorriso rassicurante. "Niente, sono solo emozionata perché ti sei dimostrato disposto a rinunciare a parte del tuo lavoro per me."

L'attore britannico corrugò la fronte. "Tu faresti altrettanto, per me?"

"Ma certo, se fosse necessario al bene della nostra storia."

"Quindi non sto facendo niente di diverso da quello che faresti tu", concluse lui con un'alzata di spalle e un sorriso dolce, dismettendo l'argomento con noncuranza. Nives si sentì sciogliere e lo strinse forte, il volto contro il suo collo, ben consapevole che non tutti gli uomini sarebbero stati disposti a fare altrettanto.

"Come fai a essere così... così... straordinario?" esalò. Richard tornò ad aggrottare le sopracciglia: non capiva il motivo della meraviglia di Nives.

"Ritengo che ciascuna parte di una coppia debba fare dei piccoli sacrifici a favore dell'altra, se necessario", disse, come affermando una cosa ovvia. "Così mi hanno insegnato i miei genitori, a parole e con l'esempio."

"Molti uomini non lo farebbero", replicò Nives, la voce venata di amarezza. "E questo, spesso per un egoismo di cui non si rendono neppure conto, perché ancora oggi, in pieno ventunesimo secolo, la mentalità corrente ritiene normale che una donna sacrifichi più di un uomo per investire in una relazione."

"Io non la penso certamente così", dichiarò Richard con una certa veemenza. "Significherebbe pensare che una donna vale meno di un uomo, in termini di diritto alla felicità e all'auto-realizzazione."

"Un discorso molto femminista", osservò Nives, lieta di constatare che il suo uomo la pensasse esattamente come lei.

"Certo che sì, non lo sapevi, che sono un femminista convinto?"

"Beh, so che hai dichiarato d'aver molto rispetto per le donne, ma alla prova dei fatti, molti uomini cadono nei consueti cliché senza neanche accorgersene. Così come molte donne non si accorgono di essere maschiliste. Tipo quando criticano una ragazza che è stata stuprata, secondo loro, perché indossava la minigonna."

"Quello è un ragionamento inaccettabile!"

"Eppure, è la linea di difesa più utilizzata nei processi per stupro, assieme a lei era ubriaca/drogata, e a non doveva andare in giro da sola a quell'ora di notte."

"Altri ragionamenti inaccettabili. Un uomo ha diritto di vestirsi come gli pare, ubriacarsi quanto vuole e andare in giro a qualsiasi ora, perché una donna no?"

"È quel che dico anch'io..."

Sempre più felice di constatare quanto fossero simili le loro idee in merito a un argomento che considerava estremamente importante, Nives si sollevò sulla punta dei piedi e piazzò un bacio sulle labbra di Richard.

"Basta discorsi seri", lo esortò. "Siamo in vacanza, ci vuole un animo leggero!"

"Per quanto sia importante condividere anche discorsi seri, sono pienamente d'accordo con te", dichiarò l'attore, chinandosi a contraccambiare il bacio appena ricevuto. "Dai, torniamo dai nostri amici."

Nives fu più che contenta di sentirlo chiamare Raffaella e Jerry nostri amici.

OOO

A pranzo – per Nives frutta fresca che Marcella acquistava ogni giorno dal suo fruttivendolo di fiducia di Capoliveri, per gli altri panini imbottiti con due tipi di formaggi elbani, uno con fresca robiola e l'altro con la più consistente cacioricotta – Raffaella si rivolse agli ospiti.

"Che ne dite se domani facciamo una gita per visitare le residenze napoleoniche?" chiese.

"In che senso, facciamo?" indagò Nives. "Volete venire anche tu e Jerry?"

"Perché no? Sono anni che non ci andiamo: so che hanno fatto molti restauri, specialmente alla villa di campagna, e mi piacerebbe vederli", affermò Raffaella.

"Sicuri che non vi sia di disturbo?" insistette Nives, un po' titubante. Già venivano ospitati gratuitamente, che fossero anche accompagnati in giro le sembrava veramente troppo.

"Se così fosse, non l'avrei proposto", ribatté Raffaella vivacemente.

"Esatto", reiterò Jerry, versando Vermentino ben freddo nei bicchieri. "Non farti crucci inutili, Nives", la rassicurò ulteriormente.

"Siete davvero gentili", intervenne Richard, colpito dalla loro disponibilità.

"Bene, allora propongo di fare come a Capoliveri", disse Jerry. "Partiamo alle nove, visitiamo prima Villa San Martino, poi Villa dei Mulini, e poi a pranzo. Se vi va nuovamente pesce, c'è un ristorante, modesto ma con un gran bel panorama, proprio vicinissimo alla palazzina di città, due minuti a piedi... Come si chiama, Raffi?"

"Le Viste, come la spiaggia sottostante."

"Io ci sto sempre, per il pesce!" annunciò subito Nives.

"Non mi tiro certo indietro", si unì Richard. "Ma badate bene che offro io anche stavolta... Niente proteste!" troncò subito i due anfitrioni. "Ve l'ho detto, che offrivo sempre io quando uscivamo."

"Veramente io avevo capito che lo avresti fatto solo l'altro giorno a Capoliveri", lo contestò Jerry.

"Allora hai capito male", Richard sogghignò in modo lupesco. "Hai l'Occhio di un Falco, ma l'orecchio evidentemente non ti funziona altrettanto bene..."

Raffaella si mise a ridere tanto forte da rischiare di cadere dalla sedia; Jerry non poté fare a meno di imitarla, e Nives si unì a loro, mentre Richard se la rideva sotto inesistenti baffi, lieto d'aver suscitato l'ilarità generale con la sua battuta estemporanea.

"Va bene, va bene, testardo d'un chisit", bofonchiò Jerry quando riuscì a contenere le risate.

"Nessuna testardaggine, yankee, solo correttezza", controbatté l'attore, serafico. "Oltre che per vitto e alloggio, ora è giusto che io ripaghi anche le lezioni gratuite di tiro con l'arco..."

Nives e Raffaella guardarono Jerry, perplesse.

"Come hai appena chiamato Rich?" volle sapere la romana.

"Chisit", rispose l'inglese al posto suo. "Un soprannome per gli abitanti di Leicester. Per questo ho risposto chiamandolo yankee. A proposito, ci sono soprannomi per gli abitanti delle vostre città?" domandò, rivolto alle due donne.

"Non della mia città, ma della mia provincia sì", rispose la vicentina. "Ci chiamano magnagati, mangiatori di gatti."

"Oddio, ed è vero? Mangiate i gatti?" trasecolò Richard.

"No, per carità!" rise Nives. "Almeno non ufficialmente. Il soprannome ha avuto origine durante una brutta carestia causata da una pestilenza, mi pare a fine Seicento, quando per non morire di fame gli abitanti della città cominciarono a mangiare di tutto, compresi i gatti."

"Credo che, in qualche punto della Storia, in caso di bisogno estremo, dappertutto nel mondo la gente s'è mangiata cani, gatti, cavalli e perfino topi", commentò filosoficamente Raffaella. Gli altri annuirono indicando di essere d'accordo. "Quanto ai romani, non credo esistano soprannomi veri e propri", continuò. "Di noi diciamo di essere romani de Roma. Io però ora non lo posso dire più, mo' so' diventata 'na romana de l'Erba!" concluse ridendo allegramente.

"Sì amo', quella che te sei fumata!" ribatté Jerry prontamente. A Nives per poco non andò di traverso il vino che stava sorseggiando mentre scoppiava in una risata irrefrenabile, ma Richard, pur divertito dalla rinnovata ilarità, non aveva afferrato la battuta: il suo ancora scarso italiano non poteva naturalmente fronteggiare anche le sfumature dialettali.

Calmato il riso, Nives gli spiegò:

"In romanesco, spesso la elle diventa erre, così Elba diventa Erba, che è il nomignolo della marijuana..."

Richard comprese il gioco di parole e si fece una risata.

Terminato il pranzo, misero in ordine la cucina e poi si spostarono a poltrire in piscina. La temperatura li costrinse a trasferire i letti prendisole all'ombra degli alberi, perché neppure più le tende bastavano a contenere il calore, e a fare frequenti bagni.

"Ma fa sempre tanto caldo, qui?" domandò Richard, poco avvezzo ad una simile canicola.

"No, normalmente no", rispose Raffaella. "Ma da qualche anno a questa parte, sempre più spesso le estati sono bollenti a causa di ondate di calore provenienti dall'Africa."

"Esatto", confermò Nives, assumendo un'espressione arcigna. "Se qualcuno mi viene ancora a dire che il cambiamento climatico è una fandonia, lo incenerisco col lanciafiamme!"

Non era un'ambientalista militante né estremista, ma aveva molto a cuore l'argomento.

"Hai perfettamente ragione", concordò subito Jerry.

"Noi abbiamo bisogno di questo pianeta, ma questo pianeta non ha affatto bisogno di noi", reiterò Nives. "Purtroppo troppe persone, tra i potenti che potrebbero fare la differenza, se ne dimenticano per i loro sporchi interessi economici."

"Già", concordò Richard, tetramente. "Dimenticano però anche che i loro figli e i loro nipoti ne pagheranno amare conseguenze."

Accorgendosi d'aver involontariamente incupito l'atmosfera, Nives cambiò discorso. "Parlando di domani, dobbiamo prenotare per le visite?"

"No, non credo", rispose Raffaella. "Solitamente consigliano la prenotazione solo per gruppi numerosi, però aspetta che guardo per sicurezza."

Prese il proprio smartphone e consultò rapidamente il sito turistico principale dell'isola, confermando che non era necessaria alcuna prenotazione.

Tra chiacchiere, letture e ascolto di musica, giunse sera; tutti e quattro si recarono in camera per fare una doccia e cambiarsi, poi si ritrovarono in salotto per l'aperitivo. Stavolta Salvo aveva preparato un drink molto particolare, a base di succo d'ananas, d'arancia e di limone, con l'aggiunta di granatina, cannella e chiodi di garofano. Piacque in modo particolare a Nives, che amava molto le spezie.

"Mia madre sta preparando pizza margherita", esordì Salvo, rivolgendosi a Nives. "Quale tra i vini che ha portato consiglia?"

Beninteso anche lui, da cameriere professionista, s'intendeva di vini, ma era consapevole che Nives era più esperta per quanto riguardava quelli del Veneto.

"Vista la pietanza, consiglierei maggiormente un vino campano", dichiarò Nives, per cortesia ma soprattutto perché era comunque l'abbinamento migliore. Salvo s'illuminò.

"Che ne dice di un Greco di Tufo?" suggerì.

"Dico che è perfetto!" approvò la donna con un sorriso.

"La pizza di Marcella è strepitosa", commentò Raffaella dopo che Salvo fu uscito. "Anche se non abbiamo il forno a legna. Sentirai, Rich..."

"Non ho dubbi che sarà eccellente", affermò l'attore britannico. Lo sguardo gli cadde sul pianoforte che campeggiava dall'altra parte del salotto, in direzione della sala da pranzo. "Chi di voi due suona?" s'informò.

"Io", rispose Jerry. "Il pianoforte è il mio secondo amore, dopo l'arco."

"Ah! Allora io sarei solo al terzo posto?" finse d'inalberarsi Raffaella. Jerry si girò a guardarla con un sorriso colmo d'amore.

"Certo che no", la contraddisse. "Tu sei il mio amore zero, quella alla base di tutto, colei senza la quale niente nella mia vita avrebbe significato, neanche le mie medaglie sportive..."

Raffaella sgranò gli occhi a quella dichiarazione. Era avvezza agli exploit romantici del marito, ma dopo tutti gli anni insieme, riusciva ancora a sorprenderla – come stavolta.

"Amo', certe vorte me lasci senza fiato", disse piano. "Come 'n sogno che se realizza..."

Il fatto che avesse parlato in romanesco indicava chiaramente quanto fosse rimasta sopraffatta. Poiché non era molto diverso dalla versione in italiano, anche Richard capì perfettamente; si girò verso Nives e le prese una mano, accarezzandola dolcemente.

"Come te a me", dichiarò a bassa voce. "Il mio sogno diventato realtà..."

A Nives per poco non cadde il bicchiere di mano, tanta fu l'emozione. Deglutì a fatica il nodo che subito si era formato in gola. Si sarebbe mai abituata al fatto che Richard Armitage fosse veramente suo? Continuava a chiederselo da ormai quasi un anno e la risposta era sempre no.

"A chi lo dici..." mormorò, lo sguardo perduto nelle iridi azzurre del compagno.

Ma il momento emozionante non era ancora finito: Jerry si alzò e, sfiorate le labbra della moglie in un bacio tenero, andò a sedersi al pianoforte. Strimpellò per alcuni secondi per scaldarsi le dita, poi partì con un brano che Nives riconobbe all'istante: era Everything I do, I do if for you del romantico rockettaro Bryan Adams, un brano che adorava e che riteneva essere la canzone d'amore più bella di sempre. Gli occhi le si riempirono di lacrime: quante volte aveva sognato di ascoltarla in compagnia dell'uomo che amava? E adesso eccola lì, assieme a Richard...

Guardando la moglie, Jerry cominciò a cantare con la sua bella voce tenorile. Raffaella ricambiò lo sguardo con aria sognante, e fu evidente che, in quel momento, entrambi si trovavano in una dimensione tutta loro.

Qualche attimo dopo, Richard si alzò e sorridendo porse la mano a Nives, invitandola ad alzarsi a sua volta. Senza capire il motivo del suo gesto, la donna lo guardò con una certa perplessità, ma depose il bicchiere ed accettò la mano, alzandosi. Richard la condusse per pochi passi verso il piccolo spazio aperto tra i divani e il pianoforte, la prese tra le braccia e cominciò a ondeggiare a tempo con la musica, la guancia posata sulla sua tempia. Quando Jerry intonò il ritornello, Richard si chinò a sussurrarne le parole all'orecchio di Nives: You know it's true, everything I do, I do it for you. Il respiro le si fermò in gola, mentre il cuore cominciava a batterle così forte da farle quasi male. Richard proseguì, seguendo la voce di Jerry. Quando giunse al culmine della canzone, il cui testo era degno di una ballata d'amore medievale, con l'appassionata dichiarazione combatterei per te, mentirei per te, rischierei tutto per te, sì, morirei per te, Nives cominciò a piangere senza ritegno, sopraffatta da una sensazione di felicità così immensa da farle letteralmente provare le vertigini; infatti, se non ci fosse stato Richard a sostenerla, sarebbe caduta perché le ginocchia le cedettero. Si aggrappò alle sue spalle, bagnandogli la maglietta di lacrime di gioia inesprimibile in altro modo.

Percependo la sua emozione sia fisicamente sia emotivamente, Richard si fermò e la tenne stretta, smettendo di sussurrarle le parole della canzone perché anche lui aveva un nodo che gli stringeva la gola. Nives era sempre tanto solare e briosa che era fin troppo facile dimenticare quanto a lungo e quanto profondamente la solitudine del cuore l'avesse fatta soffrire. Desiderò – non per la prima volta – di averla potuta conoscere prima, per evitarle tutto il tormento che l'aveva afflitta.

Prima che il brano terminasse, Raffaella si alzò e raggiunse il marito, sedendosi accanto a lui sullo sgabello. Quando l'ultimo accordo si spense, gli posò una mano sulla nuca e, girandogli il volto verso il proprio, lo baciò. Jerry le mise un braccio attorno alla vita e corrispose il bacio.

Similmente, Richard aveva sollevato il volto di Nives ponendole un dito sotto il mento e, dopo averle asciugato le lacrime con le labbra, la baciò. Lei gli circondò il collo con le braccia per contraccambiarlo.

Salvo era stato sul punto di entrare per annunciare che la pizza era pronta, ma aveva udito la musica e, come aveva imparato a fare in quei frangenti, aveva aspettato per non disturbare quello che sicuramente era un momento molto romantico. Quando cadde il silenzio, si affacciò sulla soglia, solo per vedere entrambe le coppie impegnate a baciarsi; non poté fare a meno di sorridere, lieto soprattutto per Nives, che aveva sempre ritenuto una cara persona, di quelle che portano la luce nell'esistenza degli altri e che quindi ne meritava altrettanta. Pareva che con quell'attore britannico l'avesse trovata, o così Salvo si augurava.

Si ritirò ed attese un paio di minuti, poi tornò a far capolino; poiché le due coppie erano tornate a sedersi sui divani, entrò.

"Se volete accomodarvi, le pizze sono pronte", annunciò, facendo finta di nulla.

"Molto bene", sorrise Raffaella, inconsapevole delle manovre di Salvo, e si alzò imitata da Jerry. Tutti e quattro si accomodarono sotto il gazebo e poco dopo giunse Salvo con due pizze; come da galateo, servì per prime le donne, poi andò subito a prendere il resto.

"Che profumo!" esclamò Nives, inspirando l'aroma appetitoso della pasta croccante e della farcitura, a base di mozzarella di bufala, salsa di pomodoro fatta in casa, pomodorini e basilico.

"Fa venir l'acquolina in bocca", commentò Richard, rubandole dal piatto un pezzettino di mozzarella.

"Ehi!" protestò lei, fingendo indignazione. Si guardarono con occhi ridenti.

Pochi istanti dopo sopraggiunse Salvo con le altre due pizze, che servì agli uomini, poi stappò il vino, tenuto al fresco nel secchiello del ghiaccio. Correttamente, lo fece assaggiare a Nives, che l'aveva scelto, sebbene dietro suo suggerimento; lei lo approvò, così lo servì a tutti e poi si ritirò augurando loro buon appetito.

La pizza si rivelò assolutamente deliziosa, come aveva pronosticato Raffaella.

"Non avevo mai mangiato la pizza fatta in casa", dichiarò Richard. "E Nives mi ha insegnato l'abbinamento col vino, prima la prendevo solo con la birra."

"Cosa ne pensi della coca cola, Nives?" domandò Jerry. "Sai, io da buon americano la bevo volentieri..."

"Non a pasto", rispose lei. "Ma i gusti non si discutono, Jerry: se ti piace, bevila."

"Okay... ma perché dici non a pasto?"

"Ha un gusto eccessivamente carico, che tende a coprire il gusto del cibo. Una bevanda dovrebbe accompagnare la pietanza, non andarci sopra. Però la coca ha un grande vantaggio: è un fantastico digestivo!" allo sguardo confuso di Jerry e degli altri, spiegò. "È molto acida e questo stimola l'acidità dello stomaco, ossia il processo digestivo. Se hai difficoltà di digestione perché hai mangiato troppo o troppo pesante, bevi una lattina di coca: è meglio dell'alka-seltzer o di una limonata calda. L'ho sentito dire da diversi medici, perfino il pediatra di Michele e il cardiologo di mia mamma; ma soprattutto l'ho sperimentato di persona, per cui posso dire a ragion veduta che funziona."

"Sei un pozzo di scienza!" rise Raffaella, genuinamente impressionata.

"Ma no!" anche Nives rise. "Come dico sempre, forse so molte cose, ma ce n'è una marea che invece non so..."

Gli altri annuirono, apprezzando la sua semplicità e modestia. La verità era che Nives, anche se era consapevole di essere una specie di enciclopedia ambulante, odiava mettersi in mostra e quindi tendeva a minimizzare la propria vasta cultura; per questo, ogni tanto qualcuno aveva la malaugurata idea di sottovalutarla, ma finiva sempre che mal gliene incoglieva perché così come non amava di mettersi in mostra, Nives altrettanto mal sopportava di essere presa sottogamba e così per ripicca seppelliva il malcapitato sotto una valanga di nozioni. Richard stava cominciando a rendersene conto, mentre i suoi amici lo sapevano bene, come scoprì dalle frasi che seguirono.

"Non è da tutti essere colti come te e non farlo pesare agli altri", dichiarò Jerry.

"Tranne quando le pestano un callo", ridacchiò Raffaella. "Com'è successo un paio di settimane fa in un gruppo Facebook di appassionati tolkieniani..."

Anche Nives si mise a sogghignare. "Ti riferisci alla discussione su Valinor?"

"Esatto... Dovete sapere, ragazzi, che un tipo che aveva visto soltanto i film e non letto anche il libro, ha chiesto spiegazioni riguardo alla meta di Frodo dopo essere salpato dai Porti Grigi, che in effetti nel film non viene esplicitamente citata. Nives ha risposto che erano diretti a Valinor, definendolo tra virgolette paradiso; ma un altro ha detto in tono molto arrogante che la definizione era sbagliata perché il concetto di paradiso cristiano era diverso rispetto a quello inteso da Tolkien, che ci si va da morti mentre Frodo e gli altri erano ben vivi e roba così... La risposta di Nives è stata epica!"

Scoppiò a ridere e così anche la vicentina; i due uomini ridacchiarono, contagiati dalla loro ilarità, ed attesero che fosse loro fornita una spiegazione.

"Raccontagli tu, Nives", la esortò Raffaella.

Nives si concentrò un momento per ricordare bene cosa aveva risposto. "Dunque, citando testuali parole: hai ragione, caro X – non ricordo il nome – ed è per questo che ho messo la parola paradiso tra virgolette; avrei potuto parlare più correttamente della celtica Tir-Nan-Og, la Terra dell'Eterna Giovinezza, detta anche Terra dei Morti Viventi, situata a Ovest oltre la Nona Onda, a cui Tolkien si è ispirato; ma non sapendo quanto di ciò sia conosciuto all'interlocutore, ho scelto di citare un concetto noto per far immediatamente comprendere di cosa si sta parlando..."

Già a metà frase Richard aveva cominciato a sghignazzare e ora della fine si stava spanciando dalle risate; anche Jerry rideva a crepapelle.

"L'hai letteralmente sotterrato!" esclamò l'inglese tra uno scoppio di risa e l'altro.

"Completamente schiacciato, demolito, annientato!" reiterò l'americano.

"Ma non è finita", li avvertì Nives ridendo. "Dopo un po' lo stesso tizio ha messo un post con la pubblicità di un evento intitolato La mitologia celtica nella produzione letteraria di Tolkien, scrivendo Dopo l'ottima risposta di PrincessDream, vi invito tutti a partecipare a questo interessante seminario. Per non lasciargli l'ultima parola, ho commentato Che bello! Verrei senz'altro, ma è troppo lontano per me. Peccato, sarà per un'altra volta..."

"Certo che sei tremendissima!" commentò Richard, tra il divertito e l'orgoglioso.

Nives annuì per confermare, "Chi se la cerca, con me stai sicuro che la trova..."

"Ben fatto", si complimentò Jerry. "Così si fa, perdiana!"

Terminate le pizze, seguì un fresco dessert di macedonia con una pallina di gelato alla vaniglia.

"Sabato scorso Nives e io abbiamo cenato a base di solo gelato", raccontò Richard. "Visto il caldo, potremmo replicare, una di queste sere, che ne dite?"

"Ci strafoghiamo di gelato? Ci sto!" accettò subito Jerry.

"Anche io!" rise Raffaella. "In paese c'è un'ottima gelateria dove possiamo andare a prenderne quanto ne vogliamo. E così lasciamo una sera libera a Marcella e Salvo... Che ne dite di farlo domani, al rientro dalla gita? Poi lo teniamo in freezer fino all'ora di cena e ce lo sbafiamo."

"Ma certo, ottima idea", approvarono gli altri.

(*) Belle Dawson, ballerina sua collega nella produzione londinese di Cats del 1994. Sembra – ma non è certo perché lui non lo ha mai confermato – che sia stata la convivente di Richard Armitage per due anni, mentre girava Robin Hood, quindi una decina d'anni dopo il loro incontro.

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